Art. 83 D.L. n. 18 del 17 marzo 2020. Criticità nella gestione delle udienze civili nella c.d. fase 2

di Antonella Stilo in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

Sommario: §1. PREMESSA. – §2. L’ART. 83, COMMA 7, D.L. N. 18 DEL 2020. – §2.1- SEGUE: L’UDIENZA “CARTOLARE”. – §2.2- SEGUE: L’UDIENZA IN VIDEOCONFERENZA. – §3. LE CAUSE URGENTI

§1. PREMESSA

E’ ormai ampiamente noto che il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (“Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”) prevede, all’art. 83 (“Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”), due diversi periodi di salvaguardia per contrastare l’emergenza sanitaria da covid-19 in corso: il primo, dal 9 marzo al 15 aprile 2020, caratterizzato dal differimento d’ufficio delle udienze (comma 1) e dalla sospensione dei termini (comma 2), ad eccezione dei procedimenti indicati nel comma 3; il secondo, che va dal 16 aprile al 30 giugno 2020, in relazione al quale si rimette ai capi degli uffici (“sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati”) l’adozione “di misure organizzative anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico sanitarie dettate dalle autorità al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone” (comma 6).

L’ulteriore diffusione dell’epidemia, da un lato, e la necessità che i provvedimenti dei dirigenti degli uffici per il secondo periodo siano preceduti da interlocuzioni con gli organi indicati nel comma 6, dall’altro, ha infatti indotto ad estendere sotto il profilo temporale la durata della sospensione dell’attività giudiziaria non urgente, che inizialmente doveva terminare il 22 marzo (v. art. 1, comma 1, D.L. n. 11 dell’8 marzo 2020, successivamente abrogato).

Non è detto peraltro che la valutazione del rischio epidemiologico sottesa alla attuale scansione temporale conservi la sua attualità al termine della prima fase, nel senso che potrebbe essere necessario (pure al di là delle considerazioni di cui infra) protrarre ulteriormente il regime transitorio in atto, o comunque rivedere quello concernente la seconda fase. E ciò anche tenuto conto che non solo ormai l’intero territorio nazionale è divenuto “zona protetta”, ma che in ogni caso non è auspicabile l’adozione di discipline disomogenee nei vari uffici giudiziari, suscettibile di dar luogo ad una babele di “riti”.

Del resto, la problematica è stata già avvertita dal Consiglio Superiore della Magistratura, che si appresta a varare dei protocolli condivisi con l’avvocatura e con la DGSIA con riguardo allo svolgimento delle attività non differibili ed alla gestione delle udienze con trattazione scritta e di quelle da remoto mediante l’uso degli applicativi messi a disposizione dal Ministero della Giustizia (Teams di Microsoft e Skype for Business: v. decreto del Direttore Generale S.I.A. del 20 marzo 2020), che facciano da cornice ai provvedimenti da assumere in sede locale.

§2. L’ART. 83, COMMA 7, D.L. N. 18 DEL 2020

L’art. 83 D.L. n. 18 del 2020, al comma 7, prevede la possibilità di adottare le seguenti misure:

a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;

e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale, di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze e, ai sensi dell’articolo 128 del codice di procedura civile, delle udienze civili pubbliche;

f) la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale;

g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3;

h) lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.

Concentrando in questa sede l’attenzione sulle udienze civili, è da rilevare che sono indicate due modalità di svolgimento, ossia una cartolare o documentale ed una da remoto o in videoconferenza. Sia l’una che l’altra modalità presentano vantaggi e svantaggi, da mettere a confronto per poter procedere ad un’analisi in termini di costi/benefici.

§2.1- SEGUE: L’UDIENZA “CARTOLARE”

La prima modalità, il cui esercizio il CSM nella circolare dell’11 marzo 2020 raccomanda di consentire, è circoscritta (v. lett. h) alle “udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti”, con esclusione cioè delle udienze nelle quali occorre la presenza delle parti personalmente ovvero di altri soggetti, quali informatori, testimoni o ausiliari.

