Cari tutti, dopo il report dedicato alla delibera sui carichi esigibili nazionali, riprendiamo i nostri resoconti dal plenum, in questo caso del 25 e del 26 ottobre.
1) ALCUNE SINGOLARI VICENDE IN TEMA DI ATTRIBUZIONE DI INCARICHI DIRETTIVI E SEMIDIRETTIVI
1.1. Il presidente del tribunale di Verona ovvero la separazione delle carriere anticipata direttamente dal CSM
Nel corso del plenum del 25 ottobre è stata deliberata la nomina del presidente del tribunale di Verona. Si contrapponevano due proposte: una (risultata poi a larga maggioranza vincitrice) in favore del collega Ernesto D’Amico e l’altra in favore del dott. Massimo di Patria.
La prima proposta è stata sostenuta (e poi votata in plenum) dai consiglieri del gruppo MI, dai laici di centro destra (oltre ad Ernesto Carbone) e da alcuni componenti del gruppo di Area (in commissione il collega Cosentino aveva votato in favore della proposta D’Amico).
Noi quattro (unitamente ai consiglieri Mirenda, Fontana, Miele e al Procuratore Salvato) abbiamo votato in favore del collega Di Patria.
Questo il dettaglio della votazione:
– 17 voti per il dott. Ernesto D’Amico (Cons. Abenavoli, Cons. Aimi, Cons. Bertolini, Cons. Bianchini, Cons. Carbone E., Pres. Cassano, Cons. Cilenti, Cons. Cosentino, Cons. D’Ovidio, Cons. Eccher, Cons. Giuffrè, Cons. Marchianò, Cons. Mazzola, Cons. Natoli, Cons. Nicotra, Cons. Paolini, Cons. Scaletta);
– 10 voti per il dott. Massimo Di Patria (Cons. Bisogni, Cons. Chiarelli, Cons. D’Auria, Cons. Fontana, Cons. Forziati, Cons. Laganà, Cons. Miele, Cons. Mirenda, Cons. Papa, Proc. Salvato);
– 2 astensioni (Cons. Basilico, Cons. Carbone M.).
I due profili professionali erano a nostro avviso incomparabili (seguendo i criteri del Testo Unico).
Il dott. D’Amico (DM 1985) aveva svolto tutta la sua carriera professionale presso il tribunale di Verona: dal 1987 al 2013 coma giudice, dal 2013 come presidente di sezione e infine nuovamente dal 2021 come giudice (alla scadenza dell’ottennio). Dal 2017 era vicario del presidente del tribunale di Verona, assumendo la reggenza dell’ufficio al momento della cessazione dell’incarico del precedente titolare (reggenza però irrilevante nella procedura perché successiva alla vacanza).
Massimo Di Patria, anch’egli del DM 1985, aveva assunto le funzioni come pretore a Castelvetrano/Marsala per poi svolgere, dal 1992 al 2012, le funzioni requirenti a Pesaro (qui maturando anche esperienza in DDA e in secondo grado a seguito di alcune applicazioni presso la procura generale presso la corte di appello di Ancona); nel 2012 era stato nominato presidente di sezione presso il tribunale di Rimini e infine dal 2017 è presidente del tribunale di Urbino. In tale ultimo incarico (analogo a quello da conferire), il dott. Di Patria aveva – come risulta dalle fonti di conoscenza – brillantemente fronteggiato le criticità di organico del personale di magistratura e di quello amministrativo, adottando
provvedimenti sempre opportuni ed efficaci; l’assenza della dirigenza amministrativa lo aveva anche portato a confrontarsi con le questioni amministrative connesse alla gestione delle risorse (comprese le procedure di evidenza pubblica per gli acquisti), ai rapporti con il personale amministrativo e alle tematiche in materia di sicurezza e di edilizia giudiziaria.
L’unico elemento in favore del collega D’Amico era dunque, almeno per la proposta in suo favore, la durata dell’esperienza nel settore giudicante, svolta senza alcun cambio di funzioni (essendo l’esperienza semidirettiva posseduta da entrambi e non avendo il D’Amico esperienze direttive, che invece il Di Patria aveva ed erano anche state validate con la conferma da parte del Consiglio).
