Al Signor Ministro della Giustizia

La Giunta dell’Associazione Nazionale Magistrati, Sezione della Corte diCassazione, ringrazia il Signor Ministro di avere accettato di incontrarla. 

Com’ è purtroppo noto, la Corte di Cassazione versa in una situazione di grave criticità, le carenze di personale, mezzi e strutture, operando in azione negativamente sinergica con il sempre crescente aumento del contenzioso. 

Malgrado l’impegno al limite della sostenibilità dei magistrati e del personale, tale criticità non sempre consente di fornire una risposta celere ed adeguata alla funzione nomofilattica della Corte, con danno all’intero servizio Giustizia, essenziale per il Paese. 

Ci limiteremo, Signor Ministro, in questa sede a segnalare alcuni aspetti fortemente problematici, nella speranza che l’azione politica sia sensibile alle necessità dell’Ufficio di vertice della giurisdizione e possa effettuare i necessari interventi di sostegno e anche di correzione normativa. 

1. IL CONTENZIOSO IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE

Il contenzioso civileregistra un progressivo aumento delle iscrizioni a ruolo, salite dalle 26.693 nel 2016 alle 30.298 nel 2017 e alle 36.881 nel 2018. Malgrado l’altissimo indice di ricambio (del 100% nel 2017 e dell’88% nel 2018), al 31.12.2018 risultavano pendenti 111.353 procedimenti (fonte: Relazione sull’amministrazione della Giustizia 2018)

Una percentuale quanto mai elevata e sempre crescente di tali iscrizioni è attualmente determinata dal contenzioso in materia di protezione internazionale.

Nel 2018 sono stati iscritti ben 6.026 ricorsi in tale materia, a fronte dei 1.089 pervenuti nel 2017 (la più gran parte dei quali è affluita nell’ultimo trimestre dell’anno, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 13/2017) e dei soli 374 iscritti nel 2016. Le sopravvenienze sono ancora aumentate nel 2019, attestandosi sulle 800 unità medie mensili. 

È del tutto prevedibile che le iscrizioni cresceranno ancora nei prossimi anni, come può attendibilmente ricavarsi dal forte incremento del numero dei ricorsi iscritti nel frattempo presso i Tribunali, incremento che corrisponde al vistoso aumento del numero delle decisioni emesse dalle Commissioni territoriali. 

E non è certo un’emergenza che si potrà esaurire in breve tempo, poiché la pendenza delle domande di protezione internazionale davanti alle competenti Commissioni territoriali si calcola nell’ordine di centinaia di migliaia. 

L’impatto di questa novità sui ruoli delle sezioni civili nella Suprema Corte è decisamente allarmante. Basti considerare il rapporto tra l’incremento delle sopravvenienze di cui trattasi e il precedente numero complessivo dei ricorsi civili mediamente sopravvenuti ogni anno. Un aumento delle sopravvenienze che, come si è visto, ben presto si attesterà, prevedibilmente,nell’ordine di circa un terzo delle precedenti sopravvenienze totali. 

Tale pesante incremento non può essere fronteggiato senza un gravissimo pregiudizio per l’efficienza, in molti settori già assai difficile, della risposta della giurisdizione di legittimità anche in tutte le altre materie appartenenti al settore civile (famiglia, impresa, lavoro, responsabilità civile, locazioni, ecc.), che necessariamente risentiranno del doveroso spostamento sul versante della protezione internazionale di buona parte delle già scarse risorse. Appare quindi evidente che con le dotazioni attuali di magistrati e personale la Corte di Cassazione non è in grado di affrontare tale emergenza.

Occorre altresì evidenziare che l’incremento massiccio delle iscrizioni a ruolo in Cassazione delle cause in materia di protezione internazionaleè stato generato anche dall’abrogazione del doppio grado di merito, disposto con il d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, conv. in legge 13 aprile 2017, n. 46. Per effetto di questa riforma, il giudizio in primo grado è ora definito con decreto dalle Sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituite presso i Tribunali. Il testo, risultante dalla suddetta novellazione, dell’art. 35 bis del d.lgs. n. 28/01/2008, n. 25 prevede che tale decreto sia impugnabile in Cassazione entro trenta giorni dalla comunicazione a cura della cancelleria; prevede altresì che l’impugnazione sia decisa entro sei mesi dal deposito del ricorso.      

È dunque evidente che con l’abolizione dell’appello la Cassazione si sta vedendo sommersa da un numero enorme di ricorsi, la cui trattazione urgente si impone per espressa previsione di legge a discapito, tuttavia, degli altri ricorsi pendenti che ben possono concernere anche diritti di non minore rilevanza.

Per consentire alla Corte di reggere tale impatto senza vanificare il proprio integrale ruolo trasformandosi in un Ufficio monotematico, allora, occorre assolutamente il ripristino di un maggiore equilibrio nel sistema delle impugnazioni in materia di protezione internazionale, da più parti sollecitato, mediante la reintroduzione del doppio grado di giurisdizione di merito in funzione di “filtro” di un contenzioso destinato, altrimenti, a riversarsi direttamente e totalmente sulla Corte di cassazione.

Tale riequilibrio, peraltro, risponde al tempo stesso a una fondamentale esigenza di razionalità ed equità del sistema fortemente avvertita dalla cultura giuridica, che non manca di segnalare, al di là dei dubbi di legittimità costituzionale, la stridente contraddizione tra il riconoscimento del grado di appello in materie che coinvolgono meri interessi economici anche di scarsissimo rilievo, e la negazione dello stesso in una materia che coinvolge diritti fondamentali.

La pregnanza di questo rilievo non è per nulla scalfita dalla considerazione dell’elevata percentuale di decisioni di rigetto per infondatezza delle domande giudiziali di protezione internazionale, spesso presentate da persone prive dei necessari requisiti e spinte, piuttosto, dalla generica esigenza (ben comprensibile, e tuttavia normalmente inidonea a integrare i presupposti del diritto alla protezione stabiliti dalla legge) di migliorare le proprie condizioni di vita. Anche una non elevata percentuale di accoglimento delle domande grazie alla revisione del primo giudizio in sede di appello è sufficiente, infatti, a giustificare la possibilità del gravame grazie al quale l’errore viene corretto, attesa l’importanza vitale degli interessi in gioco.

La considerazione di cui sopra permette, anzi, di ridimensionare il timore che, ripristinandosi il doppio grado di giurisdizione di merito, si riversi sulle Corti d’appello un aggravio eccessivo. Quanto più, infatti, il contenzioso che le investirà sarà privo di consistenza argomentativa, tanto più esse potranno fronteggiarlo con lo strumento deflattivo della immediata dichiarazione di inammissibilità ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., soprattutto se si estenderanno anche alle Corti d’appello – come sarebbe ragionevole ed auspicabile – i requisiti di specializzazione già previsti per i Tribunali.

 2. IL RITO CIVILE DI LEGITTIMITA’

Preme a questa Giunta altresì segnalare che si registrano criticità derivate dalla riforma del rito civile di legittimità operata dalla legge 25 ottobre 2016 n.197. Tale riforma ha infatti introdotto una biforcazione nella trattazione dei ricorsi: decisione da parte della sezione semplice ai sensi dell’articolo 375 c.p.c., secondo comma, o decisione da parte della sezione a ciò specificamente destinata (“apposita”) ex articolo 380 bis c.p.c. – attualmente, secondo la ripartizione tabellare, sesta sezione civile della Corte di cassazione. Ricorsi per i quali è prevista, nell’un caso e nell’altro, la trattazione mediante rito camerale (nella sezione ordinaria anche mediante pubblica udienza), che presenta però caratteristiche parzialmente diverse. Questa c.d. biforcazione crea una parziale sovrapposizione di attività (in termini in primis di spoglio dei fascicoli e di adempimenti di cancelleria) e determina differenze di non sempre agevole comprensione anche da parte del Foro.

Questa Giunta propone pertanto che, visti anche gli intenti legislativi di riforma processuale in atto, siano rimeditati e semmai novellati i riti civili che attualmente governano l’attività della Cassazione, all’esito di tavolo ampio di confronto che veda la partecipazione anche di rappresentanti della Corte di Cassazione stessa.

3. IL PROCESSO PENALE IN CASSAZIONE

L’esame dei dati statistici dei movimenti del settore penale rivelano che a seguito della c.d. “riforma Orlando” il flusso dei procedimenti penali in entrata è diminuito di 4.472 unità nel 2018 e di sole 505 unità nel 2019. Sicché si può affermare che l’effetto della riforma ha inciso sulle sopravvenienze nella misura di poco superiore all’11,5%. Al momento, le sopravvenienze registrate fino a settembre 2019 si attestano sul numero di 37.966 (con conseguente prevedibile numero di sopravvenienze per l’anno in corso superiori a 50.000). Il dato più significativo è costituito dal fatto che nell’anno 2017 sono stati assegnati alla Settima sezione penale il 45,1% dei ricorsi, nel 2018 il 38,7%, nel 2019 il 41,1%. Ne consegue che la riforma Orlando ha inciso meno di quanto il dato relativo al calo delle sopravvenienze possa far pensare: al predetto calo delle sopravvenienze, infatti, non corrisponde un aumento delle assegnazioni dei ricorsi alla Settima sezione, che sono anzi diminuiti. Resta il fatto, inoltre, che quasi metà del lavoro della Corte di cassazione è costituito da pronunce di inammissibilità che restano percentualmente pressoché costanti e ciò senza contare le numerose sentenze di inammissibilità pronunziate dalle sezioni ordinarie. Tale stato di cose rende opportuno riflettere ancora sull’ opportunità di introdurre ulteriori strumenti di deterrenza rispetto alla proposizione di ricorsi pretestuosi o manifestamente infondati. Quanto a questi ultimi, appare opportuno valutare, in un’ottica di semplificazione degli adempimenti formali, la previsione di un’estensione delle ipotesi di inammissibilità pronunciabili de plano anche per tale categoria di ricorsi. Ciò in un’ottica di semplificazione ulteriore del rito, in specie camerale, rispetto al quale andrebbe anche valutata l’estensione delle ipotesi in cui la partecipazione delle parti non è necessaria. Per il futuro, appare necessario monitorare gli effetti sul processo in cassazione della nuova disciplina della prescrizione, i cui problemi interpretativi avranno bisogno di essere attentamente vagliati, in specie per quanto concerne i processi in corso.

4. L’UFFICIO DEL MASSIMARIO

Per effetto dell’art. 1, comma 980 della L. 27/12/2017, n. 205, che – per la durata di tre anni dall’entrata in vigore dei commi da 961 a 981 – ha previsto l’applicazione dei magistrati del Massimario “esclusivamente” alla Sezione tributaria per essere destinati a comporne i collegi, sono stati applicati a tale sezione n. 22 unità degli attuali 58 magistrati presenti in organico (39 al settore civile, 19 al settore penale) dei 67 previsti.

Ciò ha comportato difficoltà nello svolgimento dei compiti ordinari d’istituto, quali in primis l’attività di massimazione, che ha la funzione fondamentale di garantire, attraverso l’opera di sistematizzazione della giurisprudenza di legittimità, l’esercizio della funzione nomofilattica.

5. IL PCT IN CASSAZIONE

La Corte di Cassazione – in un momento come l’attuale, che vede aumentare in modo esponenziale il contenzioso – confida che il PCT di legittimità, quale fattore di ottimizzazione ed efficientamento nell’organizzazione del lavoro giudiziario, si realizzi sia nel settore civile che in quello penale,secondo il progetto in itinere e nei tempi già indicati in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2019. E’necessario quindi che venga mantenuta alta l’attenzione da parte delle competenti strutture ministeriali in relazione alle connesse esigenze e ciò attraverso il pieno supporto non solo tecnologico, ma anche in termini di risorse materiali e umane. La realizzazione del progetto, in tempi rapidi e secondo le specifiche innovazioni ideate, consentirebbe alla Corte di Cassazione non solo di entrare finalmente a pieno titolo nel circuito del PCT, ma di rappresentare un punto di riferimento per l’intero sistema, dando ad esso nuovo impulso per una sempre maggiore funzionalità ed efficienza, con evidenti ricadute positive sul complessivo “servizio giustizia”. 

