Oggetto:Consiglio d’Europa – Corte europea dei diritti dell’uomo – Ricorso n. 46154/16, Xxc. Italia.
I. L’adeguamento della giurisprudenza di legittimità ai principi fissati dalla Corte EDU in tema di diversa qualificazione giuridica del fatto nel giudizio di cassazione.
1. La Corte EDU ha affermato, con una sentenza emessa in data 11/12/2007 (cd. “Drassich 1”), che il diritto di essere informato del contenuto dell’accusa, riconosciuto dall’art. 6, par. 3, CEDU, non riguarda solo i fatti materiali attribuiti all’imputato, ma anche la qualificazione giuridica di tali fatti.
Presupposto di tale affermazione è che, nella materia penale, l’informazione completa delle accuse a carico dell’imputato, compresa la qualificazione giuridica dei fatti, costituisce una condizione fondamentale dell’equità del processo quale oggetto del diritto sancito dall’art. 6, par. 1, CEDU.
Pur escludendo la necessità di adottare forme particolari in ordine alla modalità con cui deve essere attuata tale informazione, la Corte EDU ha posto in rilievo la stretta correlazione tra il diritto di essere informato della natura e del motivo dell’accusa e il diritto di disporre del tempo e delle possibilità necessari per preparare la difesa (art. 6, par. 3, lett. b), CEDU).
2. A conclusione del complesso iter processuale relativo al c.d. “caso Drassich 1”, la Corte Suprema di cassazione (Sez. 6, n. 36323 del 25/05/2009, Drassich , Rv. 244974) ha fatto propria l’interpretazione dell’art. 6 Conv. fornita dalla Corte EDU in tema di riqualificazione del fatto nel giudizio di legittimità, affermando che, in tale sede di giudizio, il diritto del ricorrente ad essere informato in modo dettagliato della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico deve ritenersi soddisfatto anche quando l’eventualità di una diversa qualificazione giuridica del fatto operabile dal giudice ex officio sia stata rappresentata al difensore dell’imputato con un atto del Collegio, in modo che la parte abbia potuto beneficiare di un congruo termine per apprestare la propria difesa.
Nella fattispecie esaminata, l’eventualità di una diversa qualificazione giuridica era stata rappresentata nelle conclusioni e nella sintesi delle statuizioni riportate nel dispositivo di una precedente sentenza della Corte di legittimità, con la quale era stata revocata una propria precedente pronuncia limitatamente alla riqualificazione dei fatti corruttivi come reati di corruzione in atti giudiziari, disponendo che si procedesse ad una nuova trattazione del ricorso proposto contro la decisione assunta dal giudice di secondo grado.
Già nella precedente sentenza n. 45807 del 12 novembre 2008, pronunciata in relazione al medesimo caso, la Corte Suprema di cassazione aveva affermato, fra l’altro, che la regola racchiusa nell’art. 521, comma 1, cod. proc. pen. caratterizza “una funzione indefettibile del giudice, quella della corretta qualificazione giuridica del fatto e delle relative conseguenze sanzionatorie. Regola che diviene ancor più cogente nel giudizio di legittimità perché da contenuto e significato alla funzione della Corte di cassazione chiamata ad assicurare l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge“.
Nel giudizio di legittimità, dunque, l’applicazione dell’art. 521, comma 1, cit. nel senso indicato dalla Corte europea è stata ritenuta conforme al principio epistemologico statuito dall’art. 111, comma 2, Cost., per il quale “… ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti al giudice ….”, principio che non investe soltanto “la formazione della prova” ma anche ogni questione che attiene la valutazione giuridica del fatto commesso.
Secondo quanto statuito con la sentenza del 12 novembre 2008, la su richiamata norma processuale va applicata ed interpretata nel senso che la qualificazione giuridica del fatto diversa da quella attribuita nel giudizio di merito, riconducibile ad una funzione propria della Corte Suprema di cassazione, richiede una condizione imprescindibile per il suo concreto esercizio: l’informazione di tale eventualità all’imputato e al suo difensore. Informazione che, “qualora manchi una specifica richiesta del pubblico ministero, va formulata dal Collegio con un atto che ipotizzi tale eventualità”.
