Relazione Massimario su “Disturbo del riposo delle persone”

di Pietro Molino

Rel. n. 47/16

Roma, 12 settembre  2016

Relazione di orientamento

OGGETTO: 602005 – REATI CONTRO L’ORDINE PUBBLICO – CONCERNENTI LE MANIFESTAZIONI SEDIZIOSE E PERICOLOSE – Disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone – Rapporti tra primo e secondo comma dell’art. 659 cod. pen. con la fattispecie di cui all’art. 10, comma secondo, l. n. 447 del 1995.

RIF. NORM.: Cod. pen.  art. 659; legge  26 ottobre 1995, n. 447, art. 10.

1. La terza sezione penale, con decisione assunta nella udienza in camera di consiglio dell’8 aprile 2015 (depositata il 18 aprile 2016), n. 15919, CO.NA.VAR. Srl, Rv. 266627, ha affermato il principio di diritto così massimato: “Il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991 può integrare la fattispecie di reato prevista dall’art. 659, comma secondo, cod. pen., allorquando l’inquinamento acustico è concretamente idoneo a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone, non essendo in tal caso applicabile il principio di specialità di cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981 in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995”.

In motivazione, il collegio dichiara di aderire a quell’orientamento –  cfr. Sez. 1, n. 1561 del 5/12/2006, Rey ed altro, Rv. 235883;  Sez. 1, n. 33413 del 7/6/2012, Girolimetti, Rv. 253483; Sez. 1, n. 4466 del 5/12/2013, Giovanelli e altro, Rv. 259156 – per il quale il mancato rispetto dei limiti di emissione del rumore stabiliti dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, integra la fattispecie di reato prevista dall’art. 659, comma secondo, cod. pen., non essendo applicabile il principio di specialità dì cui all’art. 9 della legge n. 689 del 1981, in relazione all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma secondo, della legge n. 447 del 1995.

In particolare, è richiamata la pronuncia Sez. 1, n. 25103 del 16/4/2004, Amato, Rv. 228244, secondo la quale “Il superamento dei valori-limitedi rumorosità prodotta nell’attività di esercizio di una discoteca non integra la fattispecieprevista dal primo comma dell’art. 659 cod. pen., ma quella indicata nel secondo comma dello stesso articolo, che non è depenalizzata per effetto del principio di specialità di cui all’art. 9della legge n. 689 del 1981, in quanto contiene un elemento, mutuato da quella prevista nelcomma precedente, estraneo alla fattispecie contemplata dall’art. 10, comma secondo, dellalegge n. 447 del 1995 (legge quadro sull’inquinamento acustico), che tutela genericamente lasalubrità ambientale, limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via amministrativa ilsuperamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistentel’inquinamento acustico. Tale elemento è rappresentato da quella concreta idoneità dellacondotta rumorosa a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminatadi persone, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato daentrambi i commi dell’art. 659 cod. pen.”.

Secondo l’indirizzo condiviso dalla sentenza CO.NA.VAR. Srl, dunque, l’effetto abrogativo è escluso poiché le due disposizioni tutelano beni giuridici diversi: mentre l’art. 659, sia nel primo che nel secondo comma, tutela la tranquillità pubblica, evitando che le occupazioni e il riposo delle persone possano venire disturbate con schiamazzi o rumori o con altre attività idonee ad interferire nel normale svolgimento della vita privata di un numero indeterminato di persone, il bene giuridico tutelato dall’art. 10 della legge n. 447 del 1995 deve essere, invece, individuato non nella quiete pubblica, ma nella salute umana, in considerazione dei danni che il rumore può produrre sia sul fisico che sulla psiche della persona; conclusione che trae legittimazione dall’esame dell’art. 1 della legge citata, ove l’inquinamento acustico è definito come quell’introduzione di rumori provenienti da sorgenti sonore fisse o mobili idonee a provocare il fastidio e il disturbo al riposo e alle attività umane o pericolo per la salute umana.

2. La sentenza CO.NA.VAR. Srl pare porsi in contrapposizione con altro indirizzo – cfr. Sez. 1, n. 530 del 3.12.2004, P.M. in proc. Termini e altro, Rv. 230890; Sez. 3, n. 2875 del 21.12.2006, Roma, Rv. 236091; Sez. 1, n. 48309 del 13.1.2012, Carrozzo e altro, Rv. 254088 – che qualifica la condotta consistente nel superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di mestieri rumorosi (nella specie, attività industriale) come illecito amministrativo ai sensi dell’art. 10, comma secondo, legge n. 447 del 1995.

Più in particolare, sulla problematica dell’ambito di operatività della ipotesi contravvenzionale sanzionata dall’art. 659 c.p., comma 2, a seguito dell’entrata in vigore della legge 447/1995, nella giurisprudenza della Corte sembrano in realtà registrarsi, oltre all’orientamento riaffermato dalla sentenza CO.NA.VAR., altri due diversi indirizzi.