6. LOGISTICA E SERVIZI

La Corte di Cassazione presenta una situazione gravemente insufficiente quanto ad organici, logistica e servizi:

1.la pianta organica dei magistrati della Corte, a seguito del recente aumento, prevede: 59 Presidenti, 356 Consiglieri, 67 Magistrati addetti al Massimario per un totale di 482 unità. Attualmente risultano presenti in Corte 51 Presidenti, 293 giudici e 58 magistrati addetti al Massimario. I dati allarmanti dei flussi dei procedimenti della Corte, sia nel settore penale che in quello civile, non paragonabili a quelli di nessun’altra Corte europea, rendono ancor più insostenibili i carichi di lavoro, siccome assegnati a un numero di Giudici significativamente inferiore a quello della pianta organica;

2. il recente aumento di organico andrebbe supportato da un corrispondente aumento dell’organico del personale amministrativo, attualmente ancora calibrato su quello precedente dei magistrati e per giunta connotato da ampie scoperture (pari al 30% circa) destinate ad aumentare nel prossimo anno per effetto del pensionamento di molti funzionari, anche in virtù della cd. “quota 100”. I servizi di cancelleria risentono fortemente di tale scopertura e fanno registrare ovviamente criticità, quanto ad efficienza e prontezza, specie in settori nevralgici, quale quello della pubblicazione dei provvedimenti;

3.la provenienza dei Magistrati della Corte da tutto il territorio nazionale è un “valore” irrinunciabile per la Corte di Cassazione, in considerazione della pluralità diesperienze territoriali (operative ed interpretative)di cui sono portatori i singoli magistrati che trovano sintesi nei Collegi, attraverso l’uniforme interpretazione della legge. Tuttavia, non si può non registrare come negli ultimi tempi vi sia stata una significativa “carenza di vocazioni” al tramutamento presso un Ufficio sì prestigioso, in considerazione dei notevoli disagi da affrontare, che incidono pesantemente sugli aspetti personali ed economici della vita degli aspiranti(carichi di lavoro insostenibili, organizzazione di viaggi anche piuttosto lunghi per raggiungere la Corte, plurimi pernottamenti in alberghi con cadenza settimanale, connessi non solo alla celebrazione delle udienze, ma anche allo studio preventivo dei fascicoli assegnati, assenza di luoghi di studio fruibili all’interno delle singole Sezioni della Corte di cui si dirà sub 4). Anche Consiglieri di pluriennale esperienza hanno chiesto e chiedono il trasferimento presso Uffici territoriali più vicini alla propria residenza, non riuscendo a sostenere i ritmi della Corte di Cassazione.

L’ammontare dell’indennità di cui all’art. 3, comma 79, della l. 24 dicembre 2003, n. 350 per i Consiglieri non residenti -di circa € 500,00 mensili per undici mesi-non è stato mai aggiornato in relazione ai costi attuali e all’incremento dei carichi di lavoro della Corte, richiedenti senz’altro una più intensa presenza in ufficio per lo studio dei processi,sicché essa oggi non riesce a coprire neppure le spese per i trasporti. I Magistrati addetti all’Ufficio del Massimario della Corte, pur affrontando significative spese di viaggio e di alloggio a Roma alle quali fanno fronte con sacrificio, non percepiscono tale indennità;

4. le carenze logistiche della Corte del pari incidono pesantemente sulle condizioni di lavoro dei magistrati addetti. Invero, presso le Sezioni, come accennato, non vi sono spazi da destinare a studi per i magistrati necessari per l’esame dei fascicoli. In molti casi vi è un’unica stanza per Sezione, nella quale sono sistemate scrivanie in numero certo inferiore ai magistrati che dovrebbero usufruirne. A ciò va aggiunta la difficoltà non solo per i Magistrati, ma per il personale tutto e per gli avvocati di raggiungere le aule di udienza rispetto alle Cancellerie e dalle Sezioni, stante la scarsità degli ascensori, alcuni dei quali sistematicamente fuori uso, per la periodica manutenzione;

5.davvero pochi sono i servizi dei quali i magistrati della Corte fruiscono: tra i pochi vi è quello delle “autovetture” che (dovrebbe) consentire ai Magistrati il giorno di udienza di raggiungere prontamente la Corte, ovvero dopo l’udienza di raggiungere i mezzi di trasporto per il rientro a casa (ove possibile). Ebbene, recentemente tale servizio presenta notevoli riduzioni e disfunzioni connesse alla carenza del personale (molti autisti sono andati in pensione e non sostituiti) e delle risorse economiche di supporto(per l’acquisto della benzina o per l’effettuazione della manutenzione delle autovetture, ovvero ancora per la sostituzione dei veicoli più datati ormai non funzionanti). Basterebbe un contributo economico di non notevole rilievo, secondo le stime degli addetti, per rendere il servizio nuovamente efficiente.

7. LA PROCURA GENERALE

Il recente aumento di organico della Procura generale presso la Corte di Cassazione, con l’aggiunta di un sesto Avvocato generale e di 17 sostituti Procuratori generali ai 67 già previsti, ottenuto grazie al fattivo contributo del Signor Ministro (attualmente sono scoperti n. 24 posti da sostituto Procuratore generale ed è in corso di definizione un concorso indetto dal Consiglio per la copertura di 7 posti), andrebbe supportato da un corrispondente aumento dell’organico del personale amministrativo, attualmente ancora calibrato su quello precedente dei magistrati e per giunta connotato da ampie scoperture (pari al 22%) destinate ad aumentare nel prossimo anno per effetto del pensionamento di molti funzionari, anche in virtù della cd. “quota 100”.

Con specifico riferimento alla Procura generale si osserva quanto segue.

Riguardo al settore civile, potrebbe essere utilmente sviluppato l’istituto del ricorso nell’interesse della legge previsto dall’art. 363c.p.c.:

  • prevedendo la creazione di canali informativi istituzionali con funzione informativa della Procura generale dei provvedimenti di merito in relazione ai quali si pongono questioni di interesse nomofilattico che giustificano l’attivazione dell’ufficio;
  • ampliando la praticabilità del ricorso con l’introduzione di meccanismi di coinvolgimento preventivo per la enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge sulla falsariga dell’art. 420-bis c.p.c. (il quale prevede la possibilità di un accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi da parte del giudice di merito con provvedimento unicamente ricorribile per cassazione).

L’istituto potrebbe poi essere esteso anche al settore penale, considerata l’introduzione, con la legge n. 103/2017, della possibilità per le Sezioni Unite penali di enunciare, anche d’ufficio, il principio di diritto quando il ricorso è dichiarato inammissibile per una causa sopravvenuta (art. 618, comma 1-ter, c.p.p.).

Per quanto riguarda il settore disciplinare si rappresenta il ruolo fondamentale della Procura generale nella interlocuzione su possibili interventi di riforma i quali, come da tempo auspicato, dovrebbero correggere la c.d. “tipizzazione imperfetta”introdotta dal d.lgs. n. 109/2006, con la miglior modulazione di alcune fattispecie in modo da evitare che comportamenti comunemente ritenuti lesivi dell’immagine del magistrato sfuggano all’intervento sanzionatorio.

Ruolo di interlocuzione che sembra imprescindibile anche nell’ormai prossima definizione dello status e della dislocazione dei Procuratori europei delegati in attuazione della disciplina del Procuratore europeo.

Quanto, poi, alle attività di attuazione dell’articolo 6 del d.lgs. n. 106 del 2006, in tema di uniforme esercizio dell’azione penale, si rappresenta l’esigenza che il sistema a rete realizzato nel tempo attraverso una costante interlocuzione dell’Ufficio con le Procure generali presso le Corti di appello sia supportato dalle necessarie risorse (umane, materiali, informatiche, statistiche) onde poter far meglio fronte alle crescenti incombenze connesse all’attuazione della norma ed al monitoraggio propedeutico alla realizzazione della predetta uniformità.

In tale prospettiva, come anche proposto da vari Procuratori generali, sarebbe utile la costituzione di un tavolo permanente tra Procura generale della Corte di Cassazione, Procure generali, Consiglio Superiore della Magistratura e Ministero su aspetti problematici organizzativo-gestionali al fine di affrontarli in modo organico e non frammentario.

Si richiamano, infine, le difficoltà logistiche ed operative già esposte per i consiglieri della Corte di Cassazione, che negli stessi termini si ripropongono anche per l’attività dei magistrati della Procura generale.

Ringraziamo dell’attenzione, auspicando che questo incontro possa essere l’inizio di una costruttiva interlocuzione.

Roma, 27 novembre 2019

La Giunta ANM della Corte di Cassazione

Paola Ghinoy Presidente
Aldo Aceto Segretario
Pasquale Fimiani Componente
Chiara Graziosi Componente
Rosa Pezzullo Componente
Carlo Renoldi Componente
Alessio Scarcella Componente

«1. Premessa

Il Consiglio Superiore della Magistratura, con la delibera dell’11 ottobre 2017, ha approvato “Le linee guida funzionali alla diffusione di buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari” ed ha istituito, presso la Settima Commissione, l’Osservatorio permanente per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle “buone prassi”;

Con la successiva delibera plenaria in data 8 novembre 2017, dedicata ai nuovi programmi di gestione per il 2018, il Consiglio ha introdotto nelle linee guida per la formazione degli stessi e nel relativo format una specifica sezione dedicata alle procedure esecutive immobiliari;

– L’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura si è poi sviluppato, con l’ausilio dell’Osservatorio, con la delibera del 25 maggio 2018, relativa alle modalità di pubblicazione delle vendite sul portale delle vendite pubbliche e alle modalità di realizzazione delle vendite telematiche, introdotte nel sistema dalla nuova formulazione dell’art. 569 c.p.c. ed operative a partire dal 10 aprile 2018 e con la richiesta agli uffici di aggiornamento dei dati relativi alle procedure esecutive al 30 aprile 2018;

– Con la delibera del 18 giugno 2018 il Consiglio ha operato una prima ricognizione sugli esiti dell’applicazione delle linee guida, rilevando l’accelerazione considerevole nei tempi delle procedure e l’adozione, da parte degli Uffici, di prassi applicative conformi al contenuto delle linee guida, con risultati positivi che hanno segnalato, nei suoi tempi medi, la tendenza più significativa nella riduzione dell’arretrato.

– Anche le linee guida per la formazione dei programmi di gestione per il 2019 e nel relativo format recano la sezione relativa all’esecuzioni immobiliari, tanto da consentire di svolgere – anche sulla base delle elaborazioni effettuate dall’Ufficio statistico del C.S.M. e con l’ausilio dell’Osservatorio – una prima, parziale analisi dell’incidenza delle “buone prassi”, ad un anno dalla loro approvazione;

Le indicazioni rese dagli uffici hanno infatti riguardato, tra l’altro:

– il numero di procedure immobiliari pendenti, per anno di iscrizione, alla data di compilazione del format;

– il numero delle procedure immobiliari sopravvenute negli ultimi 12 mesi;

– il numero delle procedure immobiliari definite negli ultimi 12 mesi;

– il numero di fascicoli in attesa di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c.;

– la previsione di ulteriori udienze ex art. 569 c.p.c. per la trattazione dei fascicoli pendenti con l’indicazione del numero di udienze mensili ex art. 569 cpc, in aggiunta a quelle già fissate alla data di redazione del programma;

– la previsione di ulteriori udienze ex art. 569 c.p.c. per gestire le nuove sopravvenienze anche successivamente al riassorbimento dell’arretrato.

2. Disamina dei dati statistici  nazionali

Dal complesso dei dati che seguono forniti dagli Uffici, pur con qualche incongruenza, con i programmi di gestione 2019 relativi alle pendenze, alle definizioni, agli indici di smaltimento e di ricambio e ai tempi di durata dei procedimenti si inizia ad evidenziare un cambio di passo degli Uffici Giudiziari nel settore delle procedure esecutive immobiliari.

L’attività dell’Osservatorio ha agevolato e promosso in tutti gli uffici un monitoraggio costante sulle fissazioni delle prime udienze, ha rappresentato uno sprone a svolgere plurimi esperimenti di vendita all’anno, ha costituito un incentivo ad una gestione sempre più informatizzata, telematica, standardizzata e controllata delle procedure, nell’obiettivo di liquidare prima e meglio i cespiti a beneficio di tutti i soggetti coinvolti.

Le pendenze.

PROCEDURE PENDENTI A FINE
ANNO
ANNO 2016 2017 2018
  264.016 269.408 245.693
       
VARIAZIONE DELLE PENDENZE   +2,25 % -8,8 %

Con buona evidenza, anteriormente all’adozione della delibera sulle buone prassi, il trend mostrava un accrescimento delle pendenze, che infatti aumentavano rapidamente di parecchie migliaia tra il 2016 e il 2017, ad un tasso di incremento del 2,25% tra il primo e il secondo dei due anni assunti a riferimento. 

Nel 2018 – quindi posteriormente alla messa a regime nei singoli Uffici giudiziari delle indicazioni contenute nella delibera in parola – si registra, per converso, una prima, sensibile riduzione delle pendenze, che diminuiscono addirittura, nel volgere di dodici mesi, di n. 23.715 procedimenti, pari all’8,8% in meno rispetto all’anno prima.

Il risultato illustra un’ importante inversione di tendenza rispetto alla situazione di partenza.

Procedure definite    

L’aumento delle definizioni nel 2018, rispetto al 2017, assomma a n. 13.286 procedimenti. Viene, pertanto, in risalto, proprio a seguito dell’attuazione della delibera dell’ottobre 2017 un marcato miglioramento della performance, che si attesta ad un 21,96% in più di procedimenti conclusi rispetto al momento di avvio della diffusione delle buone prassi.

PROCEDURE DEFINITE A FINE ANNO
  2017   60.491
  2018   73.777  
  Percentuale di incremento di definizioni  tra  fine 2017 a fine 2018: 21,96%

Procedure sopravvenute: analisi degli indici di “ricambio” e di “smaltimento”

L’indice di ricambio è dato, com’è noto, dal rapporto tra procedure definite e procedure sopravvenute.

Dalle elaborazioni eseguite dall’Ufficio Statistico (sui dati forniti dagli uffici) emerge una crescita di 39 punti (in percentuale addirittura del 38,24% da un anno all’altro) dell’indice de quo. Ciò è sintomatico  di una tendenza positiva estesa che va nel senso della ottimizzazione della performance del settore esecuzioni all’interno degli Uffici.