3. Con riferimento alla medesima vicenda processuale già sottoposta all’esame della Corte EDU, ma pronunziando questa volta in sede di revisione, la Corte Suprema di cassazione (Sez. 2, n. 37413 del 15/05/2013, Drassich, Rv. 256651) ha successivamente confermato che, nel giudizio di legittimità, il diritto del ricorrente ad essere informato in modo dettagliato della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico deve ritenersi soddisfatto quando l’eventualità di una diversa qualificazione giuridica del fatto operata dal giudiceex officiosia stata rappresentata al difensore dell’imputato, in modo che la parte abbia potuto beneficiare di un congruo termine per apprestare la propria difesa, e che l’art. 6, par. 1, CEDU, così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte europea, può ritenersi rispettato con l’informazione al solo difensore, tenendo conto della natura tecnica del giudizio di legittimità.
Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte ha affermato: a) che la menzionata sentenza n. 36323 del 2009 aveva precisato che la questione da esaminare, a seguito della revoca della precedente decisione, era di puro diritto, non toccando la essenza contenutistica dell’imputazione e la ricostruzione dei fatti “considerata corretta e logica nella sua complessiva esposizione delle decisioni di merito“; b) che in ogni caso, non sussiste violazione del diritto al contraddittorio quando l’imputato abbia avuto modo di interloquire in ordine alla nuova qualificazione giuridica attraverso l’ordinario rimedio dell’impugnazione, non solo davanti al giudice di secondo grado, ma anche davanti al giudice di legittimità; c) che la questione della qualificazione giuridica del fatto (e non dell’accertamento materiale dello stesso) rientra fra i casi tipici del ricorso per cassazione; d) che, anche ove sia ipotizzabile la contestazione in fatto della diversa qualificazione giuridica, è imprescindibile che con il ricorso per cassazione sia formulata una richiesta di annullamento con rinvio, che specificamente indichi nuovi elementi di fatto, non valutati dal giudice di merito e non prospettati perché non attinenti alla originaria qualificazione, che consentirebbero di escludere la diversa e nuova qualificazione; e) che comunque le nuove prove che la difesa ricorrente avrebbe inteso chiedere in sede di merito non attenevano alla specifica questione della riqualificazione giuridica, ma tendevano a mettere in discussione in radice quella ricostruzione dei fatti, confermata nei due gradi di merito, e ritenuta dalla Suprema Corte “corretta e logica”; f) che, quanto alla doglianza del ricorrente di non avere a suo tempo potuto partecipare personalmente al giudizio, doveva ribadirsi, alla stregua della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che le procedure dedicate esclusivamente a punti di diritto e non di fatto, possono soddisfare le esigenze dell’art. 6 della Convenzione, anche se la Corte d’appello o di Cassazione non hanno dato al ricorrente la facoltà di esprimersi personalmente dinanzi ad esse, purché vi sia stata una pubblica udienza in primo grado e ciò perché l’istanza giurisdizionale interessata non ha il compito di accertare i fatti, ma solo quello di interpretare le norme giuridiche controverse.
4. La Corte EDU ha in seguito ribadito il suo orientamento con una decisione del 22/2/2018 (cd. “Drassich 2”), ove ha escluso l’imprevedibilità della diversa qualificazione giuridica dei fatti ascritti al ricorrente valutando i motivi della riapertura del processo a suo carico e le indicazioni contenute nella sentenza della Corte di cassazione n. 45807 del 12 novembre 2008.
In ordine alla prospettata violazione dei diritti riconosciuti dall’art. 6, par. 3, lett. a) e lett. b), CEDU, la Corte europea ha rilevato che, nei cinque mesi intercorsi fra la sentenza di revocaexart. 625-bis cod. proc. pen. e la riapertura del processo dinanzi alla Corte di cassazione, il ricorrente aveva depositato due memorie scritte e il suo difensore aveva discusso oralmente la causa.
La Corte EDU ha evidenziato, inoltre, che il ricorrente non aveva offerto alcuna dimostrazione del fatto che la Corte di cassazione avesse deciso sulla base di elementi – di fatto o di diritto – sui quali non si era svolto il contraddittorio tra le parti, sottolineando, in particolare, che egli non aveva mai contestato il modo in cui il Tribunale o la Corte di appello avevano accertato i fatti di causa, né aveva chiesto la riapertura dell’istruttoria al fine di ottenere nuove prove a discarico, ma si era limitato a chiedere l’annullamento senza rinvio della sua condanna per intervenuta prescrizione. Sulla base della strategia difensiva adottata dal ricorrente nel giudizio di legittimità e delle questioni sottoposte all’esame della Corte di cassazione, la Corte EDU ha pertanto escluso che vi fossero dei motivi per un rinvio alla fase di merito.