I criteri di logica ma anche di buon governo della discrezionalità consiliare, come declinati nel Testo Unico, dovevano indirizzare senza alcuna possibilità di diverse valutazioni nel senso della preminenza comparativa del dott. Di Patria per lo svolgimento delle funzioni direttive, in primo luogo, svolte in maniera assolutamente soddisfacente, ma anche per la pluralità di esperienze nel settore della giurisdizione, stante la significativa e pregressa esperienza nella funzione requirente.
Come evidenziato negli interventi di D’AURIA, BISOGNI e del procuratore generale SALVATO, riconoscere alla sola durata della esperienza giudicante un valore determinante rispetto a colleghi con esperienze diversificate requirenti e giudicanti equivale nei fatti ad anticipare la separazione delle carriere.
Almeno finche sarà possibile valorizzare la volontà dei colleghi di mettersi in gioco e sperimentare le diverse funzioni della giurisdizione, con la disponibilità anche a spostarsi dal proprio centro di interessi (il collega di Patria, dopo essere stato in Sicilia, ha lavorato a Pesaro, poi a Rimini e infine a Urbino, mentre il collega D’Amico ha trascorso la sua più che trentennale esperienza giudiziaria tutta nella città di Verona), ribaltare il senso delle cose e attribuire alla poliedricità uno stigma di negatività (nella comparazione) trasmette un’idea di magistratura già separata e che deprime le professionalità a cavallo tra le funzioni.
Resta dunque il dubbio del perché di una scelta così anomala e avulsa dai criteri e dagli auto-vincoli che ci siamo fin qui dati. Rimettiamo alle riflessioni dei colleghi una possibile risposta.
Di seguito i nostri interventi in plenum e quello del procuratore generale Salvato:
intervento del consigliere BISOGNI https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649930
intervento del consigliere LAGANA’ https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649931
intervento del consigliere D’AURIA https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649937
intervento del procuratore generale SALVATO https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649936
1.2. La votazione per la presidenza di sezione del Tribunale civile di Napoli (ATTANASIO – SCOTTO DI CARLO)
La votazione per il conferimento dell’incarico di presidente di sezione del tribunale civile di Napoli ha riservato alcune sorprese che hanno, ancora una volta, rivelato dinamiche consiliari che destano preoccupazione.
Occorre ricordare che il voto in Consiglio, nel caso di proposte contrapposte, viene espresso con voto palese attraverso una pulsantiera che illumina una lampadina posta davanti al consigliere: in questo caso il colore ROSSO indicava il voto per SCOTTO DI CARLO, quello VERDE il voto per ATTANASIO. Il colore BIANCO indica sempre l’astensione.
Aperta la votazione la lampadina davanti al consigliere FONTANA ha indicato, prima, il colore VERDE e poi, al momento della chiusura del voto, il colore BIANCO, voto, quest’ultimo, effettivamente registrato dal sistema che ha restituito il seguente esito:
15 voti per il dott. Giovanni Scotto di Carlo (Cons. Aimi, Cons. Bertolini, Cons. Bianchini, Cons. Carbone E., Pres. Cassano, Cons. Cilenti, Cons. D’Ovidio, Cons. Eccher, Cons. Giuffrè, Cons. Marchianò, Cons. Mazzola, Cons. Natoli, Cons. Nicotra, Cons. Paolini, Cons. Scaletta);
14 voti per il dott. Antonio Attanasio (Cons. Abenavoli, Cons. Bisogni, Cons. Carbone M., Cons. Chiarelli, Cons. Cosentino, Cons. D’Auria, Cons. Forziati, Cons. Laganà, Cons. Miele, Cons. Mirenda, Cons. Morello, Cons. Papa, Cons. Romboli, Proc. Salvato);
1 astensione (Cons. Fontana).
Appena chiusa la votazione il Consigliere FONTANA ha immediatamente rappresentato come il suo voto dovesse essere inteso a favore di ATTANASIO chiedendo a verbale di correggere l’esito del sistema elettronico dovuto, secondo lui, a un errore del sistema.
