Sono in magistratura dal 2002. Ho iniziato nel Tribunale di Torre Annunziata, dove ho svolto per quasi dieci anni funzioni di giudice penale monocratico e collegiale, occupandomi di diverse materie e maturando una significativa esperienza nel settore della criminalità organizzata. Dal   2012 lavoro al Tribunale di Napoli, dapprima in applicazione temporanea con le funzioni di giudice del dibattimento e dal 2013 come componente di una delle tre sezioni in cui si articola il Tribunale del Riesame, ove tuttora svolgo le mie funzioni.

Dal 2016 sono anche magistrato di riferimento per l’informatica del settore penale, collaborando con il Presidente in tutte le attività ed iniziative riguardanti la materia dell’informatica giudiziaria e dell’innovazione. In tale qualità mi sono sempre attivamente impegnata nella formazione dei colleghi, cercando di pormi quale punto di riferimento nell’ufficio per favorire l’innalzamento della qualità del lavoro attraverso il corretto utilizzo degli applicativi informatici. Per l’esperienza acquisita in materia, ho partecipato ad un programma di scambio dei Capi di Corte organizzato dalla Struttura di formazione decentrata del Distretto di Napoli, nell’ambito della collaborazione tra la SSM e la rete europea di formazione giudiziaria, e sono intervenuta come relatrice in più corsi sulla “Telematica nel processo penale” organizzati dalla Scuola Superiore della Magistratura e da numerose strutture decentrate. Ho anche provveduto all’elaborazione di manuali d’uso e “pillole informative”, la cui validità è stata apprezzata dalla stessa SSM, che ne ha disposto la pubblicazione sul proprio sito.

Perché ho accettato di candidarmi?

Perché quanto accaduto nella scorsa primavera e che ancora fa sentire il bruciore della ferita aperta nella magistratura, ha mosso in me l’istinto di spostarmi dai margini dell’impegno verso uno spazio di coinvolgimento più diretto. Al tempo dell’ascolto e dell’attesa sentivo dovesse sostituirsi quello dell’opinione espressa e dell’azione.

Nella mia vita personale e professionale ho sempre cercato di muovermi con coerenza, rispettando le regole e gli imperativi morali, nell’assoluta convinzione che il magistrato, non solo nella sua figura costituzionalmente delineata ma anche nell’immaginario collettivo, debba essere e mostrarsi come un soggetto integro, “privo di macchia”, che amministra la giustizia infondendo fiducia nella collettività.

La delusione e lo sdegno che ho provato dopo i “fatti di maggio” non mi hanno fatto perdere, tuttavia, la speranza. Piuttosto mi hanno dato coraggio, spingendomi a mettermi in gioco, perché oggi più che mai ciascuno di noi ha il dovere morale di prestare il proprio contributo ad una profonda riscrittura dell’immagine della magistratura e del ruolo dell’associazionismo.

La magistratura deve riaccreditarsi verso l’esterno e l’associazionismo deve riaccreditarsi verso l’interno, verso ciascun magistrato, perché fin quando tanti di noi, a cominciare dai più giovani, continueranno a guardare all’associazionismo tenendosene distanti, frenati dalla sfiducia o dall’indifferenza, continueremo a perdere credibilità.

Occorre restituire piena dignità al sistema giudiziario e sostenere l’idea che la giurisdizione, trasformata da funzione dello Stato a servizio reso dallo Stato, sia esercitata in maniera efficiente e imparziale nel pieno rispetto degli imperativi morali, delle previsioni normative e dei bisogni del cittadino.

Fare associazione deve tornare a significare creare luoghi ed occasioni di aggregazione in cui non si viene per cercare risposte alle proprie aspettative di carriera ma dove è possibile insieme costruire le risposte ad interrogativi collettivi, a quella voglia – ancora tanto diffusa tra i magistrati – di riscoperta delle ragioni dell’impegno quotidiano.

Insomma, un luogo in cui potersi riconoscere ed imparare, anche semplicemente con l’ascolto.

Diceva Calamandrei “Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere questa promessa, la propria responsabilità”.

Perciò sono con Unità per la Costituzione.

Perché Unità per la Costituzione ha saputo guardare senza finzioni a ciò che era successo, prendendo immediatamente le distanze dal marcio disvelato dalle indagini, certamente frutto di un modo degenerato di fare associazionismo, di trasformazione dell’impegno alto in commercio da bottega.

Unità per la Costituzione ha iniziato, con serietà e decisione, un rigoroso processo di rinnovamento interno, riaffermando con forza i valori del non collateralismo con il potere ideologico, del pluralismo delle opinioni, dell’autonomia e dell’indipendenza del magistrato, ribadendo la centralità della trasparenza e della meritocrazia nell’attribuzione degli incarichi e del recupero della qualità del lavoro dei magistrati.

Unità per la Costituzione ha saputo riportare al centro del dibattito associativo la questione morale, avvertendo al contempo l’urgenza di rifondarsi per dare alle affermazioni di principio sostanza e credibilità.

Adesso occorre proseguire con una serie di iniziative che diano forte il segno del cambiamento ed è importante far sentire ciascun magistrato parte di una “casa comune”.

Da parte mia metto a disposizione di questa “impresa” l’esperienza che ho avuto modo di raccogliere nelle diverse attività che ho finora svolto e l’onesta con cui cercherò sempre di esprimere le mie idee ascoltando quelle degli altri.