Mario Cigna, candidato alle elezioni suppletive per il CSM dell’11 e 12 aprile 2021, si presenta ai colleghi

Cari colleghi,

dopo giorni di dubbi e perplessità ho deciso di accettare l’invito, rivoltomi da alcuni magistrati (leccesi e non) a candidarmi come componente del  CSM, per le prossime elezioni suppletive dell’11 e 12 aprile 2021, nella categoria “magistrati giudicanti di merito”.

L’attuale crisi di credibilità del CSM, dell’ANM (e dei gruppi associativi costituiti al suo interno) e dell’intera magistratura, unitamente alla brevità del periodo di residua consiliatura, costituivano forti argomenti per considerare “inammissibile” e, comunque, per declinare l’invito.

Ho invece, alla fine, deciso di accettare, in quanto, per la gravità dell’attuale situazione, ho ritenuto che non fosse più il momento di delegare, e che, al contrario, fosse giunto il momento di impegnarsi in prima persona.

Sono da sempre “simpatizzante” di Unicost, sia per motivi familiari (mio padre era magistrato e condivideva con entusiasmo i valori fondanti di Unicost, e, tra questi, in primis, il pluralismo ideologico, il non collateralismo con la politica e l’assoluta terzietà del Giudice), sia perché, nonostante tutto, credo ancora nell’importanza di detti valori.

Non ho tuttavia mai attivamente partecipato alla vita associativa, non perché indifferente o disinteressato alle questioni associative, ma in quanto ho constatato che troppo spesso il dibattito sulle stesse è degenerato in inutili e sterili contrapposizioni, con toni violenti ed accesi scontri verbali, nei quali non mi ritrovo.

Non partecipo attivamente a mailing list o a chat di magistrati per un’istintiva diffidenza verso detti strumenti, non adatti, a mio parere, alla ponderazione ed all’’approfondimento che invece alcune nostre questioni meritano.

Sento quindi la necessità di farvi conoscere, in sintesi, chi sono, la mia esperienza professionale, le mie idee ed il mio modello di magistrato.

Sono nato 63 anni fa a Lecce, città che amo, dove vivo con mia moglie Maria; ho due figli, Marta, di 33 anni, e Giorgio di 31.

Sono acceso tifoso della squadra di calcio del Lecce ed appassionato di tennis, che pratico nel tempo libero.

Sono magistrato dal 1985, destinato come primo incarico alla Pretura Mandamentale di Cinquefrondi (Reggio Calabria); dal 1988 al Tribunale di Brindisi e dal 1993 al Tribunale di Lecce; dal 2004 alla Corte d’Appello di Lecce e dal 2012 sino al 2020 presso la Corte Suprema di Cassazione, dapprima alla quinta sezione civile e poi dal 2016 alla terza civile.

Sono Presidente di sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia dall’aprile 1996; conosco le difficoltà della giustizia tributaria e ritengo fondamentale l’apporto nelle Commissioni dei giudici togati.

Sono stato Presidente della Commissione esaminatrice del concorso a 350 posti di magistrato ordinario indetto con d.m. 22-10-2015, i cui lavori sono iniziati il  23 giugno 2016 e si sono conclusi il 15-12-2017; ho svolto detto delicato ed importante incarico con entusiasmo, al servizio della Magistratura, allo scopo di intercettare futuri giudici non solo preparati professionalmente ma anche  logici ed equilibrati nel modo di ragionare; mi sono spesso commosso quando, alla fine delle estenuanti prove orali, dopo la comunicazione da parte mia dell’esito positivo, ho visto nel loro sguardo la fierezza e l’orgoglio di essere diventati magistrati.

Dall’8 luglio 2020 sono Presidente della prima sezione civile del Tribunale di Lecce.

Nella mia vita professionale ho quindi soprattutto “scritto sentenze”.

Ne sono orgoglioso.

