Abstract SSUU n. 36072/2018 (dott. Scarcella) su “Sequestro probatorio: obbligo di adeguata motivazione anche in caso di corpo di reato”

[CLASSIFICAZIONE]

PROVE (COD. PROC. PEN. 1988) – MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA – SEQUESTRI – OGGETTO – Cose costituenti corpo di reato – Decreto di sequestro – Decreto di convalida di sequestro – Motivazione sul presupposto del fine concretamente perseguito per l’accertamento dei fatti – Necessità.

[RIFERIMENTI NORMATIVI]

Costituzione: art. 42

CEDU: art. 1, Protocollo addizionale n. 1

Codice di procedura penale: artt. 253-261, 618 comma 1-bis;

Altri riferimenti normativi: d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44.

[SENTENZA SEGNALATA]

Cass., Sez. Un., n. 36072 del 27/07/2018

Abstract

La sentenza n.36072/2018 resa dalle Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, nel dare continuità all’indirizzo – già affermato da Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004, P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226711 – per cui il decreto di sequestro (così come il decreto di convalida di sequestro) probatorio, anche ove abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una specifica motivazione sulla finalità̀ perseguita per l’accertamento dei fatti, lo ha ritenuto pienamente in linea con i parametri costituzionali e convenzionali, in particolare sottolineando come la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, ciò al fine di garantire il rispetto del principio di proporzionalità rispetto a tutte le misure che incidono su diritti reali, a prescindere dalla natura della res (corpo di reato/cosa ad esso pertinente) oggetto di sequestro.

1. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Nuoro ha proposto ricorso per cassazione avverso la ordinanza con cui lo stesso Tribunale, in accoglimento della richiesta di riesame del decreto di convalida del sequestro probatorio, avente ad oggetto beni immobili tra cui magazzini ed appartamenti, in relazione ai reati di cui agli artt. 110, cod. pen. e 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 (capo a); artt. 110 e 481 cod. pen. (capo b); artt. 110 e 483 cod. pen. (capo c), ha annullato il decreto stesso disponendo la restituzione degli immobili agli aventi diritto.

2. Il P.M. ricorrente lamentava, con un primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 253 cod. proc. pen., avendo il Tribunale annullato il provvedimento di convalida del sequestro probatorio ritenendo “obiettivamente insussistente” la motivazione in ordine alle esigenze probatorie a fondamento del sequestro.

2.1. Il P.M. ricorrente dava atto in premessa dell’esistenza di due orientamenti contrapposti della Corte di cassazione (da un lato, quello da ultimo espresso da Sez. 2, n. 52259 del 28/10/2016, Esposito, Rv. 268734, secondo cui il decreto di sequestro probatorio delle cose che costituiscono corpo del reato deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine alla sussistenza della relazione di immediatezza tra laressequestrata ed il reato oggetto di indagine, ma non anche in ordine alla necessità di esso in funzione dell’accertamento dei fatti, poiché l’esigenza probatoria del corpo del reato èin re ipsa,e, dall’altro, quello formulato da Sez. 3, n. 1145 del 27/04/2016, Bernardi, Rv. 268736, secondo cui il decreto di sequestro probatorio del corpo di reato deve essere necessariamente sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti); osservava quindi che, anche a seguire, come apparentemente fatto dall’ordinanza impugnata, il secondo dei due indirizzi, non si sarebbe tenuto conto della possibilità, comunque affermata, del ricorso, in sede di motivazione, ad una formula sintetica ove la funzione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente del compendio sequestrato, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose che lo compongono (Sez. 2, n. 11325 del 18/03/2015, Caruso, Rv. 263130); e, nella specie, sarebbe stata evidente l’esigenza probatoria in re ipsa posto che nei reati edilizi il bene immobile è il corpo del reato avente, quale connotato immanente di immediata percezione, la finalizzazione probatoria, non potendo l’attività investigativa passare se non attraverso una puntuale verifica delle difformità prima facie riscontrate nella fase iniziale dell’indagine.

3. Il P.M. ricorrente deduceva, con un secondo motivo, il vizio di violazione di legge per motivazione apodittica ed apparente contestando l’ordinanza laddove la stessa sembrava avere ritenuto mancante ogni motivazione del decreto di convalida in ordine al fumus dei reati per i quali si procede. Nella specie, deduceva il P.M. ricorrente, ciascuno dei sequestri operati dalla polizia giudiziaria ed oggetto della convalida recava, nel relativo verbale, autonoma e chiara descrizione delle difformità riscontrate con riferimento alle singole porzioni immobiliari, cosicché ciascun sequestro risultava accompagnato da una compiuta indicazione, compatibilmente con la fase procedimentale in atto, delle ragioni che avevano indotto, gli operanti prima ed il pubblico ministero poi, a ritenere sussistente il fumus del reato edilizio.

Il Tribunale, pertanto, non avrebbe tenuto in alcuna considerazione i contenuti dei predetti verbali, integranti, come tali, il decreto di convalida nella misura in cui descrivevano compiutamente, compatibilmente con la fase procedimentale in atto, i fatti per cui si procede.

