CEDU – Lottizzazione abusiva: estinzione reato per prescrizione; riflessi sulla confisca

CLASSIFICAZIONE

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA – CONFISCA URBANISTICA – PRESCRIZIONE DEL REATO – PRINCIPIO DI PROPORZIONALITA’ – ANNULLAMENTO SENZA RINVIO – ANNULLAMENTO CON RINVIO LIMITATAMENTE ALLA STATUIZIONE SULLA CONFISCA – PRINCIPIO DI LEGALITA’ – ECCESSO DI GIURISDIZIONE

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI

Corte E.D.U., II Sezione, in via principale, 20 gennaio 2009 e 10 maggio 2012, ricorso n. 75909/01, Sud Fondi c. Italia; Corte E.D.U., II Sezione, 30 dicembre 2013, ricorso n. 17475/09, Varvara c. Italia; Corte E.D.U., Grande Chambre, 28 giugno 2018, ricorsi n. 1828/06, G.I.E.M. srl and Others c. Italia; Corte Cost. n. 49 del 2015.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Convenzione E.D.U., artt. 1 (protocollo 1 alla CEDU), 6, 7, 52

Testo Unico dell’edilizia (D.lgs. n. 380/2001), art. 44, comma 2

Codice di procedura penale, artt. 578-bis;622

Codice penale, art. 240; 240 bis; 322 ter

PRONUNCIA SEGNALATA

Cass. pen., sez. 3, ord. n. 40380 del 15 maggio 2019, Perroni (depositata il 2 ottobre 2019)

Abstract

La confisca urbanistica è applicabile anche in caso di reato di lottizzazione abusiva estinto per prescrizione, ma è necessario che il giudice di merito valuti la proporzionalità della misura ablativa rispetto al fatto lesivo accertato, considerata la sua natura di sanzione sostanzialmente penale, come da consolidata giurisprudenza dei giudici di Strasburgo.

– In caso di mancanza di motivazione, essendo stata la misura ablativa disposta in via automatica, secondo l’interpretazione dell’art. 44 co. 2 d.P.R. 380 del 2001, prevalente all’epoca delle decisioni di merito, è necessario verificarne la proporzionalità in base ad un giudizio che, involgendo questioni di merito, non può essere demandato alla Corte di Cassazione.

– Rispetto alla declaratoria di estinzione del reato, imposta dalla non manifesta infondatezza dei motivi di ricorso, pur non essendo anomalo che il giudice di merito proceda a ulteriori accertamenti, difetta una disposizione processuale che consenta alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza senza rinvio per estinzione del reato di lottizzazione abusiva e disporre, al contempo, il rinvio al giudice d’appello per la verifica della conformità della disposta confisca al criterio di proporzionalità secondo i parametri di cui alla sentenza CEDU G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia.

La sez.3 ha quindi rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito « Se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato nella sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 28 giugno 2018, causa G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia».

L’ORDINANZA DELLA 3^ SEZIONE PENALE (n. 40380 del 15/05/2019, Perroni)

Il caso

L’imputato era stato condannato dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto per il reato di cui all’art. 44, lett. c), d.P.R. 380/2001, per avere realizzato, in qualità di legale rappresentante di una ditta edile, la lottizzazione abusiva di un’area catastalmente individuata, accertata la non conformità dell’opera (esclusa invece, a seguito di perizia collegiale, per uno dei dodici corpi di fabbrica) alla previsione progettuale approvata con il piano di lottizzazione, con evidente sovradimensionamento rispetto ai limiti consentiti dallo strumento urbanistico.

Il giudice di primo grado aveva considerato irrilevante la concessione in sanatoria, illegittima poiché in contrasto con le previsioni del piano di lottizzazione e con lo strumento urbanistico generale e disposto la confisca dell’area e dei fabbricati abusivamente realizzati.

La Corte d’appello di Messina, adita dall’imputato, confermava la decisione dei primi giudici – anche rispetto alla confisca – ritenendo l’esistenza di un eccesso di volumetria e, conseguentemente, l’illegittimità della concessione in sanatoria per non conformità con il piano di lottizzazione, ritenuto a sua volta illegittimo.

