Art. 83 d.l. 18/2020 convertito, con modificazioni, nella l. 27/2020: annotazioni in materia di immigrazione alla luce delle linee guida europee

di Monica Mastrandrea in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

Sommario: 1. Le “linee guida comunitarie sull’attuazione delle disposizioni dell’U.E. nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento” – 1.1. Più nello specifico: le linee guida in merito a procedure di asilo e trasferimenti di cui al c.d. “regolamento Dublino”– 2. L’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 convertito, con modificazioni, nella l. 27 del 2020 e la normativa dell’emergenza: che succede a livello giudiziario? –  3. I possibili scenari per la c.d. “fase 2”: vige ancora il regime di sospensione o si può procedere alla trattazione di tutti i procedimenti?

1. Le “linee guida comunitarie sull’attuazione delle disposizioni dell’U.E. nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento

In ragione dell’emergenza sanitaria che sta colpendo il mondo intero, si è posta la necessità di coordinare a livello europeo le misure di contenimento adottate dai singoli Stati membri allo scopo di massimizzarne le conseguenze.

Per quanto di rilievo in questa sede, la Commissione europea con il supporto tecnico anche dell’EASO (European Asylum Support Office, ossia: Ufficio europeo di sostegno per l’asilo) e dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha elaborato le “linee guida sull’attuazione delle disposizioni dell’UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento” (2020/C 126/02, disponibili in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 17.4.2020) che illustrano le modalità per assicurare, per quanto possibile, la continuità delle procedure e garantire, altresì, la protezione della salute delle persone e dei loro diritti nel rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Dette linee guida, inoltre, passano in rassegna i principi cardine che devono continuare ad essere applicati per consentire il proseguimento e l’effettività dell’accesso alla procedura di asilo anche nel corso dell’attuale pandemia da Covid-19 e, a tal fine, la Commissione ha chiarito che le domande di protezione internazionale devono essere registrate e trattate (pur ammettendo possibili ritardi giustificati dalla situazione di emergenza sanitaria in corso e sempre assicurando le cure urgenti ed essenziali di ogni tipo di malattia, compresa quella da coronavirus), ha fornito consigli utili ed ha individuato gli strumenti che possono garantire la continuità nelle procedure di asilo e di rimpatrio e il proseguimento delle attività di reinsediamento.

Le linee guida in parola, nella misura in cui concernono possibili modalità di svolgimento della trattazione di procedimenti in materia di immigrazione che tengano conto dell’emergenza sanitaria in corso senza ledere i diritti fondamentali della persona, deve ritenersi che costituiscano un riferimento generale per la trattazione degli affari in materia di immigrazione anche davanti all’autorità giudiziaria e non solo davanti alla pubblica amministrazione.

Per esemplificare, le linee guida in esame riguardano:

  • in materia di asilo: la registrazione e la presentazione delle domande, le modalità di svolgimento dei colloqui, le questioni relative alle condizioni di accoglienza, le procedure previste dal c.d. “regolamento Dublino” (regolamento (UE) n. 604/2013, di seguito: “regolamento Dublino”);
  • in materia di rimpatrio: talune misure pratiche che potrebbero facilitare le procedure di rimpatrio nelle attuali circostanze (ad esempio: sostenendo il rimpatrio volontario, garantendo l’accesso a servizi essenziali adeguati e chiarendo in quali condizioni è ragionevole e proporzionato trattenere i migranti irregolari);
  • in materia di reinsediamento: le modalità pratiche per proseguire le operazioni preparatorie in modo da consentire, quando sarà di nuovo possibile, la regolare ripresa dei reinsediamenti.