Esemplificativamente, infatti, su un segmento di riferimento ipotetico di 100 procedure sopravvenute, se ne sono definite nel corso del 2018 ben 141, nel mentre se ne erano definite soltanto 102 su 100 nel corso del 2017, allorquando il settore delle esecuzioni versava in una situazione di sostanziale stallo, nel cui quadro emergevano in ragionevole controtendenza proprio quegli Uffici che avevano attuato le buone prassi in anticipo rispetto alla delibera consiliare.

Il prospetto sotto riportato si mostra di per sé eloquente.

Anno 2017 2018 Differenza percentuale rispetto all’anno precedente
Indice di ricambio  102 141 +38,24%
VARIAZIONI DELL’INDICE DI RICAMBIO
2017 102 VARIAZIONE DELL’INDICE DI RICAMBIO 38,24%
2018 142

Indice di smaltimento  

Anche l’indice di smaltimento, espresso dal rapporto tra procedure definite e somma delle procedure pendenti e sopravvenute, segnala tra il 2017 e il 2018 una crescita considerevole di 6,2 punti, che non necessita, per la sua nettezza, di particolari commenti.

VARIAZIONI DELL’INDICE DI SMALTIMENTO
2017 18,5 INCREMENTO DELL’INDICE DI SMALTIMENTO DEL6,2%
2018 24,7

Durata prognostica delle procedure  

Anche la durata prognostica delle procedure esecutive ha beneficiato dell’effetto di sistema connaturato alle buone prassi, quindi al recupero dell’efficienza dei processi. Detta durata – calcolata sulla base del rapporto tra il numero di procedure pendenti ed il numero di procedure definite nell’ultimo anno – è, infatti, scesa di oltre un anno, così da approssimarsi alla soglia ab initio insperata dei tre anni rilevante ai fini della “legge Pinto”: il raggiungimento della soglia anzidetta rappresenta finalmente un orizzonte reale.

Va notato che l’importanza di conseguire una riduzione della durata della procedura di liquidazione giudiziale presenta importanti risvolti anche nella più ampia prospettiva della regolamentazione del mercato del credito. Alla luce dell’obbligo per il sistema bancario di svalutare progressivamente i crediti deteriorati con il passare del tempo secondo percentuali minime prefissate a prescindere dalle attese di recupero – è evidente che per le banche è ogni anno più costoso mantenere in bilancio esposizioni deteriorate, per cui diventa cruciale ridurne il ciclo vitale.

Da recenti dati forniti dalla Banca d’Italia i tempi di recupero dei crediti deteriorati, ancorchè ancora disallineati rispetto alla media dei paesi europei maggiormente virtuosi sembrano accorciarsi.

Sempre la Banca d’Italia chiarisce che i tassi di recupero decrescono all’aumentare del tempo a tal fine necessario.

Tempi di recupero più elevati rispetto alla media europea comportano diverse conseguenze: innanzitutto, un aumento del costo di provvista e del costo del rischio per gli istituti di credito in uno alla connessa esigenza di una maggiore dotazione patrimoniale; in secondo luogo, lo scotto di uno svantaggio competitivo degli istituti di credito rispetto agli enti omologhi di altri paesi; in terzo luogo, un minor sostegno del sistema creditizio all’economia in ragione dei prestiti più contenuti e costosi che il primo è in grado di somministrare; in ultima istanza, una minore propensione agli investimenti da parte delle imprese in correlazione ai maggiori tassi di investimento ad esse applicabili.

Procedure da avviare

L’origine della “patologia” dell’ambito delle esecuzioni immobiliari afferiva alla insufficiente destinazione  di risorse, cui si correlava il mancato avvio delle procedure dopo il completamento del tempestivo deposito, da parte dei debitori, della documentazione utile a darvi corso.

La delibera sulle buone prassi e il format dell’art. 37 sono intervenute proprio sulle cause primigenie dell’inefficienza settoriale, imprimendo una immediata accelerazione della fase iniziale delle procedure.

Il dato della “movimentazione” capillare dei procedimenti è suscettibile di essere colto in misura pregnante sol che si consideri che, se nel 2017 i procedimenti per i quali doveva essere fissata l’udienza ex art. 569 c.p.c. assommavano a 37281, mentre nel 2018 scendono alla cifra di 17667.

PROCEDIMENTI IN ATTESA DI FISSAZIONE UDIENZA EX ART.569 C.P.C. A FINE ANNO  
2017 37281 RIDUZIONE DEI PROCEDIMENTI IN ATTESA DI FISSAZIONE DELL’UDIENZA EX ART.569  C.P.C. DEL 51,63%
2018 17667

3. La prosecuzione dell’attività dell’Osservatorio: approfondimento dell’analisi e aggiornamento delle “buone prassi”.

La prosecuzione di una verifica a più ampio spettro sulla diffusione delle buone prassi consentirà sia di misurarne, in chiave statistica, l’incidenza sulla performance degli uffici, sia di procedere all’aggiornamento delle Linee guida entro l’Ottobre del 2019, quindi a due anni esatti di distanza dalla loro adozione.

Detta verifica si arricchirà di un set informativo più articolato, posto che DGSIA procederà a breve ad estrazioni di dati da Siecic su dieci uffici “campione” previamente selezionati di concerto con la Settima Commissione.

Tale compendio di dati consentirà, per la completezza e la capillarità che lo contrassegnano, di svolgere elaborazioni più minuziose e approfondite in relazione alle fasi iniziali del processo esecutivo, di particolare rilevanza. Ciò consentirà sia di saggiare l’effetto “di sistema” delle buone prassi già in atto, sia di calibrarne l’ulteriore spinta sui singoli segmenti che articolano il giudizio. Ciò favorirà un ulteriore recupero di efficienza e di trasparenza e un ragionevole accorciamento ulteriore dei tempi processuali.

Sotto altro versante, l’attenzione verrà concentrata anche sullo stato di attuazione del sistema delle vendite con modalità telematiche, ai fini di una ricognizione improcrastinabile delle rilevanti criticità variamente emerse a livello empirico. Nel contempo è stato avviato un monitoraggio con delibera della Settima Commissione del 16 aprile 2019 riguardante lo stato delle convenzioni stipulate nel corso degli anni con i gestori unici degli adempimenti pubblicitari, i quali a tutt’oggi, forniscono personale di supporto alle cancellerie. Con riferimento ad ambedue i piani rammentati, il lavoro dell’Osservatorio verrà supportato (oppure è supportato) dal riscontro che gli Uffici forniranno (o hanno fornito) ad uno schema succinto di domande, già rimesso alla Settima Commissione, che lo ha inoltrato ai Presidenti dei Tribunali nel maggio 2019, sull’utilizzo delle buone prassi nelle procedure esecutive. In particolare alcune domande riguardano la fase iniziale di avvio delle procedure, come l’utilizzo della smart check list, la richiesta ai periti di adottare un format standardizzato, le modalità di attuazione dell’ordine di liberazione; una seconda parte riguarda più approfonditamente le “vendite telematiche”, fase che presenta maggiori problematiche; in particolare si è chiesto agli uffici se e con quali modalità viene adottata la vendita telematica (sincrona, asincrona), la scelta del  Gestore unico e il servizio di pubblicità, le modalità di presentazione dell’offerta e della cauzione, la gestione del sito Internet (in proprio o mediante società privata), il servizio di pubblicità, l’impiego del personale o l’utilizzo di quello privato.

  1. Rapporti riepilogativi

L’art. 16bis, comma 9 sexies, DL 179/12 ha previsto che il professionista delegato nelle esecuzioni immobiliari depositi un rapporto iniziale, semestrale e finale.

Nelle procedure esecutive immobiliari, diversamente da quanto è già avvenuto nelle procedure concorsuali, è stato per ora predisposto  soltanto il rapporto riepilogativo finale; quello iniziale e quello periodico saranno pronti a breve.

La suddetta previsione normativa è diretta a conseguire vari risultati:

a)      consentire al giudice dell’esecuzione di esercitare un effettivo e pregnante controllo sulle modalità di conduzione della singola procedura e di comparare le diverse modalità di gestione delle procedure da parte di ciascuno dei professionisti incaricati;

b)      consentire al Presidente della sezione e al Presidente del Tribunale di verificare se le singole decisioni di tipo organizzativo o più specificamente giurisdizionale comportano delle ricadute in termini di efficienza o di efficacia e, quindi, individuare le migliori prassi, cioè quelle che consentono di conseguire i risultati più soddisfacenti in termini di celerità e di ricavato;

c)      consentire alle autorità centrali di comparare l’andamento complessivo di un settore nevralgico per l’economia  e per la tutela del credito e,  quindi, effettuare scelte di politica legislativa o di politica economica con maggiore consapevolezza.

Per conseguire questi risultati sono necessarie le seguenti iniziative:

a)      ottenere dal Ministero la replica non solo delle maschere principali del sistema informatico SIECIC, ma anche delle maschere dei singoli lotti (ora ciò non è previsto); le maschere dei lotti contengono una serie di dati indispensabili per le estrazioni,  e cioè esemplificativamente: valore di stima, valore di aggiudicazione, ecc.;

b)      elaborare una serie di query da commissionare alla società che il CSM ha individuato per la gestione del datawarehouse;

queste queryes saranno indispensabili per poter estrarre ed elaborare i dati, ovviamente, è indispensabile che il Consiglio rifletta sull’uso che dell’analisi delle procedure esecutive vuole e/o può fare e solo successivamente sarà possibile individuare le queryes  conseguentemente estrarre gli indici;

c)      infine, è indispensabile che tutti i professionisti delegati adottino effettivamente il rapporto periodico (finale e, quando saranno pronti, anche quello iniziale e quello periodico) conforme al modello ministeriale; solo così si potrà garantire una corretta alimentazione della base dati;

Pertanto, al fine di conseguire  l’effetto di obbligare tutti i professionisti delegati ad adottare i modelli ministeriali, il CSM auspica un’effettiva azione di controllo sui professionisti delegati da parte dei  giudici dell’esecuzione, i  Presidenti di sezione ed i Presidenti di Tribunale.

Sarebbe inoltre ulteriormente auspicabile che il Ministero (e segnatamente la Direzione generale della giustizia civile) apporti le dovute modifiche sulla circolare  23.10.2015 in tema di  processo civile telematico, prevedendo che la cancelleria debba rifiutare gli atti depositati telematicamente dagli ausiliari del giudice che non sono conformi ai modelli ministeriali. Infatti, contrariamente a quanto avviene per il deposito degli atti processuali depositati dai difensori, quelli depositati dagli ausiliari del giudice non sono soggetti a decadenza e quindi possono essere rifiutati dalla cancelleria, con invito a rinnovare il deposito utilizzando il modello informatico adottato dalla Dgsia.

In un prossimo futuro il Consiglio si riserva di intervenire anche nel settore delle procedure concorsuali, per le quali i rapporti riepilogativi periodici sono in uno stato ancora più avanzato, atteso che è stato predisposto anche quello periodico, che è ovviamente molto più importante rispetto a quello finale.

            Alla luce di tali conclusioni,

il Consiglio Superiore della Magistratura

delibera

1)     di delegare l’Osservatorio permanente per l’efficienza delle procedure esecutive e l’attuazione delle “buone prassi” a proseguire l’attività di monitoraggio intrapresa, anche in collaborazione con DGSIA e in eventuale cooperazione con soggetti qualificati, previa interlocuzione con la Settima Commissione referente;

2)      di invitare i Presidenti di Tribunale ad esercitare un’effettiva attività di vigilanza sui professionisti delegati, in modo da far sì che tutti utilizzino i modelli informatici (non solo del rapporto finale, ma anche di quello iniziale e di quello semestrale, quando questi ultimi saranno stati apprestati) approvati dal Ministero;

3)     di delegare l’Osservatorio ad aggiornare e implementare le linee guida di cui alla delibera dell’11 Ottobre 2017 al fine di garantirne la costante attualità;

4)     di delegare l’Osservatorio ad adottare ogni iniziativa per favorire la diffusione della conoscenza delle buone prassi nel settore delle esecuzioni immobiliari, previa interlocuzione con la Settima Commissione referente. Nello svolgimento dell’attività di cui ai punti precedenti l’Osservatorio si coordinerà con la Struttura Tecnica per l’Organizzazione.”

851/VV/2014 – 34/VQ/2019 – Adozione di misure organizzative urgenti in materia di ferie dei magistrati (ex art. 16, comma 4 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n.162) – rideterminazione urgente del cd periodo cuscinetto e modifica della circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti per il triennio 2017/2019.