Il giudizio di legittimità era stato rinviato in attesa della pronuncia della Grande Chambre Corte E.D.U., in affaire G.I.E.M. srl et autres c. Italia e, all’esito, i giudici della Terza sezione penale della Corte di cassazione hanno ritenuto che i motivi di ricorso presentassero sì aspetti di infondatezza – ma non manifesta – con conseguente, valida instaurazione del rapporto impugnatorio, annullando senza rinvio la sentenza impugnata per estinzione del reato dovuta al decorso dei relativi termini di prescrizione.

Ricognizione della materia alla luce della giurisprudenza C.E.D.U.

La questione ha offerto alla Corte di legittimità lo spunto per operare anzitutto un’ampia riflessione sull’attuale possibilità di recepire nell’ordinamento interno i recenti approdi della giurisprudenza C.E.D.U. e per compiere una vera e propria ricognizione dei principi formulati dai giudici di Strasburgo in materia (tema considerato ineludibile, posto che la sentenza impugnata doveva essere annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione), a partire dalle sentenze Sud Fondi c. Italia del 20 gennaio 2009 (e del 10 maggio 2012), relative al c.d. ecomostro di Punta Perotti, sino alla pronuncia del 30 dicembre 2013, Varvara c. Italia e, da ultimo, alla sentenza della Grande Chambre, in G.I.E.M. srl e altri c.  Italia, del 28 giugno 2018.

I giudici di legittimità hanno ricordato che, nonostante sin dalle pronunce Sud Fondi e Varvara, la Corte E.D.U. avesse chiarito la natura <<penale>> della confisca urbanistica ai sensi dell’art. 7 della Convenzione, la giurisprudenza di legittimità aveva continuato a considerare la misura ablativa come atto amministrativo, sebbene a carattere sanzionatorio ai sensi dell’art. 7 della Convenzione E.D.U., e a ritenerne l’applicabilità anche in assenza di condanna (e, in particolare, nel caso di estinzione del reato per prescrizione), sempre che fosse accertato in capo al soggetto destinatario della confisca l’elemento soggettivo del reato di lottizzazione abusiva (previsto dall’art. 30 del T.U.), in uno con la materialità dello stesso.

Osservano i giudici della Terza Sezione che una parte minoritaria della giurisprudenza di legittimità aveva, tuttavia, già sottolineato la rilevanza del requisito della proporzionalità della misura ablativa, in difetto del quale era configurabile una violazione delle norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dell’art. 52 della Carta di Nizza e che l’orientamento prevalente aveva continuato a ritenere che la confisca dei terreni e delle opere potesse essere disposta anche in caso di estinzione del reato, ove fosse stata accertata, nel pieno contraddittorio tra le parti, la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, e verificata l’esistenza di profili quantomeno di colpa, alla stregua dei parametri dell’imprudenza, negligenza e mancata vigilanza da parte dei soggetti nei cui confronti la misura veniva ad incidere.

Grande Chambre, G.I.E.M. srl e altri c. Italia del 28 giugno 2018

Con la più recente pronuncia della Grande Chambre nella causa G.I.E.M. srl e altri c. Italia, i giudici sovranazionali hanno ribadito la riconducibilità della confisca urbanistica nell’ambito della materia penale, secondo i noti criteri Engel e la nozione di “pena”, di cui all’art. 7 CEDU, evidenziandone l’autonomia alla luce dei propri precedenti (tra le altre, Welch c. Regno Unito del1995, §27, Jamil c. Francia dello stesso anno, §30, Varvara del 2013 cit.), e della sentenza 49 del 2015 della Corte Costituzionale (con la quale, va ricordato, si era ritenuta l’erroneità di un’interpretazione della sentenza Varvara in senso affermativo del divieto della c.d. confisca senza condanna).

 Hanno, dunque, riconosciuto la compatibilità della confisca urbanistica con la declaratoria di estinzione per prescrizione di un reato di lottizzazione abusiva accertato nei suoi elementi costitutivi, all’esito di un’istruzione probatoria rispettosa dei principi del giusto processo e della presunzione di non colpevolezza, ossia quando le persone fisiche o giuridiche destinatarie siano state “parti in causa” di tale processo e sempre che la misura ablativa sia proporzionata rispetto alla tutela della potestà pianificatoria pubblica e dell’ambiente.