3. Una prima tesi, più radicale, riconosce all’art. 10, della legge quadro sull’inquinamento acustico un effetto integralmente abrogativo del comma 2 della disposizione codicistica.

In questa posizione affermata in passato sembra poter rientrare, più di recente, anche Sez. 3, n. 13015 del 31/01/2014, Vazzana, Rv. 258702, secondo cui la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di professioni o mestieri rumorosi non configura l’ipotesi di reato di cui all’art. 659, comma secondo, cod. pen., ma l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995 n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico), in applicazione del principio di specialità contenuto nell’art. 9 della legge 24 novembre 1981 n. 689.

Nella motivazione dell’arresto Vazzana, la Corte osserva che l’art. 659 c.p. prevede due autonome fattispecie di reato configurate rispettivamente dal comma 1 e dal comma 2, con elemento differenziante rappresentato dalla fonte del rumore prodotto, giacché ove esso provenga dall’esercizio di una professione o di un mestiere rumorosi la condotta rientra nella previsione del secondo comma del citato articolo per il semplice fatto della esorbitanza rispetto alle disposizioni di legge o alle prescrizioni dell’autorità, presumendosi la turbativa della pubblica tranquillità; mentre qualora le vibrazioni sonore non siano causate dall’esercizio della attività lavorativa, ricorre l’ipotesi di cui all’art. 659 c.p., comma 1, per la quale occorre che i rumori superino la normale tollerabilità ed investano un numero indeterminato di persone, disturbando le loro occupazioni o il riposo. Tuttavia – osserva ancora la sentenza Vazzana  – la fattispecie prevista dal comma secondo dell’art. 659 cod. pen., a differenza di quella prevista dal comma primo, deve intendersi depenalizzata in virtù del principio di specialità di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, data la perfetta identità della situazione considerata dalla menzionata norma del codice penale e di quella di contenuto più ampio sanzionata solo in via amministrativa in forza della L. 26 ottobre 1995, n. 447, art. 10, comma 2 (legge quadro sull’inquinamento acustico).

4. Un secondo indirizzo – intermedio – è  quello invece espresso in Sez. 3, n. 42026 del 18/09/2014, Claudino, Rv. 260658, e ancor più di recente in Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Giuffrè, Rv. 261885, secondo le quali è configurabile: A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma secondo, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia; B) il reato di cui al comma primo dell’art. 659, cod. pen., ove il fatto costituivo dell’illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato; C) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen. qualora la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all’esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica.

In particolare, nella sentenza Claudino, esaminando la problematica del rapporto tra l’ipotesi ex art. 659, comma 2, e l’ipotesi di cui alla L. n. 447 del 1995, art. 10, comma 2, (legge quadro sull’inquinamento acustico), la Corte osserva che, nell’ipotesi di esercizio di professione o mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità, la carica di lesività del bene giuridico protetto sia dall’art. 659 c.p., comma 2, sia dall’art. 10 cit. consistente nella quiete e tranquillità pubblica, è presunta “ope legis” ed è racchiusa, per intero, nel precetto della disposizione codicistica, che tuttavia cede, di fronte alla configurazione dello speciale illecito amministrativo previsto dall’art. 10 suddetto, qualora l’inquinamento acustico si concretizzi nel mero superamento dei limiti massimi o differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia.

Ove allora l’illecito penale non si diversificasse oggettivamente da quello amministrativo almeno per qualche aspetto fattuale, ulteriore e diverso, la sovrapponibilità tra i due tipi di condotta e la coesistenza dei due apparati sanzionatori, penale e amministrativo, finirebbero per generare aspetti di manifesta irrazionalità del sistema, consentendosi surrettiziamente la riespansione dell’illecito penale previsto dal primo comma della norma codicistica, nonostante la sostanziale identità del fatto e la stretta affinità dei valori e dei beni meritevoli di tutela; e ciò, inoltre, nell’ambito di un’attività legittimamente autorizzata ed esercitata sul territorio, nel pieno rispetto di ogni altra specifica prescrizione (concernente gli orari consentiti, l’adozione di particolari accorgimenti tecnici e simili) imposta dalla competente autorità comunale per l’esercizio dell’attività industriale rumorosa.

Su tali premesse, la pronuncia Claudino conclude nel senso che la condotta costituita dal superamento dei limiti di accettabilità di emissioni sonore derivanti dall’esercizio di professioni o mestieri rumorosi configura l’illecito amministrativo di cui alla L. 26 ottobre 1995, n. 447, art. 10, comma 2, (legge quadro sull’inquinamento acustico), in applicazione del principio di specialità contenuto nella L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9 e non invece l’ipotesi di reato di cui all’art. 659 c.p., comma 2, che risulta integrata quando l’attività lavorativa che provochi disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone si qualifichi per la violazione di prescrizioni attinenti al contenimento della rumorosità diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore.

Nell’ulteriore e menzionato arresto Giuffrè, la Corte si confronta apertamente con le argomentazioni adottate dall’orientamento – ripreso dalla sentenzaCO.NA.VAR. – fondato sulla diversità del bene giuridico tutelato dalla norma codicistica e dalla legge quadro sull’inquinamento acustico.