«1. Premessa.– Com’è noto, il decreto legge 12 settembre 2014, n.134 convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162, contenente ”Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, ha da un lato ridotto a trenta giorni il periodo di sospensione feriale dei termini processuali, fissandolo dal 1 al 31 agosto di ogni anno, dall’altro, ridotto a trenta giorni anche il periodo di ferie dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché degli avvocati e procuratori dello Stato. Precisamente, l’art.16, comma 1 del citato decreto legge è intervenuto sull’articolo 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 sostituendo le parole “dal 1° agosto al 15 settembre di ciascun anno” con le parole “dal 1 al 31 agosto di ciascun anno”, mentre, con il secondo comma, è stata modificata la legge 2 aprile 1979, n. 97 (Ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato) introducendo l’art.8 bis che ha previsto, per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché per gli avvocati e procuratori dello Stato, con decorrenza dall’anno 2015, fermo quanto disposto dall’articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 937 (e cioè la conferma dei 6 giorni di riposo in aggiunta ai periodi di congedo) (1) , “un periodo annuale di ferie di trenta giorni”. Il comma 4, dello stesso articolo 16, ha tuttavia previsto che “gli organi di autogoverno delle magistrature e l’organo dell’avvocatura dello Stato competente provvedono ad adottare misure organizzative conseguenti all’applicazione delle disposizioni dei commi 1 e 2”.


Il Consiglio Superiore della Magistratura, all’indomani della novella legislativa, aveva adottato una prima misura di carattere organizzativo (delibera del 25.03.2015) per offrire “ai dirigenti degli uffici giudiziari ed ai magistrati gli strumenti di normazione secondaria necessari per la predisposizione del cd. piano ferie annuale” con l’obiettivo di assicurare “l’effettività del godimento del periodo di ferie” dei magistrati in ragione della peculiarità del loro lavoro che non soltanto postula la redazione dei provvedimenti in epoca immediatamente successiva al loro passaggio in decisione, ma può anche implicare, nelle diverse modalità di svolgimento delle funzioni giudiziarie, “attività” da espletare senza soluzione di continuità o, comunque, senza possibilità di differimento alla fine del periodo feriale. Con la delibera citata il Consiglio aveva, infatti, ribadito il principio, più volte affermato (2) , che al magistrato in ferie non poteva essere richiesta alcuna attività lavorativa e, conseguentemente, aveva demandato ai dirigenti degli uffici giudiziari la predisposizione delle misure organizzative utili a rendere effettiva la fruizione del periodo di ferie di tutti i magistrati. In quest’ottica, preso atto del periodo feriale stabilito dal Ministro della Giustizia, il Consiglio aveva stabilito che:
a) “al fine di garantire l’effettività del godimento delle ferie – i Dirigenti degli uffici giudiziari, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, programmeranno il calendario ed i ruoli delle udienze del mese di luglio in modo da prevedere un congruo periodo da destinare al deposito dei provvedimenti e alle ulteriori attività connesse prima dell’inizio del periodo feriale stabilito con decreto del Ministero della Giustizia, nonché il calendario ed i ruoli delle udienze del mese di settembre in modo da prevedere un congruo periodo da destinare allo studio degli atti e alla preparazione delle udienze. Ulteriori accorgimenti organizzativi dovranno essere previsti, per la stessa finalità, anche per i magistrati che godranno di parte delle loro ferie in periodi diversi da quello feriale, tenendo conto delle esigenze dell’ufficio”;
b) “ i dirigenti degli uffici dovranno prevedere una tabella feriale conseguentemente più estesa in ragione delle determinazioni assunte per effetto di quanto indicato nella lettera precedente. I dirigenti dovranno in tale periodo scadenzare i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze ed i provvedimenti urgenti ed indifferibili, in maniera tale da garantire l’effettività del godimento delle ferie anche per i magistrati che esercitino funzioni naturalmente connesse con le urgenze ed i turni di reperibilità (es. Gip, Procura, Tribunale del Riesame, Giudice Tutelare, ecc. )”;
aveva inoltre stabilito di:
c) “richiedere ai dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti di predisporre nell’ambito dei progetti tabellari e dei documenti organizzativi degli uffici requirenti, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, con provvedimento immediatamente esecutivo da trasmettere al Consiglio giudiziario ed al C.S.M. e sottoposto ad approvazione in caso di osservazioni, le misure organizzative idonee a garantire il recupero delle energie lavorative da parte dei magistrati impegnati nei turni nei giorni festivi e nelle ore notturne, da fruire tenendo conto delle esigenze dell’ufficio e della programmazione del lavoro del magistrato…”;
d) “evidenziare, sia per i giudici che per i pubblici ministeri, che la giornata del sabato impone la presenza in ufficio esclusivamente per assicurare udienze e turni calendarizzati o attività urgenti sopravvenute ed indifferibili”. Conseguentemente era stato anche modificato l’art. 12 della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2014/20163 e la stessa disciplina è stata poi esattamente riportata anche negli artt.34 e segg. della attuale circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2017/2019 (4) ”.

Tuttavia, l’applicazione concreta, da parte dei dirigenti degli uffici, delle regole organizzative predisposte dal Consiglio, non sempre aveva dato risultati soddisfacenti e sufficientemente uniformi, tant’è che, nei primi anni di applicazione del nuovo regime, numerose tabelle feriali predisposte dai dirigenti degli uffici erano state censurate dallo stesso CSM perché prive delle disposizioni necessarie (o comunque sufficienti) a rendere effettivo il godimento delle ferie di tutti i magistrati; anche per questo motivo, sin dall’inizio, la questione delle ferie dei magistrati ordinari era stata portata anche all’attenzione del giudice amministrativo che, con la recente sentenza del C.d.S. 02719/2019 del 29.04.2019 – pur non pronunciandosi direttamente sulla normativa secondaria di fonte consiliare – ha, tuttavia, sostanzialmente giudicato insufficienti le misure organizzative predisposte dal Consiglio per garantire l’effettivo godimento delle ferie dei magistrati ordinari.
L’arresto del Giudice amministrativo richiede, pertanto, un nuovo intervento – anche in via d’urgenza – affinchè sia applicabile anche all’imminente e prossimo periodo feriale in modo da ripristinare, per utilizzare le parole del Giudice amministrativo, “un periodo di ferie autentiche, effettive e non già nominali: vale a dire senza l’onere di un lavoro residuo – o anticipatorio – da svolgere, seppure fuori dell’ufficio, durante la loro vigenza: in modo da evitare che si realizzi di fatto un autentico vulnus al principio dell’art 36 Cost. («Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi») e alla sua indeclinabile finalità di riposo e ricostituzione delle energie psico-fisiche del dipendente”. Ciò in quanto, come chiarito sempre dal Giudice amministrativo, “l’equiparazione del periodo di ferie tra i magistrati (quanto meno svolgenti funzioni giudiziarie) e i restanti dipendenti pubblici – data la specificità dell’attività ulteriore gravante sui primi, comportante la redazione, anche se durante le ferie, dei provvedimenti assunti in decisione – si risolverebbe in una irragionevole disparità di trattamento se non soccorresse un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art 16, comma 4, del decreto legge n.132 del 2014 nel senso che occorre, come atto generale oggi necessario, l’intermediazione di un ponderato intervento dell’organo di governo autonomo che provveda, in via generale, a garantire l’effettività dell’incomprimibile durata del nuovo periodo feriale di trenta giorni”.
D’altra parte, l’intervento integrativo degli organi di governo autonomo era stato espressamente previsto dallo stesso legislatore del 2014 che, pur volendo ridurre a trenta giorni il monte ferie di tutti i magistrati, aveva tuttavia previsto, nel ricordato art.16, comma 4, del decreto legge 132/2014, l’intervento degli organi di autogoverno delle magistrature e dell’organo dell’avvocatura dello Stato competente, per l’adozione delle misure organizzative conseguenti all’applicazione delle nuove disposizioni di legge e, in particolare, come si legge nella relazione di accompagnamento al citato art.16, di “quelle volte ad assicurare l’effettività del godimento del periodo di ferie come ridisegnato in questa sede”.
In altri termini, soltanto con un “adeguato” intervento degli organi di governo autonomo la nuova disciplina resterebbe compatibile con il richiamato principio costituzionale.
Ciò posto, appare evidente come non sia sufficiente – al contrario di quanto previsto nella delibera del CSM del 25 marzo 2015 – che gli organi di governo autonomo “autorizzino” i capi degli uffici ad organizzare il lavoro feriale in modo da rendere effettivo il periodo di ferie dei magistrati: come, infatti, chiarito dal Giudice amministrativo nella citata sentenza “le disposizioni che fanno riferimento alla intermediazione del governo autonomo” sono infatti “intese ad evitare che siano i singoli uffici giudiziari a disporre autonomamente in materia, con prassi variabili ed inevitabilmente condizionate dalle peculiarità anche dimensionali, attribuendo ai singoli dirigenti responsabilità anche nella prospettiva del danno erariale. Occorre perciò, a pena di illegittimità costituzionale dell’intero ricostruito assetto, che nei sensi detti provveda l’organo di governo autonomo (con atti per 6 definizione suscettibili di sindacato giurisdizionale) mediante un’attività che bene la sentenza di prime cure configura come un vero e proprio obbligo”.
In altri termini, la “misura compensativa”, per escludere l’illegittimità costituzionale dell’intero nuovo assetto, deve, anzitutto, provenire direttamente dagli organi di governo autonomo.
Ma ciò non è sufficiente: secondo il Giudice amministrativo, infatti, anche la valutazione in merito all’adeguatezza della misura compensativa non può essere rimessa ai dirigenti degli uffici, ma deve essere predeterminata dagli organi di governo autonomo e deve garantire, fuori dai trenta giorni ora destinati alle ferie, il tempo necessario allo svolgimento dell’attività correlata all’espletamento delle funzioni giudiziarie (in particolare del deposito dei provvedimenti) maturata prima del periodo di congedo effettivo o di preparazione in vista della ripresa dell’esercizio delle funzioni giudiziarie dopo la fine del periodo feriale.
Al riguardo, secondo il Giudice amministrativo, considerando l’evoluzione dell’ordinamento che aveva sempre previsto che i primi 15 giorni del periodo di ferie venissero riservati alla definizione degli affari e degli atti in corso – inizialmente, (quando i giorni di ferie erano 60), per espressa previsione di legge (art.90 dell’o.g.) e, successivamente, (quando i giorni di ferie erano stati ridotti a 45 dall’art.8, comma 1 della legge n.97 del 1979) per mera prassi – “verosimilmente l’arco temporale di quindici giorni resta quello congruo che va ormai definitivamente collocato all’esterno dei trenta giorni ora destinati alle ferie: ciò anche nella considerazione che i giorni festivi e le domeniche sono calcolati nel computo dei termini per la redazione degli atti giudiziari e anche il sabato è considerato giorno lavorativo ai fini delle ferie, diversamente da quanto avviene nell’impiego pubblico e privato in generale.
È questa una valutazione di chiusura sul limite di ragionevolezza del sistema che non elimina la necessità, per gli organi di governo autonomo, di provvedere espressamente per ricondurre il sistema a effettività in rispetto non solo dell’art 36, ma anche dell’art. 3 Cost. in ragione della disparità di trattamento che si andrebbe a generare con i restanti pubblici impiegati e comunque con chi non svolge attività giurisdizionale”.
In definitiva, il Consiglio di Stato pone tre punti fermi, considerati inderogabili, “a pena di illegittimità costituzionale dell’intero ricostruito assetto” normativo:
1) per rendere effettivo, al pari degli altri dipendenti pubblici, il periodo di ferie dei magistrati è necessario che il Consiglio Superiore della Magistratura provveda direttamente ad adottare le necessarie misure organizzative senza possibilità di “delega” ai dirigenti degli uffici; 7
2) le misure organizzative devono consentire ai magistrati di completare il lavoro giudiziario e quindi di svolgere il lavoro residuo o anticipatorio fuori dai trenta giorni di ferie;
3) l’arco temporale verosimilmente congruo per il completamento (o la preparazione) del lavoro giudiziario resta quello di quindici giorni che, storicamente, ha sempre accompagnato i periodi di ferie dei magistrati.

