Linee programmatiche sulla formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati per l’anno 2017

Delibera CSM del 7 settembre 2016

«Il Consiglio Superiore della Magistratura delibera di approvare le seguenti linee programmatiche relative alla formazione permanente dei magistrati per il 2017 da trasmettere alla Scuola Superiore della Magistratura:

Sommario 

Premessa

I. Principi di carattere generale. 1. Centralità della formazione e pluralismo culturale. – 2. Interesse collettivo alla formazione magistratuale. – 3. Unitarietà e circolarità della formazione. – 4. Sistemi di analisi futuri ed attuali obiettivi primari.

II. linea metodologica di base:programmazione nel confronto progressivo

III. pari opportunita’ nella formazione

IV. I magistrati in tirocinio. 1. Unitarietà ed organicità del modello formativo. –  2. Il metodo della collaborazione e del confronto. Figure e ruoli – 3. La realtà del tirocinio nelle recenti esperienze applicative. – 4. Scansione del tirocinio: nuovo dosaggio di pratica e teoria. – 5. Format pedagogico tra tradizione e modernità. – 6. Costruire la sfera deontologica del magistrato. – 7. Autoresponsabilità e corresponsabilità di sistema. – 8. Dalle conoscenze nozionistiche allo sviluppo di capacità intellettuali multiformi.  – 9. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri, ambiente, previdenza ed altri. – 10. Il sistema di valutazione.

V. La formazione permanente. -1. Principi di base. – 2. La selezione delle esigenze di formazione dei magistrati. – 3. L’accesso ai corsi ed i criteri di selezione dei partecipanti. – 4. La selezione del corpo docente. – 5.Metodologie didattiche e nuove tecnologie. – 6. .Circolazione delle risposte giurisprudenziali e condivisione dei saperi. – 7. La cultura comune della giurisdizione penale. 8. La formazione per le funzioni specialistiche. – 9. I temi della formazione permanente: a. I profili deontologici; b. I temi di ordinamento giudiziario e la cultura dell’organizzazione; c. L’uso delle nuove tecnologie; d. I temi processuali; e. Formazione interdisciplinare; f. La formazione in sede di conversione di funzioni; g. La Formazione europea e linguistica; h. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri, ambiente, previdenza ed altri.

VI.La formazione dei dirigenti. – 1. I corsi per gli aspiranti dirigenti  e la formazione dei dirigenti già nominati. – 2. Scopi di una formazione dedicata . – 3 Metodi didattici. – 4. La recente esperienza applicativa

VII.la formazione decentrata. – 1. Funzioni ed esigenze ordinamentali: omogeneità e raccordo. – 2. Complementarità ed autonomia. – 3. La formazione dei formatori

VIII.gli altri percorsi di formazione. – 1. La formazione della magistratura onoraria. – 2. La formazione degli operatori della giustizia diversi dai magistrati (stagisti) nonché la collaborazione formativa con le organizzazioni forensi e le scuole di specializzazione

IX.Conclusioni

Premessa

Il Consiglio Superiore della Magistratura esprime, con la presente delibera, le Linee Programmatiche sulla formazione, di cui la Scuola superiore della magistratura dovrà tener conto nell’esercizio delle sue funzioni.

L’elaborazione che segue è intesa a proiettare verso il futuro prossimo un disegno progettuale che, muovendo da un preciso sistema assiologico, irradia specifiche direttrici, concrete e mirate, per un’adeguata e tangibile propulsione della rete di crescita della magistratura.

Rivolta verso il futuro, ma attenta alle esperienze del passato, l’analisi che segue tiene conto in modo significativo degli esiti dell’attività formativa già svolta, come oggetto di diretta percezione consiliare e come descritti nell’ultima  Relazione del Comitato Direttivo della Scuola per gli anni 2012-2015.

Inoltre, in linea con la Linea Metodologica fondamentale, che sarà illustrata nel successivo Capo II, la recentissima interlocuzione diretta con la Scuola ha consentito di irrobustire il percorso di analisi con dati conoscitivi ancor più aggiornati, relativi al primo semestre dell’anno in corso. Lo studio si è così arricchito, su sollecitazione della Commissione referente, degli utili suggerimenti e dei numerosi spunti forniti dal Comitato Direttivo, peraltro nella sua rinnovata composizione.

Se destinataria prima della presente delibera è certamente la Scuola della Magistratura, non si tratta di un atto riservato al rapporto tra due Istituzioni, ma di un provvedimento indirizzato anche a tutti magistrati e, mediatamente, d’interesse per l’intera collettività, nella misura in cui costituisce esercizio primario di prerogative consiliari, a presidio dell’indipendenza ed autonomia della magistratura e, dunque, a beneficio dei diritti della cittadinanza tutta.

I.

Principi di carattere generale

1. Centralità della formazione e pluralismo culturale.

Nel  disegno  costituzionale, la formazione giudiziaria non  ha  diretta emersione in alcuna norma specifica, semplicemente perché è uno dei profili, forse il più qualificante, del principio portante di indipendenza ed autonomia della magistratura.

Soltanto  un elevato  livello  di  professionalità  diffusa  dei  magistrati  conferisce, infatti, legittimazione all’intervento giudiziario e gli consente di essere davvero indipendente ed  autonomo. In tale contesto l’autonomia deve essere intesa non come possibilità di effettuare scelte  arbitrarie,  soggettivistiche,  casuali  o  frutto  d’ignoranza,  ma come possibilità per il magistrato di effettuare scelte autonome – in misura consapevole  e  culturalmente  fondata  –  tra  le  interpretazioni  possibili della norma e del fenomeno reale.

Ciò vale ancor di più nel tempo presente, in cui le aspettative di una società sfiduciata  reclamano  una  migliore  risposta giudiziaria,  dato che  il  rafforzamento  della  legittimazione  della  magistratura  esige certamente l’irrobustimento delle competenze professionali e dei valori deontologici. 

Il valore e la delicatezza della didattica  si coglie soprattutto considerando la  posizione  dei giovani  magistrati  in tirocinio,  tenuto conto  che,  rispetto  alle  nuove  generazioni,  al  bisogno  primario  di  apprendimento,  teorico  e  pratico,  e  alle  esigenze  di  arricchimento deontologico,  si  accompagna  la  necessità    di  verificare  l’idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie. 

Il  processo  di  formazione  iniziale  dei  magistrati esordienti  è,  d’altra parte,   orientato   alla   creazione   di   un’identità   nuova,  non necessariamente già matura, attraverso l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza ed imparzialità, nonché   dell’attitudine   all’aggiornamento   permanente  alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, i mezzi di comunicazione, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo. 

Ora,  se  la  formazione  è  un  aspetto  dell’indipendenza  della magistratura, il C.S.M. ne è il suo naturale custode.

Il  Consiglio  Superiore,  invero,  esiste  nella  nostra Costituzione  in quanto  baluardo  dei  valori  supremi  della  giurisdizione,  contro  ogni possibile turbamento, interno ed esterno; un presidio indeclinabile ed indisponibile,  trattandosi  della  responsabilità  di proteggere  non proprie  prerogative,  bensì  beni  appartenenti  alla  generalità  dei cittadini, garanzia ultima della democrazia e dello Stato di diritto.

Proprio  in  forza  di  questa  precisa  ed  esclusiva  posizione ordinamentale,  per  circa    venticinque    anni,    l’Organo  di  governo autonomo ha – con piena dedizione ed eccellenti risultati – avviato e sostenuto l’impegno della formazione della magistratura, creando dal nulla  e  affinando  nel  tempo  un  modello  di  successo, imitato  da numerosi ordinamenti stranieri.

Come noto, l’art.5 del Decreto Legislativo n.26 del 2006 ha introdotto un   nuovo   riparto   di   competenze   nella materia  della  formazione  giudiziaria, stabilendo che il CSM ed il Ministro della Giustizia devono disporre le “linee programmatiche” di cui la Scuola Superiore deve tener conto nella adozione e nella modifica del programma annuale dell’attività didattica; in maniera correlata la medesima norma stabilisce che al Consiglio ed al Ministro venga trasmessa la relazione finale sull’attività svolta.

Nella delibera del giugno del 2015 veniva sottolineata la necessità di assicurare un maggior raccordo tra le due istituzioni. Ciò è avvenuto nell’ultimo anno alla luce di un rinnovato impegno tra il CSM e la SSM che ha permesso di raggiungere una posizione condivisa sui  temi di seguito indicati (come si avrà modo di indicare dettagliatamente nelle conclusioni) :

  • permanente collaborazione che si è realizzata mediante l’istituzione di un tavolo tecnico permanente;
  • potenziamento dell’offerta integrativa sui temi ordinamentali e di interesse di carattere nazionale, da tenersi a Roma come recentemente avvenuto con i corsi in materia di terrorismo, giustizia ed informazione, consigli giudiziari;
  • verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione;
  • necessità di realizzare in materia omogenea la formazione decentrata sul territorio e di superare i deficit formativi nei corsi dei dirigenti, nonché di trasmettere le schede relative ai corsi ( si veda al riguardo quanto affrontato nel capitolo 6).

Il tema della centralità della formazione nella vita professionale del magistrato contiene quello del pluralismo culturale nell’ambito formativo. Tale principio  non  deve certo intendersi come confronto dialogico esasperato e assoluto, teso a considerare qualunque posizione culturale ed ermeneutica si possa prospettare,  bensì come ricerca delle soluzioni interpretative ragionevolmente ipotizzabili secondo la guida del tenore testuale di una norma o di un insieme di principi coinvolti nella problematica di volta in volta trattata.

La ricerca della giustizia,  nell’ambito astratto della formazione, implica infatti un percorso di ricerca scientifica della corretta soluzione  esegetica, con considerazione delle diverse opzioni culturali. Si tratta di un confronto dialogico che certamente ha quale presupposto l’idea  ormai acquisita per cui nessun interprete o gruppo culturale possa sentirsi “il detentore” della verità o della corretta interpretazione.

Il significato del confronto tra soggetti portatori di sensibilità differenti risiede nella possibilità di riconoscere, grazie al dialogo, come la posizione dell’altro possa essere rivelatrice della verità, o di una sua parte, o consenta un miglior avvicinamento a questa, sul presupposto secondo cui l’oggetto dell’indagine, anche nel caso delle scelte di valore e delle opzioni ermeneutiche normativo/culturali, sia  fattore esterno al singolo interprete e meglio conseguibile grazie agli apporti dei sostenitori delle diverse concezioni.

D’altronde, qualora si smarrisse una simile impostazione e si ritenesse che ciascuno possa essere già portatore della miglior soluzione esegetica o che l’oggetto dell’analisi non sia esterno al singolo interprete, o ancor peggio non raggiungibile, perderebbe  senso il  confronto e il dialogo.

Un’attenzione, quindi, deve essere posta anche nella scelta dei diversi relatori, in modo che siano, a prescindere anche da qualsivoglia appartenenza, effettivamente rappresentativi delle diverse posizioni di rilievo e interesse culturale.

Inoltre, il fatto che l’analisi debba essere condotta tenendo conto dei riferimenti esterni al singolo magistrato di carattere normativo e culturale pone anche il fondamentale principio per cui la tensione al giusto, o l’affermazione di valore, non sempre sia da sottoporre a un principio di maggioranza, con legittimazione piena al dibattito, quindi,  anche di chi sia portatore di valori o di rappresentazioni ermeneutiche di minoranza.

2. Interesse collettivo alla formazione magistratuale.

Il momento formativo, quale fondamento legittimante della funzione magistratuale, costituisce oggetto di un interesse collettivo, condiviso e generalizzato, di primario rilievo.

Nella delibera del luglio del 1996 si trova ben espresso il fermo e radicato convincimento consiliare, secondo cui “soltanto un elevato livello di cultura della funzione mette il magistrato al riparo dalla tentazione di imboccare la strada delle scorciatoie e della disinvoltura pur di raggiungere un risultato giusto. Ed è spesso il magistrato non colto quello più portato ad improntare i suoi comportamenti all’indifferenza verso i valori della persona, verso il valore delle garanzie, verso il ruolo della difesa. In definitiva, la professionalità costituisce un fattore indeclinabile di legittimazione della funzione giudiziaria”.

Trova, in questo senso specifico risalto il richiamo all’art. 14 co. 1 della carta di Nizza, il quale prevede che “Ogni individuo ha diritto all’istruzione e all’accesso  alla formazione professionale e continua”; tale inciso vuole significare  che il diritto alla formazione professionale e continua, in quanto diritto del singolo, è patrimonio culturale comune, appannaggio non della sola categoria professionale, ma della intera collettività, che trae beneficio dal lavoro di professionisti  che sappiano gestire con responsabilità le incombenze loro demandate.

La formazione per i magistrati è strettamente legata ai compiti ed ai doveri che essi hanno nei confronti della cittadinanza, dunque, essa deve arricchirsi anche di una prospettiva d’indagine e riflessione esterna a se stessa e non autoreferenziale.

3.Unitarietà e circolarità della formazione.

Le presenti linee generali trattano organicamente anche la formazione dei magistrati in tirocinio, dei dirigenti e delle sedi decentrate, quali parti integranti del circuito didattico affidato alla programmazione consiliare.

E’ intendimento del Consiglio vedere rinsaldati i nessi di unitarietà e compattezza della professionalità del magistrato, in una visione in cui l’unità della giurisdizione invoca la ricerca di uno stile professionale comune e di un approccio al servizio fondato sulla condivisione dei valori costituzionali.

Lungi dal profilarsi quale mera petizione di principio, il presente canone ispira, come si vedrà, molteplici misure, di valenza anche diversa, che vanno dalla creazione di sistemi informatici di dialogo permanente tra giudice di primo grado e giudice di appello all’effetto moltiplicatore ed amplificatore delle conoscenze che può crearsi nel passaggio tra circuiti di formazione centrale  e territoriale, dalla condivisione “corale” delle prassi virtuose (v.infra)al raccordo fra la giurisdizione di legittimità e quella di merito, dall’impulso all’omogeneità della formazione decentrata ai nessi di continuità tra tirocinio mirato e prima assunzione delle funzioni.

Entro queste medesime coordinate, occorre aspirare alla circolarità dell’esperienza formativa posto che, in un prototipo ideale di cultura ed efficienza, chi riceve formazione, dovrebbe, a propria volta, reinvestirla, diffonderla, approfondirla, farsene propulsore. Anche quest’ultimo passaggio, lontano da formule retoriche vuote, si aggancia a dati empirici oggettivi; basti pensare all’assenza di aspiranti al ruolo di formatore decentrato, in alcune corti d’appello, nelle ultime tornate concorsuali.

4. Sistemi di analisi futuri ed attuali obiettivi primari.

E’ questa l’occasione istituzionale in cui il Consiglio, per poter assicurare un’adeguata governancegiudiziaria, esprime l’esigenza di una profonda revisione dell’universo formativo, muovendo dalla preliminare necessità di disporre di un sistema di valutazione, attendibile e ragionevole, dell’attività che si svolge e si va svolgendo in questo campo.

E’ chiaro, infatti, che qualsiasi strategia di formazione responsabile deve prendere le mosse dalla comprensione profonda dell’andamento del reale. Essa, non può fondarsi né sugli svariati indici di gradimento dei corsi, né su stime approssimative e presuntive, ma si deve fondare, primariamente su un sistema plausibile di analisi, di misurazione  e di verifica di qualità.

E’, dunque, intendimento dell’Organo di governo autonomo soffermarsi quanto prima sui basamenti strutturali di questo fenomeno, per ogni opportuna riflessione sia in ordine ai necessari meccanismi di rilevamento dei fabbisogni provenienti dalla platea dei destinatari, sia per l’affinamento di strumenti di apprezzamento, misurazione e test delle performances formative complessive rispetto ai risultati prefissati.

Tanto premesso, nel momento attuale, pur con le specificità legate ai diversi momenti in cui interviene l’azione formativa, le direttrici di fondo tendono ai seguenti macro-obiettivi di sistema:

  1. creazione e/o rinsaldamento della credibilità professionale del magistrato. Credibilità ed affidabilità professionale come forza legittimante;
  2. rafforzamento delle capacità individuali di solving problem, di organizzazione, di analisi e ragionamento. Educazione alla sintonia di sistema
  3. sviluppo di competenze tecniche non burocratizzate, ma vigili, perspicaci ed equilibrate. Attenzione alla direzione dei processi, piuttosto che al solo momento decisionale.

