CEDU 9.1.2018 Lopez vs. Spagna: Licenziamento illegittimo per violazione del diritto alla privacy sul luogo di lavoro

a cura di Alessio Scarcella

Corte e.d.u., Sez. III, 9 gennaio 2018 (nn. 1874/13 e 8567/13), López Ribalda et a. c. Spagna

La III sezione della Corte, nella decisione indicata, ha ritenuto, sebbene a maggioranza (sei voti contro uno), violata la disposizione convenzionale dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita priva e familiare) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo – escludendo, all’unanimità, che vi fosse stata una violazione dell’articolo 6 § 1 (diritto a un giusto processo) – in un caso in cui si discuteva della legittimità di un licenziamento di alcuni dipendenti di un supermercato, basato sulle registrazioni estrapolate da un sistema di videosorveglianza “nascosta” all’interno di supermercato, installato a seguito del sorgere di sospetti di furto di merce esposta.

I ricorrenti, in particolare, erano stati licenziati sulla base del video che era stato ottenuto violando il loro diritto alla privacy. I giudici spagnoli avevano acquisito le registrazioni come prova dei fatti ed avevano confermato la legittimità dei licenziamenti.

La Corte e.d.u. ha rilevato in particolare che gli stessi, in base alla normativa spagnola sulla protezione dei dati personali, avrebbero dovuto essere informati del fatto di essere sottoposti a videosorveglianza, cosa che in realtà non era avvenuta. Ha aggiunto che i diritti del datore di lavoro avrebbero potuto essere salvaguardati con modalità diverse, ad esempio fornendo ai lavoratori informazioni generali sulla esistenza di un sistema di videosorveglianza (gli stessi erano stati infatti resi edotti dell’esistenza delle sole telecamere “visibili”, ma non di quelle nascoste). I giudici spagnoli, secondo la Corte e.d.u., non erano dunque riusciti a garantire il giusto equilibrio tra il diritto alla privacy dei lavoratori e il diritto del datore di lavoro di tutelare la proprietà aziendale.

La Corte e.d.u., nell’escludere la violazione del diritto al giusto processoexart. 6, ha peraltro ritenuto che le videoregistrazioni acquisite al procedimento non costituivano l’unica prova sulla cui base i giudici spagnoli erano pervenuti a confermare la legittimità dei licenziamenti, e, inoltre, i lavoratori, avevano avuto la possibilità di contestare il contenuto delle videoregistrazioni nel corso del processo.

Tra i precedenti maggiormente significativi, citato anche dalla Corte e.d.u., si segnala il caso Köpke c. Germania del 5 ottobre 2010  (n. 420/07), in cui però il ricorso venne considerato come irricevibile per manifesta infondatezza, a fronte della lamentata violazione del diritto al rispetto della vita privata di una cassiera di supermarket sospettata di furto. In quel caso, la Corte e.d.u. ritenne che l’interferenza nella vita privata della dipendente fosse stata limitata a quanto necessario allo scopo, e che l’interesse del datore di lavoro potesse essere salvaguardato solo raccogliendo prove del furto per utilizzarle nel processo, così anche soddisfacendo l’interesse pubblico alla corretta amministrazione della giustizia. Non ci sarebbero stati, cioè, altri mezzi efficaci per proteggere il diritto di proprietà del datore di lavoro, che interferissero meno col diritto della dipendente al rispetto della vita privata.

La Corte e.d.u., nel caso appena deciso, ha condannato la Spagna a corrispondere, a titolo di equa soddisfazione, la somma di 4.000 euro a ciascun ricorrente, a titolo di danno non patrimoniale, ritenendo all’unanimità che dovessero essere corrisposti anche 500 euro al primo ricorrente a titolo di costi e spese e di 568,86 euro a ciascuno degli altri ricorrenti.