2. Rideterminazione urgente del cd periodo cuscinetto.
Alla luce di tali considerazioni, ritiene il Consiglio che dovrà essere adottata in tempi brevi una compiuta rivisitazione della tematica della fruizione delle ferie, attraverso la revisione della normativa secondaria vigente. Ad oggi si impone comunque l’urgenza di intervenire sulla rideterminazione del cd “periodo cuscinetto”, ferme restando, al momento, le altre disposizioni già contenute nelle circolari e risoluzioni in materia di ferie (ed in particolare nella delibera del 25 marzo 2015) e negli artt.34, 35 e 36 della circolare sulle tabelle per il triennio 2017-2019, in quanto compatibili. Pertanto, il periodo di ferie dei magistrati, fissato dal Ministro della Giustizia dal 26 luglio al 02 settembre 2019, dovrà essere preceduto da un periodo di 10 giorni dedicato alla definizione degli affari e degli atti in corso e seguito da un periodo di 5 giorni dedicato alla preparazione dell’attività ordinaria.
I dirigenti degli uffici giudiziari dovranno organizzare il lavoro dei magistrati, anche prevedendo appositi turni, in modo da assicurare soltanto la trattazione degli affari urgenti e indifferibili, senza la fissazione di udienze ordinarie (come per il periodo feriale) durante il periodo dal 15 al 25 luglio e dal 3 al 7 settembre.
Per il presente anno, attesa l’urgenza di provvedere in ragione dell’imminente inizio del periodo feriale, i termini già assegnati ai dirigenti degli uffici giudiziari per la predisposizione dei prospetti di organizzazione del lavoro per il periodo feriale sono differiti al 3 giugno 2019, mentre i termini per la trasmissione al Consiglio Superiore della Magistratura dei prospetti feriali, corredati dal parere del Consiglio giudiziario, sono differiti al 30 giugno 2019.
Tanto premesso e considerato, il Consiglio Superiore della Magistratura delibera di:
a) prendere atto del decreto del Ministro della Giustizia del 15 febbraio 2019 con il quale è fissata la sospensione feriale nel periodo dal 26 luglio al 2 settembre 2019;
b) disporre che – al fine di garantire l’effettività del godimento delle ferie – nei periodi dal 15 al 25 luglio e dal 3 al 7 settembre 2019 non potranno essere fissate le udienze ordinarie ma dovranno essere garantite soltanto le udienze per la trattazione dei procedimenti urgenti ed indifferibili. I dirigenti degli uffici giudiziari, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, potranno programmare i turni di presenza 8 dei magistrati per garantire le udienze ed i provvedimenti urgenti ed indifferibili, allo stesso modo del periodo feriale (e quindi anche per i magistrati che esercitino funzioni naturalmente connesse con le urgenze ed i turni di reperibilità, es. Gip, Procura, Tribunale del Riesame, Giudice Tutelare, ecc. ), così da assicurare a tutti i magistrati, fuori dal periodo di ferie, il tempo necessario per il deposito dei provvedimenti e le ulteriori attività connesse prima dell’inizio del periodo feriale, nonchè il tempo da dedicare allo studio degli atti e alla preparazione delle udienze, prima della ripresa del periodo ordinario;
c) disporre che, per il presente anno, i dirigenti degli uffici dovranno integrare le tabelle feriali eventualmente già predisposte (il termine assegnato dall’attuale circolare scadeva in data 20 aprile 2019) entro il 3 giugno 2019, mentre il termine per la trasmissione al Consiglio Superiore della Magistratura dei prospetti feriali, corredati dal parere del Consiglio giudiziario, è fissato al 30 giugno 2019;
d) confermare quanto già previsto nella precedente delibera del 25 marzo 2015 in ordine alle misure organizzative idonee a garantire il recupero delle energie lavorative da parte dei magistrati impegnati nei turni nei giorni festivi e nelle ore notturne e per la presenza in ufficio nella giornata del sabato (obbligatoria esclusivamente per assicurare udienze e turni calendarizzati o attività urgenti sopravvenute ed indifferibili);

La presente disciplina, come detto, integra, per l’anno 2019, le previsioni in materia di ferie contenute negli artt.34 e segg. della circolare sulla formazione delle tabelle per gli anni 2017-2019 che, pertanto, per l’anno 2019, vengono così modificati:

Articolo 34
Periodo feriale
1. I dirigenti degli uffici comunicano per via telematica al Presidente della Corte d’appello il prospetto di organizzazione del lavoro per il periodo feriale, come di seguito precisato, entro il 3 giugno 2019.

Articolo 35
Criteri per la redazione del prospetto feriale
1. Al fine di assicurare il pieno ed effettivo godimento delle ferie di tutti i magistrati, il prospetto di organizzazione del lavoro giudiziario per il periodo feriale deve comprendere anche il periodo dal 15 luglio al 7 settembre 2019, determinando per l’intero periodo i turni di presenza 9 dei magistrati per garantire le udienze, le attività e l’emissione dei provvedimenti urgenti ed indifferibili.
2. Nella redazione del prospetto sono osservati i seguenti criteri:
a) va evitata, salve particolari e motivate esigenze, una ripartizione del periodo feriale con turni inferiori a una settimana;
b) la scelta dei magistrati in servizio nel periodo feriale va operata assicurando una equa rotazione, avuto riguardo anche ai turni previsti per le annualità precedenti, tra tutti i magistrati e assicurando la presenza in servizio per ciascun settore di magistrati ordinariamente destinati allo svolgimento delle stesse funzioni che devono espletare nel periodo feriale. Per lo svolgimento di funzioni monocratiche penali restano fermi i limiti stabiliti dagli articoli 114 e 115;
c) il numero dei magistrati in servizio nel periodo feriale va determinato in misura tale da assicurare la funzionalità dell’ufficio;
d) i prospetti indicano i magistrati che, in caso di astensione, ricusazione o impedimento di quelli destinati a espletare servizio nel periodo feriale, sono chiamati a sostituirli.

Articolo 36
Procedimento di approvazione del prospetto feriale
1. Il Presidente della Corte d’appello, ricevute le proposte indicate all’articolo 34, elabora i prospetti feriali.
2. Si applica la procedura prevista per la formulazione della proposta tabellare ma il prospetto diviene provvisoriamente esecutivo dopo il parere favorevole del Consiglio giudiziario o del Consiglio direttivo.
3. I prospetti, con il parere e la documentazione allegata, pervengono al Consiglio Superiore della Magistratura entro il 30 giugno 2019.
4. Salvi i casi di imprescindibili esigenze di ufficio, non altrimenti fronteggiabili, è vietato il richiamo in servizio di magistrati non compresi nel prospetto feriale, né indicati ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lett. d).
5. La redazione del progetto di organizzazione del periodo feriale avviene digitalmente per il tramite del sistema informatico con le stesse modalità previste per la tabella ordinaria ad eccezione dei dati strutturati che non devono essere inseriti nel sistema.
6. Si rinvia per quanto non specificato nella presente circolare alle circolari e risoluzioni in tema di ferie. ».

(1) L’art.1 della legge 23 dicembre 1977, n.937 prevede che “Ai dipendenti civili e militari delle pubbliche amministrazioni centrali e locali, anche con ordinamento autonomo, esclusi gli enti pubblici economici, sono attribuite, in aggiunta ai periodi di congedo previsti dalle norme vigenti, sei giornate complessive di riposo da fruire nel corso dell’anno solare come segue: a) due giornate in aggiunta al congedo ordinario; b) quattro giornate, a richiesta degli interessati, tenendo conto delle esigenze dei servizi. Le due giornate di cui al punto a) del precedente comma seguono la disciplina del congedo ordinario. Le quattro giornate di cui al punto b) del primo comma non fruite nell’anno solare, per fatto derivante da motivate esigenze inerenti alla organizzazione dei servizi, sono forfettariamente compensate in ragione di L. 8.500 giornaliere lorde”.

(2) Cfr. circolare n.4697 del 01.06.1979 e circolare n.3341 del 24.04.1982
(3) 12 Periodo feriale
12.1 – I dirigenti degli uffici devono comunicare al Presidente della Corte di Appello il prospetto di organizzazione del lavoro per il periodo feriale, rispettivamente per ogni anno, entro il 20 aprile 2014, 2 maggio 2015 e il 20 aprile 2016.
12.2 – Nella redazione del prospetto deve tenersi conto della specifica programmazione del calendario delle udienze in concreto attuato nel mese di luglio e di settembre e del congruo ed ulteriore periodo stabilito dai dirigenti degli uffici prima e dopo il periodo feriale per assicurare il pieno ed effettivo godimento delle ferie, determinando anche per tali periodi i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze, le attività e l’emissione dei provvedimenti urgenti ed indifferibili. e devono essere osservati i seguenti criteri: a) va evitata, salve particolari e motivate esigenze, una ripartizione del periodo feriale con turni inferiori ad una settimana; b) la scelta dei magistrati in servizio nel periodo feriale va operata assicurando una equa rotazione, avuto riguardo anche ai turni previsti per le annualità precedenti, tra tutti i magistrati ed assicurando la presenza in servizio per ciascun settore di magistrati ordinariamente destinati allo svolgimento delle stesse funzioni che devono espletare nel periodo feriale; per lo svolgimento di funzioni monocratiche penali restano fermi i limiti stabiliti dal paragrafo 39.4, 39.5 e 39.6; c) il numero dei magistrati in servizio nel periodo feriale va determinato in misura tale da assicurare la funzionalità dell’ufficio. d) i prospetti devono indicare, altresì, i magistrati che, in caso di astensione, ricusazione o impedimento di quelli destinati ad espletare servizio nel periodo feriale, sono chiamati a sostituirli.
12.3 – Il Presidente della Corte di Appello, ricevute le proposte indicate al paragrafo 12.1,elabora i prospetti feriali. Si applica la procedura prevista per la formulazione della proposta tabellare; ma il prospetto diviene provvisoriamente esecutivo dopo il parere favorevole del Consiglio Giudiziario. I prospetti, con il parere e la documentazione allegata, devono pervenire al Consiglio Superiore della Magistratura entro il 10 maggio di ciascun anno ed entro il 20 maggio per il solo anno 2015.
12.4 – Salvi i casi di imprescindibili esigenze di ufficio, non altrimenti fronteggiabili, è vietato il richiamo in servizio di magistrati non compresi nel prospetto feriale, né indicati ai sensi del par. 12.2, lett. d).
(4) Sezione IV
Periodo feriale
Articolo 34
Periodo feriale
1. I dirigenti degli uffici comunicano per via telematica al Presidente della Corte d’appello il prospetto di organizzazione del lavoro per il periodo feriale, rispettivamente per ogni anno, entro il 20 aprile 2017, 2 maggio 2018 e il 20 aprile 2019.
Articolo 35
Criteri per la redazione del prospetto feriale
1. Nella redazione del prospetto si tiene conto della specifica programmazione del calendario delle udienze attuato nel mese di luglio e di settembre e del congruo e ulteriore periodo stabilito dai dirigenti degli uffici prima e dopo il periodo feriale per assicurare il pieno ed effettivo godimento delle ferie, determinando anche per tali periodi i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze, le attività e l’emissione dei provvedimenti urgenti ed indifferibili.
2. Nella redazione del prospetto sono osservati i seguenti criteri:
a) va evitata, salve particolari e motivate esigenze, una ripartizione del periodo feriale con turni inferiori a una settimana;
b) la scelta dei magistrati in servizio nel periodo feriale va operata assicurando una equa rotazione, avuto riguardo anche ai turni previsti per le annualità precedenti, tra tutti i magistrati e assicurando la presenza in servizio per ciascun settore di magistrati ordinariamente destinati allo svolgimento delle stesse funzioni che devono espletare nel periodo feriale. Per lo svolgimento di funzioni monocratiche penali restano fermi i limiti stabiliti dagli articoli 114 e 115;
c) il numero dei magistrati in servizio nel periodo feriale va determinato in misura tale da assicurare la funzionalità dell’ufficio;
d) i prospetti indicano i magistrati che, in caso di astensione, ricusazione o impedimento di quelli destinati a espletare servizio nel periodo feriale, sono chiamati a sostituirli.
Articolo 36
Procedimento di approvazione del prospetto feriale
1. Il Presidente della Corte d’appello, ricevute le proposte indicate all’articolo 34, elabora i prospetti feriali.
2. Si applica la procedura prevista per la formulazione della proposta tabellare ma il prospetto diviene provvisoriamente esecutivo dopo il parere favorevole del Consiglio giudiziario o del Consiglio direttivo.
3. I prospetti, con il parere e la documentazione allegata, pervengono al Consiglio Superiore della Magistratura entro il 10 maggio di ciascun anno ed entro il 20 maggio per il solo anno 2017.
4. Salvi i casi di imprescindibili esigenze di ufficio, non altrimenti fronteggiabili, è vietato il richiamo in servizio di magistrati non compresi nel prospetto feriale, né indicati ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lett. d).
5. La redazione del progetto di organizzazione del periodo feriale avviene digitalmente per il tramite del sistema informatico con le stesse modalità previste per la tabella ordinaria ad eccezione dei dati strutturati che non devono essere inseriti nel sistema.
6. Si rinvia per quanto non specificato nella presente circolare alle circolari e risoluzioni in tema di ferie.

Linee guida per l’Ufficio del Processo ex art. 50 D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114 – MODALITA’ OPERATIVE.

«1) Ricognizione normativa e definizione dell’istituto.

La presente delibera concretizza le linee guida per la costituzione dell’ufficio per il processo.

Si rammenta in proposito che per i Tribunali di primo grado l’istituzione dell’ufficio per il processo è obbligatoria e va realizzata entro il 30 giugno 2019; per gli altri uffici giudicanti essa è facoltativa (cfr. artt. 10 e 10 bis della Circolare sulle tabelle).

Le principali fonti normative relative all’ufficio per il processo sono le seguenti:

– art. 16 octies del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, così come modificato dall’art. 50 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114;

– decreto Legislativo 13 luglio 2017, n. 116;

– artt. 10 e 10 bis della Circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2017-2019;

– risoluzione su “L’ufficio per il processo oggi: esito del monitoraggio del CSM sulla istituzione e sul funzionamento dell’Ufficio per il processo negli uffici giudiziari: ruolo della magistratura onoraria e diritto transitorio”, approvata dal plenum nella seduta del 18 giugno 2018;

– risposta a quesito nella pratica 530/VV/2017, approvata dal plenum nella seduta del 6 dicembre 2017 (prot. n. 21794/2017);

– delibere di approvazione di variazione tabellare nei procedimenti consiliari nn. 285/2019 e 389/2019, approvate dal plenum nella seduta del 13 marzo 2019 (prot. delibere, rispettivamente nn. 538/2019 e 539/2019).

