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Contributo del segretario generale di Unicost
- Premessa.
Il Congresso nazionale dell'A.N.M.
rappresenta un momento fondamentale della vita della nostra
associazione: in questi tre giorni siamo chiamati a confrontarci
tra di noi ed, in particolare, ad aprirci verso le esterno
attraverso momenti di dibattito con i rappresentanti delle altre
Istituzioni del Paese e con la società civile sui temi della
Giustizia.
Ringrazio la G.E.C., non solo per
essere riuscita ad articolare il dibattito in una serie di momenti
aventi ad oggetto tematiche attualissime ed interessanti che
coinvolgono quotidianamente l'esercizio della giurisdizione, ma
anche per avere voluto riservare questo spazio alle rappresentanze
culturali che compongono la nostra associazione e della quali la
stessa Giunta nazionale è espressione. In queste occasioni,
difatti, dobbiamo provare a riflettere sul rapporto sul rapporto
fra A.N.M. e correnti ed anche sul rapporto che deve instaurarsi
fra l'A.N.M., le sue componenti ed il C.S.M.
2. Il ruolo ricoperto
dall'associazionismo giudiziario nella politica per la
giustizia.
La vita dell'associazionismo
giudiziario italiano, strettamente connessa con le dinamiche
interne delle sue componenti, ha contrassegnato la storia del
nostro Paese, offrendo alle Istituzioni un contributo di
riflessione nel percorso di attuazione della Costituzione
repubblicana ed in particolare nella costruzione del modello
italiano di autogoverno della Magistratura. La dialettica
sviluppatesi all'interno della Magistratura secondo regole
democratiche ha consentito al C.S.M. di ergersi a difesa del
singolo giudice contro il predominio dei governi e della politica.
Se oggi i magistrati italiani possono essere liberi da
condizionamenti esterni, se tante cose nella nostra carriera sono
cambiate, ciò lo si deve, in larga misura, all'azione della nostra
associazione ed alle battaglie che essa ha saputo condurre in
difesa dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura.
L'A.N.M. è stata e, credo,
continuerà ad essere un soggetto di stimolo e trasformazione di una
delle più delicate istituzioni di uno Stato democratico: costante
nel tempo è stato l'impegno per la modernizzazione del sistema
giustizia e la rivendicazione degli interventi necessari per
assicuragli efficienza. I magistrati, anche in seguito all'azione
della comune associazione, hanno nel tempo acquisito una nuova
consapevolezza della loro autonomia ed indipendenza; ciò ha
consentito, in momenti drammatici della nostra storia, l'impegno di
tanti colleghi, in molti casi fino all'estremo sacrificio, a difesa
dello Stato democratico aggredito da pericolose forme di
eversione.
Il C.S.M., organo di rilevo
costituzionale che esprime al suo interno oltre alla componente
laica, le diverse sensibilità culturali esistenti nella
Magistratura, ha assicurato al Paese l'attività di questi
magistrati, che oggi hanno la possibilità di svolgere liberamente
il proprio lavoro senza dovere ricorrere a protettori di qualunque
specie.
L'A.N.M., in tutte le sue
articolazioni locali e nazionali ed attraverso le sue componenti, è
un luogo di incontro e di dibattito fra i magistrati: è il luogo
dove fare crescere la nostra cultura istituzionale, intesa come
rapporto dell'Istituzione giudiziaria con gli altri poteri dello
Stato; perché la giurisdizione è un potere diffuso di cui sono
titolari, allo stesso modo, tutti gli appartenenti all'ordine
giudiziario, dal Primo Presidente della Corte di Cassazione
all'ultimo M.O.T. con funzioni. L'attività associativa deve
fortificare il senso dell'indipendenza, intesa non come un
privilegio di casta, ma come una prerogativa inalienabile della
giurisdizione, come una trincea da difendere ad ogni costo, perché
è funzionale alla difesa dei diritti, di tutti i diritti e
specialmente di quelli dei più deboli.
Per queste ragioni io credo che la
Magistratura associata debba sempre essere unita su posizioni
comuni di difesa dell'autonomia e dell'indipendenza e che debba
provare ad essere altrettanto unita, forte ed autorevole
nell'azione di stimolo alla politica per un reale rinnovamento,
nell'interesse dei cittadini, della macchina della giustizia.
3. L'A.N.M. e le
correnti.
In passato esistevano divisioni
ideali e culturali che attraversavano la Magistratura e si
ripercuotevano anche sui contenuti dell'attività giurisdizionale:
ciò rappresentava la giustificazione e la legittimazione
dell'esistenza di una pluralità di gruppi associativi - le
cosiddette correnti dell'A.N.M. Oggi che queste divisioni sono
cadute, nel senso che non dovrebbero esistere più fra di noi
divisioni sul modo di intendere la Magistratura e la giurisdizione,
dovrebbe essere irreversibile, in ogni occasione, l'unità
dell'Associazione.