1.1. Più nello specifico: le linee guida in merito a procedure di asilo e trasferimenti di cui al c.d. “regolamento Dublino

In materia di procedure di asilo, le linee guida, partendo dall’osservazione che la c.d. “direttiva procedure” (direttiva 2013/32/UE, di seguito: “direttiva procedure”) non offre alcuna particolare disciplina in ipotesi di situazioni di emergenza sanitaria mondiale come quella in atto, preliminarmente precisano che possa essere presa in considerazione l’applicazione in via analogica di norme derogatorie quali quelle previste dalla direttiva in parola per il caso di sovrannumero di domande simultanee (il riferimento è agli artt. 6 e 31 della direttiva 2013/32/UE) e richiamano le previsioni di cui al c.d. “regolamento Eurodac” (regolamento (UE) n. 603/2013) nella parte in cui prevede espressamente la possibilità di posticipare il rilevamento delle impronte digitali in osservanza di eventuali misure prese per la tutela della salute pubblica (in questi termini l’art. 9 del regolamento (UE) n. 603/2013).

Più in dettaglio, la Commissione, rilevando che in diversi Stati membri, per garantire la salute pubblica in tempo di pandemia, si registrano talune restrizioni se non addirittura la sospensione dei servizi in relazione alla registrazione delle domande di protezione internazionale (fatti salvi casi eccezionali e/o relativi a persone vulnerabili), evidenzia l’applicabilità analogica dell’art. 6, par. 5, della c.d. “direttiva procedure” che consente agli Stati membri di prorogare il termine per la registrazione delle domande di dieci giorni lavorativi qualora il numero elevato di domande simultanee renda difficile il rispetto della tempistica stabilita e specifica che, ad ogni modo, qualsiasi ulteriore ritardo nella registrazione delle domande non dovrebbe incidere sui diritti dei richiedenti protezione secondo la c.d. “direttiva accoglienza” (direttiva 2013/32/UE, di seguito: “direttiva accoglienza”), le cui norme sono e restano applicabili a partire dal momento della presentazione della domanda di protezione internazionale.

Quanto ai colloqui personali con i richiedenti asilo, la Commissione in primo luogo spinge gli Stati membri ad organizzarli con specifiche modalità che garantiscano la sicurezza della salute e il distanziamento sociale, quali la videoconferenza o l’utilizzo di vetri di sicurezza, ma raccomanda al contempo la garanzia dei servizi di interpretazione e l’accesso all’assistenza e alla rappresentanza legale. Al riguardo è comunque necessario evidenziare che, nelle indicazioni pratiche, le linee guida puntualizzano, tra l’altro, che l’adeguatezza del colloquio a distanza in videoconferenza debba essere valutata caso per caso in relazione alle soggettive condizioni del singolo: ad esempio tenendo conto di eventuali traumi e/o persecuzioni allegate dal richiedente e della eventuale minore età dello stesso. Tra le indicazioni pratiche, la Commissione ha cura di specificare anche che, in caso di allestimento di locali di videoconferenza, oltre a dover essere garantita, come già sopra evidenziato, la presenza (pur se virtuale) del difensore e/o di consulenti legali, dovrebbe essere predisposto un ambiente sicuro nel rispetto della privacy e che le misure relative alla tutela della riservatezza devono riguardare anche la sicurezza del collegamento.

In secondo luogo, la Commissione evidenzia la possibilità per gli Stati membri di avvalersi delle previsioni di cui all’art. 12, par. 2, lett. b) della “direttiva procedure” e omettere il colloquio personale in particolare se sussistono ragionevoli indizi che il richiedente possa aver contratto il Covid-19: in tali casi occorrerebbe fare quanto ragionevolmente possibile per consentire al richiedente di fornire ogni ulteriore informazione. Le linee guida precisano, però, sul punto, che l’omissione del colloquio personale non può pregiudicare la decisione dell’autorità accertante.

Infine, si dà anche atto dell’eventuale possibilità, sempre che lo consenta la normativa nazionale, di effettuare l’esame preliminare dell’ammissibilità della sola domanda reiterata di protezione internazionale a mezzo di osservazioni scritte e in conformità alle previsioni dell’art. 42, par. 2, lett. b) della “direttiva procedure”.