L’ufficio per il processo è previsto dalla legge come una struttura organizzativa finalizzata a “garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (art. 16 octies del decreto legge n. 179/2012, così come modificato dal decreto legge n. 90/2014).

Si tratta di una struttura tecnica in grado di affiancare il giudice nei suoi compiti e nelle sue attività, istituendo uno staff al servizio del magistrato e/o dell’ufficio. Tale struttura può essere assegnata a supporto di uno o più magistrati professionali (ad es. per il supporto all’istruttoria orale, per l’abbattimento dell’arretrato ultraquinquennale), ma anche a servizio di un settore (ad es. per il settore lavoro) o di tutto l’ufficio (ad es. per la massimazione delle sentenze).

È, però, comunque importante che essa sia posta a servizio di uno o più obiettivi, specificamente individuati. Nella concreta individuazione degli obiettivi perseguiti il Dirigente potrà richiamare, per quanto di rilievo, il contenuto del DOG o il piano di gestione ex art. 37 D.L. 98/2011.

Compongono l’ufficio per il processo i giudici professionali, i giudici onorari, i tirocinanti ex art. 73 del decreto legge n. 69/2013 (convertito con modifiche dalla legge n. 98/2013), i tirocinanti ex art. 37, comma 4, del decreto legge n. 98/2011 (convertito con modifiche dalla legge n. 111/2011) e il personale amministrativo.

2) Le competenze dei giudici onorari di pace all’interno dell’ufficio per il processo.

All’interno dell’ufficio per il processo i giudici onorari svolgono i compiti identificati dall’art. 10, comma 10, del d.lgs. n. 116/2017[1], tra i quali deve ritenersi qualificante la redazione di minute di provvedimenti; per il giudizio civile e del lavoro, possono poi svolgere i compiti di natura istruttoria e definitoria, nei limiti indicati dai commi 11[2] e 12[3] dello stesso art. 10.

Nel periodo transitorio, operante fino al 15 agosto 2021, i soli giudici onorari nominati prima del 15 agosto 2017, anche se collocati nell’ufficio per il processo, possono essere altresì assegnatari di singoli procedimenti ed anche di un intero ruolo, con l’eccezione delle materie di cui all’art. 11, comma 6 del d.lgs. n. 116/2017[4]. Inoltre, sempre nel periodo transitorio, possono comporre i collegi, salvo che nelle materie indicate dall’art. 12 del medesimo d.lgs. 116/2017 e sempre che non ricorrano le eccezioni di cui ai commi 6 e 7 dell’art. 30[5]. Come chiarito in proposito dalla citata delibera del 6.12.2017 (risposta al quesito nella pratica n. 530/VV/2017), tra le sezioni specializzate, per le quali opera il divieto di inserimento dei giudici onorari nei collegi, non rientra la materia della famiglia, che non può considerarsi materia specializzata in senso tecnico; per la stessa materia della famiglia, tuttavia, i giudici onorari possono comporre unicamente i collegi, senza poter essere relatori o estensori dei relativi procedimenti, in quanto non possono esserne assegnatari (in proposito si vedano le citate delibere rese nei procedimenti consiliari nn. 285/2019 e 285/2019). Tale ultima regola vale non solo per la materia della famiglia ma per tutte le materie (specializzate e non) indicate dall’art. 11, comma 6 del d.lgs. n. 116/2017: per tali materie, ove non ricorra il divieto di destinazione nei collegi di cui al successivo art. 12, i giudici onorari possono sì comporre il collegio ma non divenire relatori o estensori dei provvedimenti.

Nel settore penale l’ufficio per il processo può essere costituito anche presso l’ufficio gip/gup. Tuttavia, per i giudici onorari nominati prima del 15 agosto 2017, vi è un problema di natura retributiva perché gli stessi, fino al 15 agosto 2021, continuano ad essere pagati ad udienza sicché, non potendo tenere udienze nell’ufficio gip/gup, dovrà essere loro contestualmente affidato anche un ruolo di natura monocratica, civile o dibattimentale penale. 

3) I tirocinanti e il personale amministrativo.

I tirocinanti coadiuvano uno o più i giudici professionali e, sotto la direzione e il coordinamento degli stessi, compiono tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte del giudice professionale, provvedendo, in particolare, allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale ed alla predisposizione delle minute dei provvedimenti. Possono, altresì, svolgere compiti di natura più propriamente amministrativa, come la verbalizzazione nelle udienze, il monitoraggio dei fascicoli più datati o la verifica delle comunicazioni e delle notifiche[6].

Il personale amministrativo può svolgere i compiti di natura amministrativa individuati dal dirigente amministrativo, che deve agire in sintonia con il capo dell’ufficio.

Nelle Corti d’appello i giudici ausiliari svolgono compiti definitori e possono altresì integrare i collegi anche nei procedimenti in cui non sono relatori.

4) Attività formativa e aspetti logistici.

Sul piano formativo, la norma di riferimento per i magistrati onorari è l’art. 22 del d.lgs. 116/2017, che prevede i doveri formativi e ne specifica le modalità attuative. Eguale norma non vi è per i tirocinanti, sicché è opportuno che ogni ufficio rediga in relazione agli stessi un apposito piano formativo.

I magistrati professionali hanno un permanente dovere formativo nei riguardi dei partecipanti all’ufficio per il processo e devono curare che essi siano messi in grado di rendere un contributo professionale utile per realizzare gli obiettivi fissati.

Quanto ai giudici onorari, una buona prassi è quella di affidarli, per il tirocinio, agli stessi giudici professionali ai quali saranno poi assegnati all’interno dell’ufficio per il processo in caso di èsito positivo del tirocinio: in questo modo si responsabilizza, nel corso del tirocinio, sia il magistrato professionale che il magistrato onorario e si realizza un migliore e progressivo inserimento nell’ufficio per il processo.

Ai sensi dell’art. 22 del d.lgs. 116/2017 i giudici onorari di pace partecipano alle riunioni trimestrali organizzate dal presidente del tribunale o, su delega di quest’ultimo, da un presidente di sezione o da un giudice professionale, per l’esame delle questioni giuridiche più rilevanti di cui abbiano curato la trattazione, per la discussione delle soluzioni adottate e per favorire lo scambio di esperienze giurisprudenziali e di prassi innovative; alle predette riunioni partecipano anche i giudici professionali che si occupano delle materie di volta in volta esaminate.

Sul piano logistico, occorre fornire a tutti i partecipanti all’ufficio per il processo una postazione di lavoro, l’accesso libero ad Italgiure nonché l’accesso alla consolle, con la funzione assistente (per i tirocinanti) o assistente e magistrato (per i giudici onorari).

5) Linee guida operative per la costituzione dell’ufficio per il processo.

5.1) L’esame dei decreti istitutivi degli uffici per il processo che sinora sono stati sottoposti al vaglio del Consiglio ha evidenziato che, in sede di prima applicazione, presso alcuni uffici sotto la denominazione di “ufficio per il processo” sono stati collocati tutti gli operatori addetti ad ogni settore dell’ufficio giudiziario.

Così, ad esempio, in Tribunali con due sezioni, una penale e una civile, sono stati costituiti due diversi uffici per il processo, sostanzialmente sovrapponibili alle due sezioni; parimenti, in ogni sezione/ufficio per il processo sono stati inseriti tutti i giudici, i tirocinanti, i cancellieri ed i giudici onorari ad essa appartenenti.

Invero, la struttura dell’ufficio per il processo deve essere funzionale a realizzare, in tutto o in parte, gli obiettivi specifici delle norme citate e, per tali ragioni, non tutti i giudici e non tutto il personale amministrativo devono esservi necessariamente destinati. Appare, viceversa, preferibile che l’ufficio per il processo non ricalchi in maniera pedissequa la struttura delle sezioni o dei settori del Tribunale.

Occorre, quindi, anzitutto procedere ad una verifica dei vari settori e ruoli dell’ufficio onde accertare quali maggiormente richiedano l’istituzione della descritta struttura, ovvero necessitino di un intervento di supporto ai giudici professionali sì da “garantire la ragionevole durata del processo, attraverso l’innovazione dei modelli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione” (art. 16 octies del decreto legge n. 179/2012, così come modificato dalla decreto legge n. 90/2014).

5.2) Per tale ragione, nel progetto tabellare ovvero nella variazione tabellare istitutiva dell’ufficio del processo occorre:

a)      stabilire in concreto l’obiettivo/gli obiettivi da raggiungere;

b)      individuare il/i settore/i o il/i ruolo/i dell’ufficio in cui sia necessario raggiungere l’obiettivo/gli obiettivi indicato/i. In proposito è bene chiarire che l’istituzione dell’ufficio per il processo può riguardare anche soltanto alcuni settori o sezioni. Tuttavia, i giudici onorari nominati dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 116/2017 non potranno operare nei settori e nelle sezioni in cui l’ufficio per il processo non sia stato costituito, così come disposto dall’art. 9, comma 4, del medesimo d.lgs.;

c)      individuare le risorse sia come categorie di operatori da destinare (giudici professionali, giudici onorari, tirocinanti, personale di cancelleria) che come unità da assegnare per ciascuna categoria, con l’indicazione nominativa di ciascuno di essi, ad eccezione dei tirocinanti e del personale amministrativo[7], per i quali tale indicazione non è necessaria sicché un mutamento della relativa composizione non richiede il ricorso ad una variazione tabellare;

d)     quanto ai giudici onorari, il Dirigente avrà cura di specificare se gli stessi sono stati nominati prima o dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo del 2017. E ciò al fine di consentire la verifica del rispetto dei limiti prescritti dal d.lgs. 116/2017, che distingue le attività che i giudici onorari possono svolgere anche in base al momento della loro nomina;

e)      eventualmente indicare il coordinatore, nominato tra i magistrati togati;

f)       specificare le attività cui ciascuna unità concretamente è destinata a svolgere.

La redazione di minute di provvedimenti deve ritenersi attività particolarmente qualificante per l’impiego dei tirocinanti e soprattutto dei giudici onorari all’interno dell’ufficio per il processo, specie per il settore penale nel quale il legislatore (ad eccezione del periodo transitorio, che terminerà il 15 agosto 2021 e riguarda i giudici onorari nominati prima del 15 agosto 2017) non ha previsto la possibilità di delegare ai giudici onorari attività istruttorie o provvedimenti di carattere definitorio;

g) indicare le attività formative previste per giudici onorari e tirocinanti.

5.3) Si precisa che in ogni variazione tabellare che interessi l’utilizzo dei giudici onorari è necessario che il dirigente specifichi in quali settori e/o sezioni è costituito l’ufficio per il processo e specifichi altresì se i giudici onorari cui la variazione si riferisce sono o meno inseriti in esso.

Tutto ciò premesso e considerato,

delibera

di approvare le presenti linee guida e di trasmetterle ai dirigenti degli uffici giudiziari e al Ministro della Giustizia. ».

[1] Il comma 10 dell’art. 10 cit. stabilisce: “Il giudice onorario di pace coadiuva il giudice professionale a supporto del quale la struttura organizzativa è assegnata e, sotto la direzione e il coordinamento del giudice professionale, compie, anche per i procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione collegiale, tutti gli atti preparatori utili per l’esercizio della funzione giurisdizionale da parte del giudice professionale, provvedendo, in particolare, allo studio dei fascicoli, all’approfondimento giurisprudenziale e dottrinale ed alla predisposizione delle minute dei provvedimenti. Il giudice onorario puo’ assistere alla camera di consiglio”.

[2] Il comma 11 dell’art. 10 cit. prevede: “Il giudice professionale, con riferimento a ciascun procedimento civile e al fine di assicurarne la ragionevole durata, può delegare al giudice onorario di pace, inserito nell’ufficio per il processo, compiti e attività, anche relativi a procedimenti nei quali il tribunale giudica in composizione collegiale, purché non di particolare complessità, ivi compresa l’assunzione dei testimoni, affidandogli con preferenza il compimento dei tentativi di conciliazione, i procedimenti speciali previsti dagli articoli 186-bis e 423, primo comma, del codice di procedura civile, nonché i provvedimenti di liquidazione dei compensi degli ausiliari e i provvedimenti che risolvono questioni semplici e ripetitive”.

[3] Il comma 12 dell’art. 10 così stabilisce: “Al giudice onorario di pace non può essere delegata la pronuncia di provvedimenti definitori, fatta eccezione:

a) per i provvedimenti che definiscono procedimenti di volontaria giurisdizione, in materie diverse dalla famiglia, inclusi gli affari di competenza del giudice tutelare;

b) per i provvedimenti che definiscono procedimenti in materia di previdenza e assistenza obbligatoria;

c) per i provvedimenti che definiscono procedimenti di impugnazione o di opposizione avverso provvedimenti amministrativi;

d) per i provvedimenti che definiscono cause relative a beni mobili di valore non superiore ad euro 50.000, nonché relative al pagamento a qualsiasi titolo di somme di denaro non eccedenti il medesimo valore;

e) per i provvedimenti che definiscono cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, purché il valore della controversia non superi euro 100.000;

f) per i provvedimenti di assegnazione di crediti che definiscono procedimenti di espropriazione presso terzi, purché il valore del credito pignorato non superi euro 50.000”.

