La GEC è già intervenuta su di un’ altra importante disposizione contenuta nel suddetto Decreto Legge, concernente la proroga del trattenimento in servizio dei magistrati presso la Suprema Corte di Cassazione, e condividendo integralmente il contenuto del comunicato, non ritengo di dovere aggiungere altro.
Prima di entrare nel merito delle rilevanti novità apportate dal Decreto Legge, sento il dovere di esprimere la mia più profonda preoccupazione ed il mio fermo dissenso per l’ ennesimo intervento del Governo in materia di Giustizia attuato con decreto d’ urgenza, senza alcun preventivo confronto con l’ Associazione Nazionale Magistrati e soprattutto in assenza di una corretta e risolutiva visione strategica.
E’ davvero singolare che il Governo abbia deciso di intervenire con decreto legge su alcuni specifici e delicati profili ordinamentali che hanno già costituito oggetto di studio e proposta della Commissione presieduta dall’ Onorevole Vietti, istituita dal Ministro della Giustizia, optando per un intervento sommario ed atomistico, del tutto indifferente alle importanti ricadute complessive che le suddette modifiche sono in grado di propagare sull’ intiero assetto ordinamentale della magistratura.
Se poi le modifiche apportate dal suddetto Decreto Legge vengono raccordate alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, al D.L. per la riforma processuale ed alle complessive proposte di riforma ordinamentale avanzate dalle Commissione Scotti e Vietti, sulle quali la Commissione Ordinamento Giudiziario del CDC non mancherà di produrre a breve le proprie riflessioni, il quadro diviene ancora più fosco.
Ed infine, non può essere dimenticato lo “sberleffo” delle ferie, ridotte per decreto, con grancassa mediatica che ne sottolineava la valenza punitiva contro “la casta dei magistrati”, così sovvertendo la realtà, ledendo la dignità di tutti noi, violando il basilare metodo democratico del confronto con la categoria professionale interessata dalla riforma e delegittimando un Potere dello Stato.
Questa la premessa; ora andiamo al merito del provvedimento che ci interessa.
Legittimazione ai trasferimenti
L’art. 3 del Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri in data 30.8.2016 prevede la modifica dell’art. 194, comma 1, del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, aumentando il termine di legittimazione da tre a quattro anni affinchè il magistrato possa richiedere il trasferimento ad altra sede ed estendendo tale termine quadriennale anche ai magistrati di prima nomina (mediante l’eliminazione delle parole “da lui chiesta”). Si ricorderà infatti che la destinazione alla prima sede degli Uditori Giudiziari, poi MOT, era sempre stata considerata un trasferimento d’ ufficio.
L’innalzamento del periodo di permanenza obbligatoria nella sede da 3 a 4 anni incide pesantemente sulle legittime aspettative di mobilità dei singoli magistrati, senza risolvere peraltro alcun problema strutturale.
Nel garantire per un ulteriore anno la copertura della sede dove si trova il magistrato desideroso di trasferirsi, si ritarda di un anno la copertura dell’ Ufficio di destinazione ( qualunque esso sia). E’ una “partita di giro” priva di ogni consistenza reale. Puro illusionismo.
La mobilità dei magistrati subisce un grave ed ingiusto rallentamento, che dovrà essere sinergicamente valutato con le incompatibilità distrettuali che disciplinano il cambio di funzioni. Il sistema dei trasferimenti, complessivamente valutato nei due suddetti aspetti, di pura mobilità e funzionale, si caratterizza in termini di irragionevole e penalizzante rigidità.
Ciò vale a maggior ragione per i MOT, che sono obbligati ad effettuare una scelta tra sedi che spesso vengono individuate in territori disagiati e distanti dai luoghi di provenienza e che effettuano tali scelte in periodi e momenti delicati della propria vita professionale e personale. Nel testo elaborato dalla Commissione Vietti, dove era stato comunque previsto l’innalzamento del periodo di legittimazione per i trasferimenti da 3 a 4 anni, era stata prevista l’introduzione di un comma 2 nell’art. 194 che prevedeva che “Il termine è ridotto a tre anni per la prima assegnazione di sede dei magistrati ordinari all’esito del tirocinio.”. Il Governo, con decreto d’ urgenza, non ha neppure ritenuto di considerare le valutazioni tecniche di una Commissione Governativa istituita “ad hoc”.
