CEDU – Baydar c. Olanda – Motivazione rigetto richiesta rinvio pregiudiziale

[CLASSIFICAZIONE]

EQUO PROCESSO – PROVVEDIMENTI GIUDIZIARI – MOTIVAZIONE

[RIFERIMENTI NORMATIVI]

Costituzione, art. 111;

Convenzione EDU, art. 6, § 1;

Codice di procedura penale, artt. 125 e 546 c.p.p.

[SENTENZA SEGNALATA]

Corte e.d.u., Sez.III, 24 aprile 2018 (n. 55385/14) ric. Ilkay Baydar  C. Olanda

Diritto all’equo processo – Art. 6, § 1, Convenzione e.d.u. – Richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizie UE – Corte Suprema – Rigetto – Motivazione sintetica – Legittimità – Non violazione.

Abstract. La Corte europea dei diritti dell’uomo è stata chiamata ad affrontare il tema del rispetto del diritto all’equo processo sotto il profilo della adeguatezza della motivazione dei provvedimenti giudiziari, stavolta con riferimento ad una decisione della Corte Suprema olandese che, esaminando una richiesta di rinvio pregiudizialeexart. 267 TFUE proposta dal ricorrente, l’aveva rigettata con una motivazione sintetica. La Corte di Strasburgo ha ritenuto, in particolare, non violato il diritto all’equo processo nel caso in cui il giudice di ultimo grado decida di non procedere a un rinvio pregiudiziale d’interpretazione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, richiamando nell’ordinanza unicamente le norme rilevanti, senza una motivazione dettagliata, qualora non si pongano importanti questioni giuridiche. 

1. Il caso originava dal ricorso di tale sig. Baydar con cui si contestava la decisione, sinteticamente motivata, della Corte suprema olandese di respingere una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE). Nell’ottobre 2011 il Baydar era stato condannato per trasporto di eroina e traffico di esseri umani. La sentenza veniva confermata in appello dalla Corte Suprema, con condanna del medesimo alla pena di 34 mesi di reclusione. Il Baydar, con riferimento alla condanna per il traffico di esseri umani, aveva chiesto il rinvio pregiudiziale alla CGUE. Nel corso dei processi nazionali era sorta infatti una questione sulla corretta qualificazione della nozione di “residenza” ai sensi della direttiva 2002/90 sul favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali e della decisione quadro 2002/946 relativa al rafforzamento del quadro penale in questo settore, ma la Corte Suprema aveva respinto la domanda.

2. Il ricorrente, rivolgendosi alla Corte e.d.u., si doleva del fatto che la Corte Suprema avesse rigettato la richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGUE senza fornire un’adeguata motivazione alla sua decisione, sebbene avesse il dovere di farlo quale giudice di ultima istanza.  

2.1. La Corte di Strasburgo ha ritenuto che non contrasti con l’articolo 6 § 1 della Convenzione il rigetto da parte di una Corte Suprema della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE facendo semplicemente riferimento alle norme giuridiche pertinenti, laddove la questione non sollevi questioni giuridiche di fondamentale importanza, in particolare nel contesto di “procedure accelerate”. La Corte e.d.u. ha concordato con la spiegazione della Corte Suprema olandese secondo cui è conforme alla Convenzione europea la decisione, nei casi in cui non sorgano questioni giuridiche di importanza fondamentale, di respingere la richiesta con una motivazione sommaria.

La Corte ha inoltre rilevato che la CGUE ha stabilito che i giudici nazionali (ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 3, TFUE), inclusi quelli di ultimo grado, non sono obbligati a effettuare il rinvio pregiudiziale laddove ritengano che la questione non sia rilevante ai fini della soluzione del caso e l’atto sia chiaro. Poiché, nel caso di specie, la Corte suprema aveva debitamente esaminato i motivi di ricorso del Baydar e nessuna apparenza di iniquità del procedimento era stata rilevata dalla Corte, non vi era stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione. In particolare, la Corte e.d.u. ha rilevato che la richiesta era stata respinta da tre membri della Suprema Corte con motivazione sintetica sulla base del diritto nazionale, dopo aver preso conoscenza di tutti i motivi di ricorso scritti dal ricorrente e del parere consultivo dell’avvocato generale.