[4] Il comma 6 dell’art. 11 cit. prevede:

Non possono essere assegnati, a norma del comma 1, ai giudici onorari di pace:

a) per il settore civile:

1) i procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito e del giudizio petitorio nonché dei procedimenti di competenza del giudice dell’esecuzione nei casi previsti dal secondo comma dell’articolo 615 del codice di procedura civile e dal secondo comma dell’articolo 617 del medesimo codice nei limiti della fase cautelare;

2) i procedimenti di impugnazione avverso i provvedimenti del giudice di pace;

3) i procedimenti in materia di rapporti di lavoro e di previdenza ed assistenza obbligatorie;

4) i procedimenti in materia societaria e fallimentare;

5) i procedimenti in materia di famiglia;

b) per il settore penale:

1) i procedimenti diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura penale;

2) le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di giudice dell’udienza preliminare;

3) i giudizi di appello avverso i provvedimenti emessi dal giudice di pace;

4) i procedimenti di cui all’articolo 558 del codice di procedura penale e il conseguente giudizio”.

[5] I commi 6 e 7 dell’art. 30 così stabiliscono:

6. Per i procedimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, iscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto, i divieti di destinazione dei giudici onorari di pace di cui al comma 5 nei collegi non si applicano se, alla medesima data, sia stata esercitata l’azione penale.

7. Per i procedimenti di riesame di cui all’articolo 324 del codice di procedura penale il divieto di destinazione dei giudici onorari di pace di cui al comma 5 nei collegi non si applica se la notizia di reato e’ stata acquisita dall’ufficio di procura prima dell’entrata in vigore del presente decreto”.

[6] Si richiama in proposito la Risoluzione sui tirocini formativi presso gli uffici giudiziari, approvata dal plenum in data 29 aprile 2014; risoluzione in corso di integrazione e modifica.

[7] Si veda in proposito il paragrafo 6 della Risoluzione sull’ufficio per il processo.

Documento predisposto dall’ANM in data 27 giugno 2017

ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI

Sezione Cassazione

L’Assemblea della Sezione Cassazione dell’A.N.M., riunitasi il 27 giugno 2017, rileva che il “memorandum sulle tre giurisdizioni” presentato il 15 maggio u.s. al  Presidente della Repubblica tocca, tra l’altro, il  tema dei rapporti tra gli uffici di vertice del sistema delle impugnazioni delle giurisdizioni civile, amministrativa e contabile.

Sottolinea che una elaborazione su argomenti così delicati non può realizzarsi se non attraverso un confronto – del resto opportunamente prefigurato nello stesso memorandum – che sia pubblico, trasparente e massimamente partecipato con i magistrati degli uffici interessati e che coinvolga altresì tutta la magistratura ordinaria, tramite la sua rappresentanza associativa, nonché il Consiglio Superiore della Magistratura, le magistrature amministrativa e contabile, l’avvocatura, la dottrina. L’odierna riunione dell’Assemblea della Sezione Cassazione dell’ANM  costituisce, quindi,  solo il primo passo verso una più approfondita elaborazione di proposte.

Auspica che il Consiglio Superiore della Magistratura, presso il quale è stata richiesta un’apertura di pratica sui temi del memorandum, voglia procedere all’audizione dei componenti della Giunta della Sezione Cassazione dell’ANM.

Sui contenuti del memorandum, l’Assemblea osserva che l’esigenza di armonizzazione dell’esercizio della funzione nomofilattica si è acuita notevolmente per effetto dell’ abnorme espansione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo voluta dal Legislatore alla fine  degli anni ’90; espansione che ha allontanato l’ordinamento dalla prospettiva della tendenziale unità della giurisdizione e che, nonostante i correttivi apportati dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 204/2004 e 191/2006,continua presentare profili di disarmonia rispetto all’impianto complessivo del sistema delle tutele giurisdizionali disegnato dalla Costituzione.

Per ridurre al minimo la possibilità di contrasti interpretativi tra i diversi plessi giurisdizionali è  dunque necessaria un’attenta attività nomofilattica; ma tale attività può essere efficace solo se è accentrata in un unico organo e tale organo non può che incardinarsi nella giurisdizione ordinaria, perché la Costituzione attribuisce la cognizione generale sui diritti soggettivi al giudice ordinario, fissando direttamente nel proprio testo le guarentigie di indipendenza di tale giudice, e assegna alla cognizione sui diritti del giudice amministrativo un carattere eccezionale e limitato. Non per caso, del resto, soltanto la  Corte di cassazione è configurata nel nostro ordinamento non come giudice di merito ma come giudice di pura legittimità, che opera con l’apporto della Procura Generale quale organo che conclude nell’interesse della legge.

Le sollecitazioni del memorandum, pur apprezzabili nella parte riguardante l’adozione di accorgimenti organizzativi che facilitino una migliore comunicazione, tra le diverse giurisdizioni, delle rispettive prassi e modalità operative, suscitano perplessità gravi e sostanzialilà dove ipotizzano l’integrazione dei collegi di vertice di ciascuna delle tre giurisdizioni interessate (Sezioni Unite della Corte di cassazione, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e Sezioni Riunite della Corte dei conti) con la presenza di giudici appartenenti alle altre due giurisdizioni tutte le volte in cui «si trattino questioni di alto e comune rilievo nomofilattico, ivi comprese, per le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, quelle attinenti alla giurisdizione».

Preliminarmente l’ Assemblea evidenzia che ben difficilmente potrebbe sostenersi che la menzionata innovazione possa essere introdotta a Costituzione invariata.

Nel merito, detta innovazione lascerebbe  irrisolta la questione dell’unitarietà della funzione nomofilattica, per la cui realizzazione sarebbe necessario estendere anche al vizio di violazione di legge il controllo della Corte di  cassazione sulle sentenze del giudice amministrativo che si pronuncino in  materia di diritti soggettivi; in mancanza di tale estensione, l’ipotizzata immissione di giudici del Consiglio di Stato e della Corte dei conti nei collegi delle Sezioni Unite della Corte di cassazione resta priva di qualsiasi giustificazione.

La finalità di armonizzazione della funzione nomofilattica non potrebbe in alcun modo riguardare, alla luce del disposto dell’ultimo comma dell’articolo 111 Cost., le questioni inerenti alla giurisdizione.

Infine, il  previsto inserimento di giudici provenienti dalle altre giurisdizioni nei collegi di vertice di ciascuna giurisdizione non pare coerente con il disegno costituzionale della «unità non organica, ma funzionale, di giurisdizione» (così Mortati, citato nella sentenza Corte cost. n. 204/2004, par. 2.2). Del resto la funzione di tale inserimento non risulta chiara, posto che – esclusa la possibilità che esso possa configurare una anomala forma di “rappresentanza” delle giurisdizioni di provenienza, inconcepibile in un collegio giurisdizionale – l’esigenza di favorire virtuosi procedimenti di  osmosi fra diverse esperienze, culture e  sensibilità potrebbe essere realizzata assai più semplicemente e proficuamente attraverso l’attivazione di  percorsi di formazione comune che non attraverso interventi sulla composizione dei collegi giudicanti, inevitabilmente macchinosi e forieri di incertezze applicative.

IL SEGRETARIO                                                                IL PRESIDENTE

Maria Giovanna Sambito                                            Antonello Cosentino

Cari colleghi,

nel sito dell’Associazione Nazionale Magistrati trovate il video dell’intervento che, a nome della Giunta, ho svolto nel corso del Congresso di Siena lo scorso 21 ottobre.

Nel breve tempo a disposizione (dato il nostro recente insediamento non abbiamo potuto ottenere spazi più ampi in un programma già definito) ho rilevato come per la Cassazione e la Procura generale si pongono questioni rilevanti non solo sotto il profilo interno ai due uffici, ma soprattutto di carattere generale, trattandosi di temi centrali dell’intera giurisdizione e, quindi, del dibattito associativo.

In questa prospettiva ho sottolineato, quanto alla Cassazione:

–   l’abnorme carico di lavoro ed il rischio che la trasformazione in cronica di una situazione eccezionale svilisca la funzione nomofilattica della Corte, la cui centralità è fondamentale in un momento, quale è quello attuale, caratterizzato dalla crisi del legislatore tradizionale e dalla connessa espansione del ruolo e dell’impatto sociale delle decisioni giurisprudenziali;

–  l’esigenza di considerare le specificità della Corte nella interlocuzione con il Ministero sui profili della modernizzazione organizzativa e del processo telematico;

–  la rilevante incidenza percentuale dei ricorsi in materia tributaria, in tendenziale continua crescita con proiezioni a breve oltre il 50% del complessivo carico civile, tale da determinare una situazione di assoluta anomalia per una Corte Suprema, rispetto alla quale permangono le incertezze sulla indispensabile soluzione legislativa, con il rischio di un reclutamento straordinario o di riforme penalizzanti per l’intera organizzazione giudiziaria;

–  la nota vicenda del memorandum che, al di là del merito della proposta (ho rinviato al riguardo al mio articolo sul Corriere del 4 agosto 2017 che allego nuovamente), ripropone il problema generale del rapporto tra le giurisdizioni.

Quanto alla Procura generale ho evidenziato l’evoluzione verso un ruolo del tutto peculiare, di natura per così dire “anfibia”, in quanto opera sia nel contesto nomofilattico, sia in quello esterno (si pensi al settore disciplinare od all’attività internazionale), caratteristica che pone in termini nuovi il tema, di carattere generale, del dialogo tra due “mondi” tra loro distanti, quali la giurisdizione e la realtà istituzionale esterna.

Al fine di porre stabilmente il tema “Cassazione” al centro del dibattito associativo ho infine auspicato che l’Associazione nazionale, sul versante interno, favorisca forme di dialogo tra merito e legittimità e, su quello esterno, tenga conto, nel rapportarsi con le istituzioni e l’opinione pubblica, delle specifiche questioni della Corte.

Un auspicio che ha trovato un primo riscontro nellamozione finaledel Congresso nella parte in cui si afferma: “Il culto dell’efficienza non deve però portare alla burocratizzazione dell’attività giurisdizionale, che richiede riflessione e ponderazione, al fine di garantire una adeguata qualità della giurisdizione.Ciò riveste particolare importanza con riferimento alla Corte di Cassazione, che rischia di attenuare il suo fondamentale ruolo di indirizzo giurisprudenziale sotto un carico di lavoro esorbitante”.

Le due iniziative (articolo sul memorandum ed intervento al Congresso nazionale) rispondono entrambe alla linea che la Giunta si è data fin dall’inizio di operare sia sul fronte interno delle condizioni organizzative e di lavoro dei colleghi della Cassazione e della Procura generale, sia su quello esterno del ruolo dei due uffici nel contesto della giurisdizione, delle relazioni istituzionali e del dibattito pubblico sulla giustizia.

Vi terremo informati delle prossime iniziative su entrambi i versanti.

Con i migliori saluti, da parte dell’intera Giunta.

Pasquale Fimiani

Presidente della Giunta della Cassazione

Il 15 maggio 2017 è stato siglato avanti al Presidente della Repubblica il “Memorandum delle tre giurisdizioni”, sottoscritto dai vertici della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.

Il documento, nato dalla proposta di un gruppo di lavoro promosso da un’associazione privata,”Italiadecide“, oltre ad auspicare un dialogo più intenso tra le tre giurisdizioni (ad esempio tramite attività di formazione comune o la collaborazione tra i rispettivi uffici studi), contiene l’impegno reciproco di “valutare la possibilità di promuovere l’introduzione di norme, a Costituzione invariata, che consentano forme di integrazione degli organi collegiali di vertice … delle tre giurisdizioni …. con magistrati di altre giurisdizioni, quando si trattino questioni di alto e comune rilievo nomofilattico, ivi comprese, per le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, quelle attinenti alla giurisdizione”.

IlMemorandumè stato presentato in un convegno alla Camera dei deputati il 18 dicembre scorso organizzato dalla associazione promotrice, con la partecipazione dei vertici delle tre giurisdizioni, La Giunta della Sezione ANM della Cassazione, su sua richiesta, è intervenuta col suo presidente per ribadire la netta contrarietà a tale proposta, già espressa in più sedi, sia per la mancanza di qualsiasi previa consultazione dei magistrati della Cassazione e della Procura generale, sia perché la modifica, per le rilevanti ricadute ordinamentali, non potrebbe essere introdotta nell’attuale assetto costituzionale (v. artt. 106 e 111 Cost.) e comunque comporterebbe solo un generico ed occasionale interscambio tra i componenti degli organi giudicanti di vertice senza alcun reale beneficio per l’esercizio della funzione nomofilattica (si allega il testo dell’intervento del Presidente ed il comunicato della Giunta con il report degli altri interventi).

Nella seduta odierna il CDC ha trattato la questione all’ordine del giorno, invitando la Giunta della sezione presso la Corte ed il suo Presidente ha illustrato i contenuti e le criticità della proposta.

Il CDC, all’esito di un ampio e partecipato dibattito rileva, quanto al metodo, che ilMemorandumrisale all’iniziativa di un soggetto privato, il quale si è relazionato direttamente ed esclusivamente coi magistrati posti nelle posizioni apicali delle tre Corti, senza preventiva e nemmeno successiva interlocuzione con il C.S.M. e con l’ANM.

