Report n. 17 del 7 febbraio 2024

Cari tutti, ecco il nuovo report dedicato, tra l’altro, al plenum del 7 febbraio e alla complicata evoluzione degli applicativi per il PPT.

1) L’INTITOLAZIONE DEL PALAZZO MARESCIALLI A VITTORIO BACHELET
Il plenum, all’unanimità, ha deliberato di modificare il nome della sede storica del Consiglio superiore della magistratura da palazzo dei Marescialli a palazzo BACHELET. Ci è parso un doveroso omaggio alla memoria di Vittorio BACHELET e al suo impegno per l’istituzione consiliare. Alleghiamo gli interventi del consigliere Antonello Cosentino – testimone diretto della tragedia – e di Antonino Laganà.

Intervento di Antonello Cosentino

https://www.radioradicale.it/scheda/720146?i=4711143
Intervento di Antonino Laganà
https://www.radioradicale.it/scheda/720146?i=4711144

2) LE VOTAZIONI CONTRAPPOSTE PER ALCUNI INCARICHI DIRETTIVI
Nelle quattro votazioni del 7 febbraio abbiamo cercato, come sempre, di votare il candidato più adeguato prescindendo da appartenenze e appoggi aprioristici da parte dei diversi gruppi consiliari: ne è risultato che in due votazioni abbiamo votato con MI (presidente del tribunale di sorveglianza di Roma e procuratore di Matera) e in due con AREA (procuratore di Messina e presidente del tribunale superiore delle acque pubbliche).
In considerazione dell’attenzione anche mediatica e del dibattito sviluppatosi tra i colleghi in relazione a due di queste votazioni, riteniamo necessario fornire alcuni importanti elementi di conoscenza.

2.1 – Il presidente del tribunale di Sorveglianza di Roma
Particolarmente vivace è stata la discussione che si è sviluppata in ordine al conferimento dell’incarico di presidente del tribunale di sorveglianza di Roma.
Le due proposte contrapposte erano in favore di due colleghe di cui sintetizziamo il percorso professionale.
Proposta votata da noi (d.ssa Finiti):

– dal 18.7.1988 al 12.10.1992 Pretore mandamentale (nei settori civile, penale, lavoro);
– dal 13.10.1992 al 23.9.1999 Magistrato di sorveglianza;
– dal 24.9.1999 all’ottobre 2001 giudice del dibattimento penale;
– dal novembre 2001 al 31.12.2012 giudice per le indagini preliminari, giudice dell’udienza preliminare; componente effettivo del collegio per i reati ministeriali;
– dal 2.1.2012 all’8.6.2014 giudice del dibattimento penale;
– dal 9.6.2014 fino al 8.6.2022 Presidente di sezione penale; presidente di sezione presso la Corte di assise;
– dal 9.6.2022 all’attualità giudice del dibattimento penale (per scadenza dell’ottennio).
Proposta contrapposta (d.ssa Stefanelli):
– dal 7.4.1989 al 3.8.1991 giudice presso il Tribunale di sorveglianza;
– dal 3.8.1991 al 7.3.1994 sostituto presso la Procura della Repubblica presso la Pretura;
– dal 7.3.1994 al 31.10.2001 fuori ruolo presso l’ufficio legislativo del Ministero della giustizia;
– dal 31.10.2001 al 20.2.2012 giudice civile presso il Tribunale;
– dal 20.2.2012 ad oggi magistrato presso il Tribunale di sorveglianza.
Nella comparazione tra le due candidate veniva in rilievo il tema del valore assorbente o meno da dare agli “indicatori specifici” individuati dal Testo Unico. In particolare l’art. 19, con riferimento agli uffici “specializzati” (minori e sorveglianza), prevede che abbiano speciale rilievo:

– “la professionalità e l’esperienza specifica acquisite nel relativo settore, desunte concretamente dalla qualità dell’attività giudiziaria svolta e dalla durata dell’esperienza di almeno quattro anni negli ultimi quindici” (lettera a);

– “le pregresse o attuali esperienze direttive nel medesimo settore di specializzazione, valutate in base agli elementi di cui all’art. 7, tenendo conto anche della loro durata quale requisito di validazione, le esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici di cui all’art. 9” (lettera b).