Ritengo infatti che l’essenza del nostro mestiere sia proprio nella giurisdizione, e cioè nel faticoso quotidiano dire “chi e perché ha ragione o ha torto”, e “chi e perché deve essere indagato, imputato , assolto o condannato”; in tali sofferte decisioni, come ci impone l’ art. 101 della Costituzione, siamo soggetti “sempre” e “soltanto” alla legge, che possiamo e dobbiamo valutare alla luce dei principi costituzionali, rifuggendo tuttavia da interpretazioni precostituite derivanti da personali convinzioni politiche e sociali.

E’ questo il lavoro quotidianamente svolto in silenzio da ciascuno di noi, nelle nostre stanze e sulle nostre scrivanie, senza protagonismi e senza clamore; incontro ogni giorno in Tribunale giovani colleghi che, spesso con ingombranti fascicoli in mano, faticano a trovare giuste soluzioni a questioni complesse e difficili; anche per il loro entusiasmo ho deciso di impegnarmi in prima persona.

Sono convinto che il “mestiere del giudice” sia il più bello di tutti, per l’autonomia e per l’indipendenza che lo caratterizza, e allo stesso tempo il più difficile, perché autonomia ed indipendenza implicano maggior equilibrio, responsabilità e ponderazione.

Amo il “mestiere” del Giudice.

A tutti i magistrati, ed ai giovani in particolare, deve essere consentito lavorare con serenità, in ambienti adatti e con personale amministrativo adeguato, coniugando sempre le esigenze della “quantità” con quelle, a me più care, della qualità; come è stato detto recentemente da un amico e collega salentino, ritengo sia giunto il momento di pensare, oltre che ai necessari “carichi esigibili”, anche ad una “qualità esigibile”, contrastando la “deriva produttivistica”, presumibilmente frutto della riforma dell’ordinamento giudiziario con l’eccessiva importanza dallo stesso attribuita alle “statistiche” ed ai “ritardi” nelle valutazioni di professionalità.

Penso che la stragrande maggioranza dei magistrati, e specialmente “quelli di cui non  si sente mai parlare”, onori il “mestiere del giudice”, e non meriti in alcun modo di essere coinvolta, senza distinzioni, nel generale discredito dell’intera categoria, conseguente a fatti estranei alla “giurisdizione”; fatti che devono essere al più presto accertati nelle opportune sedi penali e disciplinari, così come devono essere evidenziate eventuali violazioni del codice etico,  senza paura e soprattutto senza strumentalizzazioni; fatti, tuttavia (è bene ribadirlo) che sono stati portati alla luce proprio dalla stessa magistratura, che, nella massima espressione della terzietà e distante da ogni corporativismo, ha iniziato e sta proseguendo le relative indagini.

Penso che il Giudice debba essere sempre, nel suo lavoro e nella vita privata, moderato, riservato, equilibrato e, soprattutto, debba essere ed apparire terzo.

Non vi può essere autonomia ed indipendenza senza terzietà.

Penso che il Giudice debba essere terzo innanzitutto rispetto al potere politico; al proposito ritengo auspicabile non consentire più al Giudice che si sia candidato per qualsiasi incarico politico, ed abbia quindi perso la sua immagine neutrale, ritornare in magistratura; comunque, se ciò dovesse apparire estremamente penalizzante al punto da rendere impossibile il diritto all’elettorato di ciascuno (e quindi anche del Giudice), ritengo auspicabile rendere estremamente difficile ed eccezionale tale rientro.

Penso che il Giudice debba vivere nel contesto sociale e dialogare con l’esterno, e in particolare con gli altri poteri dello Stato, ma solo e soltanto attraverso gli enti istituzionalmente deputati alla rappresentanza della Magistratura.

Penso che il Giudice debba essere terzo anche, e soprattutto, nei confronti dei gruppi associativi, evitando, una volta eletto in ruoli istituzionali, ogni indebita interferenza, e seguendo nelle sue scelte e nelle sue decisioni criteri obiettivi lontani da logiche di appartenenza al gruppo.

