Cari tutti, il report di oggi è dedicato alla nomina del PRESIDENTE DELLA CORTE DI APPELLO DI REGGIO CALABRIA votata dal plenum lo scorso 17 aprile.
La quinta commissione aveva formulato due proposte: in favore della d.ssa Chiaravalloti (presidente del tribunale di Latina) si erano espressi i consiglieri Mazzola, Bianchini e Mirenda, mentre in favore della d.ssa Tarzia (presidente di sezione presso la Corte di appello di Reggio Calabria) si erano espressi i consiglieri
Cosentino, Ernesto Carbone e D’Auria. Come ormai noto, avendo entrambe le candidate riportato in plenum lo stesso numero di voti, ha prevalso la dott.ssa Chiaravalloti in virtù del valore doppio attribuito dalla legge al voto del vice presidente (non possiamo non rilevare come, anche in questa occasione, a fronte della maggioranza in favore del candidato non sostenuto dai consiglieri laici di centrodestra e di Magistratura Indipendente, il voto del vice presidente abbia portato i voti in parità e determinato l’elezione dell’altro candidato in forza, appunto, del valore doppio di tale voto).
Questa nel dettaglio l’articolazione del voto:
– 15 voti (16 per il valore doppio del voto del vice presidente) per la dott.ssa Caterina Chiaravalloti (consiglieri Aimi, Bertolini, Bianchini, Cilenti, D’Ovidio, Eccher, Giuffrè, Marchianò, Mazzola, Natoli, Nicotra, Paolini e Scaletta, oltre alla presidente Cassano e al vice presidente Pinelli);
– 15 voti per la dott.ssa Olga Tarzia (consiglieri Abenavoli, Basilico, Bisogni, Carbone E., Carbone M., Chiarelli, Cosentino, D’Auria, Fontana, Forziati, Laganà, Miele, Morello, Papa e Romboli);
– 1 astensione (procuratore Salvato);
– 1 assente (consigliere Mirenda).
Il dibattito in plenum e la dinamica della successiva votazione impongono a nostro avviso alcune riflessioni.
Nel corso del dibattito alcuni consiglieri e lo stesso vice presidente hanno motivato la propria scelta in favore della d.ssa Chiaravalloti valorizzando anche la circostanza che quest’ultima, oltre ad aver lavorato per la maggior parte della sua carriera in Calabria, aveva da ultimo arricchito il proprio bagaglio professionale operando in un territorio del tutto diverso quale quello di Latina (dove aveva peraltro svolto
funzioni direttive): circostanza questa che l’avrebbe significativamente distinta dalla d.ssa Tarzia, la quale aveva invece sempre operato in uffici giudiziari calabresi.
Come osservato anche nel corso del dibattito, questo argomento ci è parso nel caso concreto non solo poco convincente ma anche non condivisibile:
– poco convincente in quanto, avendo entrambe le colleghe hanno operato in Calabria per moltissimi anni, una sola esperienza in altro distretto, limitata nel tempo, non ci è parsa idonea a caratterizzare significativamente il profilo professionale della d.ssa Chiaravalloti rispetto a quello della d.ssa Tarzia;
– non condivisibile in quanto, specie con riferimento a territori difficili e “di frontiera”, ignora e forse anche mortifica il valore aggiunto insito nella scelta di chi vi resta a lavorare e vivere, assicurando ad uffici spesso disagiati quel minimo di continuità senza la quale NESSUNA RISPOSTA DI GIUSTIZIA degna di questo nome può essere garantita al cittadino. Il che ci pare particolarmente evidente nel caso di specie, essendo la Corte d’appello di Reggio Calabria l’ufficio italiano con la più alta, cronica scopertura di organico (costantemente intorno al 50 per cento), nel cui territorio lavorare impone significativi sacrifici personali (oltre che professionali): la scelta dei colleghi che restano a servire lo Stato in questi territori può e deve essere adeguatamente valorizzata dal Consiglio.
Di seguito i link all’intervento del consigliere Laganà
(https://www.radioradicale.it/scheda/726274?i=4748030 ) e del consigliere Bisogni
(https://www.radioradicale.it/scheda/726274?i=4748034).
Marco Bisogni – Roberto D’Auria – Michele Forziati – Antonino Laganà