Orbene, indubbiamente la collega della proposta contrapposta, dopo le prime esperienze di giudice di sorveglianza per poco più di 2 anni e di pubblico ministero per meno di 3 anni maturate all’inizio della carriera, e dopo l’esperienza civile di più di 10 anni maturata al termine di un periodo di fuori ruolo di oltre 7 anni al Ministero, poteva vantare sia l’indicatore sub a) (avendo svolto le funzioni specializzate per oltre 4 anni negli ultimi 15) sia quello sub b) (con riferimento alle esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici).
A fronte di ciò, la collega che nel plenum abbiamo sostenuto (e che è poi stata nominata), pur avendo maturato una lunga esperienza nella sorveglianza nella prima parte della carriera (di 7 anni), non poteva vantare la specifica “medaglietta” perché tale esperienza era risalente a più di 15 anni dalla vacanza; la stessa, però, poteva vantare una prolungata e continuativa esperienza maturata sempre nella giurisdizione e in tutti i settori del penale giudicante. Ebbene tali esperienze ci sono sembrate più che valide (e legittime) ragioni per ritenerla non solo idonea a ricoprire l’incarico, ma anche la più adeguata rispetto agli altri aspiranti.
Dobbiamo al riguardo sottolineare che già in altre occasioni il CSM aveva operato (secondo noi in maniera legittima) una valutazione comparativa globale tra gli elementi di conoscenza, giungendo a ritenere nel caso concreto subvalenti gli indicatori specifici a fronte di dati e indicatori generali fortemente pregnanti (quali quelli vantati dalla collega nominata).
Sintetizzando: a fronte di oltre 35 anni continuativi di giurisdizione, di cui 30 ininterrottamente nel settore penale e la maggior parte quale giudice del dibattimento penale (che per esperienza comune presenta aspetti di contiguità con le funzioni svolte dal magistrato di sorveglianza, il quale, pur nella fase della esecuzione della pena, è chiamato ad effettuare valutazione riguardanti la personalità del condannato non dissimili da quelle effettuate dal giudice di merito nella fase del giudizio), la collega soccombente aveva svolto funzioni giudiziarie per circa 26 anni di cui circa 17 nel settore penale (compresa la sorveglianza).
A ciò si aggiunga, in relazione all’art. 7 T.U., il positivo esercizio per 8 anni di funzioni semidirettive presso un Tribunale ordinario (di grandi dimensioni), oltre al proficuo espletamento, quale Presidente di sezione, di plurime deleghe organizzative, a fronte della assenza di tali esperienze da parte della concorrente.
Neutra ai fini della valutazione comparativa deve infine dirsi la presenza, nel curriculum della concorrente, del prolungato fuori ruolo in funzioni totalmente eccentriche rispetto al posto da conferire – la collega, con cinque anni di anzianità nelle funzioni giurisdizionali, proveniente da una Procura circondariale del sud, a Roma presso l’Ufficio legislativo si occupava di redigere testi normativi (soprattutto in recepimento delle direttive comunitarie in materia sanitaria, di sicurezza del lavoro, industriale, ambientale, della navigazione, del diritto d’autore), predisporre pareri, elaborare risposte a diversi quesiti, svolgere le verifiche per l’apposizione del “visto” del guardasigilli sugli atti normativi, preparare le difese del Governo italiano innanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, predisporre schede relative ai vari provvedimenti all’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri).
Questi in sostanza i fatti.
Non possiamo però non rilevare, ancora una volta, che non pretendiamo di essere depositari di verità assolute. Le ragioni delle nostre decisioni si rinvengono nelle delibere e nei nostri interventi; di queste rendiamo conto e su queste chiediamo di essere a nostra volta “valutati”.
Siamo però seriamente preoccupati dalla continua strumentalizzazione delle decisioni consiliari, che pretendono di attribuire ad esempio a questa nomina vergognose finalità intimidatrici o vendicative.