Si tratta di uno strumento (apparentemente) agile, cui può astrattamente farsi ricorso quale che sia la causa e il rito da applicare, compreso il rito del lavoro e l’analogo rito c.d. locatizio, e quale che sia il grado di giudizio, sempre che per l’appunto non sia necessaria la comparizione personale delle parti (o di altri soggetti). In caso contrario, infatti, il procedimento, essendo esclusa anche la trattazione in videoconferenza (v. infra), dovrà (salvo che si rientri nelle eccezioni di cui al comma 3) essere rinviato a data successiva al 30 giugno 2020.

Un ulteriore presupposto, implicito, è che i fascicoli siano (resi) interamente telematici, per cui, in ipotesi di fascicoli in parte cartacei (perché gli atti introduttivi anteriori al 9 marzo 2020 – v. comma 11 dell’art. 83 – sono stati depositati in forma cartacea, ovvero perché si tratta di fascicoli risalenti ad epoca antecedente all’obbligatorietà del deposito degli atti endoprocessuali in via telematica), si dovrà sollecitare la collaborazione degli avvocati, che andranno invitati a trasmettere nel fascicolo telematico le copie scansionate degli atti e dei documenti prima prodotti in forma cartacea, ossia delle copie telematiche di cortesia.

E’ di tutta evidenza che questo meccanismo, di agevole realizzazione per le cause di più recente iscrizione (e/o con pochi atti e documenti da scansionare), può rivelarsi piuttosto complicato per i fascicoli più “vecchi”, che sono però quelli da definire con priorità in base ai programmi annuali di gestione, e soprattutto per le cause di appello più “annose” (laddove si debba eventualmente altresì scansionare – a cura della cancelleria – il fascicolo d’ufficio del giudizio di primo grado).

C’è poi da chiedersi se possa essere “sanzionato” il mancato deposito da parte dei difensori delle copie di cortesia telematiche (ad es. applicando l’orientamento della S.C. in tema di omesso rideposito del fascicolo di parte, ritirato all’udienza di precisazione delle conclusioni), il che desta qualche perplessità dal momento che pur sempre di copie di cortesia si tratta, o se invece la conseguenza debba essere semplicemente il differimento della causa ad epoca successiva al 30 giugno (se si verte in ipotesi diverse da quelle di cui al comma 3 dell’art. 83).

E’ ad ogni modo verosimile che il modello dell’udienza cartolare finirà con il favorire la trattazione e la definizione essenzialmente delle cause più semplici e più nuove, con correlato inevitabile ribaltamento degli attuali criteri di priorità e -correlato- prevedibile mancato raggiungimento degli obiettivi fissati nei programmi ex art. 37 d.l. n. 98/2011 (convertito nella legge n. 111/2011), di cui il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà farsi carico, non potendo ricadere né sui dirigenti degli uffici né sui singoli magistrati la “responsabilità” degli effetti di una situazione tanto grave quanto imprevedibile.

Questo è un punto molto delicato sotto il profilo organizzativo (e non solo), essendo impensabile che si possano riassorbire nel periodo compreso tra il 1° luglio ed il 31 dicembre 2020 gli effetti dei differimenti resi necessari dall’emergenza in corso.

Si pensi in particolare ai ruoli istruttori di maggiore consistenza che richiedono e richiederanno rinvii più a lungo termine rispetto ai ruoli con un minor numero di procedimenti. Ora, è pur vero che si potrebbero prevedere accorpamenti di udienze con la fissazione di un elevato numero di cause, ma questo modo di procedere inciderebbe sull’ordinato e proficuo svolgimento delle medesime udienze e potrebbe tradursi nell’inevitabile -ulteriore- rinvio di talune attività (ad es. l’escussione dei testi). Parimenti, non è opportuno neanche fissare udienze straordinarie “a tappeto”, che finirebbero con il gravare eccessivamente sull’attività delle cancellerie.

Ferme restando le perplessità appena evidenziate (e quelle ulteriori su cui v. infra), vanno comunque esaminate le possibili modalità di gestione dell’udienza “cartolare”.