Molto importante, nella formazione di un magistrato la cui figura corrisponda al modello costituzionale (artt. 101 e segg.), l’attenzione dedicata al “dialogo” con la Corte costituzionale, con particolare riferimento alla conoscenza delle caratteristiche e della logica stessa del giudizio in via incidentale. L’esperienza degli ultimi anni registra un crescente aumento delle decisioni di inammissibilità rese dal giudice costituzionale in sede di giudizio incidentale, i cui motivi sono soprattutto individuati nella mancata o carente motivazione in tema di rilevanza della questione proposta e nel carattere generico o ambiguo della medesima. Trattandosi di motivi che rimandano a un deficit di conoscenza del processo costituzionale da parte di troppi magistrati, occorre una risposta forte nel senso di potenziare la loro formazione professionale (nelle sue diverse forme, iniziale e permanente), tanto più necessaria quanto più consolidato diviene l’orientamento, da parte del giudice costituzionale, di richiedere al giudice comune di individuare egli stesso, prima di sollevare la questione di legittimità, un’interpretazione costituzionalmente orientata, conforme o adeguatrice, della disposizione sulla cui legittimità costituzionale si dubita.

Tanto premesso, in seguito si procederà alla enunciazione delle specifiche linee guida per i singoli settori di attività, sulla falsariga della impostazione di fondo sin qui tratteggiata.

II.

Linea metodologica di base: programmaZIONE nel confronto progressivo

Ferma l’assunzione di responsabilità in ordine alle precise prerogative ordinamentali di cui è titolare, il Consiglio consolida vieppiù la propria convinzione che le potenzialità insite nel fenomeno formativo, per esprimersi a pieno ed arricchirsi, rendono prezioso un percorso di continuo dialogo e confronto con tutti i diversi soggetti che prendono parte a questa essenziale attività, primo fra tutti, la Scuola stessa.

In questa prospettiva, si reputa opportuno formulare una precisa traiettoria metodologica, che vuole che il percorso formativo annuale si modelli, entro certi limiti, in itinere sulla base del dato esperienziale immediatamente rilevato, sulla base delle nuove prospettive che possano via via aprirsi e sulla base di un confronto permanente e vivo.

Una certa dose di dinamismo nell’attività di programmazione didattica risulta, del resto, impressa dallo stesso legislatore, allorché ha previsto che il Comitato direttivo non solo adotta, ma anche “modifica” il piano formativo, tenuto conto delle linee programmatiche (art. 5, co. 2, d.lgs. n. 26).

Ad evitare, in ogni caso, che la fase della programmazione da parte del CSM e quella attuativa rimessa alla Scuola costituiscano momenti disgiunti e sconnessi, avulsi dallo sviluppo reale  dell’attività, si avverte l’esigenza di una programmazione, da parte dello stesso Consiglio, che, almeno entro certi limiti, si moduli e si sviluppi in progress, in stretta correlazione con i risultati applicativi e la consapevolezza empirica via via acquisita.

Pertanto, in primis, si sottolinea l’utilità che, con singola cadenza annuale, pervenga al Consiglio la Relazione annuale sull’attività svolta, prevista dall’art. 5 del d.lgs. vo n. 26 cit., secondo la scansione individuata dall’art. 7, 1 co., lett. g) dello Statuto della Scuola (cioè entro il 31 dicembre di ogni anno).

Inoltre, ferma restando la formulazione d’insieme delle linee formative nella presente sede si segnala la necessità di proseguire e stabilizzare gli incontri del c.d. Tavolo tecnico di coordinamento permanente tra ilConsiglio Superiore della Magistratura e la Scuola Superiore della Magistratura, quale luogo (non solo ideale, ma) reale di raccordo tra Istituzioni. Auspicabile sarebbe un incontro a cadenza mensile, con almeno due nuclei tematici da approfondire ogni volta e con enucleazione finale di precise indicazioni.

In tale contesto, potrà anche procedersi ad esplorare il settore della programmazione collaborativa su singoli corsi e sulla  elaborazione di studi congiunti (cfr. art. 2 co. 1 lett. 1 del d.lgs 26/2006).

Resta infine essenziale la collaborazione con tutti gli altri soggetti che prendono parte alla sfida formativa, in costante feedback col Consiglio e ciò con la trasmissione di dati conoscitivi concreti e ragionati, e non solo con la trasmissione di dati statistici di gradimento unitari, carenti di reale efficacia euristica.

In particolare, la natura pluralistica delle componenti culturali della giustizia sollecita il coinvolgimento della Avvocatura nei percorsi formativi, con le formule ed i moduli più adatti, tenuto anche conto del recente Protocollo d’Intesa sottoscritto dal CSM col Consiglio Nazionale Forense, per il miglior coordinamento interistituzionale sui temi in questione.

III.

Pari opportunità nella formazione

L’art. 25 del d.lgs. n. 26 cit. prevede un ben preciso “obbligo di frequenza”, stabilendo che “Tutti i magistrati in servizio hanno l’obbligo di partecipare almeno una volta ogni quattro anni ad uno dei corsi di cui all’articolo 24 … Nei primi quattro anni successivi all’assunzione delle funzioni giudiziarie i magistrati devono partecipare almeno una volta l’anno a sessioni di formazione professionale”.

Inoltre, nel percorso professionale del magistrato, la partecipazione ai corsi come discente, eda fortiori, come docente, assume un obiettivo rilievo positivo.

Alla luce di ciò, tra i principi generali di riferimento, il Consiglio intende richiamare l’attenzione sulla necessità che in sede di erogazione del servizio formativo venga, per quanto possibile, garantito il principio della pari opportunità tra tutti i magistrati.

S’intende, invero, scongiurare qualsiasi rischio di discriminazione indiretta, che può, anche larvatamente verificarsi, quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio talune persone rispetto ad altre.

Il quadro giuridico antidiscriminatorio dell’UE  si compone di alcune direttive che vietano le discriminazioni in materia proprio di formazione, aspetto questo ancor più rilevante nella magistratura, posto che la formazione costituisce un preciso dovere di ciascun magistrato, oltre che una importantechancedi crescita e progressione professionale.

Si aggiunga che un corpo nazionale che vede la componente togata ormai più della metà al femminile, con presenza di un’ampia compagine impegnata in doveri genitoriali, sollecita necessariamente un ripensamento delle metodiche organizzative tradizionali a supporto del principio di pari opportunità. Ma il discorso ricomprende tutti coloro che si trovino, anche temporaneamente, in situazioni di difficoltà personale o familiare.

Nella Relazione sull’attività svolta, il Comitato direttivo ha dato atto che tra i magistrati in tirocinio, per il 65% donne, molte sono state le mamme in aspettativa per  gravidanza o puerperio. La Scuola ha cercato di venire incontro il più possibile alle esigenze delle mamme, attivando una sala per l’allattamento e una sala “nido” per i neonati e gli accompagnatori.  Per tutte le m.o.t., assenti per lunghi periodi in ragione dell’aspettativa obbligatoria o facoltativa, sono stati adottati provvedimenti individualizzati di recupero delle sessioni omesse (ai sensi dell’art. 13.9 del Regolamento per la formazione iniziale dei magistrati). Ma, nella stessa Relazione si da’ atto della frequente impossibilità di garantire, in sede di recupero, il ripristino del percorso formativo completo.

Naturalmente il problema ha un ambito di estensione ben oltre la sfera propria dei tirocinanti.

In tal senso, occorre riflettere, nella sede di consultazione permanente propria del Tavolo Tecnico, per esempio, sulla possibilità di creare sistemi di equiparazione tra frequenza dei corsi decentrati e dei corsi centrali, per sostenere i doveri ed interessi scientifici dei magistrati che si trovino in condizioni di difficoltà o disagio rispetto all’allontanamento dalla propria zona di residenza. La Scuola stessa ha del resto auspicato che, nell’ambito delle intese in sede di Tavolo tecnico si preveda l’accreditamento equivalente fra almeno quattro corsi decentrati nell’arco di un anno solare ed un corso centrale (Risoluzione n. 721/2013).

Similmente, forme di apprendimento telematico potrebbero soddisfare esigenze straordinarie di formazione o aggiornamento domiciliare.

Si raccomanda, infine, di valutare la posizione dei soggetti in oggettiva difficoltà (adeguatamente certificate) quali legittimati all’ammissione straordinaria ai corsi di formazione ovvero quali soggetti meritevoli di peculiare trattamento logistico.

Ovviamente, anche nella prospettiva di scelta dei docenti o di chi partecipa comunque al circuito formativo, come poi si dirà, il principio delle pari opportunità è un tema trasversale che dovrebbe sempre orientare, nei limiti ovviamente della primazia professionale e didattica, le selezioni degli aspiranti.

Sul punto, merita invero attenzione il quadro ricostruttivo, frutto di un’attenta opera di rilevamento curata dal Consiglio, dimostrativo di una consistente sottorappresentazione della quota femminile negli incarichi scientifici, conseguenza soprattutto di fenomeni di autoemarginazione (Partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini al processo decisionale: Delibera del 24 luglio 2014).

In tale prospettiva, come il CSM ha già affermato (delibera 15 luglio 2009), la promozione di iniziative volte a consentire la conciliazione dei tempi di vita e le chance di lavoro costituisce “uno dei principali fattori di innovazione dei modelli sociali, economici e culturali e, al contempo, consente di fornire strumenti utili per rendere compatibile la sfera lavorativa con

quella familiare. L’attività consiliare, nei diversi settori nei quali si articola è da tempo attenta al tema della pari opportunità in magistratura per il pieno riconoscimento dell’impegno professionale di tutti i magistrati, uomini o donne, con la consapevolezza che un’adeguata ponderazione delle differenze di genere può offrire un contributo di efficienza e ricchezza per tutti”.

IV.

i magistrati in tirocinio.

  1. Unitarietà e organicità del modello formativo.

A seguito delle modifiche introdotte col d.lgs.vo n. 26 del 2006, la formazione dei magistrati di prima nomina è stata tendenzialmente considerata, sul piano ordinamentale, quale settore a se stante, autonomo e separato rispetto agli altri ambiti di formazione, segnatamente quello permanente e quello destinato agli aspiranti dirigenti.

Siffatto approccio, caratterizzato dalla segmentazione e separazione delle diverse aree dell’attività formativa, è stato conseguenza di una particolare lettura delcorpusnormativo, che ha enfatizzato le distinzioni regolative, pur esistenti, tra i vari ambiti d’interesse, trascurando però la indispensabile visione d’insieme dell’istituto.

La frantumazione del sistema complessivo, in autonomi compartimenti, separati tra loro e privi di momenti di raccordo funzionale, ha trovato emersione negli stessi modi espressivi della volontà consiliare, esercitata in sedi deliberative diverse, e dunque in modo sempre ripartito.

Il Consiglio, come accennato sopra, intende oggi rifondare una prospettiva unitaria ed organica, posto che il percorso di crescita e di arricchimento professionale del magistrato è un itinerario unico, continuativo ed armonico, pur modulato, così come la legge prevede, sulle specifiche esigenze connesse alle singole fasi di sviluppo ed avanzamento.

Questo modello, integrato e compatto, rispetta a pieno anche le specificità relative ai singoli ambiti di riferimento. Infatti, se al CSM, ai sensi dell’art. 2, lett. o), del d.lgs. n. 26 cit., spetta indicare le “direttive” per il tirocinio dei magistrati, non vi è dubbio che queste ultime si iscrivano nell’ambito della più ampia funzione di indirizzo svolta dal CSM anche con riferimento alla formazione permanente (ai sensi degli artt. 5, co. 2, e 12, co. 1, lett. a), d.lgs. n. 26/2006), recependone e specificandone, con maggiore pregnanza precettiva, i principi generali.

Analogamente, una volta delineate le linee evolutive della crescita e formazione dei magistrati, resta ferma la concorrente competenza del CSM a determinare, per conseguenza, le modalita’ di svolgimento delle sessioni del tirocinio e le materie dei corsi di approfondimento teorico-pratico, durante la sessione effettuata presso le sedi della Scuola.

   2. Il metodo della collaborazione e del confronto. Figure e ruoli.

Sul piano metodologico, la recente esperienza applicativa ha ulteriormente dimostrato l’essenzialità della relazione di collaborazione e coordinamento tra Consiglio e Scuola.

Le due Istituzioni si sono – nel perimetro delle rispettive competenze – proficuamente interfacciate nei diversi momenti della sequenza formativa, dalla elaborazione del piano scientifico, all’organizzazione delle sessioni di tirocinio presso gli uffici giudiziari, sino al giudizio finale sul tirocinante. L’attività formativa si è sviluppata in modo partecipato e condiviso, quale significativo frutto della collaborazione tra gli interlocutori istituzionali. 

Il Regolamento per il tirocinio, adottato dal CSM con delibera del 13 giugno 2012 prevede una efficace collaborazione tra il CSM, organo del governo autonomo della magistratura, e la Scuola superiore della magistratura, voluta dal legislatore come ente competente per la formazione iniziale dei magistrati in tirocinio e per la formazione permanente dei magistrati ordinari tutti.

A seguito della delibera istitutiva del 25.1.2012, la costituzione del menzionato Tavolo Tecnico, al quale partecipa la Scuola Superiore della Magistratura ed il Ministero della Giustizia, si sta rivelando un preziosissimo momento di confronto e raccordo, tanto da rendere auspicabile che il medesimo diventi sempre più un “luogo stabile” di interlocuzione istituzionale.

Si auspica che, soprattutto nel momento di esordio del percorso professionale, a ciascun magistrato sia offerta una corretta immagine istituzionale di sintonia e leale collaborazione tra i diversi soggetti interessati.

Cruciale rilievo hanno altresì le altre figure istituzionali che prendono parte al fenomeno formativo, dai consigli giudiziari, ai magistrati affidatari, sino ai magistrati collaboratori.

Quanto a questi ultimi, si tratta, come è noto, di una figura oggetto di normazione secondaria da parte del CSM, con la duplice differente veste, rispettivamente delineata agli artt. 10 e 14 del Regolamento sulla formazione iniziale.

Si rende opportuno un succinto chiarimento sul punto data la richiesta al CSM, espressa nella Relazione annuale della Scuola (p. 35), “di dare attuazione all’art. 14 del Regolamento sulla formazione iniziale”.

I magistrati collaboratori di cui all’art. 10 predispongono per ciascun magistrato il programma di tirocinio ordinario e mirato, indicando altresì i magistrati affidatari, e lo sottopongono al Consiglio giudiziario, che esprime il relativo parere; essi, inoltre, verificano l’efficacia e la validità del tirocinio pratico e rilevano le eventuali criticità; infine, coordinano gli stage esterni, d’intesa con i tutori nominati dal Comitato Direttivo, nonché eventuali altre attività loro delegate dal Comitato Direttivo della Scuola.

I magistrati collaboratori di cui all’art. 14, invece, sono designati dopo l’individuazione della sede per ciascun magistrato presso l’ufficio di destinazione, con il compito di introdurre il MOT nelle dinamiche organizzative di tale ufficio e di seguirlo sin nelle prime fasi di approccio alle future funzioni, rendendolo partecipe delle prassi applicative e delle principali questioni giurisprudenziali che si pongono nella sede giudiziaria. In questa prima fase, dunque, di tirocinio mirato, il collaboratore nella sede futura crea un utile trait-d’union col tirocinante e, quindi, con gli organi della formazione iniziale.

Di contro, dopo l’assunzione delle funzioni giudiziarie, terminato il periodo di tirocinio, ciascun magistrato è seguito per un anno dal medesimo collaboratore, nell’ambito però di un rapporto di colleganza e di riferimento professionale, pur nel rispetto della piena autonomia di cui il magistrato è titolare nell’esercizio delle funzioni giudiziarie affidategli.

Per entrambe le figure sono periodicamente individuati i magistrati designati, previo interpello, su proposta del Consiglio giudiziario. Si auspica un sempre maggior coinvolgimento di tutti i magistrati alle funzioni in questioni, nella prospettiva, di cui si è detto, di circolarità della cultura e di socializzazione delle conoscenze.

Ovviamente, sarà oggetto di approfondimento ulteriore, presso il Tavolo tecnico, ogni altra questione collegata al tema.

  1. La realtà del tirocinio nelle recenti esperienze applicative.

Il presente momento progettuale non solo muove dal focalizzare, sul piano prettamente normativo, gli specifici tratti morfologici di cui occorre tener conto nella formazione iniziale[1], ma intende anche fare il punto sul percorso già sperimentato, mettendo in luce positività e difficoltà riscontrate.

A partire dalla data effettiva d’inizio dell’attività della Scuola si sono svolte sessioni di tirocinio per magistrati di 3 concorsi, per un totale di 997 partecipanti. Dunque, un numero sufficientemente corposo per individuare positività e svantaggi dell’attuale sistema di formazione; il relativo rilevamento risulta, peraltro, compiutamente svolto nella Relazione sull’attività formativa svolta dal Comitato direttivo, di cui alla Premessa.

Il Tavolo tecnico consentirà di far emergere con maggiore completezza e nitore i dati conoscitivi reali delle ultime esperienze di tirocinio, con la propulsione verso migliori forme organizzative e, permetterà, in fieri, durante il lungo percorso di addestramento dei tirocinanti di aggiustare eventualmente il tiro a fronte di eventuali sopravvenienze, imprevisti o inadeguatezza che dovessero emergere.