I giovani magistrati sono stati pesantemente pregiudicati da questo intervento normativo, e di questo l’ ANM ne è pienamente consapevole.
Ulteriori e gravi criticità possono porsi anche per i magistrati che si trovino invece nel periodo conclusivo della propria carriera e che legittimamente aspirino ad un posto direttivo. L’art. 5 del decreto approvato dal Governo prevede anche una modifica all’art. 35 del d.lgs. 106 del 2006 stabilendo che le funzioni direttive possano essere conferite solo ai magistrati che, alla data della vacanza del posto messo a concorso, assicurino almeno quattro anni (invece dei tre richiesti precedentemente) di servizio prima della data di collocamento a riposo. Coloro che abbiano compiuto 65 o 66 anni e che stanno maturando il periodo di legittimazione dei tre anni nella sede ove attualmente si trovano in servizio rischiano di vedere seriamente pregiudicate le loro aspettative di ricoprire un incarico direttivo a seguito del contemporaneo innalzamento a quattro anni del periodo di legittimazione e del periodo di permanenza in servizio richiesto per poter essere nominati.
E’ evidente, sul punto, l’ assoluta mancanza di ponderazione sistematica dell’ impatto della modifica, anche considerando che contestualmente il Governo ha ritenuto di prorogare di un ulteriore anno il trattenimento in servizio di pochi magistrati della Corte di Cassazione.
Come detto, l’ innalzamento del periodo di legittimazione per i trasferimenti non comporta alcuna soluzione “strutturale” del problema della copertura dei posti vacanti negli uffici, in quanto si limita solo a prolungare di un anno la permanenza del magistrato nella sede di appartenenza, lasciando simmetricamente scoperto un posto in un altro ufficio. Si tratta pertanto, anche in tal caso, di un intervento che si limita a prorogare la situazione di fatto e a dilazionare interventi organici in grado di affrontare e risolvere in modo serio i problemi che affliggono il “comparto Giustizia”.
Nell’ immediatezza tale soluzione rischia di rendere ancora più difficoltosa la copertura dei posti attualmente vacanti negli uffici giudiziari. Invero, dopo l’entrata in vigore di questo decreto legge, ai concorsi banditi per coprire i posti vacanti potrà verosimilmente partecipare un numero inferiore di magistrati, restandone esclusi coloro che non hanno maturato i quattro anni di permanenza nell’ufficio ove si trovano, ma che hanno invece già maturato il periodo di tre anni che con la precedente normativa li avrebbe legittimati a richiedere il trasferimento. Il rischio sarà quello di non riuscire a trovare aspiranti legittimati per i posti pubblicati e di dover ricorrere, ancora una volta, per porre rimedio ad una situazione contingente ed urgente, alla pubblicazione straordinaria di posti vacanti aperti anche a soggetti non legittimati. In tal modo si rischia peraltro di produrre ulteriori stravolgimenti del sistema, atteso che le contingenze obbligheranno a consentire i trasferimenti anche di coloro che abbiano maturato una permanenza nella sede di provenienza addirittura inferiore ai tre anni.
Particolarmente grave è poi la mancanza di una norma transitoria, profilo questo che contrassegna non solo un certo modo di legiferare ma anche l’ assoluta mancanza di garbo istituzionale verso un Potere dello Stato, restando incerto in quali casi si applichi la modifica normativa introdotta con il Decreto Legge. Se infatti pare incontroverso che debba escludersi l’applicazione della novella a quelle procedure già in corso di svolgimento, con concorso pendente e domanda già presentata, a posto ordinario, semidirettivo o direttivo, possono insorgere dubbi per quei magistrati che nei prossimi mesi avrebbero maturato la legittimazione triennale e che intendono trasferirsi ad altra sede; questi colleghi avevano richiesto ed ottenuto la sede di attuale appartenenza sapendo che alla scadenza dei tre anni avrebbero maturato la legittimazione al trasferimento, ed ora si vedono mutare l’ assetto normativo da cui dipendono delicate scelte professionali e personali.