In proposito, è da ritenere che vada inviato telematicamente, procedimento per procedimento, con un certo anticipo rispetto all’udienza già fissata (o eventualmente all’uopo rinviata), un modello standard di decreto, con cui (a seconda dei casi):

-) si invitano i difensori a depositare una copia telematica di cortesia degli atti e dei documenti cartacei (si noti che, se possono apparire sufficienti i soli atti introduttivi, laddove si tratti semplicemente di concedere i termini ex art. 183 comma 6 c.p.c., sono necessari anche i documenti qualora si debba decidere sui mezzi istruttori ovvero definire il procedimento);  

-) si assegnano termini sfalsati ai difensori per il deposito telematico di sintetiche note scritte (che dovrebbero essere limitate alle sole istanze, eccezioni, conclusioni previste per la fase di riferimento), ad es. fino a sei giorni prima dell’udienza per l’attore/ricorrente e fino a tre giorni prima per il convenuto/resistente;

-) si assegna invece un unico termine per il deposito dei fogli di pc per le cause da trattenere in decisione disponendo lo scambio delle comparse conclusionali e delle memorie di replica;

-) in ipotesi di adozione del modulo decisorio di cui all’art. 281-sexies c.p.c. ovvero nelle cause (mature per la decisione) assoggettate al rito del lavoro, dovendosi procedere a discussione scritta in luogo di quella orale, si assegnano i termini per il deposito di note, contenenti anche le conclusioni; è bene altresì che i difensori rinuncino espressamente alla lettura in udienza di motivazione e dispositivo (che saranno depositati dal giudice telematicamente il giorno stesso dell’udienza cartolare) e che sia data agli stessi difensori la facoltà di formulare (entro un apposito termine) un’istanza motivata di discussione orale vera e propria, con la precisazione che in tal caso verrà fissata un’altra udienza in videoconferenza secondo le apposite modalità, salvo che le ragioni addotte non siano tali da rendere necessaria l’adozione delle modalità tradizionali di discussione orale, nel quale caso la strada maestra appare quella del rinvio a data successiva al 30 giugno p.v.;

-) si avvisano i difensori che, in ipotesi di mancato deposito delle note scritte entro il termine stabilito, la causa verrà rinviata ex art. 309 c.p.c., essendo il mancato deposito equiparabile alla non comparizione.

Quest’ultimo aspetto, a dire il vero, è controverso, giacché c’è chi sostiene che il meccanismo di cui all’art. 309 c.p.c., incentrato sulla mancata comparizione dei procuratori, non sia compatibile con modalità di fissazione dell’udienza diverse da quelle ordinarie, ma il problema può essere risolto in concreto esplicitando preventivamente alle parti come viene interpretata la mancata comparizione, in modo da renderle edotte sulle conseguenze del mancato invio di note telematiche.

Un ulteriore punto di discussione, particolarmente serio, è poi rappresentato dall’applicabilità delle modalità di cui alla lett. h) ai procedimenti con una parte non costituita, poiché tale parte potrebbe non venire a conoscenza del provvedimento che dispone la trattazione scritta, ad es. in ipotesi di differimento dell’udienza rispetto a quella originariamente fissata, essendo la comunicazione tramite PST ovviamente circoscritta alle parti costituite e rimanendo l’accesso fisico in cancelleria estremamente limitato anche nella seconda fase.

A ciò deve aggiungersi che il meccanismo dell’udienza “cartolare” finisce con l’incidere sul ruolo attivo del giudice nell’ambito del processo civile, condizionandone inevitabilmente i margini di intervento anche ai fini della conciliazione ex art. 185 bis c.p.c. o della mediazione c.d. delegata.

Sotto altro profilo, data la carenza di contestualità cui dà luogo, l’udienza “cartolare” si rivela difficilmente compatibile con l’esercizio delle facoltà dei difensori di cui al disposto dell’art. 183 comma 5 c.p.c. (“Nella stessa udienza l’attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli articoli 106 e 269, terzo comma, se l’esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le parti possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate”), ovvero con l’allegazione di fatti sopravvenuti (il riferimento è essenzialmente alle cause di separazione e divorzio), salvo stabilire che in tali eventualità venga fissata un’altra udienza cartolare, con concessione alle parti di nuovi termini a ritroso.

C’è da interrogarsi, ancora, sulla possibilità di adottare le modalità di cui alla lett. h) (ma discorso non dissimile può farsi per l’udienza in videoconferenza), al di là della formulazione letterale dell’art. 83, per i giuramenti dei CTU.