Osserva, quanto al merito, che la proposta di collegi misti delle Corti, composti reciprocamente da magistrati appartenenti a ciascuno degli altri organi, oltre ai forti dubbi di compatibilità costituzionale già evidenziati, è del tutto incongrua rispetto al diverso statuto delle categorie interessate, quanto al reclutamento, al percorso professionale, al regime disciplinare ed a quello delle incompatibilità nonché delle attività extragiudiziarie.

Basti pensare che parte dei giudici amministrativi sono di nomina governativa, primo tra tutti il presidente del Consiglio di Stato, e l’art. 106 Cost. pone un ostacolo insuperabile alla possibilità che la Cassazione sia composta da magistrati nominati dal Governo.

Il CDC evidenzia inoltre che, così come ha già osservato opportunamente la giunta della Cassazione, solo la Suprema Corte è nel nostro ordinamento giudice non di merito, ma di pura legittimità, che opera con l’apporto della Procura Generale quale organo che conclude nell’interesse della legge.

Ritiene che la dichiarata e condivisibile finalità di assicurare una nomofilachia effettiva da parte delle Corti cosiddette superiori deve essere realizzata  con riforme che ridefiniscano i confini tra le varie giurisdizioni secondo l’impianto complessivo del sistema delineato dai Costituenti, che attribuisce la cognizione generale sui diritti soggettivi al giudice ordinario (ed in ultima istanza alla Corte di cassazione quale unico giudice di pura legittimità), mentre assegna alla cognizione sui diritti del giudice amministrativo un carattere solo eccezionale e limitato.

L’ANM ribadisce pertanto che l’obiettivo della prevedibilità delle decisioni non può essere perseguito senza una precisa identificazione del confine tra responsabilità sociale della giurisdizione nel suo complesso ed autonomia del singolo giudice che vi concorre, evitando soluzioni che finiscano per neutralizzare il contributo riservatogli dalla Costituzione nella formazione del diritto vivente.

Il CDC dell’Associazione Nazionale Magistrati coglie infine in questa iniziativa un segnale non isolato di approccio verticistico alla soluzione dei gravi problemi che affliggono la funzionalità dell’ufficio di legittimità.

Pertanto, in piena adesione alla posizione critica della giunta della Cassazione intende con essa istituire un gruppo di lavoro congiunto per monitorare in via permanente il dibattito e le proposte sul tema del rapporto tra le giurisdizioni, per promuovere soluzioni idonee compatibili con il quadro costituzionale e migliorative del servizio.

Roma, 13 gennaio 2018

Il Comitato Direttivo Centrale

LA COOPERAZIONE TRA LE GIURISDIZIONI SUPERIORI

NELL’INTERESSE DEI CITTADINI E DELLA GIUSTIZIA

Roma – 18 dicembre 2017

Camera dei deputati, Sala della Regina

Intervento del Presidente della Sezione dell’Associazione Nazionale magistrati della Cassazione

1. I magistrati della Corte di cassazione e della Procura generale hanno discusso del Memorandum nell’assemblea associativa del 27 giugno scorso diffondendo, all’esito, un ampio comunicato i cui contenuti sono stati ribaditi in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 4 agosto dalla nuova Giunta insediatasi a luglio. La discussione sui temi trattati dai nove punti del documento è stata ampia e partecipata ed è proseguita anche nei mesi successivi. 

2. Sono apprezzabili i vari passaggi che rappresentano l’esigenza di favorire virtuosi procedimenti di osmosi fra diverse esperienze, culture e sensibilità sollecitando l’adozione di accorgimenti organizzativi che facilitino una migliore comunicazione, tra le diverse giurisdizioni, delle rispettive prassi e modalità operative, ad esempio tramite attività di formazione comune o la collaborazione tra i rispettivi uffici studi. Trattasi, peraltro, di esperienze in parte già utilmente sperimentate: basti pensare ai corsi congiunti con le magistrature speciali che C.S.M., S.S.M. e formazione decentrata della Cassazione hanno realizzato da quindici anni a questa parte, ovvero al Protocollo d’intesa con la Corte Edu siglato dalla Cassazione sotto la direzione del compianto Presidente Santacroce, che ha costituito una iniziativa “pilota” seguita, nel corso dell’anno 2017, dalla firma di altrettanti protocolli “fotocopia“‘ da parte della Corte dei conti (a Varenna in Agosto) e del Consiglio di Stato (a Palazzo Spada il 16 novembre scorso). 

3. Va, invece, manifestata netta contrarietà al punto 4, l’unico che prefigura modifiche ordinamentali, contenendo l’impegno reciproco di “valutare, previeopportune consultazioni al proprio interno e con i competenti organi di autogoverno, la possibilità di promuovere l’introduzione di norme, a Costituzione invariata, che consentano forme di integrazione degli organi collegiali di vertice con funzioni specificamente nomofilattiche delle tre giurisdizioni (Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Sezioni Riunite della Corte dei conti) con magistrati di altre giurisdizioni, quando si trattino questioni di alto e comune rilievo nomofilattico, ivi comprese, per le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione, quelle attinenti alla giurisdizione”

In primo luogo va osservato che: 

a) ben difficilmente potrebbe sostenersi che la menzionata innovazione possa essere introdotta a Costituzione invariata (v. artt. 106 e 111 Cost.); 

b) soltanto la Corte di cassazione è configurata nel nostro ordinamento non come giudice di merito ma come giudice di pura legittimità, che opera con l’apporto della Procura Generale quale organo che conclude nell’interesse della legge; 

c) la funzione di tale inserimento non risulta chiara, non potendo configurarsi una anomala forma di “rappresentanza” delle giurisdizioni di provenienza, inconcepibile in un collegio giurisdizionale, e comunque esso comporterebbe solo un generico ed occasionale interscambio tra i componenti degli organi giudicanti di vertice senza alcun reale beneficio per l’esercizio della funzione nomofilattica. 

Sembrano poi precludere forme di integrazione ordinamentale: 

a) la specificità dello statuto di indipendenza dei magistrati ordinari, che gode di copertura costituzionale, e che fa dell’ordinamento della Magistratura ordinaria un unicum nel sistema, come confermato dal rilievo costituzionale della Corte di cassazione, tale da rendere i magistrati di cassazione l’unica categoria funzionale costituzionalmente prevista di magistrati (v. Corte cost., sentt. n. 86 e n. 87 del 1982); 

b) la diversità del regime disciplinare e di quello relativo allo svolgimento degli incarichi extragiudiziari tra i giudici ordinari e quelli speciali, anche di recente evidenziata da fatti di cronaca all’attenzione della pubblica opinione. 

4. Diffuse sono poi state, nel dibattito anche precedente e successivo all’assemblea del 27 giugno, le critiche all’abnorme espansione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo voluta dal Legislatore alla fine degli anni ’90 ed all’effetto, da essa prodotto, di sostanziale modifica dell’impianto complessivo del sistema delle tutele giurisdizionali delineato dai Costituenti, che attribuisce la cognizione generale sui diritti soggettivi al giudice ordinario (ed in ultima istanza alla Corte di cassazione quale unico giudice di pura legittimità) mentre assegna alla cognizione sui diritti del giudice amministrativo un carattere solo eccezionale e limitato. 

Una espansione che ha finito per incidere negativamente sulle esigenze di armonizzazione dell’esercizio della funzione nomofilattica, allontanando il sistema dalla prospettiva della tendenziale unità della giurisdizione e che, nonostante i correttivi apportati dalle sentenze della Corte costituzionale nn. 204/2004 e 191/2006, continua a presentare profili di disarmonia rispetto all’impianto complessivo del sistema delle tutele giurisdizionali disegnato dalla Costituzione. 

Disarmonia che, secondo una tesi seguita da attenta dottrina e da tempo anche al centro di diffuse riflessioni all’interno della stessa Corte, dovrebbe essere corretta estendendo la ricorribilità per cassazione per violazione e falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., alle decisioni del giudice amministrativo in tema di diritti soggettivi, soluzione secondo alcuni praticabile anche per via interpretativa, almeno quanto ai diritti fondamentali riconosciuti dalla CEDU. 

5.  Ma andando oltre tali considerazioni – che non costituiscono una antistorica prova “muscolare“, come sostenuto in un articolo estivo successivo al nostro, bensì il fermorichiamo ai principi costituzionali in tema di giurisdizione – gli altri punti del Memorandum meritano un prosieguo di approfondimento, sia per l’indubbio positivo contributo che lo stesso potrà fornire in chiave nomofilattica generale, sia per il riferimento (punto 5.a) alla necessità di “interventi di contenimento della frequenza di accesso alle corti superiori, nettamente maggiore rispetto a quanto di riscontra in sistemi simili”, laddove, pur sinteticamente, riconosce la situazione emergenziale sotto il profilo quantitativo degli affari trattati in cui da anni versa la Corte di cassazione. 

Situazione rispetto alla quale il preannunciato impatto positivo delle recenti riforme del rito civile e penale di Cassazione è ancora da verificare ed alla quale solo lo spirito di sacrificio di tutti i magistrati della Corte ha consentito di fare fronte. 

6. Il prosieguo del dialogo dovrebbe poi consentire una riflessione congiunta sulle questioni generali in tema di giurisdizione con aspetti di problematicità che chiaramente emergono dalla lettura combinata del Memorandum e dei documenti di accompagnamento. 

Tra queste sembra utile in questa sede fare un cenno a due snodi fondamentali dai quali dipendono le possibili soluzioni per tutti i punti trattati dal documento. 

Il primo riguarda l’espansione dell’interpretazione giudiziale quale effetto del mutato rapporto tra legislazione e giurisdizione, un dato ormai acquisito dagli studiosi ed alla base di vari contributi del gruppo di lavoro. 

Un fenomeno rispetto al quale occorre trovare soluzioni condivise per evitare che l’interpretazione giudiziale finisca per autodelegittimarsi, in quanto frutto meramente autoreferenziale di una elite di sapienti, separata dal contesto storico e sociale nel quale opera. 

Perché sia servizio, l’attività di interpretazione da parte del giudice della nomofilachia deve essere comprensibile dalla collettività e non solo dal mondo degli esperti, scopo che può essere raggiunto immaginando un linguaggio semplificato e condiviso, motivazioni di agevole comprensione e forme di spiegazione istituzionale delle decisioni adottate, rafforzando la prassi da tempo seguita dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione per questioni di particolare rilevanza. 

Del resto, in materia di giustizia, si sta progressivamente assistendo all’importazione ed adattamento di parametri propri della scienza dell’amministrazione, tanto che ormai si ragiona diffusamente su concetti quali la responsabilità sociale del sistema giudiziario, la sua rendicontazione e la sua “accountability“, quest’ultima intesa come “capacità della organizzazione giudiziaria di comprendere i rapporti con l’ambiente e sapere individuare le performance di sistema più significative”, ed è indubbio come la “vicinanza” delle ragioni della decisione alla collettività rappresenti un punto fondamentale per incrementare tale positiva caratteristica. 

Il tema della “accountability” dell’organizzazione giudiziaria pone però – ed è questo il secondo tema di valenza generale sul quale una riflessione condivisa sarebbe particolarmente utile – la questione dei soggetti responsabili del suo perseguimento. 

Occorre, infatti, individuare la linea di confine tra la responsabilità sociale dello “Stato giudice” ed il livello di concorso del singolo magistrato alla sua attuazione. 

Varie possono essere le soluzioni organizzative nella prospettiva di un sistema incentrato sulla tendenziale prevedibilità delle decisioni, ma bisogna comunque porre attenzione a non comprimere l’autonomia del giudice, valore fondante un sistema di giurisdizione diffusa quale è il nostro, pena il rischio di progressiva sterilizzazione del c.d. diritto vivente. 

Occorre, quindi, una “prevedibilità sostenibile”, con l’introduzione di meccanismi di “nomofilachia anticipata“, opportunamente prefigurati anche dal punto 3 della seconda parte della Relazione del gruppo di lavoro nella parte in cui propone di generalizzare l’istituto della questione pregiudiziale interpretativa previsto in materia di rito del lavoro dall’art. 420-biscod. proc. civ. 

7. La prospettiva della apertura di un confronto su questioni che riguardano aspetti fondamentali della politica giudiziaria richiede, in conclusione, un cenno al ruolo che in tale contesto può avere l’associazionismo giudiziario. 

Rispetto a modelli in cui le scelte strategiche per l’istituzione giudiziaria sono affidate alla sfera di responsabilità dei soggetti di vertice, quale sembra essere l’idea alla base della sottoscrizione del Memorandum, l’assunzione da parte dei magistrati e dei loro organismi esponenziali di un ruolo partecipativo a rilevanza anche esterna nella elaborazione delle riflessioni e nella individuazione delle possibili soluzioni migliorative, è decisamente da preferirsi, non già per ragioni c.d. “sindacali”, ma perché è la stessa scienza dell’amministrazione ad affermare che il grado di efficacia delle modifiche di una organizzazione complessa aumenta quando i soggetti che la

compongono e che ne devono garantire funzionalità ed efficienza siano stati direttamente coinvolti nella loro progettazione ed attuazione. 

Ed è anche con questi intenti che riteniamo di poter offrire la nostra collaborazione “ragionata” al dialogo tra le giurisdizioni. 

Pasquale Fimiani