     4.  Scansione del tirocinio: nuovo dosaggio di pratica e teoria.

Il Consiglio ha già avuto occasione di evidenziare che il sistema voluto dal legislatore sembra  presentare  alcuni  limiti, dei quali si è proposta la correzione[2].  L’esperienza degli ultimi concorsi conferma tale ultima conclusione.

In particolare, bisogna qui ribadire che la previsione di  un intervallo di tirocinio di 6 mesi da effettuarsi presso la Scuola, concentrati nella fase del tirocinio generico, su  un totale di 18 mesi di periodo complessivo previsto dalla legge, comprime eccessivamente l’esperienza applicativa.

L’esperienza storica dei 50 anni precedenti la riforma[3] ha dimostrato che l’addestramento pratico presso gli uffici, costituisce il valore aggiunto della formazione iniziale dei neo magistrati ed il miglior viatico per il loro percorso professionale.  Le caratteristiche del concorso in magistratura inducono infatti gli aspiranti a consacrare un tempo significativo alla loro preparazione teorica, che segue gli studi universitari e la specializzazione post-laurea.

Con la novella 2007, tuttavia, la sessione presso gli Uffici giudiziari è stata ridotta da 18 a 12 mesi, mentre quella presso la Scuola è rimasta di 6 mesi.

Il tirocinio presso gli Uffici giudiziari o comunque di contenuto pratico è, di contro, da privilegiarsi poiché consente di apprendere il mestiere del magistrato e mettere in pratica l’ampio bagaglio teorico già conseguito nel corso di lunghi anni di studi. 

Di recente, la Commissione ministeriale per le proposte di riforma dell’ordinamento giudiziario, ha – anch’essa – ritenuto squilibrata la distribuzione temporale tra i due periodi ed eccessivamente contratto il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari. Tale esperienza è, infatti, non solo il vero banco di prova per la verifica e la messa a punto da parte dei m.o.t. delle conoscenze sia teoriche che pratiche acquisite durante il percorso formativo, ma anche un’insostituibile occasione per consentire al magistrato in tirocinio di misurarsi (e di essere valutato) anche per gli aspetti relazionali (con i conseguenti risvolti deontologici) che implica la professione del giudice, continuamente chiamato a rapportarsi con gli avvocati, e le parti del processo. La Commissione ha, pertanto, proposto la modifica dell’art. 18 del .D.lgs n. 26 del 2006 allungando il periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari a quindici mesi e prevedendo un periodo di formazione presso la Scuola di tre mesi.

Tale rilievo critico sembra essere stato raccolto dal legislatore, che, con il decreto legge 168/2016, all’articolo 2, comma tre, nel ridurre, seppure in via straordinaria, perché solo per i magistrati in tirocinio dichiarati idonei all’esito dei concorsi banditi negli anni 2014 e 2015, la durata del tirocinio in dodici mesi, ha anche rimodulato l’articolazione del tirocinio stesso. Infatti, la sessione presso la Scuola superiore della magistratura per tali magistrati, non rimane più pari ad un terzo dell’intera durata del tirocinio (ossia a quattro mesi), bensì è stata ridotta a soli due a fronte dei complessivi dieci da spendere in via differenziata presso l’ufficio giudiziario. Se tale soluzione dovesse trovare ‘conferma’ nel testo della legge di conversione, si porrà immediatamente il problema di modificare i già programmi di tirocinio. Laddove, invece, si dovesse tornare ai 18 mesi o passare ad un periodo superiore ai 12 mesi, il Consiglio intende ribadire la necessità di applicare la normativa in maniera tale da riconoscere, in ogni caso, uno spazio maggiore al training pratico-operativo.

In ogni caso, in attesa di più radicali interventi correttivi del legislatore ordinario, de iure condito, il Consiglio intende procedere immediatamente ad un’applicazione razionale della disciplina vigente del tirocinio, al fine di riconoscere uno spazio maggiore al training pratico-operativo.

Ciò potrebbe agilmente essere concretizzato in virtù della previsione contenuta nell’art. 5 del Regolamento sulla formazione dei magistrati in tirocinio, a mente del quale “la sessione presso la Scuola, nel rispetto delle direttive formulate dal CSM, può prevedere stage esterni realizzati -avvalendosi delle strutture della formazione decentrata – presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio .. nonché di iniziative formative presso le sedi di Corte d’appello”.

In particolare, “la sessione presso la Scuola” potrebbe articolarsi nei consueti corsi teorici in sede, correlati con combinati momenti formativi in loco, cioè ad applicazione pratica diretta, presso gli uffici giudiziari territoriali, gestibili anche con l’ausilio della rete di formazione decentrata, con un programma comune sul territorio e con un tutor di riferimento. La partecipazione del tirocinante a tali importanti momenti, non di simulazione, ma di realtà giudiziaria effettiva, sarebbe equipollente ai laboratori in sede, quale momento di articolazione della Sessione presso la Scuola. Ciò tuttora avviene con gli stage esterni organizzati dalla Scuola presso soggetti terzi.

Il rapporto relazionale diretto che, solo attraverso forme didattiche vis à vis riesce ad esprimersi a pieno, permetterà una valutazione idoneitaria effettiva e dunque munita di adeguata efficacia euristica.

5. Format pedagogico tra tradizione e  modernità.

Il sistema normativo vigente deve essere maggiormente ed ulteriormente valorizzato nelle sue potenzialità, al fine di creare un prodotto formativo più consono, nelle forme e nei contenuti, alle esigenze della magistratura attuale in raffronto proattivo con una società che cambia. Nel contempo, la ricchezza del patrimonio culturale della magistratura italiana – che rende il nostro ordinamento giudiziario un modello seguito in tutto il mondo – rimanda alla necessità che il giovane magistrato conosca il passato, le esperienze già vissute e le radici dell’esperienza giudiziaria.

Sotto quest’ultimo aspetto, si da’ positivo riscontro all’informazione, contenuta nell’ultima Relazione della Scuola, circa “la consapevolezza da parte dei mot della preziosa opportunità offerta dalla Scuola di ascolto delle eccellenze” in ambito giudiziario, universitario e forense, cioè l’attenzione per le radici del sapere giuridica, al di là dei contingenti risvolti applicativi.

E’, peraltro, compito essenziale calibrare esattamente rispetto al dettato normativo le funzioni stesse del tirocinio: accanto alla formazione professionale teorica, pratica e deontologica dei magistrati ordinari appena entrati in servizio e alla verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, tra gli obiettivi del tirocinio, resta focale l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza e imparzialità, nonché l’attitudine all’aggiornamento permanente della propria preparazione professionale e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, con i mezzi di comunicazione, con i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.

Riservandosi, nell’apposita sede la precisa individuazione delle materie dei corsi di formazione e delle ulteriori direttive generali riguardanti le singole classi di tirocinio, è necessario qui delineare alcune linee d’insieme che devono connotare la preparazione e la crescita professionale del magistrato, soprattutto nella fase di avvio.

6. Costruire la sfera deontologica del magistrato.

I doveri di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 109/2006, lungi dal costituire delle mere condotte esteriori, vuote e formali, richiedono un habitus mentale ed etico adeguatamente interiorizzato, che deve essere oggetto di un serio impegno formativo.

La circostanza che attualmente si è di molto innalzata l’età media di superamento del concorso – peraltro nel contesto generale di crisi dei sistemi assiologici – crea il rischio di una flessione della spinta ideale, che, di contro deve necessariamente improntare l’esercizio delle funzioni, intese quale munus a servizio del cittadino, con conseguente necessità di rinvigorire, in fase iniziale, lo slancio professionale e il bagaglio di idealità.

Ciò offre il destro anche per precisare che la preparazione auspicata non è burocratizzata ed impiegatizia, ma deve rispondere ad un senso ordinamentale e professionale altissimo.

Il senso istituzionale, la percezione di sé quale magistrato, il ruolo e la testimonianza nella società civile, saranno dunque oggetto di precisa attenzione nella fase del tirocinio.

7. Autoresponsabilità e corresponsabilità di sistema.

Le attuali asperità connesse con l’esercizio delle funzioni rendono evidente la necessità che ciascuno si attivi, anche in carenza di risorse esterne, per fare quanto può, in stretta correlazione e cooperazione con gli altri operatori.

Autonomia ed in(ter)dipendenza sono dunque le chiavi di volta di un sistema corale che non consente a nessuno di restare in passiva attesa di miglioramenti esterni delle condizioni date e non permette atteggiamenti monadici, d’ isolamento e separatezza.

In questa direzione, il tirocinio non deve esaurirsi nell’erogazione unilaterale di flussi di dati e contenuti, ma deve prima di tutto preparare professionisti in grado, all’occorrenza, di autoformarsi, di autoaggiornarsi, di farsi promotori, nei singoli contesti ove si troveranno, d’iniziative di confronto e dialogo.

Insomma, come detto in precedenza, la formazione non si riceve solo passivamente, ma la si cerca, la si promuove, la si condivide.

La recente valorizzazione delle prassi virtuose, vede proprio implementata una visione non monadica della giurisdizione, in una rete istituzionale orientata, in cui i legami sono sempre meno deboli.

La capacità di organizzazione, l’uso razionale del tempo, l’attitudine ad autogestirsi pur in condizioni critiche, l’uso tecnologie sono i corollari di questo approccio responsabilizzante.

Tale essenziale livello di crescita professionale ed umana costituisce una piattaforma di partenza ineludibile e, in seguito, un formidabile volano che può fungere da straordinario moltiplicatore delle potenzialità di risorse e mezzi limitati.

Sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione , appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione , nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro ,  componenti del CSM e  magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

D’altra parte, proprio nelle più recenti occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, da parte della Scuola è stato espresso il favore per “occasioni di attività integrate progettate e gestite in modo bilaterale”, da SSM e CSM, da moltiplicarsi e da incrementarsi.

8. Dalle conoscenze nozionistiche allo sviluppo di capacità intellettuali multiformi.

L’universo giuridico è in costante evoluzione di pari passo con la continua metamorfosi della società e dell’economia. Una formazione iniziale che si risolva nel mero passaggio statico di soluzioni e conoscenze nozionistiche rischia di dimostrarsi, in brevissimo tempo, obsoleta.

Nella medesima prospettiva, si raccoglie uno degli spunti emersi di recente nelle occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, secondo cui occorre ridestare la “libertà creativa del giudice”, che appare essere in questo momento in maggiore sofferenza, notandosi appunto che “abbiamo le pronunce più innovative da parte della Cassazione e non più dei magistrati giovani”.

I moduli didattici devono, dunque, primariamente consentire all’individuo di rafforzarsi nei metodi di ragionamento, nell’ermeneutica, ma anche nella capacità di previsione dei risultati delle scelte applicative, nella valutazione approfondita e, insieme, grandangolare delle fattispecie.

Intelligenza giuridica, come inter-lĕgere, cioè come capacità di ‘raccogliere in mezzo’, cioè selezionare tra le tante informazioni quelle rilevanti e connetterle ai fini della migliore soluzione.

In questa linea logica, nelle nozioni fornite, i format  educativi  devono garantire un corretto equilibrio tra formazione generalista e specialistica.

Inoltre, grande rilievo ha la costituzione, in capo al tirocinante, della capacità di gestire razionalmente i procedimenti giudiziari, dal loro inizio, spostandosi cioè l’asse d’interesse sulla regia processuale complessiva, piuttosto che sulla mera definizione finale.

9. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri,  ambiente, previdenza, ed altri.

Ovviamente la preparazione dei tirocinanti non può prescindere dal puntuale apprendimento di quelle tematiche che, per la loro novità o peculiarità, sono verosimilmente sfuggite all’approfondimento universitario e post-universitario e che, invece, costituiscono oggetto di fenomeni emergenziali di assoluto rilievo.

Primo fra tutti, il fenomeno dell’immigrazione clandestina, riferibile, in maniera ampia, a tutti i casi di ingresso o soggiorno in Italia di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del paese di destinazione. Come è noto, sul piano quantitativo, i flussi in entrata di soggetti immigrati in maniera irregolare sono divenuti ormai da tempo di enorme consistenza, con una serie di dinamiche indotte di assoluta gravità, sotto più punti di vista.

La magistratura italiana si trova in prima linea nel dover fornire una risposta a questo fenomeno emergenziale, con un approccio multidisciplinare e plurisettoriale di assoluta complessità e delicatezza. Ciò anche perché si assiste ad una produzione normativa emergenziale a ritmi convulsi, che spesso crea questioni di stratificazione e coordinamento regolativo di peculiare difficoltà ermeneutica.

Infatti, intorno alla questione dell’immigrazione si sviluppano questioni di natura giuridica di varia natura, correlate allo status personale, ai sistemi di prima accoglienza, alle responsabilità penali causative del flusso, all’induzione delinquenziale che ne deriva o che ad essa si collega (prostituzione, schiavitù, commercio di organi, traffico di esseri umani, microcriminalità, etc.).

Specifico rilievo e gravità assume poi la questione dei  Minorenni stranieri non accompagnati,, rispetto ai quali occorre preparare una magistratura specializzata, che sappia fornire una risposta effettiva, pronta e qualificata, in termini di rafforzamento del sistema di tutela. Tale formazione potrà avvenire anche d’intesa con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, già fortemente interessata al fenomeno.

Tra gli ulteriori temi di attualità, sui quali occorre un richiamo formativo specifico vi sono quelli relativi al terrorismo internazionale, all’informatica, ai sistemi giuridici di risoluzione della crisi di impresa, alla contraffazione e alla tutela del “prodotto made in Italy“, all’ambiente ed all’assetto idrogeologico ed alle problematiche connesse al sistema di Protezione civile. Ma, in questa prospettiva emergenziale, costante attenzione sarà prestata a tutti i settori che più risentono dei mutamenti regolativi e che presentano anche un alto tasso di tecnicismo; si pensi ai temi della previdenza sociale e del diritto del lavoro o al diritto della crisi d’impresa.

10. Il sistema di valutazione.

La Relazione della Scuola prospetta una serie di inadeguatezze dell’attuale sistema valutativo dei tirocinanti, in quanto le schede di sintesi finale risulterebbero spesso omologate e standardizzate, impedendo un’adeguata personalizzazione; ciò essenzialmente sarebbe causato dalla difficoltà oggettiva per i collaboratori didattici di procedere ad una puntuale correzione degli elaborati di esercitazione pratica e dalla stessa modalità procedimentale di svolgimento del tirocinio (pag. 30 e 31).

Il Consiglio prende atto dello sforzo organizzativo compiuto dalla Scuola, e conviene sull’assoluto rilievo che le schede di valutazione hanno ai fini del giudizio idoneitario del tirocinante, tanto da non consentire flessioni nel loro valore euristico.

In tal  senso, il momento di verifica a consuntivo affidato alla scuola, ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. n. 26, lungi da ogni possibile standardizzazione o svuotamento di contenuto, deve, al contrario, essere valorizzato per la sua basilare funzione ordinamentale.

Tra i temi su cui il Tavolo tecnico dovrà soffermarsi vi è , quindi, senz’altro quello della valutazione finale dei tirocinanti, onde mettere a punto le migliori modalità e strategie organizzative per rimediare ai margini di defaillance registrati, anche con riferimento alla necessaria riflessione sul giudizio attitudinale rispetto alle funzioni giudicanti o requirenti, tenuto conto che nell’attuale assetto regolativo esso è successivo alla scelta della prima sede.

V.

La formazione permanente

1.Principi di base.

Nel settore della formazione permanente, il CSM è chiamato ad elaborare le linee programmatiche volte a circoscrivere il quadro generale dell’attività didattica della Scuola. Analoga programmazione è attribuita al Ministro, al Consiglio Nazionale Forense e dal Consiglio Universitario Nazionale.

Naturalmente, la funzione di indirizzo generale non può essere circoscritta alla mera enunciazione di idealità programmatiche annuali perché, in uno con la elaborazione di linee di programma, si pone la necessità di una peculiare attenzione alla fase di elaborazione ed alla conseguente erogazione dell’offerta formativa.

Tale ultimo aspetto (verifica sulla elaborazione ed erogazione dell’offerta formativa) è fondamentale, non certo per finalità di controllo sull’operato della Scuola, quanto per la comprensibile esigenza di porre l’organismo di governo autonomo nella condizione di conoscere la resa effettiva dell’attività formativa e, in conseguenza, di realizzare le condizioni per la elaborazione delle future linee programmatiche.

A tal fine è necessario che la Scuola provveda con sollecitudine, e con cadenza almeno trimestrale, alla comunicazione degli esiti dei singoli corsi (con le principali notazioni a cura del responsabile del corso) affinché il Consiglio Superiore della Magistratura non si trovi in una inappropriata posizione di mero spettatore esterno, al quale attribuire una funzione programmatica priva di reale contenuto pratico.

In questa logica, come suggerisce da ultimo il Comitato della Scuola, andrebbe strutturato un sistema unitario di rilevazione, comprensivo anche dei corsi decentrati di rilievo nazionale, cioè i corsi organizzati dalle strutture del decentramento con ammissione di magistrati provenienti da tutto il territorio nazionale.