In tutta la mia vita professionale ho sempre cercato di realizzare tale modello di magistrato, maturando esperienze in tutti i gradi del giudizio, ma sempre nella “giurisdizione” e senza alcuna ambizione individuale; dopo più di otto anni di lavoro in Cassazione, sono ritornato con entusiasmo in Tribunale, in prima linea, mettendo a disposizione dei colleghi più giovani l’esperienza maturata.

Non so ovviamente se sia riuscito nel mio intento, ma, almeno per una volta, non spetta a me giudicare.

Mi impegno, tuttavia, in caso di elezione al CSM, ad ispirare la mia condotta a tale modello di magistrato, a decidere ogni questione in modo autonomo, sulla base esclusivamente della normativa vigente e della documentazione esistente; in ciò mi sarà certamente utile l’esperienza nella giurisdizione e la scarsa pregressa partecipazione attiva alla vita associativa.

Spero in tal modo di dare il mio personale contributo per un’inversione di tendenza e per l’inizio di un percorso che consenta a tutta la magistratura di tornare ad essere credibile ed affidabile.

Mi sono interrogato sulle ragioni di tale perdita di credibilità ed affidabilità.

Penso sia stata determinante una eccessiva ambizione individuale del singolo magistrato, forse determinata dalle riforme del 2006/2007 e comunque in linea con l’individualismo che caratterizza l’attuale contesto sociale, con una soggettiva sopravalutazione dell’importanza dell’incarico direttivo ed una spinta al “carrierismo”, in contrasto sia con il ricordato vero significato del “mestiere del giudice” sia  con la “temporaneità” dell’incarico e con lo “spirito di servizio” che, come abbiamo più volte tra noi magistrati ripetuto, dovrebbe animare il dirigente; in contrasto, soprattutto, con l’art. 107 della Costituzione, secondo cui “i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni”.

Penso sia stata concessa al CSM un’eccessiva discrezionalità nella scelta dei dirigenti, non dando la giusta rilevanza all’anzianità, criterio oggettivo che, in quanto tale, riduce e meglio indirizza la pur necessaria discrezionalità.

Penso vi sia stato un allentamento di tensione etica.

Non sarà facile riacquistare la credibilità ed affidabilità che, nell’interesse di tutti i cittadini, spetta alla Magistratura.

Per un’inversione di tendenza, tuttavia, penso sia innanzitutto assolutamente necessario un esame di coscienza di ogni singolo magistrato e di tutti i gruppi associativi, con un generale cambio di mentalità; in particolare penso sia necessario operare con unità di intenti e all’interno dell’ANM, evitando di considerarsi totalmente immuni da colpa e di ritenersi la parte “buona” della magistratura in contrapposizione con quella “cattiva”.

Indubbiamente saranno anche necessarie modifiche di natura tecnica  (rivalutazione del criterio di anzianità nella scelta dei direttivi e semidirettivi,  maggiori poteri istruttori dei Consigli Giudiziari nei pareri e nelle valutazioni di professionalità, riforma del CSM e della sua legge elettorale etc), che, per la loro complessità,  meritano di essere dibattute in incontri dedicati, ai quali avrò il piacere di partecipare.

Rispetto e comprendo la posizione di chi, deluso ed amareggiato dall’ANM e dal Consiglio Superiore, ritenga sia opportuno uscire dall’ANM e/o eliminare i gruppi associativi, e suggerisca, come estremo rimedio, il sorteggio nella nomina dei Consiglieri al CSM.

E’ innegabile, infatti, che le idee portate dall’Associazione e dai gruppi associativi siano spesso degenerate in pratiche corporative, con una tendenza a logiche spartitorie, soprattutto nella nomina di direttivi e semidirettivi; vi sono stati straripamenti e condizionamenti sull’attività del CSM derivanti da un eccessivo peso dell’appartenenza a gruppi associativi; con coraggio ed onestà intellettuale dobbiamo dare atto di quanto è successo, ma, nello stesso tempo, prenderne nettamente le distanze per evitare di ripetere gli errori del passato.