Infine, la Corte europea ha osservato che il giudizio dinanzi alla Corte di cassazione riguardava esclusivamente punti di diritto e non anche questioni di fatto per le quali sarebbe stata necessaria la presenza in udienza del ricorrente, escludendo di conseguenza qualsiasi profilo di iniquità del processo con riferimento all’impossibilità del ricorrente di comparire personalmente dinanzi alla Corte di cassazione, avuto riguardo alla particolarità del giudizio di legittimità.
5. Sin dalla prima sentenza Drassich del 2007, dunque, la Corte Suprema di cassazione ha condiviso l’impostazione ricostruttiva delineata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo ed ha, in più occasioni, ribadito che il potere di attribuire una diversa qualificazione giuridica ai fatti accertati, esercitabile, ai sensi dell’art. 521, comma 1, cod. proc. pen., anche in sede di legittimità, non può avvenire con atto a sorpresa e con pregiudizio del diritto di difesa, ma impone la comunicazione alle parti del possibile diverso inquadramento giuridico attraverso la concessione di un adeguato termine per la preparazione della difesa (ex plurimis, oltre le pronunce su richiamate, v. Sez. 2, n. 3211 del 20 dicembre 2013, Racic Cardazzi e altro, Rv. 258538; Sez. 6, n. 3716 del 24/11/2015, Caruso, Rv. 266953; Sez. 4, n. 2340 del 29/11/2017, D.S., Rv. 271758).
Nel giudizio di cassazione, in particolare, si ritiene consentita la riqualificazione giuridica del fatto anche nel caso in cui la questione non sia stata oggetto di discussione in fase di merito o prospettata nel ricorso, se la parte, in conformità al quadro di principii delineato dalla giurisprudenza della Corte EDU, sia stata espressamente posta in condizione di interloquire sulle diverse possibili definizioni giuridiche del fatto (Sez. 6, n. 41767 del 20/06/2017, Boschi, Rv.271391), eventualmente concedendosi la possibilità di chiedere un – ragionevolmente breve – rinvio per poter predisporre la difesa, senza che ciò, evidentemente, comporti, data la natura del giudizio di legittimità, la possibilità di provvedere a nuove acquisizioni probatorie.
Particolarmente significativa appare la fattispecie qui considerata, ove la questione riguardava la qualificazione giuridica delle condotte di frode informatica poste in essere nella gestione di cd. slot-machine e di apparecchiature di video giochi trasformabili in slot-machine (questione che, in parte, costituiva oggetto dei motivi di ricorso che ne invocavano la sussunzione in reati/illeciti amministrativi meno gravi, in violazioni di natura tributaria e/o in tema di gioco d’azzardo).
In tal caso, la Corte Suprema di cassazione ha scelto di instaurare dinanzi a sé il contraddittorio, invitando le difese ad argomentare in merito alla possibile diversa qualificazione giuridica del fatto, oltre che secondo le loro richieste, anche quale delitto di truffa aggravata. Quindi, la Corte ha provveduto direttamente alla riqualificazione ai sensi dell’art. 640, comma 2, cod. pen. di talune delle condotte ascritte agli imputati e, ravvisandone l’estinzione per sopravvenuta prescrizione, ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente ai capi concernenti i reati estinti, rinviando alla Corte di appello per la sola rideterminazione della pena per i reati residui di associazione per delinquere e corruzione.
In altro caso, ancora, la Corte (Sez. 4, n. 9133 del 12/12/2017, Giacomelli, Rv. 272263) ha ritenuto sufficiente all’attuazione del contraddittorio la circostanza che la possibilità di una diversa qualificazione giuridica del fatto fosse stata prospettata dal Procuratore Generale nel corso della sua requisitoria orale e successivamente discussa dalle parti. In tal caso, dunque, la Corte ha provveduto in dispositivo in merito alla diversa qualificazione giuridica della condotta ed ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata ravvisando l’estinzione del reato per prescrizione.
Sempre nella medesima prospettiva di espansione della tutela dei diritti fondamentali si è altresì affermato (Sez. 6, n. 22813 del 3/5/2016, Majer, Rv. 267133) che, qualora dalla nuova e diversa qualificazione giuridica effettuata in sede di legittimità, emerga un reato per il quale sarebbe stata necessaria l’udienza preliminare, in concreto non tenuta, in quanto non necessaria per il reato originariamente contestato (nella specie, il reato di cui all’art. 378 cod. pen., riqualificato in quello di cui all’art. 390 cod. pen.), deve recuperarsi l’operatività dell’art. 521-biscod. proc. pen. con il conseguente travolgimento del processo attraverso l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il Tribunale competente in primo grado (analogamente v. Sez. 1, n. 43230 del 4/11/2009, Pigozzi, Rv. 245118).
