Caso Gard – CEDU – Decisione 27.6.2017

di Giuseppe De Marzo

Con decisione del 27 giugno 2017 la Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso nel caso Gard e altri c. Regno Unito.

La vicenda concerneva un minore affetto da una malattia genetica rara e ad esito infausto.

Nel febbraio 2017 l’ospedale che ha in cura il bambino aveva chiesto ai giudici domestici di accertare la legittimità della interruzione della ventilazione artificiale e dell’inizio della somministrazione di cure palliative.

Dal canto loro, i genitori del minore avevano chiesto di considerare se non rispondesse all’interesse del minore la sottoposizione ad un trattamento sperimentale negli U.S.A.

I giudici nazionali avevano concluso che era legittimo interrompere i trattamenti che mantenevano in vita il bambino, perché era probabile che questi avrebbe sofferto un pregiudizio significativo, se la sua sofferenza attuale fosse  stata prolungata senza una realistica prospettiva di miglioramento e che  la terapia sperimentale non avrebbe prodotto alcun efficace beneficio.

Nel procedimento dinanzi alla Corte europea, i genitori del minore hanno fatto valere – agendo in proprio e nell’interesse di quest’ultimo – la violazione dell’art. 2 (diritto alla vita), in relazione all’impossibilità, per effetto della decisione dell’ospedale, di accedere alle terapie di sostegno alla vita negli U.S.A.) e la violazione dell’art. 5 (diritto alla libertà e sicurezza), perché, per effetto dell’indicata decisione, il minore era stato illegalmente privato della sua libertà. Essi hanno inoltre dedotto la violazione dell’art. 6 (diritto ad un processo equo) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), in quanto le decisioni del giudice nazionale avevano condotto ad una ingiusta e sproporzionata interferenza nei loro diritti parentali.

La Corte, dopo avere ricordato l’ampio margine di apprezzamento attribuito alle autorità nazionali, per quanto concerne l’accesso ai trattamenti sperimentali per i malati terminali e nei casi che sollevano questioni morali ed etiche sensibili, ha ribadito che essa non può sostituirsi alle prime.

In questa prospettiva, la Corte ha osservato che il quadro normativo di riferimento inglese è compatibile con la Convenzione e consente sia l’accesso ai trattamenti sperimentali, che l’interruzione dei trattamenti di sostegno alla vita.

Inoltre, essa ha rilevato che le decisioni dei giudici nazionali erano state meticolose, complete e riesaminate in tre livelli di giurisdizione, con chiare ed ampie argomentazioni su tutti gli aspetti di rilievo della vicenda, sostenute da un completo contraddittorio anche attraverso l’audizione dei medici coinvolti e di esperti indicati dalle parti, oltre che del tutore del minore.

In definitiva, essa ha osservato che  era molto probabile che il minore fosse destinato ad essere esposto a una continua sofferenza, anche in ragione delle insussistenti prospettive di successo dei trattamenti sperimentali.