3. Tra i precedenti maggiormente significativi, citati anche dalla Corte e.d.u., si segnala anzitutto il caso Ullens de Schooten e Rezabek c. Belgio del 20 settembre 2011 (nn. 3989/07 e 38353/07), riguardante però una questione civilistica. Importanti però i principi affermati in quella vicenda, sostanzialmente riconfermati dalla Corte e.d.u. nel caso risolto lo scorso 24 aprile. La Corte e.d.u. ricorda che la Convenzione non garantisce, come tale, un diritto che una questione sia rinviata a titolo pregiudiziale dal giudice nazionale ad un’altra giurisdizione, nazionale o sovranazionale. Essa afferma, tuttavia, che l’articolo 6 § 1 obbliga le giurisdizioni interne a motivare le decisioni con le quali rigettano la relativa istanza, specialmente quando la legge consente tale rifiuto solo in via d’eccezione. Nel quadro del Trattato (articolo 234), ciò significa che le giurisdizioni supreme sono tenuti a motivare il rifiuto di rinvio pregiudiziale secondo le eccezioni indicate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. La Corte e.d.u. ritiene che quando una questione concernente l’interpretazione del Trattato è sollevata in un procedimento dinanzi al giudice nazionale le cui decisioni non sono impugnabili (nella specie la Corte di Cassazione o il Consiglio di Stato), tale giurisdizione è tenuta, in virtù dell’articolo 234 del Trattato (articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), ad adire la Corte di giustizia in via pregiudiziale. Tuttavia, tale obbligo non è assoluto, come emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia [(il richiamo, nella sentenza resa nel caso olandese è alle seguenti decisioni della CGUE: 1) sentenza S.r.l. CILFIT e Lanificio di Gavardo S.p.a. c. Ministero della Salute (C-283/81); 2) sentenza György Katz c. István Roland Sós (C-404/07); 3) sentenza VB Pénzügyi Lízing Zrt. c. Ference Schneider (C-137/08); 4) sentenza Lucio Cesare Aquino c. Belgische Staat (C-3/16)], in quanto le giurisdizioni nazionali non sono tenute a rinviare quando constatano che la questione non è “rilevante” o che la disposizione comunitaria pertinente è già stata oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia o, infine, quando “l’applicazione corretta del diritto comunitario è così evidente da non lasciare spazio ad alcun ragionevole dubbio”. Nel caso esaminato nel 2011, come in quello esaminato il 24 aprile 2018, i giudizi di ultima istanza avevano motivato il loro rifiuto (con la particolarità che, in quello più recente, la motivazione era stata sintetica): pertanto, sia nel precedente che nel caso attuale la Corte ha concluso nel senso della non violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

4. Ancora, si richiama, tra le decisioni che hanno visto coinvolto il nostro Paese, il caso Dhahbi c. Italia dell’8 aprile 2014  (n. 17120/09), in cui la Corte e.d.u. ritenne violato l’art. 6 in quanto, dopo aver esaminato la sentenza della Corte di cassazione del 15 aprile 2008, rilevò l’assenza di qualsiasi riferimento alla richiesta di rinvio pregiudiziale formulata dal ricorrente e alle ragioni per le quali è stato considerato che la questione sollevata non meritasse di essere trasmessa alla CGUE. La motivazione della sentenza controversa non permetteva di stabilire se detta questione fosse stata considerata come non pertinente o come relativa a una disposizione chiara o già interpretata dalla CGUE, oppure se fosse stata semplicemente ignorata [si veda, a contrario, il caso Vergauwen c. Belgio (dec.) del 10 aprile 2012, n. 4832/04, dove la Corte ha constatato che la Corte costituzionale belga avesse debitamente motivato il suo rifiuto di sottoporre questioni pregiudiziali]. 