Quanto alla disciplina dei trasferimenti secondo il c.d. “regolamento Dublino”, le linee guida, premessa l’opportunità di non ritardare l’esame delle domande, precisano che, prima di procedere ad ogni tipo di trasferimento, gli Stati membri devono prendere in considerazione la situazione relativa all’emergenza sanitaria da Covid-19 nello Stato membro competente. In assenza di una deroga normativa in proposito, resta ferma la previsione di cui all’art. 29, par. 2, del “regolamento Dublino” laddove prevede che, se un trasferimento allo Stato membro competente non avviene nei termini prescritti dalla legge, la competenza si radica in capo allo Stato membro che ha chiesto il trasferimento.

In merito ai minori non accompagnati, invece, la procedura per il ricongiungimento familiare potrebbe proseguire anche dopo la scadenza dei termini previsti per il trasferimento di cui al citato art. 29 sempre che ciò sia nel superiore interesse del minore e se il mancato rispetto dei termini risulti imputabile alla durata della procedura per l’affidamento del minore come stabilito dall’art. 12, par. 2, del regolamento recante le modalità di applicazione del “regolamento Dublino” (regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione).

A norma dell’art. 17, par. 2, del “regolamento Dublino”, peraltro, vi è la possibilità per uno Stato membro di chiedere ad altro Stato membro, in ogni momento ma comunque prima che sia adottata una decisione sul merito, di prendere in carico un richiedente al fine di procedere al ricongiungimento di persone legate da vincolo di parentela per ragioni umanitarie fondate principalmente su motivi familiari o culturali, anche se questo diverso Stato membro non risulti competente secondo la normativa. Ebbene, le linee guida specificano che detta disposizione possa applicarsi in via analogica anche nelle ipotesi in cui, pur risultando applicabili al caso concreto i criteri vincolanti relativi al ricongiungimento familiare, l’eventuale impossibilità di trasferimento causata dall’emergenza sanitaria in corso abbia comportato il mancato rispetto dei termini per il trasferimento e precisano, altresì, che gli Stati membri dovrebbero poter applicare la esaminanda previsione anche a prescindere dalle ipotesi di ricongiungimento di persone legate da vincolo di parentela.

Quanto ai colloqui, la norma di cui all’art. 5, par. 2, del “regolamento Dublino” prevede che gli Stati membri possano non effettuare il colloquio personale qualora il richiedente abbia ricevuto informazioni pertinenti sull’attuazione del regolamento e abbia comunque già fornito, in diverso modo, informazioni per determinare lo Stato membro competente. Le linee guida specificano che, fatto salvo il rispetto delle predette condizioni concorrenti, la scelta di non effettuare il colloquio personale possa essere considerata, nell’attuale situazione emergenziale, una misura possibile e appropriata se sussiste il sospetto che il richiedente sia positivo al coronavirus. Ad ogni modo, gli Stati membri che non procedono al colloquio personale sono tenuti ad offrire al richiedente, prima che venga adottata la decisione sul trasferimento, l’opportunità di presentare ogni successiva informazioni al fine di individuare correttamente lo Stato membro competente. In ordine alle concrete modalità di svolgimento dei colloqui, si precisa quanto rilevato con riferimento alle procedure di asilo, ossia che i colloqui possano essere svolti in videoconferenza e, si ritiene, con le suindicate garanzie.

2. L’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 convertito, con modificazioni, nella l. 27 del 2020 e la normativa dell’emergenza: che succede a livello giudiziario?

Come oramai noto, la norma di cui all’art. 83, comma 1 e 2, del d.l. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, nella l. 27 del 2020, prevede che “le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”, rectius all’11 maggio 2020 (ndr: si deve segnalare che la data del 15 aprile 2020 originariamente prevista dall’art. 83 in esame è stata modificata dall’art. 36 del d.l. 23/2020 e sostituita con la data dell’11 maggio 2020, tuttavia il legislatore della conversione è incorso evidentemente in una dimenticanza lasciando indicato il termine originariamente previsto del 15 aprile 2020, termine che, a sua volta, è stato nuovamente riportato all’11 maggio 2020 dalla previsione del successivo articolo 3 del d.l. 28/2020), è “sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”e, per quanto di rilievo in questa sede, il successivo comma 3, lett. a), specifica che il rinvio d’ufficio non opera per “le cause di competenza del tribunale per i minorenni relative (…) ai minori stranieri non accompagnati”, per i “procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona”, per i “procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea” e, in genere, per “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può’ produrre grave pregiudizio alle parti”.