Si è, del resto, detto in premessa che una delle linee metodologiche qui inaugurate è quella della loro definizione progressiva e partecipata nel corso dell’anno. Gli incontri del Tavolo di lavoro tra il Consiglio Superiore ed il nuovo comitato direttivo della Scuola avranno dunque il compito di verificare la gestione e l’andamento delle attività presso le strutture territoriali, nonché di alimentare il dialogo e l’interazione nel concreto esplicarsi dell’attività didattica permanente, orientandone, con prontezza le modulazioni e gli adattamenti.

Per esempio, sin da ora, potrebbe essere ipotizzata la duplicazione dei corsi di successo per i quali risulti presentato il più alto numero di domande (i primi tre, per esempio), in modo da assicurarne immediatamente una congrua rinnovazione per soddisfare il maggior numero di aspiranti partecipanti.

Nella concreta elaborazione della programmazione annuale del settore della formazione permanente, il Consiglio Superiore della Magistratura sollecita l’adozione di programmazioni tecniche finalizzate agli approfondimenti nei settori del diritto sostanziale e della procedura, sia in ambito civile che penale, ponendo particolare attenzione alle novità legislative ed alle tematiche di impatto sociale e di tipo ordinamentale.

In questo contesto, giova riprendere la tradizionale bipartizione della formazione in due aree: una consolidata (costituita da corsi che devono svolgersi necessariamente ogni anno in quanto rispondenti ad esigenze formative stabili es. prassi giurisprudenziali, tecniche di gestione dei processi, tecniche di assunzione delle prove, temi indefettibili di diritto sostanziale o procedurale) ed una variabile, per così dire sperimentale,  ovvero l’area legata ai processi di innovazione ed alla trattazione di temi di elevato taglio scientifico e culturale.

In questo settore dovrebbero essere inserite altre aree che comprendano il diritto e la società, il diritto ed il linguaggio, il diritto e l’etica professionale ecc.

Va osservato che il protocollo seguito dalla Scuola già prevede un’ampia offerta formativa per aree, la quale merita di essere coordinata e razionalizzata con l’inserimento di  ulteriori contenuti  anche di tipo interdisciplinare.

Nell’insieme, si vorrebbe aumentare la prevedibilità e la conoscibilità delle decisioni; ciò in funzione di una definizione razionale del contenzioso, che sappia elaborare e tenere conto anche degli indirizzi giurisprudenziali formatisi sul territorio nazionale.

Uno degli obiettivi di una accurata formazione di tipo permanente è certo l’approfondimento sulle tecniche di conduzione del processo e sulle tecniche di decisione.

L’analisi dei temi di diritto processuale è invero di fondamentale importanza ed è proporzionale al grado di innovazione legislativa sul fronte del processo. Non possono essere, invero, ignorate le riforme del processo civile, da anni in profonda evoluzione; da qui la necessità di fare il punto sul rito e sulle prassi virtuose volte ad incentivare la ragionevole durata dei procedimenti civili.

Ancora, in ambito di formazione permanente, in via generale e programmatica, un ruolo particolare va assegnato ai temi attinenti all’ordinamento giudiziario, ai ruoli del consiglio giudiziario, alla formazione dei formatori,  al settore della dirigenza e all’approfondimento di modelli dirigenziali da comparare alle variegate realtà giudiziarie presenti sul territorio nazionale (uffici giudicanti ed uffici requirenti).

In conclusione, in linea generale e programmatica, si deve porre attenzione ad un “sapere” tecnico ed ordinamentale.

In via di sperimentazione sarà utile prevedere l’elaborazione di programmi volti a sperimentare modalità organizzative connesse all’impiego ed alla gestione dei tirocinanti e delle nuove professionalità aventi funzioni collaborative nella gestione dell’attività giurisdizionale (magistrati onorari, giudici ausiliari di corte di appello  e figure professionali introdotte dall’art. 73 del d.l. n. 69/2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 98/2013 e relativo d.m. di attuazione in data 9.9.2014).

Il tavolo tecnico potrà essere la base di partenza per l’avvio di tali forme progettuali e formativa.

Nelle presenti linee programmatiche senza dubbio deve essere inserita la necessità di prevedere dei moduli didattico-formativi da flessibilizzare ed articolare secondo le esigenze concrete.

Ad es. per temi di assoluta novità legislativa è possibile auspicare dei corsi brevi con approfondimenti mirati sulla nuova legislazione.

Ancora, per un salto di qualità più elevato è necessario che i programmi prevedano anche delle raccolte ragionate di materiale didattico e di giurisprudenza da distribuire ai magistrati interessati con l’intento di divulgare l’imponente patrimonio scientifico e culturale generato dalla formazione professionale in ambito giudiziario.

La formazione permanente, inoltre, non può fare a meno delle c.d. “collaborazioni formative”, le quali sono destinate ad essere inserite, come elemento di novità, nelle presenti linee programmatiche giacché solo attraverso la collaborazione dei vari protagonisti del comparto della giustizia si realizza una vera formazione anche di tipo interdisciplinare.

Si prende atto con compiacimento che la scuola ha avviato forme di collaborazione con il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa, con la Fondazione Nazionale del Notariato, con il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria con l’auspicio che tali forme di formazione congiunta vengano perseguite anche in futuro.

Importante tracciare delle linee programmatiche di collaborazione formativa con le organizzazioni forensi, con particolare attenzione al mondo delle ADR (mediazione e negoziazione assistita) con il macro obiettivo di proficui risultati nell’ambito della riduzione del contenzioso civile e nella diffusione di una vera e propria cultura della mediazione.

Nella giusta misura, la formazione dovrà essere estesa anche ai c.d. saperi “extragiuridici” che rappresentano il giusto completamento del sapere giuridico.

Non a caso, la ENM, nei suoi programmi, cura da sempre numerose attività “de rèflexion sur les èvolutions de la sociètè contemporaine, de sensibilitation, et d’ouverture” affinché nel magistrato si sviluppi non solo una solida preparazione tecnica ma anche una accresciuta consapevolezza critica del proprio ruolo nella società.

Infatti se è vero che la padronanza delle tecniche è essenziale, a questa deve affiancarsi anche una consapevolezza culturale di stampo elevato.

2. La selezione delle esigenze di formazione dei magistrati.

La predisposizione di linee programmatiche per l’attività formativa deve tenere in giusta considerazione il tema della rilevazione delle esigenze formative dei magistrati.

Si è già detto, in precedenza, dell’intendimento del Consiglio di strutturare un impianto innovativo, attendibile e ragionevole, per il monitoraggio dei fabbisogni formativi e lo studio di un sistema di analisi qualità.

La rilevazione compete al Consiglio Superiore della Magistratura, ai singoli componenti del Comitato Direttivo della Scuola; ai magistrati referenti a livello distrettuale, i quali dovranno avere cura di recepire le indicazioni provenienti direttamente dagli uffici giudiziari; alle varie associazioni composte da magistrati; ai consigli giudiziari.

Il rapporto con i magistrati referenti in sede decentrata consente altresì di individuare le inizative di formazione a livello centrale e, al contempo, consente di recepire nuove esigenze di formazione.

Ancora, altro protagonista indispensabile del processo di selezione delle esigenze di formazione è costituito dalla Rete Europea della Formazione Giudiziaria.

La cooperazione in tale ambito, anche attraverso scambi di esperienze e di partecipazione dei magistrati dei vari Paesi membri dell’Unione Europea, consente  di approfondire la conoscenza del diritto europeo e la consapevolezza del ruolo dei magistrati nel contesto europeistico. Per una maggiore rispondenza dell’offerta formativa ai bisogni di tutti i magistrati, sarebbe interessante studiare moduli didattici con approfondimenti progressivi, anche modulati sulla tipologia di magistrato (l’adult learningè molto in uso nella prassi delle altre Scuole europee).

In definitiva, nelle presenti linee programmatiche si auspica una formazione progressiva e circolare, nella quale i corsi organizzati dalla formazione distrettuale siano volti a fornire una preparazione basilare per i magistrati, mentre incontri centrali di particolare rilievo vengano duplicati nelle varie sedi territoriali per garantirne la diffusione nelle sedi periferiche.

In conclusione, i bisogni formativi vengono generati da questo dialogo centro-periferia, cui occorre prestare grande attenzione nelle presenti linee guida  con esigenze di raccordo tra l’offerta formativa delle sede centrale e le iniziative decentrate.

Una particolare attenzione poi spetta agli interventi formativi urgenti, generati dalla necessità di riflettere ed approfondire sulle risposte che la magistratura è chiamata a dare nell’immediato ai mutamenti del quadro normativo o giurisprudenziale.

Si suggerisce infine di coinvolgere, tramite l’Organismo consiliare o in raccordo con esso, l’intera magistratura nell’opera di individuazione dei bisogni di formazione e di proposizione di metodi didattici, anche mediante l’elaborazione di questionari e/o formulari da distribuire ai magistrati al fine di verificare se le tematiche prescelte per il programma annuale siano effettivamente in sintonia con le esigenze della magistratura italiana.

3. L’accesso ai corsi ed i criteri di selezione dei partecipanti.

Il tema dell’accesso ai corsi con i correlati criteri di selezione dei partecipanti merita di essere approfondito.

A tal fine, non può dirsi sufficiente una ampia programmazione dei corsi che garantisca tanti posti quante saranno le domande connotate dalla “obbligatorietà” della partecipazione.

I protocolli per le ammissioni dovranno assicurare un rapporto equilibrato tra l’area di interesse professionale e culturale dei candidati e la natura della iniziativa formativa.

La selezione dei partecipanti dovrà fondarsi, ragionevolmente, su due criteri concorrenti:

a)      il criterio territoriale;

b)       il criterio della funzione esercitata dal richiedente.

Nella scheda di preparazione del corso sarà necessaria anche l’indicazione delle percentuali dei partecipanti  – percentuali  da dividere tra i magistrati di merito ed i magistrati di legittimità, nonché tra i magistrati requirenti ed  i magistrati giudicanti.

Il  bando dovrà esplicitare i criteri  predetti e dovrà essere indirizzato ai magistrati che svolgono funzioni nella materia oggetto dell’incontro di studi, ai quali potrà essere richiesto, contestualmente alla presentazione della domanda, di allegare un’autocertificazione o un’attestazione del capo dell’ufficio contenente la precisazione che il magistrato opera nel settore cui è diretta l’attività di formazione.

Altro aspetto da non ignorare è quello riguardante il dato territoriale perché, pur essendo la formazione di tipo centrale, occorre rispettare un certo equilibrio dato il necessario carattere “unificante” della formazione centrale.

 In conclusione, è necessario che la Scuola presti una attenzione costante al fine di garantire  che su ogni tema sia instaurato un confronto tra tutti i magistrati operanti nell’intero territorio nazionale.

Il corso dovrà essere bilanciato sulla base dei criteri suddetti ed i componenti del comitato direttivo, nella predisposizione delle singole schede formative in ambito di programmazione annuale, dovranno avere cura di individuare la tipologia dei destinatari (corsi comuni o specialistici- individuazione di particolari specificità di formazione) e successivamente di acquisire le necessarie informazioni i partecipanti al corso, che potranno essere fornite all’atto della compilazione della domanda di partecipazione mediante la previsione di modelli nei quali i richiedenti siano chiamati a compilare campi (predeterminati) che meglio consentano di conoscere le rispettive specifiche esperienze professionali.

La Scuola potrebbe dettagliare, nel programma annuale, le principali linee guida seguite nell’accesso ai corsi con indicazione delle caratteristiche  del sistema informatico utilizzato per la selezione dei partecipanti e dei criteri sulla base dei quali tale sistema è chiamato ad effettuare la selezione.

In ogni caso, si auspica una modifica dell’attuale sistema informatico in maniera tale da semplificare e rendere più agevole le modalità di presentazione delle domande di partecipazione ai corsi e di verifica delle ammissioni e dello scorrimento delle liste di attesa: così da eliminare, per un verso, ritardi e disagi che sono stati in passato lamentati dai magistrati; e, per altro verso, da garantire una effettiva corrispondenza tra il numero previsto dei partecipanti e quello degli effettivi partecipanti a ciascun incontro di studio.

Nuovo sistema informatico che dovrebbe anche consentire, attraverso l’impiego di un adeguato motore di ricerca, una più agevole individuazione delle relazioni e del materiale dei corsi inserito nel sito webdella Scuola; ciò senza escludere la possibilità di una futura osmosi con l’ancora utile archivio informatico del materiale dei corsi di formazione curati fino al 2012 dal Consiglio.

La recentissima interlocuzione con la Scuola ha consentito di apprendere che il 5 aprile 2016 è stata approvata una Deliberazione dei criteri per le ammissioni straordinarie ai corsi della formazione permanente, al fine di regolare in modo uniforme e trasparente un flusso di domande risultato consistente,  e non prima disciplinato da fonti scritte o da prassi consolidate. Anche in questo contesto si ribadisce l’opportunità di massimo confronto tra Consiglio e Scuola delle direttrici di svolgimento dell’attività formativa.

E’, in ogni caso, interesse consiliare far sì che sia garantito l’inserimento nel fascicolo personale del magistrato, consultabile su Cosmag, dell’elenco dei corsi organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura ai quali i singoli magistrati hanno effettivamente partecipato o comunque fatto domanda di partecipazione. In sede di Tavolo tecnico si affronterà tale tema, in concomitante sviluppo peraltro dei lavori di reingegnerizzazione del CSM.

Si trattato già partitamente della questione delle pari opportunità nella formazione.

4. La selezione del corpo docente.

La  selezione del corpo docente deve poter contare su un’ampia platea di nominativi che siano in grado si svolgere il compito didattico con competenza, autorevolezza e con equilibrio.

L’attività di docenza esige un progressivo affinamento e, per quanto concerne i magistrati, l’assumere impegni presso la Scuola dovrà essere oggetto di attenta valorizzazione e riconoscimento professionale, e ciò ad opera della stessa struttura consiliare.

La recentissima interlocuzione con la Scuola, ha consentito di apprendere che il Comitato direttivo ha approvato, in data 13 giugno 2016, l’istituzione di un Registro ufficiale degli incarichi conferiti, consistente in un documento informatico, progressivamente aggiornato, che l’immediata conoscibilità del numero e della qualità degli incarichi conferiti a singoli, con le corrispondenti valutazioni ottenute.

Ora, in un’ottica di trasparenza e condivisione, sarà interesse condiviso che anche il Consiglio acceda a tale registro.

In linea generale, poi, si registra l’oggettivo cruccio emerso nella interlocuzione con la Scuola, in ordine all’alternativa tra eccessiva rotazione e necessaria specializzazione dei docenti. In questa luce, considerando il costo formativo gravante sulla collettività, non solo in termini strettamente economici, ma anche di sottrazione della prestazione professionale del magistrato assente dal servizio, s’intende quanto alto debba essere l’indice di giovamento ed utilità della posta di ritorno, in termini formativi correlati. Dunque, la scelta dei docenti deve essere oculata, filtrata, scrupolosissima rispetto alle qualità didattiche, scientifiche e relazionali di ciascuno dei docenti.

Si conviene, inoltre, sull’importanza dell’autoformazione del corpo togato complessivo, nel senso che la trasmissione di saperi acquisiti o sperimentati mediante l’attività professionale risulta particolarmente virtuosa. Ciò tuttavia è valevole anche rispetto alla posizione degli avvocati, utili maestri, in quanto spettatori esterni di modelli applicativi e comportamentali che richiedono, per essere visti con oggettività, di momenti di alterità.

In ogni caso, la Scuola si farà carico di individuare gli obiettivi per ciascun corso (esempio ricognizione dello stato dell’arte di un determinato settore; analisi critica della giurisprudenza ecc.) cosicchè i  docenti, nell’ambito della piena libertà di insegnamento, potranno spaziare al fine di impostare la metodologia didattica ed il materiale che più si adatta al tipo di formazione necessaria.

Di fondamentale importanza si rivela l’approccio con la docenza, che dovrà avere ben chiaro quale sia il suo ruolo e quale sia il materiale divulgativo indispensabile per la buona riuscita del corso.

Sul piano delle metodologie, non si può limitare la varietà delle opzioni di metodo: si spazia  dai testi e dalle elaborazioni tecniche sulla materia a forme divulgative meno tradizionali (es. fascicoli virtuali, questionari progressivi, simulazioni di ruolo) con l’intento di tramandare le esperienze e di preparare le basi di una impostazione scientifica dell’attività istituzionale.

L’albo dei docenti potrà comprendere un settore dedicato ad esperti di scienza della formazione, non solo al fine di utilizzarne le competenze nell’ambito di corsi di formazione dei formatori, ma anche per momenti di interlocuzione diretta con il Comitato Direttivo e con i responsabili di settore, specie nella fase di predisposizione dei programmi.