Nella qualità di responsabile di un
gruppo associativo ho ripetutamente chiesto, fin dall'inizio del
mandato del C.D.C. in carica, più associazione e meno correnti e mi
sono, unitamente al gruppo che ho l'onore di rappresentare,
impegnato in questa direzione favorendo la nascita di una giunta
unitaria dopo un periodo, a mio avviso troppo lungo, di giunte di
maggioranza alla guida dell'Associazione.
L'esistenza di diverse componenti
deve essere oggi reale sintomo di pluralismo e democrazia; deve
trattarsi di vere aggregazioni di idee, non di semplici nuclei di
potere, destinate a trovare una sintesi unitaria nell'unica
associazione dei magistrati italiani. Le correnti devono tornare ad
essere un luogo di aggregazione culturale ed ideale fra i
magistrati; devono favorire il dibattito interno all'A.N.M. e la
formulazione di proposte da condividere e portare all'esterno.
4. La formazione della Giunta
unitaria.
Nella direzione che ho cercato di
indicare all'inizio del mandato del C.D.C. fu siglato, fra tutte le
componenti, un "patto di legislatura", un patto di lealtà allo
schema della giunta unitaria, prescindendo dai soggetti che, di
volta in volta, ne sarebbero stati chiamati a farne parte. Si è
cercato, in quella sede, di privilegiare gli interessi generali
della categoria e della nostra unica associazione rispetto alle pur
legittime differenze esistenti tuttora fra i diversi gruppi che la
compongono. Insieme abbiamo provato ad impostare un'azione
associativa fatta di protesta, ma anche di proposta, che sappia
salvaguardare gli interessi dei cittadini nel cui nome
quotidianamente amministriamo giustizia, senza sottovalutare
l'interesse dei magistrati al rispetto della loro dignità e
professionalità.
Sono convito che questo cammino non
si sia bruscamente ed improvvisamente interrotto, perché sono
destinati ancora a prevalere i valori che ci uniscono rispetto alle
diverse sensibilità che ci dividono, ma che non devono mai far
perdere di vista il vero obiettivo del nostro impegno: la tutela
dell'autonomia e dell'indipendenza della Magistratura, valori che
rappresentano non un fine, ma un mezzo per l'attuazione dei
principi fissati nella prima parte della Costituzione, primo fra
tutti il principio di uguaglianza e quello ad esso servente di
legalità.
5. I rapporti fra l'A.N.M. ed il
C.S.M.
In questa comunanza d'intenti che,
ritengo, ci unisce tutti, sapremo affrontare, nel rispetto delle
diverse sensibilità, anche la difficile tematica dei rapporti fra
A.N.M. e C.S.M., quella che pare dividerci e che sembrerebbe, ma in
concreto non si è capito perché, avere comportato la rottura della
tanto faticosamente ricostruita - con la presidenza di Piercamillo
Davigo - unità associativa.
Io penso che prima di parlare di
nomine, di correntismo e di altre degenerazioni del sistema
dell'autogoverno, occorre riflettere sulla formazione del C.S.M. o
meglio sulle modalità attraverso le quali i gruppi associativi
dell'A.N.M. contribuiscono alla sua composizione. Ed allora la
prima riflessione va fatta sul sistema elettorale che il
legislatore ha introdotto nel 2002 e che oggi è ancora in vigore ed
in base al quale, in mancanza di poco prevedibili colpi di scena,
sarà rinnovata nel 2018 la composizione dell'organismo. Il suddetto
sistema ha evidenziato fortissime criticità con riguardo al ruolo
dei gruppi associativi ed alla necessità di mantenere, in seno
all'Istituzione, l'esistenza di una rappresentanza culturale della
Magistratura.
Nel dichiarato intento di ridurre
il peso delle correnti in Magistratura, il sistema vigente ha
conseguito l'effetto di disarticolare la rappresentanza culturale
della Magistratura con evidente danno al prestigio dell'Istituzione
ed all'autorevolezza degli eletti; quel sistema ha favorito accordi
personali fra i candidati non sempre improntati alla massima
trasparenza e per nulla fondati su scelte di valore ed ha
consentito l'intervento di gruppi di potere. Tutto ciò ha avuto
diretta ed immediata incidenza sul funzionamento dell'organismo,
sul suo prestigio e sulla qualità delle scelte operate.