L’ interpretazione più corretta, ferme le critiche alla modifica in quanto tale, è quella che prevede l’applicazione della nuova normativa sulla legittimazione quadriennale solo a coloro che si trasferiranno in altra sede dopo l’entrata in vigore del decreto legge.
E’ auspicabile che il Parlamento ponderi queste evidenti criticità e vi ponga rimedio in sede di conversione del Decreto.
Il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà fare ciò che possibile per limitare i danni di una normativa allo stato priva di adeguate indicazioni intertemporali.
Diminuzione del periodo di tirocinio.
Desta altresì preoccupazione la diminuzione di sei mesi per il periodo di tirocinio dei MOT dei concorsi del 2014 e del 2015.
In primo luogo, una tale riduzione del periodo di tirocinio effettuata per decreto legge rischia di incidere pesantemente, oltre che sulle aspettative e sui progetti dei colleghi in tirocinio, anche sulle concrete possibilità di rivedere e organizzare in modo adeguato e proficuo la loro preparazione in vista delle delicate funzioni che saranno chiamati a svolgere.
In secondo luogo, si ritiene veramente troppo breve il periodo dedicato al tirocinio che, in ragione della preparazione eminentemente teorica richiesta per il concorso in magistratura, costituisce il primo momento di confronto con la realtà del nostro lavoro. È interesse di tutti gli operatori che i MOT nel momento in cui prendono servizio siano in grado di adeguatamente svolgere tutte le funzioni giudiziarie in maniera consapevole ed efficiente.
Infine una notazione positiva, che purtroppo non ci riguarda.
L’ art. 8 del Decreto Legge istituisce l’ “Ufficio per il Processo Amministrativo”. Prendiamo atto con favore del varo di un importante supporto per la funzionalità e la efficienza della giustizia amministrativa. Attendiamo che il Governo si ricordi dei magistrati ordinari anche quando non si tratta di ridurne le ferie con decreto o di adottare provvedimenti “tampone” privi di ogni reale efficacia.
Prato, 2 settembre 2016.
Antonio Sangermano
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Brevi note sul Decreto Legge recante “misure urgenti per la definizione del contenzioso presso la Corte di Cassazione e per la efficienza degli Uffici Giudiziari nonchè per la Giustizia Amministrativa”
La GEC è già intervenuta su di un’ altra importante disposizione contenuta nel suddetto Decreto Legge, concernente la proroga del trattenimento in servizio dei magistrati presso la Suprema Corte di Cassazione, e condividendo integralmente il contenuto del comunicato, non ritengo di dovere aggiungere altro.
Prima di entrare nel merito delle rilevanti novità apportate dal Decreto Legge, sento il dovere di esprimere la mia più profonda preoccupazione ed il mio fermo dissenso per l’ ennesimo intervento del Governo in materia di Giustizia attuato con decreto d’ urgenza, senza alcun preventivo confronto con l’ Associazione Nazionale Magistrati e soprattutto in assenza di una corretta e risolutiva visione strategica.
E’ davvero singolare che il Governo abbia deciso di intervenire con decreto legge su alcuni specifici e delicati profili ordinamentali che hanno già costituito oggetto di studio e proposta della Commissione presieduta dall’ Onorevole Vietti, istituita dal Ministro della Giustizia, optando per un intervento sommario ed atomistico, del tutto indifferente alle importanti ricadute complessive che le suddette modifiche sono in grado di propagare sull’ intiero assetto ordinamentale della magistratura.
Se poi le modifiche apportate dal suddetto Decreto Legge vengono raccordate alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, al D.L. per la riforma processuale ed alle complessive proposte di riforma ordinamentale avanzate dalle Commissione Scotti e Vietti, sulle quali la Commissione Ordinamento Giudiziario del CDC non mancherà di produrre a breve le proprie riflessioni, il quadro diviene ancora più fosco.
Ed infine, non può essere dimenticato lo “sberleffo” delle ferie, ridotte per decreto, con grancassa mediatica che ne sottolineava la valenza punitiva contro “la casta dei magistrati”, così sovvertendo la realtà, ledendo la dignità di tutti noi, violando il basilare metodo democratico del confronto con la categoria professionale interessata dalla riforma e delegittimando un Potere dello Stato.
Questa la premessa; ora andiamo al merito del provvedimento che ci interessa.