La scuola avrà cura di aggiornare l’albo dei docenti, verificando altresì che i docenti non versino in situazioni tali da sconsigliare l’assunzione dell’incarico (es. carichi penali pendenti, procedimenti disciplinari ecc.).

Parimenti per i corsi dei quali è deliberata l’organizzazione verrà fornita immediata comunicazione al Consiglio, con espressa e dettagliata indicazione degli enti coinvolti nell’organizzazione e nella sponsorizzazione dell’evento.

Si è trattato già partitamente della questione della scarsa partecipazione delle donne agli incarichi scientifici e della necessità di curare la pari opportunità nella formazione, sul lato attivo e passivo.

5. Metodologie didattiche e nuove tecnologie.

La scelta delle metodologie didattiche più adeguate alla formazione è di competenza della Scuola Superiore della Magistratura  ma si auspica, in linea con le indicazioni fornite dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 14 marzo 2012 sulla formazione giudiziaria (2012/2575(RSP)), l’utilizzo, accanto ai metodi tradizionali, delle nuove tecnologie al servizio della didattica (forum telematici,mailing-list, videoconferenze, corsi on-line, streaming webon demandpodcasting dei file audio e video digitali degli incontri di formazione), allo scopo di favorire il dialogo e la più ampia partecipazione possibile, coinvolgendo anche i magistrati dei distretti periferici. Sotto questo punto di vista, va segnalata la necessità di assicurare una reale corrispondenza tra il metodo didattico prescelto e lo scopo formativo perseguito, in maniera tale da evitare che, come è talora accaduto in passato, format quali i gruppi di lavoro o le tavole rotonde finiscano per celare non appropriati approfondimenti delle tematiche mediante scontate forme di relazioni frontali.

6. Circolazione delle risposte giurisprudenziali e condivisione dei saperi.

Come già premesso, nell’individuazione dei principi generali, il Consiglio avverte l’esigenza di rinsaldare un modello culturale dell’intera magistratura quantio più possibile unitario e condiviso.

Ciò in quanto militano non solo esigenze di certezza del diritto e prevedibilità delle decisioni, ma anche ragioni di rafforzamento del ragionamento giudiziario con la consapevolezza delle soluzioni presenti nel sistema o dei eprcorsi scinetifici già verificati o, infine, delle misure gestionali già efficacemente testate come virtuose.

In tale direzione, lungi dal creare distorsioni o cadute in termini di svilimento dell’autonomia interpretativa o organizzativa di ciascun magistrato, la formazione deve saper sostenere istanze di apertura e confronto, di condivisione e di conoscibilità dei saperi.

Tale obiettivo di massimo richiede la creazione di sistemi di scambio di conoscenze e soluzioni, a più livelli d’intervento, per esempio:

–          costituzione di una banca dati di agevole fruibilità di tutti i materiali forniti ai corsi, centrali e decentrati, anche, eventualmente connessa ai materiali consiliari in tema di formazione (anche grazie al nuovo sistema data warehouse);

–          costituzione di sistemi di conoscibilità dell’esito delle impugnazioni, anche tramite l’ausilio delle strutture decentrate: della decisione di appello da parte del giudice che abbia deciso la controversia in primo grado ed, analogamente, da parte del giudice d’appello con la corrispondente sentenza di legittimità;

–          costituzione, anche tramite le strutture decentrate, di banche dati interne ai singoli uffici ovvero di sistemi di comunicazione informatica collettiva per gruppi omogenei di funzioni, con auspicata previsione dell’invio con posta elettronica a tutti i magistrati di una newsletter informativa.

7. La cultura comune della giurisdizione penale.

Deve ricondursi al profilo metodologico essenziale la necessità di assicurare la cultura comune della giurisdizione penale, 

Elemento comune a tutti i corsi di formazione e di aggiornamento professionale dedicati ai magistrati del settore penale dovrà essere  quello della contestuale partecipazione a ciascun momento formativo tanto dei magistrati giudicanti quanto di quelli requirenti.

Ovviamente la particolarità di alcuni incontri giustifica  la scelta di graduare percentualmente le partecipazioni delle diverse figure professionali: così, ad esempio, i corsi sulle tecniche di indagine hanno privilegiato i magistrati che esercitano le funzioni di pubblico ministero in primo grado; così come quelli sulla giurisdizione di sorveglianza potranno  riguardare essenzialmente i magistrati giudicanti di quel settore. Deve tuttavia essere evitata  una formazione differenziata tra giudici penali e pubblici ministeri, poiché, anzi, il principio dell’unità della giurisdizione impone il mantenimento e la prosecuzione delle esperienze positivamente maturate in passato , le quali ultime hanno assicurato  un confronto tra coloro che hanno maturato esperienze nei due diversi ambiti innanzi indicati. Si segnala la opportunità che nei corsi relativi al settore penale sia prevista la presenza di uno o più avvocati, al fine di garantire la pluralità dei “punti di vista” sulle varie questioni interpretative ed assicurare, attraverso la voce di qualificati esponenti del ceto forense, il costante riferimento al rispetto dei diritti e delle garanzie difensive.

Sul tema, infine, si sollecita specifica attenzione al delicato tema delle intercettazioni telefoniche e del loro utilizzo, secondo la Ricognizione di buone prassi in materia di cui alla recentissima delibera del 29 luglio 2016.

8. La formazione per le funzioni specialistiche.

Di grande importanza il  settore della formazione dei magistrati con funzioni specializzate (lavoro, minorile, sorveglianza, tribunale delle imprese) o con funzioni specialistiche (fallimentare, esecuzione, gip-gup, appello o legittimità).

In tali settore è necessario che la Scuola continui ad organizzare  iniziative che si inseriscano nei filoni della specializzazione e che consentano di dare vita ad una formazione maggiormente approfondita per le varie aree di specializzazione. Se così non fosse una vasta platea di magistrati resterebbe priva della formazione specifica tanto necessaria per materie altamente specialistiche.

In particolare in settori, quali il diritto del lavoro e della previdenza sociale (al quale, sono, per esempio, impiegati oltre 500 magistrati) , ed in tutti quelli che più risentono, sul piano normativo, della rapida trasformazione della realtà economico-sociale, si rende conveniente una fitta formazione di avanguardia applicativa, che sappia con prontezza cogliere i temi e le prospettive di aggiornamento su cui soffermare subito l’attenzione formativa.

9. I temi della formazione permanente:

a.      I profili deontologici.

Il tema dell’etica e della deontologica professionale costituisce un capitolo irrinunciabile dell’offerta di formazione professionale.

Si rimanda qui al Capo I relativo alla formazione iniziale quanto all’importanza dell’arricchimento personale, ideale ed ordinamentale del magistrato.

La formazione deve porre attenzione alla materia disciplinare sia sotto il versante del diritto interno sia per quanto concerne  la dimensione comunitaria e internazionale, avuto riguardo alla evoluzione degli strumenti normativi.

Particolare attenzione dovrà essere dedicata ai contributi resi nella materia della deontologia professionale dalla Rete Europea dei Consigli di Giustizia; la prospettiva di diritto comparato interessa non solo le forme di indipendenza del giudice ma anche le forme di indipendenza del pubblico ministero e finisce inevitabilmente per coinvolgere i complessi rapporti tra giurisdizione e politica.

L’offerta formativa sul tema dovrà orientarsi soprattutto al tema della imparzialità, quale snodo centrale intorno a cui comporre a più ampia questione dell’etica giudiziaria.

La prospettiva storica consentirà di ricostruire l’evoluzione dei principi di indipendenza e di imparzialità alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’Uomo quali giudici deputati alla salvaguardia dei valori fondanti qualsiasi sistema democratico; senza trascurare, in tale ambito, il prezioso contributo della Corte di cassazione.

Il tema della imparzialità potrà costituire una preziosa occasione di  approfondimento di tutte le attività correlate al settore disciplinare: es. attività ispettiva ministeriale; funzione disciplinare del Consiglio Superiore; codice etico della magistratura italiana.

Nell’ampia prospettiva deontologica andrà pure affrontato il tema del rapporto tra magistratura emass media. L’influenza dei mezzi di comunicazione di massa sullo svolgimento del processo e sulla formazione della decisione dovrà rappresentare uno dei punti di approfondimento anche attraverso lo studio di casi concreti di “processo parallelo” e di accesso delle telecamere nelle aule di giustizia, coinvolgendo non solo magistrati, ma anche giornalisti, conduttori televisivi, esperti di comunicazione pubblica.

Nell’ambito dell’offerta formativa dovranno essere previsti specifici corsi di riqualificazione professionale per i magistrati nei cui confronti, a seguito di valutazione di professionalità negativa, il Consiglio disponga la partecipazione quale elemento integrante dell’attività di recupero nel biennio successivo, ai sensi dell’art. 11 comma 11 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, in rapporto alle specifiche esigenze di professionalità riscontrate.

L’individuazione di tali corsi potrà avvenire anche mediante l’indicazione, concordata tra la Scuola e il Consiglio, tra quelli già presenti nell’offerta formativa, anche in sede decentrata, qualora adeguati al recupero delle carenze professionali individuate dalla delibera di valutazione di professionalità non positiva.

b.      I temi di ordinamento giudiziario e la cultura dell’organizzazione.

La materia dell’ordinamento giudiziario merita di essere inserita, a pieno titolo, negli approfondimenti finalizzati ad una formazione completa e ben articolata.

Si spazia dai diversi istituti che regolano il funzionamento del sistema giudiziario e della vita professionale dei magistrati sino all’esame della normativa secondaria adottata con le delibere del C.S.M..

Da considerare rilevanti i temi relativi alle attività ed alle competenze degli organi del governo autonomo, della mobilità e delle incompatibilità dei magistrati, dell’organizzazione tabellare degli uffici giudicanti, delle valutazioni di professionalità e della selezione dei dirigenti, degli incarichi extragiudiziari, della formazione iniziale e permanente, dell’organizzazione degli uffici requirenti e di legittimità.

L’attività formativa dovrà accompagnare e favorire la diffusione della cultura dell’organizzazione degli uffici giudiziari e dell’auto-organizzazione del lavoro del magistrato, nonché dovrà occuparsi delle nuove tecnologie, verificandone non solo le potenzialità ma anche gli aspetti problematici.

Particolare attenzione dovrà essere posta ai temi dell’analisi e gestione dei flussi statistici degli uffici giudiziari, delle “buone prassi” metodologiche ed operative, della normativa prevista dall’art. 37 della legge 15 luglio 2011, n. 111 in tema di programmi di gestione dei procedimenti civili e di carichi esigibili. 

Un focus specifico andrà dedicato all’ufficio del processo ed alla sua morfologia.

In settori quali la formazione dei dirigenti e di coloro che aspirano a ricoprire tali incarichi e l’organizzazione del lavoro dei magistrati, l’apporto del CSM, in ragione della sua specificità e della posizione di rilievo costituzionale nel governo autonomo della magistratura, non può limitarsi alla funzione di indirizzo generale ma deve trovare uno spazio adeguato anche nella definizione dei programmi. Il Consiglio, infatti, nelle sue articolazioni, può offrire un fondamentale valore aggiunto sui temi ordinamentali e organizzativi, nella prospettiva del miglioramento continuo dell’offerta formativa e del suo adeguamento alle concrete esigenze degli Uffici giudiziari.

Importante, inoltre, in tale ambito, appare l’ampliamento del numero dei magistrati da coinvolgere, a diverso titolo, nelle attività di formazione della Scuola, anche attraverso il ricorso a coloro che rivestono funzioni specifiche nelle varie articolazioni del governo autonomo. Si pensi ai componenti del CSM, ai magistrati addetti alla Segreteria e all’Ufficio studi del CSM, ai componenti dei Consigli Giudiziari e del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, ai componenti delle commissioni flussi istituite presso i Consigli Giudiziari, ai referenti distrettuali per l’informatica, ai magistrati di riferimento per l’informatica dei singoli uffici.

Anzi, sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione, appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro, componenti del CSM e magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

Come sopra ricordato, proprio nelle più recenti occasioni d’incontro del Tavolo tecnico, da parte della Scuola è stato espresso il favore per “occasioni di attività integrate progettate e gestite in modo bilaterale”, da SSM e CSM, da moltiplicarsi ed da incrementarsi.

Con specifico riferimento al CSM, la presenza attiva di componenti o di magistrati addetti potrà garantire non solo il necessario raccordo tra esercizio delle competenze consiliari e contenuti concreti della formazione (si considerino ad esempio i corsi di formazione dirigenziale), ma anche una delle più efficaci e dirette modalità di partecipazione di tutti i magistrati ai temi dell’autogoverno. 

c.    L’ uso delle nuove tecnologie.

Tra i temi da approfondire in quanto collegato alle problematiche dell’organizzazione del lavoro dei magistrati, vi è quello del corretto uso delle tecnologie messe a disposizione degli stessi, a maggior ragione dopo l’entrata in vigore del processo civile telematico.

Il Consiglio ha già avviato un progetto di Collaborazione con la Scuola superiore della magistratura per un progetto di formazione nelle sedi distrettuali nelle materie dell’innovazione e dell’informatizzazione, organizzato in sinergia fra Referenti informatici distrettuali e Formatori decentrati (Delibera del 14 ottobre 2015), anche in correlazione con la delibera sul PCT (12 giugno 2014) con cui è stata sollecitata una assunzione di impegno da parte del Ministero della giustizia (anche attraverso la valorizzazione dell’esperienza dei C.S.I.A.) e della Scuola superiore della magistratura (attraverso le strutture della Formazione decentrata) a collaborare nelle iniziative di formazione/informazione tecnologica con i Referenti informatici distrettuali ed i Magistrati di riferimento per l’informatica.

Tali percorsi devono essere proseguiti e rafforzati.

Le iniziative di formazione dovranno esaminare i modelli gestionali ed organizzativi del lavoro del giudice, con illustrazione delle esperienze concrete di organizzazione virtuosa. In particolare, pare emergere necessità di approfondimento, in relazione a tutti quei programmi specificamente creati per la gestione dei procedimenti, sia nel settore civile che penale.

In tale prospettiva occorrerà avvalersi del contributo di esperti esterni (in particolare di docenti di programmazione e controllo nelle amministrazioni pubbliche e di organizzazione aziendale), e di professionalità complementari a quella del magistrato (in particolare quella dei dirigenti amministrativi), attraverso la metodologia dei gruppi di discussione-confronto.

Sotto altro profilo ulteriore attenzione dovrà essere dedicata alla diffusione della conoscenza delle banche dati esterne al pianeta giustizia (si pensi ai database delle camere di commercio, all’anagrafe dei comuni, all’anagrafe tributaria, ecc.) alle quali i magistrati hanno la possibilità di accedere con richieste di informazioni nonché all’esame ed all’illustrazione delle reali potenzialità degli strumenti informatici di uso comune ai magistrati quali i sistemi di videoscrittura e di creazione di moduli che agevolino compiti di routine.

Più specificamente l’attenzione dovrà essere rivolta:

a) alle ricerche informatiche (giurisprudenziali, normative, ecc.) fornendo suggerimenti non solo sui luoghi di ricerca delle informazioni ma anche sulle metodologie di ricerca delle stesse;

b) all’illustrazione dei programmi informatici utilizzati dagli operatori della rete giustizia, per gestire i procedimenti, che pur non essendo rivolti al magistrato devono da questi essere conosciuti, come sopra chiarito, soprattutto se dirigente o semidirettivo, alfine di poterne estrarre le conoscenze necessarie per la migliore organizzazione del lavoro;

c) all’esame dei programmi rivolti ai magistrati per la gestione degli affari giudiziari, nella loro evoluzione e diffusione;

d) ai profili di sicurezza nell’uso degli strumenti informatici legati alle parallele necessità di proteggere i propri dati e l’intero sistema informatico sul quale si opera da indebite intrusioni da parte di terzi;

e) alle nuove modalità del comunicare da parte degli operatori della Giustizia, a partire dalle nuove tecnologie telefoniche finalizzate al risparmio di tempo e di denaro e fino a giungere alla più semplice ma non meno importante “deontologia” nell’uso degli strumenti informatici, quali le mailing-list e la posta elettronica.

Per realizzare le finalità di cui si è appena detto e, comunque, per incrementare e rendere effettiva la formazione dei magistrati nell’uso delle nuove tecnologie applicate al lavoro quotidiano sarà peraltro necessario il coordinamento tra la Scuola, i formatori decentrati, i referenti distrettuali per l’informatica, il Ministero della Giustizia e il C.S.M.

Del resto con la delibera del 13 maggio 2015, il C.S.M., nell’ambito di una valutazione complessiva dello stato di funzionamento ed evoluzione del processo civile telematico ha invitato la Scuola Superiore della Magistratura a considerare la materia dell’informatica giuridica e giudiziaria, ed in particolare le questioni attinenti al processo civile telematico e all’informatizzazione del processo penale, quali parti imprescindibili e prioritarie del complessivo progetto di formazione dei magistrati, da attuarsi anche in collaborazione con il Ministero della Giustizia ed il Consiglio Superiore della Magistratura nell’ambito delle rispettive prerogative e  competenze.