2.2 – Il procuratore della Repubblica di Messina
Il plenum ha deliberato la nomina del procuratore della Repubblica di Messina. Si contrapponevano due proposte: una in favore del dott. Antonio D’Amato (risultata poi vincitrice) e l’altra in favore del dott.ssa Rosa Raffa.
La prima proposta è stata sostenuta (e poi votata in plenum) dai consiglieri del gruppo MI, dai laici di centro destra (oltre che da Ernesto Carbone) e dalla Presidente Cassano.
Noi quattro (unitamente ai consiglieri Mirenda, Fontana, Miele ai colleghi di AREA e al consigliere laico Papa) abbiamo votato in favore della collega Raffa.
I due profili professionali – entrambi meritevoli – non avrebbero tuttavia dovuto lasciare dubbi sul voto da esprimere.
Il dott. D’Amato ha svolto la sua carriera in gran parte negli uffici campani e vanta una lunga esperienza fuori ruolo, da ultimo, fino al gennaio 2023, come consigliere eletto con il gruppo di MI nell’ambito delle elezioni suppletive per il CSM. Ha una sola esperienza semidirettiva in un ufficio non distrettuale e ha operato come sostituto DDA per poco meno di sette anni.
La collega RAFFA opera da sempre nella giurisdizione in Sicilia, come sostituto prima e successivamente come procuratore della Repubblica di Patti e procuratore aggiunto di Messina. Ha speso ben 16 anni occupandosi di indagini DDA sul territorio messinese (come sostituto e come aggiunto) ed è l’attuale reggente dell’ufficio.
Tre le due alternative la dott.ssa RAFFA ci è parsa quella più rispondente alla nostra idea di dirigente, al servizio degli uffici e impegnata con continuità nella giurisdizione e nel contrasto alle mafie.
Ci pare poi significativo evidenziare come la pubblicazione della vacanza della procura di Messina sia avvenuta nel dicembre 2022 mentre il collega D’Amato era ancora al CSM. L’attuale assetto normativo voluto dalla riforma Cartabia, poi, impedirebbe ai consiglieri eletti di presentare domande per incarichi semidirettive e direttivi per quattro anni dalla cessazione dell’incarico e – come si ricorderà – la legittimazione alla presentazione di domande per incarichi apicali da parte dei componenti del CSM è stata oggetto di particolare attenzione nell’ambito nella scorsa legislatura, tanto che molti ex consiglieri (tra questi non vi era il collega D’Amato) avevano assunto il seguente impegno formale “in un’ottica di responsabilità e con l’intenzione di contribuire a ristabilire un clima di fiducia nella magistratura e nel suo organo di governo autonomo manifesto l’intenzione di autovincolarmi alla disciplina sul rientro in ruolo vigente prima della riforma attuata dalla legge 205 del 2017 e cioè alla disciplina di cui al previgente art. 30 co. 2 del dpr 916 del 1958 il quale prevedeva che “prima che sia trascorso un anno dal giorno in cui ha cessato di far parte del CSM, il magistrato non può essere nominato ad ufficio direttivo o semidirettivo diverso da quello eventualmente ricoperto prima dell’elezione o nuovamente collocato fuori del ruolo organico per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle giudiziarie ordinarie”. Ci impegniamo altresì a non presentare domanda per ufficio direttivo o semidirettivo per lo stesso periodo”.

Di seguito l’intervento svolto in plenum da Marco BISOGNI:
https://www.radioradicale.it/scheda/720146?i=4711194