Ciò premesso, è evidente che la normativa dell’emergenza sanitaria ha delle ricadute sui procedimenti in materia di immigrazione e di protezione internazionale nella misura in cui stabilisce espressamente la trattazione dei quelli appena menzionati, ma nulla prevede in ordine, ad esempio, alla trattazione dei ricorsi avverso i provvedimenti di diniego e di revoca della protezione internazionale per i quali, pertanto, deve ritenersi operante la sospensione dei termini di cui al comma 1 dell’art. 83 in esame e il rinvio delle udienze (sul punto, v. infra).

2.1. I procedimenti la cui trattazione non è sospesa

Continuano ad essere trattati dal Tribunale per i minorenni tutti i procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati quali: l’espulsione ex art. 31, comma 4, T.U.I.; la ratifica delle misure di accoglienza e l’accertamento dell’età della persona, rispettivamente secondo le previsioni degli artt. 19 e 19bis d.lgs. 142/2015; il rimpatrio ai fini del ricongiungimento con la famiglia di origine di cui all’art. 33 T.U.I.

Al fine di fronteggiare l’attuale situazione di emergenza sanitaria, nella trattazione dei procedimenti non potrà comunque prescindersi dal fare riferimento alle linee guida europee sopra esaminate, con la conseguenza di doversi ritenere che davanti all’autorità giudiziaria non sia esclusa la trattazione con strumenti che consentano la videoconferenza, ma che questi siano comunque e preferibilmente da escludere quando debba procedersi al colloquio personale con il minore straniero, proprio per la oggettiva condizione di maggiore fragilità del richiedente.

Quanto ai procedimenti di convalida dell’espulsione, dell’allontanamento e del trattenimento di cittadini di Paesi terzi e dell’Unione europea, il riferimento è: alla convalida del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri del cittadino extracomunitario che si sia rifiutato di sottoporsi ai rilievi dattiloscopici e segnaletici di cui all’art. 10ter, comma 3, T.U.I. (di competenza del Tribunale se lo straniero sia richiedente protezione internazionale, altrimenti dal Giudice di Pace); dalla convalida da parte del Giudice di Pace dell’accompagnamento alla frontiera del cittadino extracomunitario espulso di cui all’art. 13, comma 5bis, T.U.I.; dalla convalida da parte del Giudice di Pace del trattenimento nei centri di permanenza per i rimpatri del cittadino extracomunitario espulso ex art. 14, comma 4, T.U.I.; della convalida da parte del Tribunale del trattenimento disposto, ai sensi dell’art. 6, comma 5, d.lgs. 142/2015, nei centri di permanenza per i rimpatri dello straniero richiedente protezione internazionale; della convalida da parte del Tribunale ex artt. 20 e ss. d.lgs. 30/2007 del provvedimento emesso dal Questore avente ad oggetto l’allontanamento immediato dal territorio nazionale del cittadino comunitario o di suo familiare.

Anche se non espressamente prevista dal legislatore, deve intendersi che debba anche procedersi sia all’eventuale proroga dei tempi di trattenimento dello straniero laddove la legge la preveda (è il caso dell’art. 14, comma 5, T.U.I. e dell’art. 6, comma 5, d.lgs. 142/2015 riferiti, rispettivamente, alla proroga del trattenimento del cittadino extracomunitario espulso e alla proroga del trattenimento dello straniero richiedente protezione internazionale), sia alla convalida da parte del Giudice di Pace del respingimento con accompagnamento alla frontiera di cui all’art. 10, comma 2bis, T.U.I.

La lacuna di cui al all’art. 83 in esame non è stata emendata dalla legge di conversione n. 27 del 2020.