In particolare sul versante penalistico, una offerta formativa specifica non dovrà  attendere il completamento di un sistema in qualche modo simile al p.c.t., essendo già in uso in diverse realtà giudiziarie sistemi applicativi che stanno profondamente incidendo sulle modalità di esercizio della giurisdizione (portale notizie di reato, registro unico nazionale SICP, applicativi documentali e consolle, notifiche penali telematiche) e che come tali possono svolgere un ulteriore irrinunciabile compito di promozione delle migliori esperienze e delle avanguardie che si stanno realizzando nei singoli uffici.

Vanno richiamate dunque le delibere del 14 ottobre 2015 in materia di informatizzazione del settore penale e di realizzazione di un piano di formazione nel settore dell’innovazione che coinvolga i R.I.D. ed i Magrif con i formatori decentrati.

Infine deve ricordarsi la recente delibera del 7 luglio 2016 di approvazione del primo manuale ricognitivo delle buone prassi di organizzazione che potrà rappresentare riferimento qualificato per la formazione iniziale, per la formazione permanente e per quella dei dirigenti degli uffici.

d.      I temi processuali.

La formazione dovrà diffondere una costante attenzione ai valori del processo, non al fine di esaltare quella che alcuni commentatori moderni hanno definito la giustizia procedurale, ma per consentire di guardare al processo come ideale contenitore nel quale si attua la tutela dei diritti.

Per quanto concerne la procedura deve essere rimarcata l’esigenza di un potenziamento di tale area formativa con lo studio  delle prassi virtuose  e delle modalità di organizzazione dotate di una certa efficienza badando a soluzioni per lo più condivise ovvero, nell’impossibilità di una totale condivisione,  educando alla logica del dissenso che, certo può rappresentare un prezioso elemento di novità e di arricchimento critico, purchè sia consapevole e ben motivato.

Fondamentale l’attività di formazione e di raccordo dei vari indirizzi giurisprudenziali formatisi sul territorio nazionale, la quale certamente arreca un grande beneficio alla prevedibilità delle decisioni ed alla velocizzazione dei giudizi.

Per quanto concerne le tematiche procedurali va segnalata l’esigenza di un approfondimento costante sulla base dell’opera di riforma legislativa tuttora in atto sul versante del rito.

Nel settore penale, dovrà essere posta particolare attenzione ai temi che, in specie nella fase cautelare, riguardano la tutela della libertà delle persone sottoposte ad indagine o a processo,  con una riflessione non soltanto sugli aspetti strettamente tecnici della materia ma anche sul piano dei principi e dei valori costituzionali.

Il ricorso a strumenti coercitivi piò essere giustificato solo come extrema ratio ed il mezzo cautelare non può mai tramutarsi in  una esigenza di natura principalmente securitaria.

Sia in ambito civile che in quello penale, dovrà dedicarsi ampio spazio alla riflessione sulle tecniche di assunzione della prova, sul ragionamento probatorio, sul peso delle massime di esperienza e sul modo in cui queste possono essere ricavate.

Inoltre, non dovranno mancare iniziative specifiche sulle tecniche di redazione dei provvedimenti giudiziari, sia, ancora una volta, in ambito cautelare, ove spesso si assiste a forme di incorporazione nel provvedimento decisorio del materiale investigativo, già inopinatamente refluito nella richiesta di misura cautelare; sia nella sentenza, troppo spesso ancorata, sia nel settore civile che in quello penale, a modelli, strutturali e funzionali, ormai non più compatibili con le esigenze di un sistema moderno, che deve garantire un controllo sul processo decisorio del giudice senza indulgere in pretese di rappresentazione enciclopedica dell’universo processuale.

Si sollecita, poi, specifica attenzione al delicato tema delle intercettazioni telefoniche e del loro utilizzo, secondo la Ricognizione di buone prassi in materia di cui alla recentissima delibera del 29 luglio 2016.

e.       Formazione interdisciplinare.

Come già detto occorre che, nella giusta misura, la formazione dovrà riguardare anche i c.d. saperi “extragiuridici” che rappresentano il giusto completamento del sapere giuridico.

La ENM, nei suoi programmi, cura da sempre le attività che sviluppino, non solo una solida preparazione tecnica, ma anche una accresciuta consapevolezza critica del proprio ruolo nella società.

Infatti se è vero che la padronanza delle tecniche è essenziale, a questa deve affiancarsi anche una consapevolezza culturale di stampo elevato.

 In questo ambito è possibile stabilire l’approfondimento di temi che, pur non di stretto diritto, siano rilevanti  per l’attività giudiziaria e la professione del magistrato.

Si pensi a tematica al confine con la psicologia, con la letteratura, con l’etica (etica del giudice), con l’interpretazione e la logica interpretativa, la discrezionalità del giudice, con la tecnica della scrittura, con i temi della comunicazione e del multiculturalismo.

Il CSM dunque, anche in questo documento programmatico, invita la Scuola Superiore della Magistratura a non smorzare l’attenzione per una formazione completa ed attenta alla novità del cambiamento e preannuncia, sin d’ora, che intenderà proporre alla Scuola di condividere importanti momenti di alta formazione con riferimento alle seguenti tematiche:

–   Il lavoro del giudice in bilico tra le esigenze del diritto e l’economia;

–   La magistratura ed i mezzi di comunicazione;

–   Il nuovo mercato del lavoro tra il diritto e l’economia;

–    Il lavoro del magistrato e le nuove frontiere dei mezzi di prova

–   Seminari di base sulle nozioni di contabilità e bilancio;

–   Internet e il diritto d’autore;

–   Perizia e consulenza tecnica psicologica in ambito forense;

–   La psicologia del giudizio e l’ambito forense;

–   Il principio del libero convincimento del giudice: la valutazione delle prove e la motivazione.

f.       La formazione in sede di conversione di funzioni.

La conversione delle funzioni è un settore delicato della formazione essendo diretta ai magistrati che vogliono o debbono mutare funzioni o settore di competenza. Esige particolari attenzioni e la predisposizione di speciali supporti che si devono modulare sia per la tempistica che per la scelta di modalità adeguate che inseriscano l’intervento formativo nel momento più appropriato del mutamento delle funzioni.

La difficoltà sta nel fatto che la riconversione si configura come un crocevia attraverso cui si intersecano le strade che conducono alle diverse funzioni: dal settore civile al settore penale e viceversa, dalle funzioni generiche alle funzioni specializzate e viceversa, dalle funzioni requirenti alle funzioni giudicanti e viceversa, dalle funzioni di primo grado a quelle di secondo grado, dalle funzioni di merito a quelle di legittimità.

La necessità di interventi formativi differenziati e mirati ha fatto sì che sin dall’origine  tale attività fosse delegata alla formazione decentrata, la cui duttilità nell’utilizzo dei modelli organizzativi e didattici è apparsa  meglio in grado di soddisfare le complesse e diversificate esigenze  di chi si accingeva a mutare le funzioni.

In passato si è peraltro avuto modo di constatare l’insufficienza e la variabilità dell’offerta formativa in tale specifico e delicato settore tra i vari distretti di Corte d’Appello, e la mancata innovazione  nei metodi e nelle forme di studio e di aggiornamento.

Ne consegue che dovrà essere perseguita, alla luce delle pregresse esperienze, e ferma la opportunità che la conversione avvenga in sede decentrata,  l’esigenza di una maggiore omogeneizzazione dell’offerta formativa.

A tal fine la SSM oltre a fornire indirizzi comuni , potrà organizzare per le funzioni per le quali è più frequente la riconversione , anche alcune  iniziative presso la  sede centrale, in relazione ai temi di maggiore rilievo nell’ambito delle funzioni di destinazione, operando una  opportuna selezione.

Alla formazione locale dovrebbe, poi,  essere affidato il compito di  rilevare, sostanzialmente ad personam, i bisogni ed di  programmare e gestire i percorsi formativi più conferenti, pur sempre sulla base dei criteri direttivi forniti dalla SSM , diretti ad assicurare la necessaria omogenietà di metodi e contenuti.

La funzione di indirizzo e coordinamento della SSM in questo settore appare particolarmente importante atteso che il settore della riconversione è quello  in cui, tradizionalmente, sono emerse le maggiori criticità riferibili alla formazione decentrata , a volte , contraddistinta, come  più volte evidenziato da CSM e SSM anche nell’ambito del Tavolo tecnico istituito tra dette istituzioni,  da un’offerta formativa territorialmente disomogenea sotto il profilo qualitativo, metodologico e della continuità.

Con riferimento, infine, alla forma di riconversione obbligatoria (art. 13 legge 30 luglio 2007, n. 111) per il passaggio  dalle funzioni giudicati a quelle requirenti (e viceversa) dovrà tenersi adeguatamente conto del fatto che la  tendenziale “gerarchizzazione” degli uffici di procura  incide sia sull’organizzazione del lavoro che sui rapporti all’interno dell’ufficio

L’attenzione al radicale cambiamento del ruolo dovrà essere l’aspetto formativo da privilegiare, mentre, quanto ai contenuti, sarà preferibile un’impostazione più incline all’inquadramento sistematico delle principali problematiche di base, non senza margini per la trattazione casistica.

Anche in questo caso si ritiene che debba essere privilegiata la formazione in sede decentrata, con corsi “centrali” effettuati all’esito di un percorso di conversione già iniziato in sede decentrata (nel rispetto dei protocolli di indirizzo), in relazione al quale il corso centrale potrebbe costituire un momento di riflessione finale che passi anche attraverso il doveroso confronto tra le prassi di specialità esistenti nei vari distretti nella prospettiva di assicurare una visione globale ed omogenea delle stesse.

g.     La Formazione europea e linguistica.

In una “Comunità di diritto”, quale deve definirsi l’Unione Europea, già secondo la storica pronunciaLes Verts della Corte di Giustizia del 1986, la tutela dei valori comuni è affidata non solo alla Corte di Giustizia e alle sue Istituzioni ma a tutti i giudici nazionali.

E attraverso  il “dialogo” con le Corti sopranazionali, i giudici nazionali hanno contribuito ad attuare l’ordinamento dell’Unione e a rendere effettivo un sistema di tutela “multi- livello” dei diritti fondamentali. Ciò ha portato, nel nostro ordinamento, a quella che è stata definita una “mutazione genetica della funzione giurisdizionale” della Corte di legittimità, chiamata a svolgere una attività di “nomofilachia europea” per assicurare l’uniforme interpretazione della legge anche alla luce della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e del diritto dell’Unione europea, e perciò espressione di una rete giurisdizionale volta ad assicurare non soltanto la conformità delle decisioni alla legge, ma soprattutto la conformità alle esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

La realizzazione dello spazio comune di libertà giustizia e sicurezza e la cooperazione giudiziaria richiedono che sempre più si rafforzi la comune cultura dei “magistrati europei”, e da tempo le Istituzioni dell’Unione invitano gli Stati membri a rafforzare il loro impegno per favorire la diffusione della conoscenza del diritto europeo.

Come sottolineato dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 23 novembre 2010 la capacità di comprendere e di gestire le differenze tra i sistemi giuridici europei può nascere solo da una cultura giudiziaria europea, che deve essere coltivata condividendo le conoscenze e la comunicazione, studiando il diritto comparato e mutando radicalmente il modo in cui i giudici partecipano alla formazione e allo sviluppo professionale, attraverso azioni che hanno l’obiettivo di superare le barriere linguistiche. Così la Commissione europea, nella comunicazione relativa alla formazione del 13 settembre 2011, e il Parlamento europeo, nella risoluzione sulla formazione giudiziaria del 14 marzo 2012, hanno evidenziato che la padronanza di una lingua straniera e della sua terminologia giuridica dovrebbe costituire uno degli obiettivi della formazione continua degli operatori della giustizia, essendo la conoscenza linguistica requisito indispensabile per l’efficacia dei contatti tra gli Stati membri, a loro volta sono cruciali per la cooperazione giudiziaria.

Dunque, in primis, la formazione linguistica dei professionisti del comparto legale è priorità dell’U.E. e che la realizzazione di attività coordinate miranti alla promozione delle abilità linguistiche rientra tra le priorità indicate ai responsabili europei per la formazione dei magistrati dall’art. 3, co. 2 della Carta della “Rete Europea di formazione Giudiziaria”, cui il C.S.M. ha aderito. Del resto, l’inserimento della lingua straniera nel gruppo di materie da sostenere nel concorso per uditore giudiziario, di cui all’art. 123 del R.D. 30/1/41 n. 12, come modificato dalla L. 13/2/2001 n. 48, rende ancor più evidente la necessità formativa in oggetto.

In particolare,  la formazione centrale e decentrata, non solo non possono esimersi dal perseguire essa stessa questi scopi, che potrebbero definirsi di “alfabetizzazione linguistica primaria” dei magistrati, ma dovrebbe prevedere un particolare orientamento di questa formazione in senso più delimitato al campo del linguaggio giuridico. In tale ambito, la formazione linguistica orientata ai termini legali, può consentire di ricomprendere tale attività formativa nell’alveo della formazione giuridica in senso stretto.

In questa prospettiva, poi, devono essere valorizzate le iniziative già adottate dal CSM nel settore della formazione “internazionale”, dando in particolare completa attuazione al progetto European Gaius (approvato con delibera del 13.4.2011), citato dal Parlamento europeo, nella Risoluzione del 14 marzo 2012, insieme a quello dei Paesi Bassi quali modelli da seguire per gli Stati europei e tali conclusioni sono state ribadite nella Risoluzione del 7 febbraio 2013; del pari, particolare rilievo deve essere riconosciuto alla partecipazione ai progetti di formazione di rilievo europeo e internazionale, prediligendo, in linea di continuità con le relazioni e gli accordi stabiliti dal Consiglio in questi anni, le attività realizzate e promosse con le Scuole nazionali della magistratura e le Istituzioni nazionali che curano la formazione dei magistrati.

Dovrà quindi essere proseguita l’attività di formazione nell’ambito dei programmi di scambio tra autorità giudiziarie nel quadro delle attività della Rete Europea di Formazione Giudiziaria, in particolare con gli stage di breve durata  e di lunga durata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte europea dei diritti dell’uomo ed Eurojust: si tratta di iniziative risultate particolarmente qualificanti sotto il profilo professionale per i magistrati che hanno partecipato con interesse e assiduità a partire dalla prima edizione del 2009 all’attività presso i principali organismi giudiziari europei ed Eurojust, e di arricchimento per la giurisdizione che si è potuta giovare del patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite dal magistrato nei predetti contesti.

Ma, nella medesima prospettiva, la formazione dovrà tenere adeguatamente conto della sempre più attiva partecipazione del CSM al processo di allargamento dello spazio europeo di giustizia e libertà, quale ente sempre più coinvolto in   numerosi  progetti banditi dalla Unione Europea, oltre che, in generale, al processo di  rafforzamento, anche attraverso accordi bilaterali, di variegate forme di  cooperazione istituzionale internazionale. La volontà del CSM  e la necessità istituzionale  di procedere allo sviluppo di  tale settore, confermate dalla iniziativa consiliare ( deliberazione del 25 marzo 2015)  che ha condotto alla  costituzione del Tavolo tecnico per le attività internazionali –  al quale partecipano,  oltre al CSM, il Ministero della Giustizia ,  il Ministero degli Affari Esteri e la stessa Scuola della Magistratura – impone lo sviluppo di una adeguata strategia che consenta di formare  magistrati esperti nei singoli settori del diritto, con capacità di relazionarsi con sistemi giudiziari di altri paesi,  forniti di un adeguato livello di conoscenza linguistica, ma anche di sufficienti capacità di adattamento ai diversi contesti internazionali.

La formazione internazionale richiede inoltre particolare attenzione anche ai risultati prodotti dal confronto fra sistemi giudiziari e magistrature nelle sedi europee e in organismi consultivi, come i Consigli consultativi dei giudici e dei pubblici ministeri nel Consiglio d’Europa, la Rete Europea dei Consigli di Giustizia, finalizzato ad individuare standard comuni di indipendenza e di professionalità: la riflessione sulle tematiche oggetto di documenti e di carte internazionali elaborate in tali contesti, e sui principi e i valori condivisi che ne costituiscono l’oggetto, può infatti costituire – in una più ampia prospettiva europea- un importante momento di approfondimento rispetto a temi, come la responsabilità e la deontologia, e a profili di fondamentale rilievo per la formazione professionale, finalizzata ad acquisire le conoscenze e i “punti di vista” di altre esperienze e contesti culturali, che contribuiscono ad un esercizio consapevole e indipendente delle funzioni giudiziarie.

h. Emergenze tematiche: immigrazione, minori stranieri,  ambiente, previdenza ed altri.

Ovviamente così come per i tirocinanti, una formazione al passo coi tempi non può prescindere dal puntuale apprendimento di quelle tematiche che, per la loro novità o peculiarità, sono verosimilmente sfuggite all’approfondimento universitario e post-universitario e che, invece, costituiscono oggetto di fenomeni emergenziali di assoluto rilievo.

