Brevi note sulle Camere di Consiglio “da remoto” nel processo penale

di Antonio Corbo in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

Sommario: a. le disposizioni normative – b. L’applicabilità del modello delle camere di consiglio con collegamento ‘da remoto’ nei procedimenti penali.– c. Prospettive e speranze per la conversione del d.l.. – d. (Segue) Il deposito dei provvedimenti.

Le disposizioni del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, e, poi, del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, inducono a qualche riflessione sulla possibile celebrazione ‘da remoto’ delle camere di consiglio nei procedimenti penali.

a. Le disposizioni normative.

La disciplina di urgenza per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, con riguardo al possibile ricorso a «collegamenti da remoto», esplicita regole diverse per i procedimenti penali, per i procedimenti civili e per i procedimenti davanti ai giudici amministrativi T.A.R. e Consiglio di Stato.

Per i procedimenti penali, l’art. 83, comma 12, d.l. n. 18 del 2020, analogamente a quanto stabilito dall’art. 2, comma 7, d.l. n. 11 del 2020, prevede espressamente la sola partecipazione a distanza delle persone sottoposte a misura detentiva o assimilabile, disponendo: «Ferma l’applicazione dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.». 

Per quanto riguarda i procedimenti civili, invece, l’art. 83, comma 7, lett. f), d.l. n. 18 del 2020, così come già l’art. 2, comma 2, lett. f), d.l. n. 11 del 2020, stabilisce che i capi degli uffici giudiziari, con provvedimenti adottati «per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria», possono prevedere lo «svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale».

Con riferimento ai procedimenti davanti al Consiglio di Stato ed al T.A.R., poi, l’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 dispone: «Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.». Questa previsione, peraltro, sembra collegata a quella del comma precedente, relativa alle cause da trattare dopo il 15 aprile 2020 e fino al 30 giugno 2020, le quali passano in decisione senza discussione orale, tanto se siano state fissate in udienza camerale, quanto se siano state fissate in udienza pubblica.

Con riferimento ai procedimenti davanti alla Corte dei Conti, quindi, l’art. 85, comma 3, lett. e), d.l. n. 18 del 2020, statuisce che i capi degli uffici giudiziari, con provvedimenti adottati «per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria», possono prevedere lo «svolgimento delle udienze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, ovvero delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentati delle amministrazioni, mediante collegamenti da remoto, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione all’udienza ovvero all’adunanza, anche utilizzando strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi o con ogni mezzo di comunicazione che, con attestazione all’interno del verbale, consenta l’effettiva partecipazione degli interessati».

b. L’applicabilità del modello delle camere di consiglio con collegamento ‘da remoto’ nei procedimenti penali.

L’assenza di puntuali disposizioni normative che prevedano lo svolgimento di camere di consiglio con collegamento ‘da remoto’ per soggetti diversi dalle «persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare» pone problemi di non agevole soluzione.

Può essere utile esaminare in modo distinto le questioni concernenti le camere di consiglio partecipate, alle quali sono o possono essere presenti le parti ed i loro difensori, e le camere di consiglio non partecipate, limitate ai soli giudici.

Per quanto riguarda le camere di consiglio partecipate alle quali sono ammesse «persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare», non sembra dubitabile che i difensori di queste possano validamente scegliere di essere presenti “a distanza”.  L’art. 83, comma 12, d.l. n. 18 del 2020, infatti, precisa che, con riferimento «a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare», vanno applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 146-bis, commi 3, 4 e 5, disp. att. cod. proc. pen.; ora, il comma 4, primo periodo, prevede la possibilità per il difensore di essere presente nel luogo in cui si trova l’imputato. Si tratta, però, innanzitutto, di una scelta rimessa alla libera valutazione del difensore. Inoltre, anche quando il difensore abbia scelto di essere presente nel luogo in cui si trova l’imputato, appare difficile escludere la necessità della presenza fisica del giudice in aula di udienza: tutti e tre i commi dell’art. 146-bis disp. att. cod. proc. pen. espressamente richiamati dall’art. 83, comma 12, cit. evocano «l’aula di udienza».

L’ipotesi di una partecipazione del difensore “a distanza”, ma in luogo diverso anche da quello della custodia, ancora, se ammissibile, postula in ogni caso il dovere di garantire la possibilità di consultazioni riservate tra difensore ed imputato per mezzo di strumenti tecnici idonei, così come prevede in linea generale l’art. 146-bis, comma 4, disp. att. cod. proc. pen. 

Quando, poi, si è al di fuori dell’ipotesi di camere di consiglio alle quali sono ammesse «persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare», non sembrano esservi disposizioni utili a far ritenere ammissibile uno svolgimento della procedura con collegamento da remoto. Anzi, la previsione espressa dello svolgimento mediante collegamenti da remoto per le «udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti» e per le «udienze

che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti, ovvero delle adunanze che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai rappresentati delle amministrazioni», sembra costituire un argomento a contrario per l’ammissibilità di udienze penali con collegamento da remoto, ulteriori rispetto a quelle alle quali è applicabile la disciplina di cui all’art. 83, comma 12, cit.

Per quanto riguarda le camere di consiglio non partecipate, il problema concerne l’ammissibilità di un collegamento da remoto tra i componenti del Collegio.