Al riguardo, è da ritenere che, con il consenso delle parti, non sia preclusa tale possibilità (il giuramento “telematico” del CTU rientra tra le buone prassi in materia di esecuzioni immobiliari: v. delibera del CSM dell’11 ottobre 2017 in cui si legge che “Può certamente dirsi conforme all’evoluzione ordinamentale, ormai incentrata sull’utilizzo generalizzato del deposito telematico degli atti, la prassi di alcuni uffici, tesa a consentire che il giuramento dello stimatore avvenga tramite deposito di atto telematico, senza comparizione dal giudice o presso la cancelleria. Il modello per l’accettazione dell’incarico e il giuramento potrebbe essere reso disponibile sul sito del tribunale nonché, se del caso, allegato alla circolare inviata agli ausiliari e relativa ai compiti loro ascritti”), ma in concreto può rivelarsi di dubbia utilità, in quanto non sarebbe possibile stabilire (a normativa invariata sulle restrizioni negli spostamenti) tempi certi per le visite (ad es. nel caso di CTU medico-legale nelle cause di infortunistica stradale o negli ATPO ex art. 445 bis c.p.c.) o per i sopralluoghi e dunque i tempi per lo svolgimento dei vari adempimenti (salvo fissare non prima della fine dell’anno 2020 l’udienza per il prosieguo della causa e far decorrere i termini di cui all’art. 195, comma 3, c.p.c. genericamente dalla data di inizio delle operazioni peritali che sarà successivamente comunicato alle parti ed ai CTP dal CTU).

Un ulteriore punto controverso è costituito dalla necessità o meno di redigere in tal caso un verbale di udienza (ovviamente telematico).

C’è, difatti, chi sostiene che, trattandosi di un’udienza “figurata”, non vada redatto alcun verbale, ma si debba solo emettere il provvedimento fuori udienza (dando atto dell’avvenuto deposito delle note telematiche) da comunicare poi alle parti a cura della Cancelleria.

Secondo un’altra impostazione, invece, il giorno dell’udienza il giudice deve redigere il verbale, prendendo atto della “comparizione” delle parti mediante il deposito delle note telematiche e riservando la decisione o disponendo per il prosieguo del procedimento (ad es. assegnando i termini ex art. 183, comma 6, c.p.c.).

Ora, se è vero che la lett. h) parla espressamente di “adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”, al contempo tuttavia si riferisce “allo svolgimento delle udienze civili”, il che sta ad indicare che un’udienza, per quanto “figurata”, c’è sempre ed allora nulla osta alla redazione del relativo verbale

Peraltro, l’accoglimento di tale impostazione sarebbe funzionale anche allo svolgimento delle udienze con tale modalità da parte dei giudici onorari (dato il meccanismo previsto per la loro retribuzione). Oltretutto, i GOP non potrebbero celebrare l’udienza in videoconferenza, giacché, se possono scaricare teams ed effettuare videoconferenze con altri giudici onorari e con i giudici togati utilizzando l’indirizzo mail della “rete giustizia”, è però allo stato loro precluso organizzare riunioni con membri esterni e quindi con avvocati.

§2.2- SEGUE: L’UDIENZA IN VIDEOCONFERENZA

Si è già detto che l’udienza “cartolare” dà luogo a diverse perplessità. Rispetto all’udienza in videoconferenza presenta tuttavia il vantaggio di richiedere l’impiego di strumenti informatici già noti anche all’avvocatura, di talché non vi è necessità di ulteriore formazione e di sperimentazioni. Sotto tale profilo, dunque, lo scambio di memorie telematiche seguito (dal verbale di udienza e) dal provvedimento (ordinanza o sentenza) del giudice dovrebbe rappresentare la modalità principale di gestione delle udienze civili, mentre dovrebbe essere residuale l’alternativa di cui alla lett. f) (concernente “la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, giorno, ora e modalità di collegamento. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui si accerta dell’identità dei soggetti partecipanti e, ove trattasi di parti, della loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale”).