Tuttavia, al riguardo, nella vigenza dell’attuale normativa emergenziale e a prescindere dalla carenza di uno specifico riferimento legislativo, si osserva che, se per la proroga la procedibilità è evidentemente desumibile dalla circostanza per cui la finalità di essa è la medesima sottesa alla convalida, con la conseguenza che non avrebbe alcun senso poter convalidare ma non prorogare il trattenimento nell’ambito del medesimo procedimento, per la convalida del respingimento con accompagnamento alla frontiera il rinvio operato dall’art. 10, comma 2bis, T.U.I. alla disciplina prevista per la convalida dell’accompagnamento coattivo in caso di espulsione fa ritenere che la ratio sottesa ai due istituti sia assimilabile e che, pertanto, debba procedersi anche in assenza di specifica previsione nella normativa in esame. 

Analoga omissione dalla previsione legislativa concerne, inoltre: le convalide, di competenza del Giudice di Pace, delle misure della consegna del passaporto o altro documento equipollente, dell’obbligo di dimora in luogo previamente individuato e dell’obbligo di presentazione presso un ufficio della forza pubblica che siano state disposte dal Questore o nei confronti dello straniero espulso cui sia stato concesso un termine per la partenza volontaria ai sensi dell’art. 13, comma 5.2 secondo periodo, T.U.I. ovvero nei confronti dello straniero espulso al posto del provvedimento di trattenimento presso un centro di permanenza per i rimpatri secondo l’art. 14, comma 1bis, T.U.I.; le convalide, da parte del Tribunale ai sensi dell’art. 14, comma 6, d.lgs. 142/2015, delle medesime predette misure adottate dal Questore nei confronti di uno straniero richiedente la protezione internazionale.

Sul punto la carenza legislativa, neppure in questo caso emendata dalla legge di conversione, può e deve essere superata o facendo ricorso allo stesso meccanismo interpretativo sopra menzionato con riguardo alle proroghe e alle convalide di cui all’art. 10, comma 2bis, T.U.I. sul presupposto che anche in queste ipotesi la ratio sottesa sia la medesima e che le misure eventualmente adottate dal Questore sono di fatto alternative al trattenimento e ad ogni modo limitative delle libertà fondamentali dell’individuo ovvero ritenendo che le predette convalide rientrino tra i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e che pertanto non subiscono alcuna sospensione ai sensi dell’art. 83, comma 3, del decreto-legge in esame. La necessità di superare anche in queste ipotesi la lacuna legislativa con una lettura costituzionalmente orientata della disciplina dell’emergenza si pone per evitare di compromettere e limitare diritti fondamentali della persona, con inevitabili conseguenze sul piano della costituzionalità della normativa in esame.

In tutte le ipotesi analizzate e la cui trattazione non è sospesa, secondo le linee guida europee lo svolgimento dell’udienza può certamente e preferibilmente essere svolta mediante il ricorso a videoconferenza, purché siano assicurati: la tutela della riservatezza, il diritto di difesa dello straniero (e, laddove il difensore non sia nello stesso luogo fisico della parte, deve essere garantito tra loro il contatto in forma riservata con l’eventuale ausilio di una linea telefonica), un adeguato supporto da parte di un interprete che possa consentire allo straniero di comunicare superando eventuali barriere linguistiche. Nell’ipotesi in cui, per ragioni specifiche nel singolo caso concreto, non sia possibile o non sia opportuno procedere a mezzo di videoconferenza, l’udienza deve essere svolta garantendo distanze di sicurezza e nel rispetto delle normative igienico-sanitarie predisposte dallo Stato e/o dalle Regioni per contenere l’eventuale diffusione del virus.