All’esito, hanno ritenuto violate diverse disposizioni della Convenzione E.D.U. In particolare, hanno: a) a maggioranza (quindici voti a due), ravvisato la violazione dell’articolo 7 (nulla poena sine lege) nei confronti di tutte le società ricorrenti, per non essere intervenute nel procedimento penale conclusosi con il provvedimento ablativo, ma escluso, sempre a maggioranza (dieci voti contro sette), analoga violazione nei confronti del ricorrente GIRONDA (comproprietario dell’appezzamento di terreno in Pellaro di Reggio Calabria, oggetto dell’intervento di lottizzazione), poiché era stata constatata dai tribunali la sussistenza degli elementi costituivi del reato di lottizzazione abusiva dichiarato estinto per prescrizione, constatazione che ha costituito, in sostanza, una dichiarazione di responsabilità del predetto ai sensi del citato art. 7 C.E.D.U.; b) ritenuto violato, all’unanimità, per quanto qui di preminente interesse, l’articolo 1 del Protocollo n. 1 alla Convenzione (protezione della proprietà) nei confronti di tutti i ricorrenti per difetto del requisito della proporzionalità, alla stregua di precisi indicatori; c) a maggioranza (quindici voti contro due), ritenuto che non fosse necessario decidere se vi fosse stata una violazione dell’articolo 6 § 1 nei confronti della società G.I.E.M. S.r.l. o dell’articolo 13 nei confronti delle società G.I.E.M. S.r.l. e Falgest S.r.l.; d) sempre a maggioranza (sedici voti contro uno), ritenuto violato l’articolo 6 § 2 (diritto alla presunzione di innocenza) nei confronti del GIRONDA; e) infine, all’unanimità, ritenuto che la questione relativa all’applicazione dell’articolo 41 (equa soddisfazione) non fosse matura per la decisione, rinviandone dunque per intero l’esame in un momento successivo.

La proporzionalità della confisca urbanistica: gli indicatori della sentenza G.I.E.M. srl e altri c. Italia

I giudici di Strasburgo, nell’esaminare la dedotta violazione dell’art. 1 del Protocollo 1 alla Convenzione E.D.U. («Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende.») hanno precisato che l’articolo contiene tre norme distinte (la prima, espressa nella prima frase del primo comma e di carattere generale, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, contenuta nella seconda frase dello stesso comma, riguarda la privazione di proprietà e la subordina a determinate condizioni; quanto alla terza, inserita nel secondo comma, essa riconosce agli Stati il potere, tra altri, di regolamentare l’uso dei beni conformemente all’interesse generale e di assicurare il pagamento delle ammende) tra di loro correlate, poiché la seconda e la terza riguardano particolari esempi di violazione del diritto di proprietà e devono essere interpretate alla luce del principio sancito dalla prima, operando un rinvio alla propria giurisprudenza (tra altre, James e altri c. Regno Unito, 21 febbraio 1986, § 37, serie A n. 98, e Iatridis c. Grecia [GC], n. 31107/96, § 55, CEDU 1999-II).

Pertanto, l’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni, da un lato, deve avere un fondamento giuridico, poiché la privazione della proprietà è consentita solo alle condizioni previste dalla legge; dall’altro, deve avvenire in modo che sia assicurato un giusto equilibrio tra le esigenze d’interesse generale e quelle del singolo, alla stregua di un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito, secondo alcuni indicatori espressamente elencati al § 301 della decisione (la possibilità di adottare misure meno restrittive, quali la demolizione di opere non conformi alle disposizioni pertinenti o l’annullamento del progetto di lottizzazione; la natura illimitata della sanzione derivante dal fatto che può comprendere indifferentemente aree edificate e non edificate e anche aree appartenenti a terzi; il grado di colpa o di imprudenza dei ricorrenti o, quanto meno, il rapporto tra la loro condotta e il reato in questione). La Corte E.D.U., peraltro, non ha mancato di sottolineare anche l’importanza degli obblighi procedurali di cui all’art. 1 cit., poiché l’ingerenza nei diritti ivi previsti non può essere legittimamente esercitata in assenza di un contraddittorio che rispetti il principio della parità delle armi e consenta di discutere aspetti importanti per l’esito della causa.