4. Con ordinanza 1/12/2017 – 25/01/2018, n. 3677 la Terza Sezione penale, rilevata l’esistenza di difformità di orientamenti interpretativi sul punto relativo alla sussistenza e al grado, in caso di sequestro probatorio del corpo di reato, dell’onere di specifica motivazione circa le esigenze probatorie, aveva rimesso il ricorso alle Sezioni Unite.

4.1. Pur dando atto del maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni Unite, in ordine alla necessità di una specifica motivazione nel caso di sequestro probatorio del “corpo del reato” (da ultimo, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, Rv. 226711), l’ordinanza di rimessione ha valorizzato in particolare la sentenza di Sez. 3, n. 1145 del 27/04/2016, Bernardi, Rv. 268736, ove, pur stabilendosi che il decreto di sequestro probatorio del corpo di reato deve essere necessariamente sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti, si è tuttavia precisato che «è legittimo fare ricorso ad una formula sintetica nel solo caso in cui la funzione probatoria del corpo del reato sia connotato ontologico ed immanente del compendio sequestrato, di immediata evidenza, desumibile dalla peculiare natura delle cose che lo compongono».

5. Le Sezioni Unite, con la sentenza qui segnalata – dopo aver affermato che il disposto dell’art. 618, comma 1 bis, cod. proc. pen. (richiamato nell’ordinanza di rimessione) trova applicazione anche con riferimento alle decisioni intervenute, come nella specie, precedentemente all’entrata in vigore della nuova disposizione (§ 1.1.) – hanno ripercorso, sia pure sinteticamente, il tracciato giurisprudenziale formatosi sulla seguente questione giuridica controversa: “Se, anche per le cose che costituiscono corpo di reato, il decreto di sequestro (o di convalida di sequestro) probatorio debba essere comunque motivato quanto alla finalità in concreto perseguita per l’accertamento dei fatti“.

5.1. Con particolare riguardo alla necessità di una lettura costituzionalmente (art. 42, Cost.) e convenzionalmente (art. 1, protocollo addizionale n. 1 alla Convenzione e.d.u.) orientata, la Corte ha richiamato quanto affermato da Sez. U., n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, cit. (nel solco dell’indirizzo inaugurato da Sez. U, n. 10 del 18/06/1991 – dep. 24/07/1991, Raccah, Rv. 187861), ricordando (§ 3.2.) come fosse stato “chiarito come l’assunto in ordine alla necessità di una motivazione del decreto quanto alla finalità perseguita per l’accertamento dei fatti debba considerarsi come l’unica compatibile con i limiti correlati al diritto alla “protezione della proprietà” riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione Edu: il giusto equilibrio tra i motivi di interesse generale e il sacrificio del diritto del singolo al rispetto dei suoi beni, che il canone costituzionale e quello convenzionale pretendono, sarebbe infatti messo in irrimediabile crisi dall’opposta regola, di legittimità tout court del sequestro probatorio del corpo del reato, indipendentemente da ogni riferimento alla concreta finalità probatoria perseguita; si autorizzerebbe infatti, in tal modo, un vincolo di temporanea indisponibilità della cosa che, al di fuori dell’indicazione dei motivi di interesse pubblico collegati all’accertamento dei fatti di reato, verrebbe arbitrariamente e irragionevolmente ancorato alla circostanza del tutto accidentale di essere questa cosa oggetto sul quale o mediante il quale il reato è stato commesso ovvero prodotto, profitto o prezzo dello stesso“.

6. Nel ritenere, poi, “che una corretta lettura dell’art. 253, comma 1, cod. proc. pen. non possa consentire, nell’ambito dell’onere motivazionale chiaramente espresso dalla norma, differenziazioni di sorta tra corpo del reato da una parte e cose pertinenti al reato dall’altra” (§ 4), la Corte ha ritenuto che l’opzione prescelta fosse pienamente in linea con i parametri costituzionali e convenzionali sopra individuati, sottolineando la “ineludibile necessità di un’interpretazione della norma che tenga conto del requisito della proporzionalità della misura adottata rispetto all’esigenza perseguita, in un corretto bilanciamento dei diversi interessi coinvolti“.

6.1. Già Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Bevilacqua, cit., – ricordano le Sezioni Unite nella sentenza qui segnalata – hanno sottolineato come la soluzione nel senso dell’onere motivazionale del sequestro del corpo di reato sarebbe «l’unica compatibile con i limiti dettati all’intervento penale sul terreno delle libertà fondamentali e dei diritti costituzionalmente garantiti dell’individuo», tra cui certamente il diritto alla “protezione della proprietà” riconosciuto dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, aggiungendo che il giusto equilibrio tra i motivi di interesse generale e il sacrificio del diritto del singolo al rispetto dei suoi beni, richiesto dal canone costituzionale e da quello convenzionale, sarebbe altrimenti messo in crisi dall’opposta regola, di legittimità tout court del sequestro probatorio del corpo di reato indipendentemente da ogni riferimento alla concreta finalità probatoria perseguita. Si autorizzerebbe così un vincolo di temporanea indisponibilità della cosa che, al di fuori dell’indicazione dei motivi di interesse pubblico collegati all’accertamento dei fatti di reato, sarebbe arbitrariamente e irragionevolmente ancorato alla circostanza, del tutto accidentale, di essere questa cosa oggetto sul quale o mediante il quale il reato è stato commesso o prodotto profitto o prezzo dello stesso. Tanto più grave poi sarebbe la lesione del principio di ragionevolezza e proporzionalità della misura in ipotesi di cose configurabili come corpo del reato, ma di proprietà della vittima o di terzi estranei alla condotta criminosa.

