Apertura pratica ai sensi dell’art. 10 L. 195 del 1958, volta all’introduzione nell’ambito del procedimento disciplinare dell’istituto della riabilitazione o di istituto simile.

Al Comitato di Presidenza
del Consiglio superiore della
Magistratura

Roma, lì 4 novembre 2015

Oggetto: apertura pratica ai sensi dell’art. 10 L. 195 del 1958, volta all’introduzionenell’ambito del procedimento disciplinare dell’istituto della riabilitazione o di istituto simile.

La questione dello statuto disciplinare del magistrato è assai viva e controversa ed è vissuta con particolare angoscia dal corpo magistratuale.

Come spesso si  è  affermato, occorre trovare un difficile equilibrio fra il dovere di assicurare, anche nell’interesse dell’utenza, una rigorosa osservanza dei doveri professionali e non consustanziali allostatus di magistrato, ed, al tempo stesso, la necessità di evitare posizioni inutilmente severe, che, proprio per la loro intrinseca aridità intellettuale, possono gravemente nuocere al buon andamento della giustizia.

La scorsa consiliatura, con delibera dell’undici dicembre 2013, ha affrontato il problema della possibilità di introdurre l’istituto della riabilitazione anche per i magistrati, sino ad oggi non previsto a differenza di altri comparti del pubblico impiego.

La delibera ha disposto l’archiviazione della pratica in considerazione del fatto che nel sistema normativo dettato per i magistrati, gli effetti della sanzione disciplinare – esaurendosi nella possibile incidenza della condanna ai fini dell’adozione dei provvedimenti inerenti lo status del soggetto – costituiscono la risultante di una valutazione rimessa, di volta in volta, all’organo di autogoverno, nell’esercizio di un potere articolato e disciplinato dalla normativa di dettaglio nei suoi margini di discrezionalità.

E ciò sebbene la Sesta Commissione avesse, durante la fase istruttoria, interpellato l’ufficio studi, che, invece,  aveva concluso nel senso che la sentenza della Corte Costituzionale n. 289/1992  non escludessein totola possibilità di applicazione dell’istituto della riabilitazione ai magistrati, previa adeguata modifica normativa del D. Lgs. n. 109/2006.

La Corte Costituzionale, chiosa l’Ufficio Studi, ammette, infatti, in maniera chiara, che la riabilitazione è l’espressione di un principio generale e di un’esigenza che, ancorché non rispondente ad alcuna norma costituzionale, può comunque trovare applicazione anche all’interno di un sistema disciplinare ispirato a paradigmi giurisdizionali, come, per l’appunto, è quello previsto per i magistrati. Viene, pertanto, rimessa alla discrezionalità del legislatore la scelta di uno tra i possibili  modelli di riabilitazione, ovvero la scelta di un diverso meccanismo per eliminare gli effetti della condanna disciplinare.

La fattibilità tecnico-giuridica di una norma idonea ad introdurre nel nostro sistema giuridico una prudente forma di riabilitazione del magistrato colpito da sanzione disciplinare impone un ripensamento, in sede di governo della magistratura, delle conclusioni prese con la cennata delibera consiliare.

In particolare, occorre ragionare se sia effettivamente utile, per una serena amministrazione della giustizia, che una sanzione disciplinare – ad esempio, eventualmente irrogata  a seguito di un orientamento giurisprudenziale, poi, nel corso degli anni abbandonato – possa di per sé indefinitamente compromettere il successivo corso della carriera professionale.

Per tali ragioni, i sottoscritti consiglieri chiedono l’apertura di una pratica, da attribuirsi alla Sesta Commissione, affinché, rimeditato quanto deliberato l’undici  dicembre 2013, si formuli, ai sensi dell’art. 10 L. 195 del 1958, una proposta al Ministro della Giustizia, e per Suo tramite al Parlamento, volta all’introduzione nell’ambito del procedimento disciplinare dell’istituto della riabilitazione o di istituto simile.

Francesco Cananzi 

Massimo Forciniti 

Luca Palamara 

Maria Rosaria San Giorgio 

Rosario Spina

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