E’ necessario combattere con tutte le nostre forze queste degenerazioni, ma all’interno dell’ANM e con gruppi associativi totalmente rinnovati, nella forma e nella sostanza, senza in alcun modo rinunciare al diritto, costituzionalmente garantito dall’art. 104 Cost, di eleggere attraverso il voto i rappresentanti nell’organo di autogoverno.

Non possiamo infatti dimenticare che in genere, ed in particolare per il magistrato (per il quale non è mai opportuno esporsi personalmente), è sempre l’associazione che dà forza e visibilità alle posizioni individuali; è velleitario, oltre che incostituzionale, il tentativo di “eliminare” i gruppi associativi, non potendosi mai cancellare in nessun modo il pluralismo ideale e culturale esistente nel campo della magistratura; anche quanti oggi appaiono uniti, come movimento, nell’idea di eliminare i gruppi associativi, sono destinati ad evolversi (come nella realtà sempre avvenuto) ed a formare anch’essi un nuovo gruppo associativo; in particolare è velleitario, oltre che incostituzionale ed umiliante per tutta la magistratura, il tentativo di eliminare i gruppi associativi attraverso il sorteggio dei componenti il CSM.

Unicost ha avvertito questa esigenza di rinnovamento, che non dubito sia sentita anche da tutti gli altri gruppi, ed un numero rilevante di colleghi (circa ottanta), giovani e meno giovani, ha lavorato da giugno 2020 sino ai primi giorni di febbraio 2021 in Assemblea Costituente, in un clima di continuo dialogo e confronto, per avviare un percorso di rinnovamento del gruppo, teso al recupero delle sue radici, giungendo ad elaborare un nuovo statuto, la cui lettura su alcuni punti mi ha veramente emozionato, e che sarà a breve sottoposto all’esame dell’assemblea generale per la sua approvazione; nello statuto si afferma espressamente che nei rapporti con gli organi di autogoverno “il magistrato deve rifuggire da qualsiasi logica di appartenenza, facendo ricorso, nell’assunzione delle deliberazioni, a criteri obiettivi e meritocratici, tesi alla valorizzazione della professionalità”, e che “costituisce causa di esclusione dal gruppo ogni condotta volta ad incidere impropriamente sulle decisioni del Consiglio superiore della magistratura in tema di conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi, conferma degli stessi ed in ogni altra pratica  concernente lo status giuridico e amministrativo dei magistrati”; dallo statuto è previsto, inoltre, un “patto etico” in cui il candidato al CSM, sostenuto da Unità per la Costituzione, si impegna, nell’ipotesi in cui venga eletto, a pena di esclusione dal gruppo: 1) ad esercitare la funzione con integrità, trasparenza e senza vincolo di mandato, 2) ad astenersi da interlocuzioni su situazioni riferite al singolo magistrato (in particolare, in materia di incarichi, tramutamenti, disciplinare ed incompatibilità ambientale) finalizzate ad interferire nelle decisioni dell’organo consiliare; 3) a non favorire soggetti in quanto appartenenti a gruppi associativi; 4) a contrastare le logiche spartitorie o di appartenenza”.

Condivido appieno i principi del nuovo statuto ed il patto etico, e, in caso di elezione al CSM, mi impegnerò con tutte le mie forze per tradurre quanto enunciato in effettivi quotidiani comportamenti.

Mi auguro che il mio massimo impegno possa fornire un minimo contributo per far riguadagnare all’intera magistratura la credibilità e la fiducia di tutti e per far crescere l’entusiasmo dei giovani magistrati e la loro fierezza nell’esercitare “il mestiere di giudice”.

                                                                                    Mario Cigna