2.2. I procedimenti sospesi

Per quanto riguarda la sospensione dei termini di cui al comma 1 dell’art. 83 in esame e il rinvio delle udienze, la ratio dell’applicazione del regime della sospensione si può ravvisare nella previsione dell’art. 35bis, comma 3, d.lgs. 25/2008 che stabilisce, salvo talune specifiche eccezioni, che “la proposizione del ricorso sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato”. Ad ogni modo, nelle ipotesi in cui la sospensione non operi automaticamente (ossia, come stabilito dall’appena citato comma 3, qualora: “il ricorso viene proposto: a) da parte di un soggetto nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di trattenimento nelle strutture di cui all’art. 10ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero nei centri di cui all’articolo 14 del medesimo decreto (…); b) avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale; c) avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell’articolo 32, comma 1, lettera b bis; d) avverso il provvedimento adottato nei confronti dei soggetti di cui all’articolo 28bis, commi 1ter e 2, lettera c)”), il ricorrente può presentare istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato sulla quale il Tribunale dovrà provvedere trattandosi, di fatto, di una domanda cautelare avente ad oggetto diritti fondamentali della persona.

Non subiscono la sospensione, invece, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e, dunque, quando sussistano casi di urgenza di definizione della domanda avanzata dal richiedente asilo come, ad esempio, quando lo stesso, in attesa della definizione del giudizio, sia trattenuto presso i centri di permanenza per i rimpatri ovvero sia segnalato come pericoloso dalle autorità di pubblica sicurezza ovvero ancora siano allegate e anche documentate nella singola fattispecie circostanze di particolare vulnerabilità del soggetto. Con riferimento a questa ultima ipotesi, rilevato che la vulnerabilità del richiedente asilo è quasi sempre allegata alla domanda e sottesa alla stessa decisione di lasciare il Paese di origine, affinché la trattazione non subisca la sospensione di cui al decreto-legge in esame si ritiene che la vulnerabilità debba essere oggettiva e/o comunque documentata.

Un riferimento si rende poi opportuno all’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento oggetto di ricorso per cassazione di cui all’art. 35bis, comma 13, d.lgs. 25/2008. Al riguardo, si osserva che la ratio sottesa alla previsione appena citata è da individuare nella finalità inibitoria degli effetti della pronuncia impugnata e, pertanto, risulta evidente l’analogia con la previsione di cui all’art. 373 c.p.c. i cui procedimenti rientrano espressamente nell’eccezione alla sospensione di cui all’art. 83, comma 3, d.l. 18/2020 e sono pertanto trattabili. Ebbene, se la ratio è la medesima, deve concludersi che, pur in assenza di uno specifico richiamo normativo nella legislazione dell’emergenza, le istanze di cui al citato art. 35bis, comma 13, debbano essere trattate, con la conseguente non sospensione dei termini di cinque giorni più cinque per il contraddittorio scritto.

Continuando con l’esame delle ipotesi di sospensione, si evidenzia che essa riguarda anche i procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di espulsione e di allontanamento di cui, rispettivamente, agli artt. 13, comma 8, T.U.I. e 22 d.lgs. 30/2007. Ad ogni modo, anche in questi casi resta la possibilità di esaminare l’eventuale istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dei provvedimenti impugnati trattandosi, di fatto, di giudizi cautelari che involvono diritti fondamentali della persona, come tali rientranti nell’eccezione di cui al comma 3 dell’art. 83 del decreto-legge in esame.

La sospensione, inoltre, riguarda anche la trattazione dei ricorsi di cui all’art. 19ter d.lgs. 150/2011 aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti di diniego del rinnovo e di revoca del premesso di soggiorno per motivi umanitari o di protezione c.d. speciale, nonché la trattazione dei ricorsi aventi ad oggetto i provvedimenti di trasferimento adottati dall’Unità Dublino ai sensi dell’art. 3, comma 3bis, e seguenti d.lgs. 25/2008. Ebbene, anche in queste ipotesi deve ritenersi ammissibile, quale domanda cautelare, la trattazione dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato che non opera automaticamente con il deposito del ricorso.

Analogamente è a dirsi per tutti i procedimenti cautelari proposti ai sensi dell’art. 700 c.p.c. in materia di immigrazione che, in quanto tali, hanno sempre ad oggetto diritti fondamentali della persona e sempre che siano strumentali, ad esempio e a titolo esemplificativo, allo stesso accesso alla procedura di protezione internazionale, all’iscrizione nelle liste anagrafiche comunali, all’unità e al ricongiungimento familiari.