Certo non può negarsi che troppe
volte le scelte effettuate in sede di autogoverno si sono rivelate
ispirate, non soltanto dall'interesse generale dell'Istituzione, ma
anche, quando non esclusivamente, da criteri di appartenenza
correntizia. Ma, al di là delle scelte concrete che possono
sempre essere criticate ed al di là delle alleanze fra questo o
quel gruppo, destinate a trovare consonanze negli ambienti
politici, quel che preoccupa è la caduta di tensione ideale dei
Magistrati e degli stessi gruppi che vorrebbero rappresentarli
rispetto alle tematiche dell'autogoverno. Il problema delle nomine
attiene, più che alle scelte concrete effettuate, ai percorsi
seguiti per arrivarci. Al di là della legittima la critica delle
decisioni del C.S.M., va evitata la delegittimazione
dell'Istituzione e con essa dell'intero sistema dell'autogoverno
che, se non deve subire pressioni dall'esterno, a maggior ragione
deve essere immune da pressioni provenienti dal suo interno, sia
che si tratti dell'A.N.M. o delle sue correnti, sia che si tratti
di istanze provenienti dai singoli magistrati. Ed oggi poi si
assiste ad un nuovo fenomeno che considero estremamente
preoccupante: la nascita di una corrente dei laici che, al di là
delle diverse provenienza, comincia a rivendicare i propri spazi di
decisione.
L'A.N.M., grazie all'impegno di
tutte le sue componenti, deve concretamente impegnarsi nella
costruzione di un corretto rapporto fra la dimensione associativa
ed il circuito istituzionale dell'autogoverno: un rapporto fondato
sulla trasmissione di valori, di idee, di un modo di intendere la
giurisdizione ed il modello di giudice, un rapporto che imponga
l'abbandono di tutte quelle scelte fondate solo sull'appartenenza.
Si tratta di una questione che ci coinvolge tutti, che non si
presta ad essere strumentalizzata da nessuno e che deve essere
affrontata con serenità per conseguire, tutti insieme,
l'obiettivo di migliorare la qualità del nostro autogoverno.
Dobbiamo insieme ribellarci alla caduta del livello morale del
nostro associazionismo che ha comportato una nostra incapacità di
trasmettere dal circuito associativo a quello istituzionale scelte
di valore e non di parte.
Forse oggi siamo troppo impegnati
nell'assumere posizioni difensive che non riusciamo più a costruire
un modello di magistrato e di dirigente che sia, non solo un
esempio per tutti i colleghi, ma un punto di riferimento in ragione
dello spirito di servizio che ispira ogni sua azione; un magistrato
che, nella fedeltà ai valori della terzietà costituzionale, sappia
interpretare in un'ottica di servizio, prima che di legittima
aspirazione personale, le opportunità previste dalla reintrodotta
carriera.
L'A.N.M. non può entrare,
attraverso qualsiasi organismo o osservatorio di sorta, nelle
polemiche spicciole che, fisiologicamente, discendono dalle singole
nomine: il merito delle scelte effettuate è rimesso alla
valutazione dei singoli, i quali, ove si ritengano lesi, possono
rivolgersi al giudice amministrativo; viceversa l'azione
associativa deve tutelare l'autonomia decisionale del C.S.M. : essa
rappresenta la volontà di un organo collegiale che può essere
chiamato a decidere secondo logiche di maggioranza e di
opposizione.
Occorre ancora ribadire l'assoluta
necessita di una netta separazione fra l'attività associativa e
quella istituzionale: se l'associazionismo rappresenta tuttora una
palestra all'interno della quale esercitare la cultura
dell'autogoverno e quindi fare maturare le migliori professionalità
che intendono proporsi ai colleghi per un servizio nelle
Istituzioni, vanno assolutamente evitati passaggi diretti
dall'Associazione all'Istituzione: in passato si era ventilata la
possibilità di introdurre nello statuto forme di incompatibilità
fra mandati associativi e candidature per organi istituzionali;
forse potrebbe bastare un impegno dei gruppi a non favorire
candidature al C.S.M. di componenti del C.D.C. in carica, a maggior
ragione di chi ha fatto parte della G.E.C. o di chi è stato,
nell'immediato, presidente dell'A.N.M. ( a poco valgono dimissioni
postume nell'imminenza della presentazione della candidatura). Ed
inoltre tutti abbiamo bisogno di ricordarci che chi è eletto al
C.S.M. rappresenta l'Istituzione, che è il vertice della
Magistratura, e non il gruppo che lo ha espresso.
6. Il nuovo ruolo dei gruppi
associativi.
I gruppi, per legittimare la loro
esistenza, devono riprendere a fare politica, quella vera fatta di
analisi, studio, programmazione e proposta; quella che si alimenta
della cura dell'interesse generale e che è capace di proporre un
modello di giurisdizione e di magistrato al servizio del cittadino,
del popolo nel cui nome è amministrata la giustizia. Ed il nostro
fare politica deve ispirarsi a modelli diversi da quelli che
imperano nell'attuale società e deve porsi, al di la delle diverse
appartenenze, in linea con il nostro ruolo di interpreti della
terzietà costituzionale, chiamati, attraverso le regole del
processo, ad affermare il principio di legalità ed a comporre i
conflitti esistenti nella società.