Primo fra tutti, il fenomeno dell’immigrazione clandestina, riferibile, in maniera ampia, a tutti i casi di ingresso o soggiorno in Italia di cittadini stranieri in violazione delle leggi di immigrazione del paese di destinazione.

Come è noto, sul piano quantitativo, i flussi in entrata di soggetti immigrati in maniera irregolare sono divenuti ormai da tempo di enorme consistenza, con una serie di dinamiche indotte di assoluta gravità, sotto più punti di vista.

La magistratura italiana si trova in prima linea nel dover fornire una risposta a questo fenomeno emergenziale, con un approccio multidisciplinare e plurisettoriale di assoluta complessità e delicatezza. Ciò anche perché si assiste ad una produzione normativa emergenziale a ritmi convulsi, che spesso crea questioni di stratificazione e coordinamento regolativo di peculiare difficoltà ermeneutica.

Infatti, intorno alla questione dell’immigrazione si sviluppano questioni di natura giuridica di varia natura, correlate allo status personale, ai sistemi di prima accoglienza, alla tutela dei diritti umani, alle responsabilità penali causative del flusso, all’induzione delinquenziale che ne deriva o che ad essa si collega (prostituzione, schiavitù, commercio di organi, traffico di esseri umani, microcriminalità, etc.).

Specifico rilievo e gravità assume poi la questione dei Minorenni stranieri non accompagnati, rispetto ai quali occorre preparare una magistratura specializzata, che sappia fornire una risposta effettiva, pronta e qualificata, in termini di rafforzamento del sistema di tutela. Tale formazione potrà avvenire anche d’intesa con l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, già fortemente interessata al fenomeno.

Tra gli ulteriori temi di attualità, sui quali occorre un richiamo formativo specifico vi sono quelli relativi al terrorismo internazionale, all’informatica, ai sistemi giuridici di risoluzione della crisi di impresa, alla contraffazione e alla tutela del “prodotto made in Italy“, all’ambiente ed all’assetto idrogeologico ed alle problematiche connesse al sistema di Protezione civile. Ma, in questa prospettiva emergenziale, costante attenzione sarà prestata a tutti i settori che più risentono dei mutamenti regolativi e che presentano anche un alto tasso di tecnicismo; si pensi ai temi della previdenza sociale e del diritto del lavoro o al diritto della crisi d’impresa.

Non dovrebbero essere trascurati, infine, temi che, malgrado il loro carattere “tradizionale”, sono oggi ritornati di attualità nella pratica quotidiana, specialmente presso le magistrature di merito, quali quelli attinenti alle materie delle successioni e della pubblicità immobiliare.

Infine, la materia della giustizia penale dovrà dedicare attenzione ai temi della giustizia riparativa in campo penale anche alla luce degli interventi di riforma ed in particolare:

  • alla considerazione del reato in termini non meramente formali (come condotta corrispondente ad una fattispecie astratta descritta da una norma penale), ma anche ‘esperenziali’, ossia come ‘lesione’ che coinvolge direttamente, e sotto molteplici aspetti (morali,materiali, emotivi, relazionali) singole persone e una comunità;
  • all’esame delle sperimentate tecniche per porre attivamente rimedio alle conseguenze dannose del reato, avendo riguardo ai bisogni della vittima.

VI.

La formazione dei dirigenti

1. I corsi per gli aspiranti dirigenti e la formazione dei dirigenti già nominati.

Sulla formazione della classe dirigente, il Consiglio Superiore della Magistratura, in ragione della peculiare attività svolta nella selezione della dirigenza giudiziaria, è chiamato a fornire importanti spunti di riflessione nella elaborazione delle linee guida della formazione.  

Già in passato il Consiglio  (cfr. delibera del CSM del 12 giugno 2014 «Linee programmatiche per l’anno 2014 relative alla formazione permanente dei magistrati giudicanti e requirenti che aspirano al conferimento di incarichi direttivi di primo e secondo grado, da trasmettere alla Scuola superiore della magistratura») ha avvertito l’esigenza di  individuare e definire il ruolo e la funzione della partecipazione della Scuola nel percorso di formazione e di selezione per il conferimento degli incarichi direttivi, affermando, sul piano dei principi, che quest’ultima, nel fornire «elementi di valutazione in ordine al conferimento degli incarichi direttivi con esclusivo riferimento alle capacità organizzative»,svolgerà le funzioni di «organo tecnico ausiliario» della Commissione consiliare competente al conferimento degli incarichi direttivi.

La Scuola in tal senso è tenuta a ricavare gli «elementi di valutazione» dalle conoscenze acquisite dall’aspirante dirigente unicamente nelle materie indicate al comma 1 dell’art. 26 bis.

Sul solco di questa delibera, è bene rilevare che le schede di valutazione e le conseguenti indicazioni del comitato direttivo non possono riguardare per ciascun partecipante dei giudizi (nemmeno se articolati su generiche scale di valutazione) sul livello di apprendimento o di rendimento poiché tali giudizi implicano delle valutazioni approfondite, che travalicano le attribuzioni della scuola.

 In sintesi, dunque, il contributo della Scuola potrà riguardare, in via tassativa, le materie indicate dall’art. 1 dell’art. 26 bis  (criteri di gestione delle organizzazioni complesse  nonché i sistemi informatici e dei modelli di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri servizi). 

Tale premessa per significare che, una volta definiti i fini delle rispettive attività nel settore dei dirigenti, le linee guida elaborate dal Consiglio Superiore della Magistratura dovranno necessariamente porre l’attenzione sui contenuti di tali corsi che, in ogni caso, dovranno costituire l’occasione per elaborare una formazione globale sulla dirigenza, che non prescinda dalla complessità delle responsabilità connesse con tale ruolo.

2. Scopi di una formazione dedicata.

La partecipazione degli aspiranti dirigenti ai corsi di formazione non può rappresentare un adempimento formale, obbligatorio e necessario solo al fine di  ottenere un titolo di legittimazione al concorso.

Occorre che tale occasione ordinamentale divenga uno strumento concreto per elaborare una formazione approfondita in un settore, quello della dirigenza, del quale, solo da pochi anni, si va formando una  coscienza in termini di importanza e centralità del tema  della organizzazione e della managerialità.

Di grande significato appare la recente modifica del Testo unico sulla dirigenza attuata con la  delibera del 28 luglio 2015, al quale ha «rielaborato i criteri oggettivi per la valutazione dell’idoneità direttiva», con l’obiettivo di «guidare il Csm nell’esercizio della propria discrezionalità valutativa» e di «fornire a ciascun magistrato chiare indicazioni in ordine ai possibili sviluppi della propria carriera».

La Scuola Superiore della Magistratura ha ereditato dal CSM la politica di formazione e specializzazione dei dirigenti ed occorre assicurare che il management degli uffici giudiziari possa essere prerogativa di eccellenza dell’ordine giudiziario italiano.

Ciò che conta è non snaturare il magistrato ma coronarne le competenze, facendo in modo che il dirigente, consapevole dei suoi compiti (di direzione, indirizzo, rappresentanza, organizzazione, gestione e programmazione, proposta e informazione, sorveglianza e vigilanza) si inserisca all’interno del circuito della direzione.

E’ per questo necessario che il magistrato possegga, specie se dirige un grande tribunale, tecniche di conduzione del personale e di utilizzazione dei mezzi, capacità di organizzare e programmare il lavoro e di relazionare il servizio con il contesto socio-economico. 

Ecco perché i corsi di formazione mirati allo “studio dei criteri di gestione delle organizzazioni complesse nonché all’acquisizione delle competenze riguardanti la conoscenza, l’applicazione e la gestione dei sistemi informatici e dei modelli di gestione delle risorse umane e materiali utilizzati dal Ministero della giustizia per il funzionamento dei propri servizi” non dovrebbero fare a meno dell’approfondimento di temi a carattere normativo e di ordinamento giudiziario, ivi comprese le numerose attribuzioni che la legge demanda ai capi degli uffici.

La prioritaria necessità formativa è quella di selezionare una classe dirigente ben consapevole degli innumerevoli problemi correlati alla gestione delle plurime emergenze organizzative e che sia tale da relazionarsi alla complessa articolazione amministrativo-burocratica di riferimento (es. gestione dei rapporti con il personale ed azione coordinata con la dirigenza amministrativa).

A livello programmatico è doveroso evidenziare che la scienza dell’amministrazione pubblica  deve essere accostata a singole sessioni formative per lo studio delle normative ordinamentali di riferimento.

In tale settore si auspica un intervento risoluto ed ampio così da confezionare un’offerta formativa all’altezza del ruolo che il magistrato-dirigente sarà chiamato a svolgere.

3. Metodi didattici.

Nelle presenti linee guida si auspica una discontinuità rispetto al passato affinché la teorica dell’organizzazione sia fusa nell’approfondimento pratico e nella elaborazione di corsi curati da magistrati-dirigenti esperti, che sappiano individuare i macro obiettivi della formazione con una ponderata ed accurata selezione degli argomenti che rientrano nelle incombenze di un dirigente.

Sempre nella prospettiva di favorire un taglio  pratico-operativo della formazione , appare opportuno che le iniziative formative relative al  campo ordinamentale  e della organizzazione , nonché al settore  deontologico-disciplinare siano strettamente coordinate  con il CSM e che le relative sessioni formative ” centrali”  si tengano in  buon numero  presso la sede dell’organo di governo autonomo. Tanto nella citata prospettiva intesa a  favorire un più agevole scambio di esperienze pratiche sui temi oggetto di approfondimento , che sarà consentito  dall’ immediato confronto con coloro ,  componenti del CSM e  magistrati addetti alla struttura consiliare, che sperimentano nella quotidianità le relative problematiche  applicative.

Insomma si rivela indispensabile mettere a punto – per la formazione professionale dei dirigenti – un modello formativo adeguato ai tempi, in considerazione del numero crescente di incombenze attribuite dalla legge al ruolo dirigenziale in magistratura.

4.La recente esperienza applicativa.

Quanto alla verifica dell’offerta formativa già erogata nel settore dei dirigenti, va detto che i corsi sinora organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura sono apparsi eccessivamente scostati dal dato reale con una scarsa attività di approfondimento della c.d. gestione complessa (per l’appunto settore della giustizia) e delle norme che ne caratterizzano la gestione. La relazione del Comitato Direttivo sull’attività svolta nel quadriennio 2012-2015 consente di effettuare una verifica sull’andamento dei corsi che, pur attuati nel rispetto delle indicazioni di metodo elaborate dal Consiglio Superiore della Magistratura[4], non sono risultati pienamente soddisfacenti.

La relazione suddetta richiama le problematiche indicate dai partecipanti al corso, che hanno segnalato «un’impostazione aziendalistica di impronta privatistica, più adatta alla gestione di ‘aziende’ complesse che a quella degli uffici giudiziari deputati a quel particolare compito che è il rendere giustizia, l’astrattezza di qualche lezione.. Il corso appare incentrato più sulla «’teoria dell’organizzazione’ che sui concreti nodi relativi all’organizzazione degli uffici giudiziari».

Ancora, viene segnalata la mancata previsione di specifiche sessioni dedicate a settori di particolare rilievo per il dirigente, come il regime tabellare, le valutazioni di professionalità, le spese giudiziarie, l’organizzazione della sicurezza e della salute dei lavoratori del proprio ufficio.

In relazione a tali rilievi, si evidenzia che è stata effettuata la scelta di riservare una formazione più approfondita a coloro che già sono titolari di incarichi direttivi, privilegiando per gli aspiranti dirigenti lo sviluppo di competenze di programmazione e di gestione dell’attività.

Gli aspetti critici sopra descritti permangono inalterati tanto che, nel Tavolo tecnico, è stato affrontato il problema di come rimodellare i corsi per i dirigenti e di come renderli idonei allo scopo principale, ovvero quello di fornire  agli aspiranti alla carriera dirigenziale una solida e concreta base di partenza da cui sviluppare la nuova esperienza professionale.

Ancora, si avverte l’esigenza che l’attuale meccanismo seguito per le valutazioni degli elaborati (da predisporre a cura dei partecipanti successivamente al corso), verificati da esperti nella scienza dell’amministrazione pubblica, sia reso conoscibile all’esterno ed in particolar modo ai partecipanti il corso così da poterli rendere edotti anche delle eventuali conseguenze derivanti dalla mancata o tardiva consegna dell’elaborato. D’altro canto potrà essere valutata la possibilità di superare i metodi di valutazione dei partecipanti fondati sulla mera stesura di un elaborato predisposto dagli stessi in un momento successivo rispetto alla partecipazione al corso. Sotto tale profilo potrebbe essere valutata l’opportunità di affidare ai magistrati esperti e agli organizzatori del corso la formulazione di schede finali contenenti elementi informativi sul livello di partecipazione.

La linea guida del settore dunque non potrà che essere quella di confezionare nuovi programmi per i corsi degli aspiranti dirigenti con contenuti ben identificati e correlati alle numerose incombenze gestionali che spettano al dirigente dell’ufficio giudiziario.

 A livello di programma è necessario che vi sia anche l’obiettivo di organizzare appositi corsi per i dirigenti già nominati, da affiancare a corsi per gli aspiranti dirigenti. Si tratta di una formazione complementare al ruolo svolto, la quale non potrà prescindere dall’approfondimento delle tematiche attinenti agli aspetti gestionali, da attuare anche di concerto con il personale della dirigenza amministrativa e con l’intento di fondere le diverse culture professionali (in ambito dirigenziale).

Si auspica la creazione di una apposita area formativa ovvero l’AREA DIRIGENTI, nella quale far confluire tutti i corsi riguardanti la dirigenza.

In tale settore la collaborazione con il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà essere sviluppata anche in funzione di una elaborazione comune di metodologie formative ecco perché, nelle presenti linee guida, si sollecita l’avvio di un “Progetto Dirigenti”nell’ambito del quale sperimentare eventuali nuovi modelli di formazione per gli aspiranti dirigenti e per i dirigenti già in servizio .

VII. 

La formazione decentrata

1. Funzioni ed esigenze ordinamentali: omogeneità e raccordo.

Dal tronco centrale della formazione, si diparte il ramo della formazione decentrata, che ne costituisce una delle articolazioni più ricche di potenzialità.

Il più recente sviluppo regolativo e la prassi degli ultimi anni vedono assegnata alle strutture territoriali un ambito sempre più vasto di competenze, quali:

– la tradizionale didattica di prossimità

– la competenza sui MOT, sui magistrati onorari, sugli stagisti, sui giudici ausiliari presso le Corti d’Appello

– la formazione di conversione

– la didattica linguistica straniera

Dai dati forniti dalla Scuola, si evince che nel primo semestre del 2016 in sede decentrata sono stati organizzati già 366 incontri. Invero, si pone non tanto una questione quantitativa assoluta, ma di qualità del servizio rispetto alla mappatura nazionale.

Sulla base delle conoscenze esperienziali acquisite,in subiectala relativa programmazione deve essere impostata tenendo conto di due fattori essenziali:

– necessaria omogeneità, almeno tendenziale, dell’offerta formativa sul piano nazionale

–  raccordo e coordinamento con la formazione centrale

Quanto al profilo della tendenziale omogeneità sul territorio nazionale, quale punto di partenza, occorre segnalare che le risultanze già emerse in sede di Tavolo tecnico di consultazione dimostrano l’esistenza di una mappatura didattica fortemente sperequata e differenziata nei diversi Distretti.

La morfologia a “macchie di leopardo”, caratteristica dell’attuale sistema giudiziario sotto più aspetti, ha origine multifattoriale, trovando causa in dati quali la differente consistenza quantitativa dei Distretti, i divari di mezzi e strutture, lo scarto tra i livelli culturali di partenza, intesi come percorsi già collaudati, predisposizione dei discenti alla partecipazione, peculiarità locali del corpo togato.

Alcuni margini di miglioramento potrebbero essere conseguiti, con alcune misure di facile attuabilità, quali:

–  rafforzamento dei momenti di formazione uniforme dei formatori decentrati

–  creazione di una più precisa agenda minima comune a tutti i distretti

–  accentuazione dei momenti di supervisione, verifica e raccordo con le strutture decentrate, per intercettare tempestivamente eventuali problemi strutturali o funzionali alla base di servizi di minore efficacia.

Ma, ciò che pure desta preoccupazione è il progressivo venir meno dell’interesse formativo tour court in alcuni territori, tanto che, nei recenti bandi di nomina, mentre  in alcuni distretti sono pervenute domande in misura nettamente superiore ai posti disponibili, da parte di colleghi con notevolissima esperienza formativa, in altri distretti non sono nemmeno pervenute disponibilità: nessuno vuole rivestire il ruolo di referente. Tanto che la procedura dovrà essere rinnovata.