L’udienza in videoconferenza dovrebbe essere residuale anche perché è compatibile con la trattazione di un numero limitato di cause (verosimilmente, non più di dieci ad udienza), oltre ad essere più onerosa non solo e non tanto per la verbalizzazione, ma ‘a monte’ perché, nel momento in cui la disciplina dovesse andare a regime, il collegamento potrebbe essere reso difficoltoso dal contestuale accesso di una molteplicità di giudici. E ciò senza considerare che il proficuo impiego di detta modalità presuppone che tutti i magistrati dispongano di hardware idoneo e di rete internet adeguata ed ancora che funzionino perfettamente teams/skype for business e Consolle del magistrato, perché altrimenti bisognerà fare i conti pure con i problemi connessi all’assistenza in materia, non sempre sufficiente per la carenza di tecnici incaricati e comunque problematica da remoto.

Ad ogni modo, laddove si opti per l’impiego della videoconferenza (che pone per le parti non costituite gli stessi problemi dell’udienza cartolare ed è inutile ad es. quando si tratti semplicemente di chiedere la concessione dei termini ex art. 183 comma 6 c.p.c. ovvero di riportarsi al foglio di pc depositato), occorrerà comunicare alle parti “giorno, ora e modalità di collegamento”, utilizzando preferibilmente modelli standard estremamente chiari, onde favorire il collegamento anche da parte dei difensori meno “telematici”.

Tra l’altro, potrebbe essere necessario adottare il provvedimento con cui si dispone la videoconferenza con largo anticipo ed effettuare anteriormente all’udienza, soprattutto all’inizio, delle prove di collegamento con gli avvocati interessati.

In ogni caso, è auspicabile l’adozione nei vari uffici giudiziari di linee comuni sulle relative modalità procedimentali (che comunque dovrebbero comprendere l’impegno dei partecipanti a non registrare la videochiamata e a non divulgare alcunché sull’udienza), nonché sui criteri di scelta tra udienze “cartolari” ed udienze in videoconferenza.

Resta infine da chiedersi se e come sarà possibile garantire gli adempimenti connessi alla gestione delle udienze, “cartolari” o da remoto che siano, in un momento storico in cui vengono (comprensibilmente) privilegiate anche per il personale di cancelleria forme di lavoro agile, che tuttavia allo stato non possono riguardare l’impiego dei sistemi SICID e SIECIC, utilizzabili solo nei computer fissi in dotazione all’interno degli uffici giudiziari ed indispensabili per gli adempimenti “pre e post” udienza. 

§3. LE CAUSE URGENTI

Nonostante le perplessità appena segnalate derivanti dalla gestione delle udienze secondo le modalità di cui alle lett. f) e h), non vi è dubbio che tali modalità vadano adottate per i procedimenti che devono comunque essere trattati sulla base del comma 3 dell’art. 83, che sono, nel settore civile, i seguenti: “cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio; cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità; procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona; procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei soli casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute; procedimenti di cui all’articolo 35 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; procedimenti di cui all’articolo 12 della legge 22 maggio 1978, n. 194; procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari; procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea; procedimenti di cui agli articoli 283, 351 e 373 del codice di procedura civile e, in genere, tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell’ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile” (lett. a).

Su talune delle categorie appena menzionate sono sorti diversi dubbi interpretativi, che renderebbero opportuno un nuovo intervento legislativo.

E così, in specie, andrebbero chiariti i contorni dell’inciso (rilevante sia sulla prima che sulla seconda fase, dal momento che una delle modalità rimesse alle determinazioni dei capi degli uffici giudiziari è rappresentata dalla “previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3”), che concerne le “cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità”.

Tale inciso, difatti, ha dato luogo ad interpretazioni difformi, ora restrittive, nel senso di circoscrivere l’ipotesi alle sole cause in tema di obbligazioni alimentari stricto sensu intese, ora più ampie, atte a ricomprendere anche le cause in materia di separazione e divorzio (con riferimento sia alla fase presidenziale che a quella istruttoria, laddove si ponga un problema di mantenimento del coniuge più debole o dei figli minori), nonché i procedimenti camerali aventi ad oggetto la modifica delle relative condizioni e la regolamentazione dei rapporti riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio.