In particolare, è sottoposta a critica l’affermazione già ricordata, secondo cui la fattispecie penale di cui all’art. 659 c.p., comma 2, contiene un elemento, mutuato da quella prevista nel comma 1 (e rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell’art. 659 cod. pen., a recare disturbo ad una pluralità indeterminata di persone), invece estraneo all’illecito amministrativo previsto dall’art. 10, comma 2, legge n. 447 del 1995, che tutela genericamente la salubrità ambientale. Si sostiene infatti che tale affermazione non terrebbe adeguatamente conto proprio del tenore letterale delle disposizioni contenute nella legge 447/ 1995, ed in particolare:

– dell’art. 1, che – nell’individuare le finalità perseguite – specifica che “la presente legge stabilisce i principi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 117 della Costituzione”;

– dell’art. 2, ove vengono fornite le definizioni, ove si chiarisce, al comma 1, lett. a), che per inquinamento acustico si intende “l’introduzione di rumore nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo ed alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi”; e che – lettera b) del medesimo comma – per ambiente abitativo si intende: “ogni ambiente interno ad un edificio destinato alla permanenza di persone o di comunità ed utilizzato per le diverse attività umane, fatta eccezione per gli ambienti destinati ad attività produttive per i quali resta ferma la disciplina di cui al D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, salvo per quanto concerne l’immissione di rumore da sorgenti sonore esterne ai locali in cui si svolgono le attività produttive”.

Ad avviso dunque della sentenza Giuffrè, alla luce di tali specificazioni normative non sembra oltremodo sostenibile l’affermata differenza del bene giuridico tutelato, adoperata a sostegno dell’indirizzo abbracciato dalla sentenza CO.NA.VAR., “… risultando, anzi, quello considerato dalla legge quadro ben più ampio, in quanto il legislatore non si è limitato a prendere in esame esclusivamente la tutela dei singoli individui, perché la sua attenzione risulta focalizzata verso un ben più ampio contesto, valutando ogni possibile effetto negativo del rumore, inteso, appunto, come fenomeno “inquinante”, tale cioè, da avere effetti negativi sull’ambiente, alterandone l’equilibrio ed incidendo non soltanto sulle persone, sulla loro salute e sulle loro condizioni di vita, facendo la norma riferimento, come si è detto, anche agli ecosistemi, ai beni materiali ed ai monumenti”.

Al contrario – prosegue l’arresto Giuffrè– merita richiamo l’insegnamento delle Sezioni Unite n. 1963 del 28/10/2010 (dep. 2011), Di Lorenzo, Rv. 248722, secondo le quali, in caso di concorso tra disposizione penale incriminatrice e disposizione amministrativa sanzionatoria in riferimento allo stesso fatto, deve trovare applicazione esclusivamente la disposizione che risulti speciale rispetto all’altra all’esito del confronto tra le rispettive fattispecie astratte.

Deve così ritenersi – secondo questo opposto orientamento – che, avuto riguardo anche al contenuto dell’art. 659 c.p., comma 2, che punisce “chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità”, una piena sovrapponibilità tra le due fattispecie si avrà soltanto nel caso in cui l’attività rumorosa si sia concretata nel mero superamento dei valori limite di emissione specificamente stabiliti in base ai criteri delineati dalla legge quadro, causato mediante l’esercizio o l’impiego delle sorgenti individuate dalla legge medesima, restando conseguentemente escluso il superamento di soglie di rumore diversamente individuate o generate da altre fonti, oltre, ovviamente, tutte quelle condotte che si estrinsecano nell’esercizio di attività rumorose svolte in violazione di altre disposizioni di legge o delle prescrizioni dell’autorità.

5. Per ultimo, deve darsi conto di un ultimissimo arresto – Sez. 3, n. 25424 del 5/6/2015 (dep. 20/6/2016), Pastore, non massimata – nel quale la Corte, senza ripercorrere l’approfondita ricostruzione della fattispecie prevista dall’art. 659 cod. pen. nel suo complesso e dei rapporti intercorrenti tra il 1° e il 2° comma e tra la norma penale e l’illecito amministrativo delineato dall’art. 10 comma 2° della L. 447/95, ribadisce il principio in forza del quale l’ambito di operatività dell’art. 659 c.p., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che l’illecito amministrativo ricorre solo nella residuale ipotesi in cui si verifichi soltanto il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri dettati dalla menzionata Legge quadro sull’inquinamento acustico, attuato attraverso l’impiego o l’esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima; mentre, quando la condotta si sia concretizzata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità che regolano l’esercizio del mestiere o dell’attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall’art. 659 c.p., comma 2; ed ancora, nel caso in cui le attività di cui sopra vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, in modo da attuare una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall’art. 659 c.p., comma 1°.

Redattore: Pietro Molino

Il vice direttore

Giorgio Fidelbo

Scarica il pdf