L'A.N.M. e le sue componenti devono
saper parlare ai giovani magistrati incentivando il loro impegno
nei circuiti associativi ed istituzionali; devono sapientemente
opporsi alla crescente fuga e chiusura nel privato motivata, non
solo dai carichi di lavoro sempre più pesanti, ma anche dalle
disillusioni maturate rispetto a tante esperienze associative che,
nel passato, avevano favorito l'impegno e la partecipazione di
tanti. Dobbiamo insieme trovare delle forme di coinvolgimento e di
partecipazione nuove rispetto al passato, forme che siano in grado
di superare vecchi schemi troppo spesso ispirati all'individualismo
ed in alcuni casi al narcisismo di singoli protagonisti che hanno
occupato la scena associativa in modo del tutto distaccato dal
comune sentire della maggioranza dei magistrati.
Ciò è connaturale al primo
giuramento fatto da magistrati, nella consapevolezza che ognuno di
noi rappresenta un punto autonomo ed indipendente di esercizio del
potere giurisdizionale - tutti uguali e diversi solo per la
diversità delle funzioni eserciate. Ed allora c'e da domandarsi se
sia possibile oggi un impegno fondato su un forte senso della
funzione e della fedeltà alle Istituzioni, o se invece i
magistrati, nel modificato contesto ordinamentale, siano
portati a organizzare la loro vita professionale con il pensiero
costante della carriera, dimenticando i compiti loro affidati dalla
Costituzione: amministrare la giustizia in nome del popolo
italiano. Gli introdotti sistemi di selezione interna, la
giurisprudenza disciplinare, quale interpretata dalla sezione
disciplinare della precedente consiliatura, il sovrumano carico di
lavoro e, da ultimo, gli ingenerosi attacchi provenienti da certa
politica (l'intervento sulla responsabilità civile e l'inspiegabile
riduzione delle ferie) non stanno forse favorendo un appiattimento
gerarchico della Magistratura verso indirizzi giurisprudenziali
tradizionali, che si rivelano più facili da seguire e che non
urtano le sensibilità dei "capi"? Non stiamo forse assistendo ad
una restaurazione di una gerarchia professionale che si pone in
evidente contrasto con l'assetto costituzionale della Magistratura,
che vuole i magistrati distinti fra loro solo per la diversità
delle funzioni esercitate. Diceva tempo addietro Satta che il
carrierismo dei giudici determina "la prima e più grave fuga dal
giudizio, cioè soggettivamente il funzionarismo dei giudici,
oggettivamente il dottrinarismo delle sentenze: perché le sentenze
giudicano, ma servono per essere giudicati, di un giudizio, si
intende, necessariamente formale, in quanto non investe né può
investire tutta la personalità del giudice, che si manifesta in un
campo assai più vasto della mera redazione di una sentenza".
Dobbiamo insieme ritrovare un
cammino comune con la volontà di essere pronti a rinnovare le
nostre organizzazioni; questo si era tentato di fare con la
formazione della giunta unitaria e la condivisione di linee
programmatiche quadriennali,: dobbiamo essere capaci di creare
formule nuove che sappiano dare voce ai magistrati come singoli,
come appartenenti agli uffici ed espressione delle realtà locali,
formule che sappiano immaginare anche nuove e diverse forme di
rappresentanza. Solo cosi, attraverso un forte rinnovamento, potrà
continuare ad esistere l'associazionismo giudiziario che ci è stato
consegnato e che, per il bene della Magistratura e della
collettività, abbiamo il dovere di preservare e di trasmettere a
chi verrà dopo di noi.
Questa prospettiva di rinnovamento
è imposta dalla storia, in quanto occorre tener conto dei
significativi mutamenti ordinamentali e generazionali intervenuti
negli ultimi anni in Magistratura. Dobbiamo provare a distaccarci
dalle logiche di appartenenza del passato; dobbiamo essere in grado
di dare credibili risposte alle domande della base, troppo spesso
artatamente orientate verso logiche puramente sindacali; dobbiamo
insieme costruire un nuovo modo di fare associazione che sia in
grado, con il superamento del diffuso senso di disimpegno e
disaffezione, di aggregare le nuove generazioni di magistrati. Essi
devono potersi riconoscere nell'associazione intera e, nel rispetto
delle sensibilità personali di ognuno, nelle sue componenti
culturali, fondamentali espressioni della libertà di
associazionismo dei magistrati italiani, le quali devono
essere in grado di testimoniare il senso di responsabilità della
funzione, unico antidoto alle sempre più diffuse forme di
burocratizzazione.
Siena, 21 ottobre 2017
Roberto Carrelli Palombi
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