Il voto di FONTANA avrebbe ribaltato l’esito della votazione poiché, a parità di voti, sarebbe risultato prevalente ATTANASIO, più anziano.
Ci saremmo quindi aspettati un’immediata rettifica dei risultati della votazione con la designazione di ATTANASIO (e invero la vicepresidenza sembrava orientata, in un primo momento, proprio in questo senso) e invece abbiamo assistito a un’incredibile sequela di eccezioni, per lo più provenienti dai consiglieri che avevano votato per SCOTTO DI CARLO, che hanno sostenuto come la volontà del consigliere fosse ininfluente rispetto alla votazione elettronica evocando presunti parallelismi con i sistemi di registrazione del voto parlamentare (paragone che ci è parso del tutto inconferente atteso che il Consiglio è un consesso di sole 30 persone e che la reale intenzione di voto del consigliere FONTANA era
emersa tanto dal colore della prima luce accesa quanto, soprattutto, dalla successiva dichiarazione dello stesso FONTANA).
Il vicepresidente ha, quindi, sospeso la seduta e richiesto un parere alla seconda commissione (competente sul regolamento interno). Dopo diverse ore la commissione – verificato il funzionamento del sistema e la circostanza che il voto del consigliere FONTANA andava verosimilmente attribuito a un errore materiale (ovvero alla successiva pressione del tasto bianco dopo quello verde) – non ha raggiunto una posizione unanime prospettando due soluzioni: la prima, appoggiata dai consiglieri D’OVIDIO (MI) e
GIUFFRE’ (laico di centrodestra) nel senso di ritenere valido il voto elettronico registrato prescindendo dalla volontà espressa a verbale dal consigliere; la seconda, proposta dai consiglieri ROMBOLI (laico di centrosinistra), BASILICO (Area) e LAGANA’ (Unicost) nella direzione di accordare preferenza alla dichiarazione del consigliere procedendo alla ripetizione del voto. Il vicepresidente – cui il regolamento affida l’esclusiva competenza in materia di organizzazione della seduta – ha optato per la prima soluzione validando così il voto per SCOTTO DI CARLO.
Orbene, prescindendo dalla decisione assunta dalla vicepresidenza (comunque ancorata a un parere reso, sebbene a minoranza, dalla commissione), quello che ha colpito è la spregiudicatezza con la quale MI e laici di centrodestra hanno fatto quadrato intorno a una nomina derivata da un mero errore materiale (da tutti i presenti perfettamente inteso come tale) e che ha condotto all’indicazione di un presidente di sezione che non è espressione dell’effettiva volontà consiliare.
2) PARERE IN MERITO AL TESTO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE DEL DECRETO LEGGE N. 123/2023 (C.D. D.L. CAIVANO)
Nel plenum era anche calendarizzata la discussione sul parere in merito al testo del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 123/2023 (cd. decreto Caivano).
Prima di dare la parola al relatore il vicepresidente, nell’anticipare la sua partecipazione al voto con l’intenzione di astenersi, ha rappresentato come a suo giudizio il Consiglio superiore, nel rendere il suddetto parere (che aveva evidenziato criticità sia per quanto attiene ad alcune norme di diritto sostanziale e processuale sia per quanto concerne la coerenza del sistema processuale minorile a raffronto di quello che è previsto per i maggiorenni) avrebbe esorbitato dalle proprie competenze, essendo di competenza del Consiglio unicamente l’attività consultiva su tematiche attinenti l’amministrazione della giustizia intesa in senso stretto.
Ne è scaturito un denso dibattito nel quale sono intervenuti anche Marco BISOGNI e Roberto D’AURIA, per ribadire, a fronte di letture estremamente riduttivistiche, che la stessa natura di organo di rilievo costituzionale, soprattutto nell’alta funzione consultiva come delineata sia dalla prassi consiliare sia dalla stessa lettera dell’art. 10 della legge 195/58, non poteva consentire letture “burocratizzanti” che sottraessero alla competenza del Consiglio la possibilità di dare il proprio contributo qualificato in un’ottica di leale collaborazione.
