Abstract CEDU 11.1.2018 Cipolletta vs. Italia in tema di applicabilità della L. Pinto anche alla procedura di l.c.a.

La Prima Sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza resa l’11 gennaio 2018 nella causa CIPOLLETTA c. ITALIA (ric. 38259/09) – adottata a maggioranza di sei contro uno –  ha ritenuto violate le  disposizioni  convenzionali dell’articolo  6 § 1 (diritto a un processo di durata ragionevole) e dell’articolo 13 (diritto ad un ricorso  effettivo) nel caso del creditore di una cooperativa edilizia in relazione alla quale nel 1985 era stata aperta una procedura  liquidazione coatta amministrativa  che nel 2010 era ancora pendente.

Quanto al disposto dell’articolo  6 della Convenzione, la Corte EDU lo ha ritenuto applicabile anche alla procedura di liquidazione coatta amministrativa.

La Corte sottolinea che,  indipendentemente dalla natura del soggetto in stato di insolvenza,  la liquidazione coatta amministrativa e il fallimento hanno in comune la ratio  di garantire la par condicio creditorum ed evidenzia che il commissario liquidatore, ancorché nominato da una autorità amministrativa, non ha l’obiettivo di favorire il soggetto pubblico od un creditore in particolare, ma deve pur sempre agire in maniera neutra ed imparziale a  tutela degli interessi dell’insieme dei creditori. Sulla scorta di tali premesse, la Corte ha quindi ritenuto che, a prescindere dalla qualificazione della procedura di liquidazione coatta amministrativa nel diritto interno, l’articolo 6 della Convenzione  è applicabile perché, a partire dalla data della domanda di ammissione del credito avanzata dal creditore al commissario liquidatore, davanti a quest’ultimo  viene in contestazione un diritto civile e  in tale procedura, come nella procedura fallimentare, il creditore basa la prospettiva di soddisfazione del suo credito sull’attività di un soggetto terzo che verifica l’esistenza dei crediti e procede alla loro  liquidazione

Quanto al disposto dell’articolo  13 della Convenzione, La Corte EDU ha ritenuto che la violazione del diritto alla ragionevole durata della procedura di liquidazione coatta amministrativa sia sprovvista di effettivo rimedio interno in ragione della consolidata giurisprudenza della Cassazione alla cui stregua  il carattere amministrativo di tale procedura esclude il diritto all’equa riparazione per l’irragionevole durata della stessa, salvo che per quelle fasi di natura giurisdizionale che nella medesima si  innestino,  quali la dichiarazione dello stato di insolvenza, le relative eventuali impugnazioni e le opposizioni allo stato passivo (Cass. 17048/07 e 28105/09; v. anche 18759/04, 1817/05, 12386/11 e 12729/11).

Nel merito, la Prima Sezione ha ritenuto che, nonostante la particolare complessità della procedura e delle operazioni di liquidazione dei crediti,  la durata di oltre venticinque anni  fosse eccessiva e non giustificata ed ha  riconosciuto  al ricorrente il risarcimento di cui all’art. 41 CEDU per danno morale, equitativamente liquidato in 24.000 euro, ritenendo invece insussistente il nesso di causalità per il danno materiale.