3) SULL’ASSEGNAZIONE DEL DOTT. FORLANI PRESSO “EUROJUST” CON FUNZIONE DI ASSISTENTE.
Al plenum del 7 febbraio abbiamo convintamente votato per l’assegnazione del dott. Forlani presso Eurojust con funzioni di assistente.
La questione merita di essere trattata sia per le interessanti implicazioni giuridiche ad essa connessa, sia perché ci consente, ancora una volta, di rappresentare la nostra visione inerente ai rapporti che devono intercorrere tra il CSM e gli altri organi dello Stato aventi, del pari, rilevanza costituzionale.
È bene, in questo senso, compiere un breve riassunto cronologico dei fatti in funzione dell’esatta comprensione della vicenda.
Nella vigenza della legge n. 41/2005 (oggi non più in vigore), il Ministro della giustizia, esercitando i propri esclusivi poteri decisori in ordine alla designazione dei componenti italiani di Eurojust, con nota del 21 luglio 2023 aveva designato il dott. Forlani e ne aveva richiesto al Consiglio il collocamento fuori ruolo.
Il Consiglio, tuttavia, decideva di attendere l’emanazione della normativa nazionale volta a dare attuazione in Italia alle disposizioni contenute nel Regolamento UE 2018/1727 in materia.
Successivamente però, non essendo stata ancora emanata la nuova disciplina ed avendo nel frattempo il predetto magistrato maturato il periodo decennale di permanenza fuori ruolo in altro incarico, il Consiglio ne deliberava il ricollocamento in ruolo.
Con nota del 29 dicembre 2023, il Ministro richiedeva l’assegnazione del suddetto magistrato presso Eurojust, richiamandosi alla designazione di luglio e rappresentando la sopravvenuta approvazione del D.lvo 182/2023. Al riguardo occorre evidenziare che, nell’attuare le disposizioni del richiamato Regolamento UE, il decreto legislativo ha immutato l’intera procedura in materia, riconoscendo natura
giurisdizionale “alle funzioni in Eurojust” (per il cui esercizio non è più richiesto dalla legge il collocamento fuori ruolo) e invertendo i poteri di designazione al riguardo, riconoscendo al Ministro la possibilità di esprimere un parere comparativo tra i candidati e attribuendo al Consiglio superiore il potere di nomina.
A questo punto, occorreva procedere all’interpretazione della norma transitoria contenuta nell’art. 13 del citato decreto legislativo, secondo cui “Le disposizioni degli articoli 3 e 6 (che innovano l’intera procedura nei termini riferiti) si applicano alle procedure di nomina … in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
Secondo una prima interpretazione (che, del tutto legittima e sostenibile, non è stata da noi accolta), nel caso in esame la procedura alla base della designazione del dott. Forlani da parte del Ministro non poteva ritenersi conclusa, con conseguente necessità di azzerare il procedimento per ripartire da zero sulla base delle nuovi disposizioni normative (posto che ostava alla definizione della stessa “l’omessa collocazione fuori ruolo” del predetto magistrato che, avendo già consumato il proprio termine decennale fuori dalla giurisdizione, non poteva più uscire dall’organico della magistratura).
Pur rispettando questa prima tesi, non abbiamo ritenuto di condividerla per una serie di motivi tecnici del tutto in linea con rilievi di opportunità costituzionale.
In primo luogo, se si interpretasse il disposto di cui all’art. 13 cit. nell’accezione sopra indicata, la norma in questione non avrebbe ragione di esistere in quanto priva di alcuna reale funzione, in quanto se l’intendimento legislativo fosse stato quello di travolgere la designazione ministeriale del luglio 2023 sarebbe bastata l’entrata in vigore della nuova legge (che, in base all’ordinario principio del tempus regit actum, avrebbe per ciò solo “messo nel nulla” la pregressa procedura. È allora evidente che, in tanto può (e deve) nel nostro ordinamento assumere senso e funzione la disposizione de qua, in quanto la stessa venga interpretata nel senso di ritenere che la pregressa designazione ministeriale abbia già esaurito la precedente nomina.
A ciò si aggiunga che già nel luglio del 2023 ben poteva sostenersi in via interpretativa la natura giurisdizionale delle funzioni svolte dall’assistente presso Eurojust: il Consiglio, infatti, l’aveva espressamente affermata nella delibera con la quale, in data 22.01.2020, aveva confermato nel fuori ruolo un magistrato, con superamento del limite decennale, per continuare a svolgere proprio le funzioni di
membro nazionale di Eurojust. Inoltre lo stesso Regolamento UE 2018/1727 – già esistente al tempo della designazione del Ministro e le cui disposizioni sono state recepite ed attuate nel D.lvo 182/2023 – “era chiaro” nel riconoscere la suddetta funzione giurisdizionale a tutti i componenti designati da ogni Paese in materia di cooperazione giudiziaria europea (come peraltro confermato in un parere dell’ufficio studi e documentazione del Consiglio).
Si consideri infine che pochi mesi orsono il Consilio superiore ha emesso una risoluzione con cui è stato espressamente escluso dal “computo decennale previsto per il fuori ruolo” il periodo svolto da un magistrato quale componente di una Corte internazionale, avuto riguardo proprio alla natura giurisdizionale riconnessa alle funzioni esercitate da tale Corte.
Da quanto precede risulta dunque chiaro che già nel luglio del 2023 sarebbe stato del tutto legittimo assegnare il dott. Forlani ad Eurojust sulla base dell’avvenuta nomina ministeriale, non ostandovi la sua prossima decennalità in materia, e prendendo atto che la designazione, compiuta al tempo, aveva certamente “chiuso” la procedura in questione.
Con la delibera in esame, dunque, non si è integrato alcun “grave precedente” – come altrove affermato – sia perché, esaurita la procedura in esame, ogni ulteriore procedimento sarà gestito e governato alla stregua dei nuovi principi vigenti, sia perché non può ritenersi “grave” ciò che risulta conforme allo spirito e all’esegesi sistematica della legge.
Soprattutto non vi è stato “alcun arretramento delle prerogative del CSM”, la difesa delle cui competenze è a noi carissima, laddove si è accolta una tesi fondata su un’interpretazione rigorosa – e, sia consentito, ragionevole – della norma, nell’alveo del più ampio sistema delle fonti e dei precedenti consiliari, in un’ottica tesa non solo a rafforzare le garanzie che la Costituzione assegna al Consiglio, a presidio dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, ma anche a consentire al Consiglio stesso di farsi promotore della piena attuazione del principio di leale collaborazione tra gli Organi costituzionali, nella certa convinzione che il rispetto di tale principio rafforzi ed estenda – se così si può dire – la natura e rilevanza costituzionale dello stesso Consiglio.

4) LE DIFFICOLTA’ DEL PPT
Il gruppo di lavoro costituto dalla Settima commissione ha licenziato l’ultima relazione sulle difficoltà incontrare da APP nella gestione dei procedimenti di archiviazione (relazione redatta con l’ausilio della rete RID nazionale). Il tema sarà oggetto di apposto incontro tra il Ministero ed il CSM il prossimo 20 febbraio.

Un caro saluto a tutti.

Marco Bisogni Roberto D’Auria Michele Forziati Antonino Laganà

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