Gli ostacoli, in questo caso, nascono non solo dall’assenza di una specifica previsione per le udienze penali, ma anche dalla formalizzazione di una puntuale disposizione per i processi davanti agli organi di giustizia amministrativa; si è detto, infatti, che l’art. 84, comma 6, d.l. n. 18 del 2020 dispone: «Il giudice delibera in camera di consiglio, se necessario avvalendosi di collegamenti da remoto. Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.».

Questa previsione, tra l’altro, evidenzia la necessità di individuare anche “fisicamente” la camera di consiglio. Del resto, l’individuazione del luogo fisico della camera di consiglio risponde anche all’esigenza sistematica di precisare il luogo di adozione del provvedimento: gli artt. 292 e 546 cod. proc. pen. indicano come elemento, rispettivamente, dell’ordinanza cautelare e della sentenza la data, la quale, a norma dell’art. 111 cod. proc. pen., è costituita da giorno, mese, anno e luogo in cui l’atto è compiuto.

c. Prospettive e speranze per la conversione del d.l..

L’incertezza degli spazi offerti dalle disposizioni normative sullo svolgimento di udienze penali a distanza e la, purtroppo, non prevedibilmente breve durata della situazione di emergenza sanitaria potrebbero costituire l’occasione di un intervento del legislatore.

Si prospetta come molto probabile che il recupero della normalità sarà graduale.

Tale situazione sembra rendere consigliabile un ampio ricorso ai collegamenti da remoto, in modo da salvaguardare, insieme, le esigenze di tutela della salute pubblica e quelle di funzionalità dell’attività giudiziaria, anche al fine di evitarne una quasi completa paralisi e di assicurare il più possibile un ordinato vivere civile. Il legislatore, infatti, istituzionalizzando forme procedimentali con collegamenti da remoto, potrebbe ampliare di molto il numero di procedimenti da trattare, superando i limiti di cui all’art. 83, comma 3, lett. b) e c), d.l. n. 19 del 2020, senza, però, compromettere l’interesse alla salute pubblica. 

In particolare, l’espressa previsione di camere di consiglio partecipate con collegamento da remoto, analogamente a quanto previsto per i procedimenti civili e a quelli davanti alla Corte dei Conti, consentirebbe la trattazione di un numero molto significativo di procedimenti; si pensi, esemplificativamente, ai giudizi di impugnazione in materia cautelare personale e reale, ma anche alle udienze preliminari ed ai giudizi abbreviati, almeno quando non vi sia attività istruttoria da compiere.

L’espressa previsione di camere di consiglio non partecipate con collegamento da remoto avrebbe anch’essa un’incidenza significativa. In sede di merito, infatti, le decisioni degli organi collegiali su richiesta di applicazione, revoca o sostituzione di misure cautelari vengono assunte all’esito di camere di consiglio non partecipate. In sede di legittimità, poi, il modello procedimentale delle camere di consiglio non partecipate è di notevole ricorrenza, per le previsioni di cui agli artt. 610, comma 5-bis, e 611 cod. proc. pen., che, di fatto, consentono la definizione con questa modalità di oltre il quaranta per cento dei procedimenti penali.

d. Il deposito dei provvedimenti.

La previsione di camere di consiglio con collegamento da remoto pone anche l’esigenza, o quanto meno evidenzia l’elevatissima utilità, di interventi normativi in tema di deposito dei provvedimenti.

Allo stato, per le sentenze del giudice collegiale, l’art. 546, comma 2, cod. proc. pen. consente la sottoscrizione del provvedimento anche da parte del solo presidente del Collegio, in caso di impedimento dell’estensore, o del componente più anziano, in caso di impedimento del presidente, «previa menzione dell’impedimento». Per le sentenze del giudice monocratico e per le sentenze di non luogo a procedere del G.u.p. gli artt. 559, comma 4, e 426, comma 2, cod. proc. pen. prevedono la sottoscrizione del presidente del tribunale in caso di impedimento del giudice e previa menzione della causa della sostituzione. Questa disciplina è applicabile anche alle ordinanze (v. Sez. 1, n. 23680 del 17/03/2010, Sirignano, Rv. 247417), ove non si ritenga che, per le stesse, sia sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, anche se persona diversa dall’estensore (così, tra le tante, Sez. 1, n. 22748 del 09/03/2007, Mascia, Rv. 236713).

Sembra ragionevole ritenere che «impedimento» rilevante sia quello connesso alla limitazione degli spostamenti per l’emergenza sanitaria in atto, anche per la significativa elasticità con cui finora la giurisprudenza ha interpretato detta nozione (cfr., ad esempio: Sez. 2, n. 41728 del 02/07/2015, Cafarelli, Rv. 264593; Sez. 1, n. 20446 del 12/02/2014, Buscemi, Rv. 259790; Sez. 1, n. 23680 del 17/03/2010, Sirignano, Rv. 247417).

Tuttavia, in una prospettiva evolutiva e di ulteriore funzionalità del sistema, la situazione di emergenza sanitaria potrebbe indurre a rendere operativa la disciplina della firma digitale anche per i provvedimenti penali, o a prevedere in via legislativa misure equivalenti, applicabili in via eccezionale, come il deposito da remoto del provvedimento, attraverso attestazione da parte del cancelliere della ricezione,  a mezzo posta elettronica, della copia digitale dell’originale analogico del documento da depositare. 

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