In tutte le ipotesi di procedibilità della domanda cautelare appena brevemente richiamate, la trattazione secondo il citato art. 83, comma 3, deve concernere la sola domanda cautelare e non può essere estesa anche ad altre fasi dell’intera procedura per le quali opera la sospensione.

Quanto alle modalità di trattazione delle procedure cautelari e sempre in adesione alle linee guida europee, si deve ritenere che sia da preferire, rispetto all’udienza con presenza fisica, lo scambio e il deposito in telematico di note scritte con provvedimento decisorio emesso fuori udienza e, laddove sia necessario procedere ad istruttoria, il ricorso a strumenti di videoconferenza, in tutti i casi sempre che sia assicurata la riservatezza, la garanzia del contraddittorio, il diritto di difesa e un adeguato supporto da parte di un interprete di ausilio allo straniero.

2.3. I possibili scenari per la c.d. “fase 2”: vige ancora il regime di sospensione o si può procedere alla trattazione di tutti i procedimenti?

Le previsioni di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 83 del d.l. 18/2020, convertito con modificazioni nella l. 27/2020, prevedono che “per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020”, rectius 31 luglio 2020(ndr: le date del 12 maggio e del 30 giugno 2020 sono state introdotte dall’art. 36 del d.l. 23/2020; la legge di conversione ha mantenuto la predetta scansione temporale, ma il successivo con il successivo d.l. 28/2020 il legislatore ha stabilito all’art. 3 che la data del 30 giugno 2020, ovunque indicata, è sostituita con la data del 31 luglio 2020),“i capi degli uffici giudiziari (…) adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute (…) al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone” e che “per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le seguenti misure:

a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;

e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche;

f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice (…),mediante collegamenti da remoto (…) con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti (…);

g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 (ndr:ossia 31 luglio 2020) nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3;

h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice;

h -bis ) lo svolgimento dell’attività degli ausiliari del giudice con collegamenti da remoto tali da salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti”.

Sul perdurare o meno del regime di sospensione dettato dal comma 1 dell’art. 83 in esame anche per la c.d. “fase 2” dell’emergenza sanitaria, ossia dal 12 maggio al 31 luglio 2020, qualche incertezza può derivare dalla dicitura del comma 7 lett. g) che fa riferimento alla possibile previsione rimessa ai capi degli uffici “del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 (ndr:ossia 31 luglio 2020) nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3” che parrebbe, a prima lettura, presupporre la vigenza del regime di sospensione generale con la sola possibilità di trattazione dei procedimenti di cui alle eccezioni contenute nel comma 3. Tuttavia, a parte la considerazione per cui l’elencazione prevista al comma 7, ivi compresa quella di cui alla lettera g) in esame, è solo programmatica ed esemplificativa delle possibilità con cui i capi degli uffici sono chiamati ad adottare le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, più idonee al contrastare l’emergenza sanitaria, un’interpretazione sistematica e complessiva delle previsioni di legge porta a concludere nel senso che nella c.d. “fase 2” potranno essere trattati nuovamente tutti i procedimenti che erano stati sospesi fino all’11 maggio 2020. Altrimenti opinando e ritenendo, dunque, trattabili fino al 31 luglio 2020 solo i procedimenti di cui alle eccezioni del comma 3, si giungerebbe alla conclusione paradossale che le disposizioni e i possibili accorgimenti per lo svolgimento dell’attività giudiziaria di cui ai commi 6 e 7 (quali ad esempio la previsione di limitazioni di accesso del pubblico, di udienze da remoto e con scambio e deposito di note scritte) siano riferibili dal legislatore sì ai procedimenti non sospesi ma per la sola fase successiva all’11 maggio e non anche a quella antecedente di (almeno presupposta) maggiore emergenza sanitaria. Infine, ma non quale ultima considerazione, si aggiunga che il legislatore parla di “rinvio delle udienze” e non di “sospensione dei procedimenti” che è giuridicamente cosa diversa.