Legittimazione ai trasferimenti
L’art. 3 del Decreto Legge approvato dal Consiglio dei Ministri in data 30.8.2016 prevede la modifica dell’art. 194, comma 1, del Regio Decreto 30 gennaio 1941, n. 12, aumentando il termine di legittimazione da tre a quattro anni affinchè il magistrato possa richiedere il trasferimento ad altra sede ed estendendo tale termine quadriennale anche ai magistrati di prima nomina (mediante l’eliminazione delle parole “da lui chiesta”). Si ricorderà infatti che la destinazione alla prima sede degli Uditori Giudiziari, poi MOT, era sempre stata considerata un trasferimento d’ ufficio.
L’innalzamento del periodo di permanenza obbligatoria nella sede da 3 a 4 anni incide pesantemente sulle legittime aspettative di mobilità dei singoli magistrati, senza risolvere peraltro alcun problema strutturale.
Nel garantire per un ulteriore anno la copertura della sede dove si trova il magistrato desideroso di trasferirsi, si ritarda di un anno la copertura dell’ Ufficio di destinazione ( qualunque esso sia). E’ una “partita di giro” priva di ogni consistenza reale. Puro illusionismo.
La mobilità dei magistrati subisce un grave ed ingiusto rallentamento, che dovrà essere sinergicamente valutato con le incompatibilità distrettuali che disciplinano il cambio di funzioni. Il sistema dei trasferimenti, complessivamente valutato nei due suddetti aspetti, di pura mobilità e funzionale, si caratterizza in termini di irragionevole e penalizzante rigidità.
Ciò vale a maggior ragione per i MOT, che sono obbligati ad effettuare una scelta tra sedi che spesso vengono individuate in territori disagiati e distanti dai luoghi di provenienza e che effettuano tali scelte in periodi e momenti delicati della propria vita professionale e personale. Nel testo elaborato dalla Commissione Vietti, dove era stato comunque previsto l’innalzamento del periodo di legittimazione per i trasferimenti da 3 a 4 anni, era stata prevista l’introduzione di un comma 2 nell’art. 194 che prevedeva che “Il termine è ridotto a tre anni per la prima assegnazione di sede dei magistrati ordinari all’esito del tirocinio.”. Il Governo, con decreto d’ urgenza, non ha neppure ritenuto di considerare le valutazioni tecniche di una Commissione Governativa istituita “ad hoc”.
I giovani magistrati sono stati pesantemente pregiudicati da questo intervento normativo, e di questo l’ ANM ne è pienamente consapevole.
Ulteriori e gravi criticità possono porsi anche per i magistrati che si trovino invece nel periodo conclusivo della propria carriera e che legittimamente aspirino ad un posto direttivo. L’art. 5 del decreto approvato dal Governo prevede anche una modifica all’art. 35 del d.lgs. 106 del 2006 stabilendo che le funzioni direttive possano essere conferite solo ai magistrati che, alla data della vacanza del posto messo a concorso, assicurino almeno quattro anni (invece dei tre richiesti precedentemente) di servizio prima della data di collocamento a riposo. Coloro che abbiano compiuto 65 o 66 anni e che stanno maturando il periodo di legittimazione dei tre anni nella sede ove attualmente si trovano in servizio rischiano di vedere seriamente pregiudicate le loro aspettative di ricoprire un incarico direttivo a seguito del contemporaneo innalzamento a quattro anni del periodo di legittimazione e del periodo di permanenza in servizio richiesto per poter essere nominati.
E’ evidente, sul punto, l’ assoluta mancanza di ponderazione sistematica dell’ impatto della modifica, anche considerando che contestualmente il Governo ha ritenuto di prorogare di un ulteriore anno il trattenimento in servizio di pochi magistrati della Corte di Cassazione.
Come detto, l’ innalzamento del periodo di legittimazione per i trasferimenti non comporta alcuna soluzione “strutturale” del problema della copertura dei posti vacanti negli uffici, in quanto si limita solo a prolungare di un anno la permanenza del magistrato nella sede di appartenenza, lasciando simmetricamente scoperto un posto in un altro ufficio. Si tratta pertanto, anche in tal caso, di un intervento che si limita a prorogare la situazione di fatto e a dilazionare interventi organici in grado di affrontare e risolvere in modo serio i problemi che affliggono il “comparto Giustizia”.