Il limite alla riqualificazione giuridica del fatto nel giudizio di legittimità è strettamente connesso, peraltro, alla sua pacifica ricostruzione storica da parte dei giudici di merito (Sez. 2, n. 7462 del 30/01/2018, Lunardi, Rv. 272091), sicchè potrebbe rendersi necessario, talora, per non recare pregiudizio al diritto di difesa, l’annullamento della sentenza impugnata per l’instaurazione del contraddittorio in ordine al diverso inquadramento giuridico del fatto o di una sua circostanza (in tale direzione si è orientata, ad es., Sez. 4, n. 2340 del 29/11/2017, D.S., Rv. 271758, con riferimento ad una fattispecie in cui la S.C., ritenendo di dover procedere alla riqualificazione giuridica di una circostanza aggravante contestata nell’imputazione di furto, ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla circostanza aggravante della “destrezza” – art. 625, n. 4, cod. pen. – con rinvio alla corte d’appello per l’instaurazione del contraddittorio in ordine al diverso inquadramento giuridico della ritenuta circostanza aggravante del mezzo fraudolentoexart. 625, comma 1, n. 2, cod. pen.).
6. Nella sua più autorevole composizione, la Corte Suprema di cassazione (Sez. Un., n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251494) si è altresì fatta carico di precisare, in relazione alla individuazione delle concrete garanzie da assicurare all’imputatoexart. 6 Conv. EDU, quali debbano essere le sequenze procedimentali da osservare nel caso in cui il problema della riqualificazione in peius del fatto di reato si ponga per la prima volta in sede di legittimità, indicandone a tal fine (v. il § 12 del Ritenuto in fatto) i passaggi nell’ipotesi in cui sia lo stesso Procuratore Generale ad informare le parti, in via preliminare, che intende sollevare, “ai fini e per gli effetti di quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo con la sentenza 11 dicembre 2007, Drassich“, il problema della diversa qualificazione giuridica del fatto ascritto al ricorrente.
A fronte della motivata richiesta formulata dal P.G. le parti possono chiedere ed ottenere un congruo termine, con il rinvio dell’udienza per formulare eventuali controdeduzioni in merito alla prospettiva di una diversa qualificazione giuridica del fatto, impregiudicata rimanendo, evidentemente, ogni decisione sul merito.
Nel caso in questione, le Sezioni Unite hanno escluso la possibilità di accogliere la sollecitata riqualificazione dei fatti di truffa alla stregua del solo reato di abuso d’ufficio, osservando che proprio la enunciazione delle condotte integranti tale reato nell’ambito della contestazione del reato di truffa rendeva palese che il fatto di abuso era stato considerato assorbito in quello più ampio di truffa, in virtù della clausola di consunzione contenuta nell’art. 323 cod. proc. pen. (“salvo che il fatto non costituisca un più grave reato“: clausola che che a sua volta impone di considerare la fattispecie di abuso d’ufficio quale residuale e sussidiaria, escludendosi l’applicazione del precetto penale nel caso in cui la condotta materiale di abuso integri al tempo stesso un reato più grave e in esso si consumi).
7. Dall’analisi della giurisprudenza della Corte EDU e dalla stessa elaborazione giurisprudenziale della Corte Suprema di cassazione non risulta essere stata posta in discussione la possibilità che il giudice, anche in sede di legittimità, proceda ad una diversa qualificazione giuridica del fatto. L’unico limite individuato dalla Corte europea, al fine di armonizzare tale facoltà con il diritto di difesa riconosciuto dall’art. 6, par. 1 e 3, lett. a) e lett. b), CEDU, attiene alla prevedibilità della riqualificazione, che non può essere il frutto di un atto a sorpresa del giudice.
Nessun problema, dunque, può sorgere, in punto di prevedibilità e di attuazione del contraddittorio, nelle ipotesi in cui la diversa qualificazione giuridica del fatto venga sollecitata dalle parti, come tema espressamente enucleato nei motivi di ricorso ovvero prospettato, preliminarmente o nella successiva requisitoria, dal Procuratore Generale.
Per l’appunto questa è l’ipotesi verificatasi nel caso deciso da Sez. 6, n. 3913 del 11/12/2015, ric. Cucci ed altri, ove lo stesso P.G. ha ritenuto di prospettare, alla prima udienza del 5 maggio 2015, il tema della possibile riqualificazione dei fatti, ascritti come truffa aggravata e corruzione, in delitti di peculato.