Il problema interpretativo sorge in quanto il riferimento alle obbligazioni alimentari pare rimandare implicitamente alla normativa sovranazionale (v. ad es. regolamento (CE) n. 4/2009 del Consiglio, del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari, che si applica ai rapporti di famiglia, parentela, matrimonio o affinità). Ciò ha indotto per l’appunto a ritenere che non si tratti solo delle obbligazioni alimentari in senso tecnico (art. 433 ss. c.c.), ma anche delle obbligazioni di mantenimento derivanti dai rapporti di famiglia, parentela, matrimonio o affinità.

Ora, se in effetti non può obliterarsi (a legislazione invariata) la radice sovranazionale dell’espressione “obbligazioni alimentari”, va tuttavia privilegiata, in rapporto alla ratio della disposizione, che è quella di contenere gli effetti dell’emergenza da covid-19, un’interpretazione che escluda dalla sospensione, sotto tale profilo, le sole cause alimentari in senso proprio e quelle nelle quali l’obbligazione di mantenimento costituisca l’oggetto tipico (o principale) del procedimento (si pensi ai procedimenti ex art. 316-bis c.c.) e non semplicemente l’oggetto di domande solo eventuali o accessorie, con esclusione pertanto delle cause di separazione e divorzio, nonché di quelle in tema di regolamentazione dei rapporti relativi ai figli di genitori non coniugati, che devono essere trattate solo laddove rientrino nella norma di chiusura di cui alla lettera a) del comma 3, ossia tra quei “procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”.

Sarebbe comunque auspicabile, onde evitare ulteriori contrasti interpretativi e linee guida difformi nei vari uffici giudiziari, modificare il dettato legislativo in termini più chiari.

Non è questo, del resto, l’unico inciso della lettera a) del comma 3 che dovrebbe essere meglio definito perché troppo ampio: si pensi alla categoria afferente alle “cause di competenza del tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia…”, laddove non sempre si controverte su questioni urgenti, per cui, anche considerato che la relativa trattazione implica la comparizione di soggetti esterni, sarebbe opportuno circoscriverla ai soli casi in cui in concreto emergano “situazioni di grave pregiudizio”.

Ancora, controversa è l’individuazione dei “procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona”.

Vi dovrebbero rientrare ad ogni modo i soli procedimenti cautelari instaurati a tutela dei diritti inviolabili ed insopprimibili della persona, quali il diritto alla salute ed il diritto al lavoro (con esclusione dei procedimenti disciplinati dal c.d. rito Fornero, che non sono procedimenti cautelari in senso stretto).

Vanno altresì esclusi i procedimenti cautelari vertenti su diritti di credito o diritti di proprietà che (al pari dei procedimenti ex L. Fornero) possono semmai ricondursi alla norma di chiusura.

Per i procedimenti cautelari “aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona” si pone peraltro il problema dell’eventuale istruzione, qualora si debbano sentire informatori ovvero occorra disporre un accertamento peritale (v. supra), problema aggravato dalla difficoltà di contemperare l’urgenza della trattazione con l’esigenza di “ridurre al minimo quelle forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi dell’epidemia” sottesa alla normativa in esame (v. relazione introduttiva al D.L. n. 18 del 2020).

Infine, in merito alla norma di chiusura, concernente “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti”, è bene chiarire che il “grave pregiudizio” non discende di per sé solo dall’anzianità di iscrizione a ruolo della causa, anche perché altrimenti verrebbe violata la ratio dell’intera disposizione. In tale senso del resto depone pure il comma 10 dell’art. 83, secondo cui “Ai fini del computo di cui all’articolo 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89, nei procedimenti rinviati a norma del presente articolo non si tiene conto del periodo compreso tra l’8 marzo e il 30 giugno 2020”.

Ed allora, tirando le somme, tenuto conto delle problematiche, dianzi segnalate, che potrebbero derivare da una gestione generalizzata delle udienze con le modalità di cui alle lettere f) e h) del comma 7 dell’art. 83, e ferma restando l’inopportunità di un regime diversificato “per la fissazione e la trattazione delle udienze” tra i vari uffici giudiziari per il periodo successivo al 15 aprile 2020, appare auspicabile una profonda revisione della disciplina della seconda fase dell’emergenza, fino a valutare l’opportunità di una proroga legislativa del regime attuale (rivisto nei termini di cui supra) fino al 30 giugno 2020.

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