Nell’ immediatezza tale soluzione rischia di rendere ancora più difficoltosa la copertura dei posti attualmente vacanti negli uffici giudiziari. Invero, dopo l’entrata in vigore di questo decreto legge, ai concorsi banditi per coprire i posti vacanti potrà verosimilmente partecipare un numero inferiore di magistrati, restandone esclusi coloro che non hanno maturato i quattro anni di permanenza nell’ufficio ove si trovano, ma che hanno invece già maturato il periodo di tre anni che con la precedente normativa li avrebbe legittimati a richiedere il trasferimento. Il rischio sarà quello di non riuscire a trovare aspiranti legittimati per i posti pubblicati e di dover ricorrere, ancora una volta, per porre rimedio ad una situazione contingente ed urgente, alla pubblicazione straordinaria di posti vacanti aperti anche a soggetti non legittimati. In tal modo si rischia peraltro di produrre ulteriori stravolgimenti del sistema, atteso che le contingenze obbligheranno a consentire i trasferimenti anche di coloro che abbiano maturato una permanenza nella sede di provenienza addirittura inferiore ai tre anni.
Particolarmente grave è poi la mancanza di una norma transitoria, profilo questo che contrassegna non solo un certo modo di legiferare ma anche l’ assoluta mancanza di garbo istituzionale verso un Potere dello Stato, restando incerto in quali casi si applichi la modifica normativa introdotta con il Decreto Legge. Se infatti pare incontroverso che debba escludersi l’applicazione della novella a quelle procedure già in corso di svolgimento, con concorso pendente e domanda già presentata, a posto ordinario, semidirettivo o direttivo, possono insorgere dubbi per quei magistrati che nei prossimi mesi avrebbero maturato la legittimazione triennale e che intendono trasferirsi ad altra sede; questi colleghi avevano richiesto ed ottenuto la sede di attuale appartenenza sapendo che alla scadenza dei tre anni avrebbero maturato la legittimazione al trasferimento, ed ora si vedono mutare l’ assetto normativo da cui dipendono delicate scelte professionali e personali.
L’ interpretazione più corretta, ferme le critiche alla modifica in quanto tale, è quella che prevede l’applicazione della nuova normativa sulla legittimazione quadriennale solo a coloro che si trasferiranno in altra sede dopo l’entrata in vigore del decreto legge.
E’ auspicabile che il Parlamento ponderi queste evidenti criticità e vi ponga rimedio in sede di conversione del Decreto.
Il Consiglio Superiore della Magistratura dovrà fare ciò che possibile per limitare i danni di una normativa allo stato priva di adeguate indicazioni intertemporali.
Diminuzione del periodo di tirocinio.
Desta altresì preoccupazione la diminuzione di sei mesi per il periodo di tirocinio dei MOT dei concorsi del 2014 e del 2015.
In primo luogo, una tale riduzione del periodo di tirocinio effettuata per decreto legge rischia di incidere pesantemente, oltre che sulle aspettative e sui progetti dei colleghi in tirocinio, anche sulle concrete possibilità di rivedere e organizzare in modo adeguato e proficuo la loro preparazione in vista delle delicate funzioni che saranno chiamati a svolgere.
In secondo luogo, si ritiene veramente troppo breve il periodo dedicato al tirocinio che, in ragione della preparazione eminentemente teorica richiesta per il concorso in magistratura, costituisce il primo momento di confronto con la realtà del nostro lavoro. È interesse di tutti gli operatori che i MOT nel momento in cui prendono servizio siano in grado di adeguatamente svolgere tutte le funzioni giudiziarie in maniera consapevole ed efficiente.
Infine una notazione positiva, che purtroppo non ci riguarda.
L’ art. 8 del Decreto Legge istituisce l’ “Ufficio per il Processo Amministrativo”. Prendiamo atto con favore del varo di un importante supporto per la funzionalità e la efficienza della giustizia amministrativa. Attendiamo che il Governo si ricordi dei magistrati ordinari anche quando non si tratta di ridurne le ferie con decreto o di adottare provvedimenti “tampone” privi di ogni reale efficacia.
Prato, 2 settembre 2016.
Antonio Sangermano
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