5. Nello stesso senso, si veda il caso Schipani ed altri c. Italia del 21 luglio 2015 (n. 38369/09). Anche in quel caso, la Corte e.d.u. esaminò la sentenza della Corte di cassazione del 14 novembre 2008 senza trovare alcun riferimento alla richiesta di rinvio pregiudiziale formulata dai ricorrenti e alle ragioni per le quali era stato considerato che la questione sollevata non meritasse di essere trasmessa alla CGUE. È vero che, nella motivazione della sentenza, la Corte di cassazione aveva indicato che il ritardo nel recepimento delle direttive controverse faceva sorgere, secondo la giurisprudenza della CGUE, il diritto alla riparazione dei danni subiti dalle persone. Il Governo italiano aveva sostenuto, quindi, che questa affermazione potesse costituire una motivazione implicita di rigetto della prima parte della questione pregiudiziale sollecitata dai ricorrenti. Tuttavia, osservò la Corte e.d.u., pur volendo supporre che fosse così, l’affermazione di cui si tratta non spiegava le ragioni per le quali la seconda parte della questione pregiudiziale – la questione di stabilire se le condizioni previste dal decreto legislativo n. 257 del 1991 rendessero l’ottenimento del risarcimento impossibile o eccessivamente difficile – fosse irricevibile. La motivazione della sentenza della Cassazione, dunque, non permetteva di stabilire se quest’ultima parte della questione fosse stata considerata come non pertinente o come relativa a una disposizione chiara o come già interpretata dalla CGCE, oppure se fosse stata semplicemente ignorata. 

6. Infine, merita di essere segnalato, il caso Wind telecomunicazioni spa c. Italia dell’8 settembre 2015(n.5159/14), in cui la Corte di Strasburgo ha riconosciuto che il giudice ordinario nazionale, pur non avendo motivato sulla richiesta di rinvio pregiudiziale prospettata innanzi a quello stesso organo giurisdizionale dalla parte, non ha dato luogo ad alcuna violazione dell’art.6 Corte e.d.u. Si legge, in particolare nel testo: «…Nel caso di specie, sia nel suo ricorso per cassazione (paragrafo 15 supra) che nella sua memoria del 9 maggio 2013 (paragrafo 17 supra), la ricorrente ha chiesto alla Corte di cassazione di porre alla CGUE la questione pregiudiziale di sapere: a) se l’articolo 267 del TFUE dovesse essere interpretato nel senso di attribuire alla CGUE una giurisdizione esclusiva in materia di interpretazione del diritto dell’UE; e b) se un giudice nazionale di ultimo grado oltrepassasse i limiti della propria giurisdizione quando rifiutava di adire la CGUE e dava la propria interpretazione del diritto dell’UE. Poiché le sue decisioni non sono passibili di alcun ricorso giurisdizionale nel diritto interno, la Corte di cassazione aveva l’obbligo di motivare il suo rifiuto di porre la questione pregiudiziale rispetto alle eccezioni sollevate dalla giurisprudenza della CGUE (Dhahbi, sopra citata, § 32). 36.  La Corte ha esaminato la sentenza della Corte di cassazione del 14 maggio 2013 senza trovare alcun riferimento esplicito alla domanda di rinvio pregiudiziale formulata dalla ricorrente. Tuttavia, leggendo la motivazione di tale sentenza si evince che la questione pregiudiziale era manifestamente non pertinente nel caso di specie. In effetti, la Corte di cassazione ha chiarito che nell’ambito di un ricorso presentato ai sensi dell’articolo 111 c. 8 della Costituzione, essa doveva limitarsi a controllare il rispetto dei «limiti esterni» della «funzione giurisdizionale» del Consiglio di Stato, e non poteva esaminare la questione di stabilire se, rigettando una domanda di rinvio pregiudiziale, tale organo avesse soddisfatto le condizioni stabilite nel TFUE. Anche in caso di inosservanza di tali condizioni, non sarebbe stato ravvisabile alcun difetto di giurisdizione (paragrafi 20-21 supra). In queste circostanze era evidente che non risultava necessario chiedere alla CGUE di interpretare l’articolo 267 del TFUE, in quanto l’eventuale violazione di tale disposizione da parte del Consiglio di Stato non poteva avere alcuna incidenza sull’esito della causa dinanzi alla Corte di cassazione. 37. Certo, sarebbe stato preferibile che la Corte di cassazione avesse chiarito le linee del suo ragionamento rispetto al rigetto della domanda di rinvio pregiudiziale della ricorrente. Rimane comunque il fatto che, per i motivi indicati al paragrafo precedente, vi è stata nella fattispecie una motivazione implicita di tale rigetto. In effetti, la motivazione della sentenza in questione permette di stabilire che la questione è stata considerata non pertinente (si veda, mutatis mutandisVergauwen, sopra citata, § 91, in cui la Corte ha constatato che la Corte costituzionale belga aveva debitamente motivato il suo rifiuto di porre delle questioni pregiudiziali)».