Si allegano i link agli interventi:
intervento del consigliere BISOGNI https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649950
intervento del consigliere D’AURIA https://www.radioradicale.it/scheda/711669?i=4649954
3) I TRAMUTAMENTI DI SECONDO GRADO (e i prossimi di primo grado)
Con riferimento alle pratiche competenza della terza commissione, segnaliamo che nel plenum del 26 ottobre è iniziata la definizione delle procedure di tramutamento ordinario per i posti di secondo grado pubblicati con prot. n. 13955 del 20 luglio 2023.
In dettaglio sono state definite le seguenti procedure: un posto di consigliere della Corte di Appello di Ancona, un posto di consigliere della sezione lavoro della Corte di Appello di Ancona, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Ancona, sette posti di consigliere della Corte di Appello di Bologna, un posto di consigliere della sezione lavoro della Corte di Appello di Bologna, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bologna, cinque posti di consigliere della Corte di Appello di Catanzaro (4 posti s.a.), due posti di consigliere della Corte di Appello di L’Aquila, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica
presso la Corte d’Appello di L’Aquila, un posto di consigliere della Corte di Appello di Messina, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Messina, tre posti di consigliere della Corte di Appello di Catania, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Catania, tre posti di consigliere della Corte di Appello di Caltanissetta, un posto di sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta, due posti di consigliere della Corte di Appello di Genova, due posti di consigliere della Corte di Appello
di Lecce e un posto di consigliere della sezione lavoro della Corte di Appello di Lecce.
Segnaliamo inoltre che, nel corso del plenum, la presidente della terza commissione ha comunicato che, salvo imprevisti, la pubblicazione dei posti di primo grado avverrà entro la metà di dicembre.
4) LA PRATICA A TUTELA DELLA COLLEGA APOSTOLICO.
Grande eco ha avuto sulla stampa la decisione assunta il 26 ottobre dalla prima commissione di aprire formalmente la pratica a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura determinata dal caso Apostolico, magistrato della sezione specializzata in materia di immigrazione del Tribunale di Catania.
Ricorderete che lo scorso 3 ottobre abbiamo chiesto – unitamente ad altri consiglieri – l’apertura di tale pratica urgente allorché un provvedimento giudiziario dalla stessa ado tato è stato oggetto di dichiarazioni da parte di esponenti della maggioranza parlamentare e dell’esecutivo che, per modi e contenuti, hanno realizzato un attacco all’autonomia della magistratura e una grave delegittimazione professionale del giudice estensore, esposto a indebiti attacchi mediatici aventi a oggetto la sua sfera personale.
Riportiamo qui di seguito il comunicato stampa diramato dalla commissione: – ++ Prima commissione Csm apre pratica a tutela Apostolico ++ (ANSA) – ROMA, 26 OTT – La prima Commissione del Csm nella seduta odierna ha deliberato a maggioranza (con la sola astensione del Presidente Enrico Aimi) “l’apertura della pratica a tutela della autonomia ed indipendenza della magistratura determinata dal caso Apostolico. La verifica circa la pendenza di numerose richieste di apertura di pratica a tutela scaturite da espressioni ritenute dai proponenti lesive della autonomia ed indipendenza della magistratura ha indotto la commissione a deliberare preliminarmente (all’unanimità) la analisi urgente delle stesse per valutarne la riunione alla nuova pratica, ritenendo assolutamente necessario affrontare il tema con la completezza che merita”.
A quanto sopra preme solo aggiungere che la decisione di procedere anche a una ricognizione di tutte le pratiche a tutela pendenti – la gran parte delle quali risalenti alla precedente consiliatura – risponde all’esigenza, avvertita da tutti i componenti della commissione, di verificare se, tra di esse, ve ne siano altre aventi analogo oggetto al fine di una eventuale riunione. Se infatti spesso è vero che già con il deposito della richiesta di apertura di una pratica a tutela (e soprattutto con la diffusione della notizia da parte degli organi di stampa) si realizza buona parte del risultato “politico” che si prefiggono i proponenti, è altrettanto innegabile che sussista un interesse del Consiglio di trattare in maniera uniforme pratiche simili.
Un caro saluto a tutti.
Marco Bisogni
Roberto D’Auria
Michele Forziati
Antonino Laganà