Il Consiglio si ripromette di esaminare, con l’apporto della Scuola, questo dato fenomenico, onde riflettere sulle migliori misure da adottare.

2. Complementarità ed autonomia.

Quanto alla seconda linea metodologica, l’offerta formativa deve essere intesa intanto in termini di complementarietà qualitativa rispetto all’offerta formativa organizzata a livello centrale.

In tale direzione, deve essere oggetto di attenta riflessione, da parte dei formatori decentrati, l’individuazione dei fabbisogni didattici periferici, in un rapporto di prossimità con la realtà locale che, evidentemente, qualifica questo servizio.

Ora, pur a fronte delle notevoli potenzialità dell’istituto, occorre prendere atto della scarsa partecipazione media dei magistrati agli eventi territoriali, realtà che deve sollecitare, in sede di tavolo tecnico, una riflessione sulle possibili cause e sulle possibili soluzioni incentivanti.

Certamente le traiettorie della formazione territoriale si proietteranno sui seguenti macrosettori:

– temi di pronto intervento in-formativo, divulgativo e conoscitivo: in caso di novità rilevanti sul piano normativo o giurisprudenziale, le strutture territoriali sono munite di quella agilità che consente l’organizzazione immediata di incontri di primo contatto col tema, anche accompagnati dall’offerta di materiale scientifico utile; ciò può avvenire anche sui temi ordina mentali, in caso di significativi mutamenti della normativa primaria e secondaria.

– temi di precipuo interesse locale, riferendosi a quegli argomenti che presentino specifici momenti di emersione nel contenzioso del luogo, anche eventualmente in correlazione con l’Avvocatura o con altre strutture pubbliche presenti sul territorio;

– incontri di diffusione ad effetto “eco” (moltiplicatore formativo), cioè su temi già trattati in sede centrale, dei quali si valuti utile la riproposizione in sede locale; anzi tale indicazione potrebbe essere richiesta, alla fine di ogni corso centrale, a tutti i discenti per la successiva diffusione della chance sui territori.

In ogni caso, la complementarità deve essere intesa anche in termini di ausiliarietà degli eventi decentrati rispetto a quelli nazionali, nel senso che, ove risultasse troppo sovraccarica l’esigenza formativa centralizzata, rispetto alle necessità, e si avvertisse, previa interlocuzione condivisa, la difficoltà di gestione di un così ponderoso volume di incontri, si potrebbe valutare la possibilità di affidare alle strutture locali l’organizzazione di corsi, valevoli come corsi propri del circuito della formazione centrale, sotto la supervisione di quest’ultima. Ciò anche nella prospettiva delle pari opportunità (v.supra).

Anche in tali ambiti, appare opportuno ribadire le linee guida già indicate a proposito della formazione permanente, evidenziando come la formazione decentrata, molto spesso, sia utilmente praticata da un gran numero di magistrati e dunque sia destinata a coprire una rilevante fascia di formazione.

Di grande utilità, specie per la formazione dei magistrati in ambito organizzativo, potrebbe rivelarsi la organizzazione di appositi corsi in sede territoriale con un approccio pratico nelle problematiche relative alla gestione dell’ufficio ed al settore organizzativo.

Deve inoltre proseguire ed essere implementato il progetto relativo all’informatizzazione centrale degli incontri di studio territoriali, con immissione diretta delle informazioni relative ai corsi in sede decentrata direttamente nel DB.

Come già chiarito nel Capo dedicato alle Pari Opportunità nella formazione, ma anche oltre tale perimetro, sarà oggetto di preciso e tempestivo confronto, in sede di Tavolo permanente, la possibilità, oggetto di precisa sollecitazione da parte della Scuola, di assolvere all’obbligo formativo della partecipazione annuale a corsi di formazione, anche tramite la frequenza a plurimi corsi decentrati.

3. La formazione dei formatori.

La radice di una valida formazione sta, ça va sans dire, nella adeguatezza dei maestri e delle figure guida. L’investimento di energie, di tempi e di risorse in questo preliminare ambito risulta, pertanto esiziale.

Peraltro, secondo gli ultimi dati conoscitivi forniti dalla Scuola, nel periodo intercorrente tra marzo e luglio 2016 sono scaduti 91 formatori decentrati togati, cioè i 2/3 dei formatori togati, e 72 formatori onorari, cioè oltre il 90% dei formatori onorari. Ciò rende necessario un pronto e vasto momento di formazione dei neo-nominati referenti.

Le competenze da fornire sono, chiaramente, di natura strumentale, sul piano delle conoscenze pedagogiche, educative, scientifiche e relazionali ed anche ordinamentali.

In relazione alle criticità riportate dalla Scuola, inoltre, occorre rinsaldare, in capo ai referenti una perfetta competenze circa il loro stesso ruolo, soprattutto dal punto di vista contabile, fiscale e gestionale (dovrà, per esempio, essere assicurata una piena conoscenza del regolamento di contabilità delle strutture decentrate, con le modifiche apportate sino 28 giugno 2016).

La serena gestione dei loro compiti agevolerà, infatti, l’attività formativa a loro affidata, evitando inutili immobilismi.

Dunque, il contributo da fornire è sfaccettato e multilivello.

In occasione dei periodici incontri di studio dedicati ai formatori, il Consiglio ha preso atto delle difficoltà ed esigenze emergenti ed ha offerto una serie di criteri, soluzioni e metodiche, quale utile viatico per il miglior svolgimento di questa delicata funzione istituzionale.

Il tavolo tecnico sarà il luogo di confronto deputato a focalizzare nuovi bisogni dei formatori e le possibili vie di arricchimento e sostegno del loro percorso.

In via concorrente, si auspica la stabilizzazione dei momenti d’incontro dei rappresentanti della Scuola presso le strutture decentrate, per un pronto e diretto dialogo sui temi in discussione.

VIII.

Gli altri percorsi di formazione

1. La formazione della magistratura onoraria.

La consapevolezza del rilievo dell’attività di formazione (e di aggiornamento professionale) per l’autonomia ed indipendenza del magistrato professionale, , non consente eccezioni per il settore della magistratura onoraria, dove peraltro si avvertono peculiari esigenze di adeguamento della professionalità di un corpo magistratuale numericamente rilevante le cui attribuzioni si sono  progressivamente incrementate nel tempo.

D’altro canto, alla luce delle recenti riforme della magistratura onoraria, che anche il sistema di formazione ed aggiornamento professionale ad essa riferito , impone  un collegamento funzionale sempre più forte con il  più appropriato impiego della stessa negli uffici giudiziari.

Il rilievo numerico della magistratura onoraria, la diversità delle funzioni, in uno ad una più spiccata attenzione per altre “tradizionali” emergenze del sistema giustizia, non ha fino ad oggi consentito la realizzazione di un adeguato  organizzativo della formazione della magistratura onoraria, spesso penalizzato da un’offerta formativa insufficiente ed episodica.

Cosi non c’è dubbio che anche in questo campo, con riferimento alla fase iniziale del rapporto onorario, collocato nell’ambito dell’ufficio del processo, sia necessaria una particolare attenzione alla formazione iniziale, che potrà essere  assicurata con  un adeguata previsione di  teorico- pratici, al cui durata potrebbe essere di mesi sei, scaglionata nei primi due anni di attività .

Con riferimento ai giudici onorari che svolgono direttamente le funzioni giurisdizionali , oltre ad eventuali iniziative di formazione a livello centrale destinate esclusivamente ai magistrati onorari, si ritiene opportuno prevedere una formazione continua che preveda almeno un corso annuale per ciascun magistrato onorario.

Sul piano organizzativo e metodologico,  l’organizzazione della formazione della magistratura onoraria dovrà essere costituita da una offerta che si colloca soprattutto a livello distrettuale, così da consentire un intervento più capillare e gestibile, anche con riferimento alla peculiarità dei destinatari dell’offerta formativa.

Appare necessario che sia favorita una progressiva valorizzazione di stabili momenti di confronto a livello di realtà operative territoriali, riservando alle iniziative centrali, che dovranno essere poche e ben selezionate,  il compito di creare momenti di riflessione funzionali all’elaborazione di organiche linee di orientamento.

In tale quadro è opportuno che la Scuola  assicuri ogni necessario supporto alla  struttura organizzativa a livello decentrato, affinchè  possa curare sia l’aspetto della formazione iniziale che quella permanente di tutta la magistratura onoraria.

La struttura distrettuale,  sulla base delle indicazioni fornite dalla SSM in sede centrale, dovrà assicurare un’offerta formativa capace di soddisfare le esigenze di una platea di utenti che richiedono, per caratteristiche inerenti alle modalità di selezione, all’origine e soprattutto alla peculiarità delle attribuzioni, una caratterizzazione specifica e diversificata. E’ inoltre auspicabile  la predisposizione di moduli formativi e di metodologie didattiche funzionali sia

alla tipologia delle attribuzioni dei magistrati onorari che alla natura dei soggetti destinatari dei  processi formativi, con adeguata valorizzazione di tematiche di carattere ordinamentale e deontologico. Infine dovrà essere adottato un modello di “formazione permanente obbligatoria”, mediante la previsione di una costante, quanto meno annuale,  partecipazione alle attività organizzate dalla struttura di formazione.

Nella predisposizione dell’attività di formazione si suggerisce di prevedere anche iniziative di carattere interdistrettuale, accorpando distretti viciniori, consentano un più ampio confronto delle rispettive esperienze:

Si segnala, inoltre, la necessità di predisporre , sulla scorta dei medesimi principi metodologici, opportune iniziative formative dedicate ai giudici ausiliari delle corti di appello.

2. La formazione degli operatori della giustizia diversi dai magistrati (stagisti) nonché la collaborazione formativa con le organizzazioni forensi e le scuole di specializzazione.

Tale settore riguarda una peculiare attività di formazione estesa all’intero comparto della giustizia.

Intanto, ai sensi della legge 21 giugno 2013 n. 69 convertito in Legge 9 agosto 2013 n. 98 e modificato, da ultimo, dal d.l. 90/14 conv. in L. 114/14 ha introdotto, con l’art. 73, la possibilità, per «i laureati eccellenti» di espletare un percorso di formazione presso gli uffici giudiziari a mezzo

di tirocini. Il percorso di formazione, affidato a «magistrati formatori» e seguito, a monte, da coordinatori  dei  tirocini (CSM,  delibera    29  aprile  2014), include,  tra  l’altro,  la frequenza di  corsi dedicati obbligatori  (SSM, risoluzione n. 284/2014) organizzati dalla  Formazione Decentrata con cadenza semestrale.

Gli stagisti richiedono chiaramente una preparazione modulatata sullo stato delle loro conoscenze e competenze, ma anche tarata sul ruolo che essi sono chiamati a svolgere presso gli uffici giudiziari. In tal senso, essi vanno attentamente formati in vista del ruolo e dell’apporto per essi previsto dalla legge.

Inoltre, rientrano nell’ambito di cui titolo le collaborazioni con le università, con le organizzazioni forensi e con i consigli di presidenza delle altre magistrature (tributaria, amministrativa, militare e contabile).

Da non trascurare le linee programmatiche della collaborazione formativa con le organizzazioni forensi, da attuare con particolare attenzione nella materia delle ADR (mediazione e negoziazione assistita), la quale si presta ad essere approfondita e studiata anche per il perseguimento dei risultati nell’ambito della riduzione del contenzioso civile e per la diffusione di una vera e propria cultura della mediazione.

La collaborazione formativa con le scuole di specializzazione può essere implementata così da  trovare uno sbocco immediato sia nella gestione dell’offerta formativa per i tirocini previsti dall’art. 73 del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, sia per una più intensa attività di studio e di collaborazione nell’intento di delineare la base organizzativa per  l’ufficio del giudice.

La collaborazione con le scuole di specializzazione, infine,  può rappresentare l’occasione di avvicinare il mondo della giustizia all’ambiente accademico per progetti di studio comuni e di ricerche sulle tematiche di maggiore modernità in ambito giudiziario.

IX.

Conclusioni

La presente delibera, nel delineare un progetto culturale unitario relativo all’intera magistratura, anche con riferimento alla formazione iniziale ed alla formazione del settore dirigenziale, vuole porre in rilievo la circostanza che nel servizio che presta a favore della collettività,  il magistrato, deve essere sostenuto costantemente da un ricco nutrimento formativo.

La funzione didattica ed educativa costituisce, in altri termini, il viatico essenziale per il corretto esercizio delle funzioni giudiziarie, in modo realmente autonomo ed indipendente, cioè con la credibilità ed affidabilità che derivano dalla forza legittimante di un’alta professionalità.

Il magistrato non è un perito  del diritto, né un burocrate, ma una persona che opera nella società, con unmunusdi rilievo istituzionale e sociale ed è per questo  che un esercizio autorevole della sua professione non può fare a meno della misura culturale, umile e sensata, del proprio ruolo.

Risuonano quanto mai attuali le parole contenute in una richiamata delibera consiliare del 1996 nella quale veniva sottolineato come “soltanto  un elevato  livello  di  professionalità  diffusa  dei  magistrati  consente all’intervento giudiziario di essere  davvero indipendente ed  autonomo, se autonomia significa, come deve significare, non già la possibilità di scelte  arbitrarie,  soggettivistiche,  casuali  o  frutto  d’ignoranza,  ma consapevole  e  veramente  autonoma  scelta  –  autonoma perché consapevole  e  culturalmente  fondata  –  tra  le  interpretazioni  possibili della norma, del fenomeno reale, del proprio stessoruolo. Soltanto un elevato  livello  di  professionalità  conferisce  legittimazione  all’intervento giudiziario, anche a quello innovativo ed a quello che afferma la difficile cultura della legalità e delle garanzie”.

Un’adeguata formazione, radicata nella tradizione e protesa verso l’avanguardia, lungi dall’ipotizzare  un modello utopistico di amministrare la giurisdizione, deve contribuire a sviluppare l’autonomia e la saggezza nel decidere, lontano da  scelte arbitrarie o soggettivistiche, ma secondo la sana coscienza del rendere giustizia, nel caso concreto, in modo equilibrato e consapevole, e con una ricca idealità.

“Noi dobbiamo essere, in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l’avvenire”, secondo le indimenticabili parole di Vittorio Bachelet.

Una società in cammino ha la necessità di uomini ben formati e sensati e la dimensione culturale del proprio mestiere costituisce l’ obiettivo primario ed irrinunciabile di ogni esperienza formativa.

Obiettivo che potrà più facilmente essere raggiunto attraverso una esperienza il più possibile condivisa tra il CSM e la SSM da realizzarsi mediante:

  • il costante aggiornamento del tavolo tecnico permanente;
  •  il potenziamento dell’offerta integrativa sulle emergenze tematiche del momento (oggi rappresentate dall’immigrazione, dai minori stranieri, dalla tutela dell’ambiente e dall’uso delle nuove tecnologie) e sui temi ordinamentali;
  • la verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione;
  • la realizzazione in materia omogenea della formazione decentrata sul territorio.”

[1]Si precisa, sul piano terminologico, che la legge parla solo di “tirocinio”, mentre usa l’espressione «formazione iniziale» solo relativamente alla magistratura onoraria

[2] Proposta ai sensi dell’art. 10, secondo comma, Legge 24 marzo 1958 n. 195 concernente il tirocinio dei magistrati. (Delibera del 2 luglio 2014)

[3] Gli artt. 129, R.d. n. 12 del 1941, e 48, D.p.r. n. 916 del 1958 sull’ordinamento giudiziario avevano rimesso al C.S.M. la regolamentazione del tirocinio degli uditori, limitandosi a fissarne la durata in almeno due anni, da trascorrere presso i tribunali e le procure della Repubblica con opportuni avvicendamenti, con possibilità che fossero conferite le funzioni dopo almeno un anno di tirocinio. La materia era stata successivamente riorganizzata dal D.p.r. 17 luglio 1998 e dalla circolare del C.S.M. del 30 luglio 1999, che avevano fissato in 18 mesi la durata minima del periodo di tirocinio(di cui 13 mesi di tirocinio «ordinario» e 5 di tirocinio «mirato»), precisando le regole e le competenze del C.S.M., dei Consigli giudiziari e delle commissioni uditori costituite a livello dei distretti di corte d’appello.

[4] la Scuola ha legato gli «elementi di valutazione» di ciascun aspirante, «oltre che alla diligente e proficua partecipazione al corso», ad una esercitazione da svolgersi in remoto entro 20 giorni dalla fine del corso. Ogni partecipante è chiamato ad redigere un progetto tale da fare fronte ad una situazione di difficoltà organizzativa relativa agli uffici giudiziari di appartenenza o ad uffici similari.  La valutazione dell’elaborato è consistita nella verifica «dell’abilità di personalizzazione dei concetti e delle nozioni che il corso ha presentato nelle varie sessioni» senza giudizi contenenti numeri o l’uso della tradizionale aggettivazione (insufficiente, buono, ottimo, ecc.) «che avrebbero rimandato ad una graduazione di valori di difficile e opinabile costruzione». 

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