6.2. Tali ragioni sono state dunque ribadite dalla Corte, segnatamente affermandosi (§ 4.3.) come “la portata precettiva degli artt. 42 Cost. e 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l’accertamento del fatto di reato (Corte Edu, 24 ottobre 1986, Agosi c. U.K.).

Ed ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco (Corte Edu 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi SaN. Ve TiC. A. S. c. Bulgaria)“.

6.3. Le Sezioni Unite, aderendo alle indicazioni della più attenta dottrina, hanno quindi sottolineato (§ 4.3.) come «solo valorizzando l’onere motivazionale è possibile…..tenere “sotto controllo” l’intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata, riconosciuti dall’art. 42 Cost. e dall’art. 1 del Primo protocollo addizionale alla Convenzione Edu, come interpretato dalla Corte Edu; in tale ottica, la motivazione in ordine alla strumentalità della res rispetto all’accertamento penale diventa, allora, requisito indispensabile affinché il decreto di sequestro, per sua vocazione inteso a comprimere il diritto della persona a disporre liberamente dei propri beni, si mantenga appunto nei limiti costituzionalmente e convenzionalmente prefissati e resti assoggettato al controllo di legalità ».

6.4. Infine, le Sezioni Unite hanno aggiunto (§ 4.4.) che «il requisito della proporzionalità della misura, che, nell’ambito dei valori costituzionali, è espressione del principio di ragionevolezza, contiene in sé, inoltre, quello della “residualità” della misura: proprio la necessaria componente della misura di “incisione” sul diritto della persona di disporre liberamente dei propri beni senza limitazioni che non derivino da interessi di altro segno maggiormente meritevoli di tutela (come quelli pubblici, connessi al processo penale, di accertamento dei fatti) contiene necessariamente in sé l’esigenza che al sequestro possa farsi ricorso solo quando allo stesso risultato (nella specie l’accertamento dei fatti appunto) non possa pervenirsi con modalità “meno afflittive“».

6.5. E, sul punto, nel richiamare la giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto applicabili anche alle misure cautelari reali i principi di proporzionalità, adeguatezza e gradualità, dettati dall’art. 275 cod. proc. pen. per le misure cautelari personali, le Sezioni Unite non solo hanno mostrato di condividere quelle decisioni che hanno affermato la necessità di evitare che il sequestro preventivo assuma le caratteristiche di misura inutilmente vessatoria, sì che, con riguardo ad esempio all’apprensione di beni immobili, lo stesso deve essere limitato alla cosa o alla parte della cosa effettivamente pertinente al reato ipotizzato e deve essere disposto nei limiti in cui il vincolo imposto serve a garantire la confisca del bene o ad evitare la perpetuazione del reato (Sez. 3, n. 15717 del 11/02/2009, Bianchi, Rv. 243250; più in generale, Sez. 4, n. 18603 del 21/03/2013, Rv. 256068), ma hanno, anche e soprattutto, richiamato a sostegno quella giurisprudenza della Corte di Strasburgo che ha affermato «che il bilanciamento tra i diversi interessi in gioco non potrebbe dirsi soddisfatto se la persona interessata abbia subito un sacrificio “eccessivo” nel suo diritto di proprietà (Corte Edu, 13 ottobre 2015, Unsped Paket Servisi, cit.; Corte Edu 13 dicembre 2016, S.c. Fiercolect Impex S.R.L. C. Romania)».

7. Conclusivamente, dunque, le Sezioni Unite hanno ritenuto che non vi sia «ragione, ….. che una analoga affermazione, formulata con riferimento, come detto, alle “misure” cautelari reali, non possa valere anche con riguardo al sequestro probatorio quale mezzo, invece, di ricerca della prova: infatti, la ragione posta a fondamento di un tale principio (essenzialmente rapportabile alla necessità di evitare limitazioni alla proprietà privata che non siano strettamente conseguenti alla finalità istituzionalmente perseguita dalla misura) deve valere indipendentemente dai fini cui il sequestro è diretto (se cioè impeditivi, come da tali pronunce o, invece, come nella specie, probatori) essendo strettamente collegato all’elemento, comune a tutte tali ipotesi, della componente invasiva nell’altrui sfera personale attinente al diritto di disporre liberamente dei propri beni».

Da ciò, dunque, deriva – per la Corte- “la particolare connotazione della motivazione del provvedimento che dovrà essere funzionale a garantire che le esigenze di accertamento del fatto non possano essere perseguite in altro modo, non limitativo del diritto di disporre del bene ed eventualmente idoneo financo ad esonerare dalla necessità di procedere al sequestro”.