Tuttavia, una mina a questa interpretazione potrebbe essere rinvenuta nella previsione del comma 12quinquies introdotto nel testo dell’art. 83 dalla legge di conversione nella parte in cui, ammettendo “dal 9 marzo al 30 giugno 2020” (rectius, 31 luglio 2020) la possibilità di svolgimento delle camere di consiglio da remoto, fa riferimento espressamente e solo ai “procedimenti civili e penali non sospesi” (che peraltro sono cosa ben diversa dal mero rinvio delle udienze) con il che di doversi forse presumere che la volontà del legislatore sia in effetti quella di estendere la sospensione dei procedimenti di cui al comma 1 all’intero periodo dal 9 marzo e fino al 31 luglio 2020.

Ad ogni modo, anche quest’ultimo dato normativo può essere superato interpretandolo tenendo conto dell’insieme degli atecnicismi giuridici e delle dimenticanze operati dalla legge (non emendati neppure con il d.l. 28/2020 successivo alla legge di conversione) e concludendo che il legislatore, per la imminente seconda fase, ha inteso prevedere tre possibilità di gestione dei procedimenti: il rinvio delle udienze a data successiva al 31 luglio 2020 ovvero la trattazione scritta ovvero ancora la trattazione con udienza da remoto utilizzando lo strumento della videoconferenza.

Dunque, ammettendo che dal 12 maggio 2020 si potranno nuovamente trattare tutti procedimenti sospesi non rientranti nelle eccezioni esaminate nei paragrafi precedenti, ai capi degli uffici è demandato l’onere di adottare le misure organizzative ritenute necessarie e opportune al fine di contrastare il diffondersi dell’epidemia e contenerne le inevitabili ricadute sull’attività giudiziaria in modo da consentirne la ripresa.

E’ appena il caso di evidenziare come questa delega del legislatore ai singoli capi degli uffici mina alla radice il principio di uguaglianza perché per legge saranno ammesse regole diverse sul territorio nazionale a seconda delle scelte operate nei singoli uffici.

Se nulla parrebbe escludere la trattazione con presenza fisica laddove siano assicurate le regole di distanziamento sociale e di sicurezza nell’ottica di scongiurare il progredire della attuale emergenza sanitaria, le modalità che la disciplina dell’emergenza pare prediligere sono la trattazione scritta dell’udienza con deposito e scambio di note scritte e riserva di provvedere da parte del giudice e lo svolgimento dell’udienza da remoto con strumenti di videoconferenza. Sicuramente questi possono essere ritenuti canali preferenziali per la trattazione anche in materia di immigrazione. In particolare, la trattazione scritta può ipotizzarsi per i procedimenti cautelari e ordinari in cui siano previsti meri adempimenti formali e non sia prevista e/o disposta l’attività istruttoria, mentre, il ricorso allo strumento dell’udienza da remoto con videoconferenza potrebbe essere applicata, almeno in teoria, ad ogni procedimento con la premura di tenere conto, oltre del rispetto dei più volte richiamati principi di garanzia della riservatezza, della difesa e del contraddittorio, anche delle indicazioni di cui alle linee guida europee. Sul punto, la Commissione suggerisce di escludere il ricorso alla videoconferenza nelle ipotesi in cui si debba procedere ad audizione del richiedente asilo e siano allegate situazioni personali che rendano nello specifico non adeguato il ricorso a mezzi diversi dalla udienza con presenza fisica. Al riguardo le linee guida a titolo esemplificativo fanno riferimento ai casi di richiedenti asilo che allegano di aver subito traumi o persecuzioni e, dal momento che l’aver subito traumi e/o persecuzioni è nella maggioranza delle ipotesi il motivo stesso (almeno allegato) della domanda di protezione internazionale e della ragione per cui il richiedente ha deciso di lasciare il Paese di origine, se ne dovrebbe dedurre che, quantomeno per le audizioni, sia (sempre) preferibile lo svolgimento delle udienze con presenza fisica, purché nel rispetto delle regole di contenimento dell’emergenza sanitaria in corso.

Scarica il pdf