Di qui, l’affermazione secondo cui l’applicazione automatica (salvo che per i terzi in buona fede) della confisca, in caso di lottizzazione abusiva, prevista dalla legge italiana si pone in contrasto con tali principi, perché non consente al giudice di valutare, in concreto, gli strumenti più adatti e di bilanciare, in generale, lo scopo legittimo soggiacente e i diritti degli interessati colpiti dalla sanzione.

La rimessione alle Sezioni Unite

La Terza sezione penale si è, dunque, soffermata sulla questione residuale rassegnata al suo vaglio (dedotta con il quarto motivo di ricorso), avente per l’appunto a oggetto la confisca delle aree e degli edifici realizzati e, pur dando atto nell’ordinanza che il ricorrente aveva dedotto solo problematiche relative alla proprietà dei beni confiscati, ha ritenuto che tali questioni s’inserissero nella tematica inerente alla confisca urbanistica disposta con riferimento a un reato prescritto, rispetto alla quale la parte ben poteva dolersi, come in effetti aveva fatto, dell’entità del provvedimento ablatorio conseguente all’accertamento dell’illecita lottizzazione.

Infatti, nella specie, il Tribunale aveva disposto la confisca (e la Corte d’appello aveva confermato la relativa statuizione) senza nulla specificare in ordine all’oggetto della misura ablativa (emergendo peraltro – dal corpus motivazionale delle due sentenze – che la valutazione della illiceità della lottizzazione, da intendersi quale non conformità allo strumento urbanistico, non sembrava neppure estensibile a tutte le opere realizzate), né verificare la proporzionalità di essa al fatto lesivo accertato, posto che l’interpretazione prevalente, all’epoca delle decisioni di primo e secondo grado, riteneva la confisca applicabile in via automatica, quale sanzione amministrativa, sia ai terreni che alle opere.

I giudici di legittimità hanno sottolineato la centralità di un’interpretazione dell’art. 44 co. 2 d.P.R. 380/2001 (secondo cui <<la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite>>), che sia effettivamente consistent con i principi fissati dai giudici di Strasburgo, e ritenuto la necessità di colmare il riscontrato gap motivazionale, pena la violazione dell’art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione E.D.U., rilevando che essa non può essere demandata al giudice di legittimità, poiché involge il merito e potrebbe addirittura rendere necessari accertamenti di fatto (nel caso di specie si trattava dell’illegittima realizzazione di un piano di lottizzazione regolarmente autorizzato, cosicché una parte degli edifici e delle trasformazioni realizzate poteva anche risultare regolare).

Da tale approdo, l’attenzione è dunque virata sulla questione che costituisce l’oggetto della rimessione al Supremo Collegio: i giudici della Terza Sezione penale si sono interrogati sull’esistenza di una disposizione processuale che consenta alla Corte di cassazione, dopo aver rilevato la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, di pronunciare sentenza di annullamento con rinvio al giudice di appello al solo fine di verificare la conformità della confisca al criterio di proporzionalità indicato dalla Corte E.D.U. in G.I.E.M. srl e altri c. Italia.

A tal fine, hanno operato una ricognizione delle decisioni della sezione, successive al deposito della citata sentenza G.I.E.M., in cui si era riconosciuta la possibilità di un annullamento con rinvio per nuovo giudizio sul punto, osservando che in nessun caso si era apertamente affrontata tale questione processuale, essendosi i giudici limitati a un mero rinvio all’art. 578 bis, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 6, co. 4, d.lgs. 01 marzo 2018, n. 21 (così, in sez. 3 n. 5936 del 8/11/2018, dep. 2019, Basile, Rv. 274860, si era data per scontata l’applicabilità della norma alla confisca urbanistica; parimenti in sez. 3, n. 14005, del 4/12/2018, dep. 2019, PM contro Bagni ed altri, Rv.275356; in sez. 3, n. 14743 del 20/2/2019, Amodio, Rv. 275392, si era disposto l’annullamento con rinvio, limitatamente  alla  disposta  confisca urbanistica, in ordine alla valutazione di proporzionalità, richiamandosi l’art. 578 bis, cod. proc. pen., senza indicare però le ragioni in base alle quali tale norma sarebbe applicabile nei casi di lottizzazione abusiva prescritta, della quale  sia stata accertata la responsabilità in capo al soggetto destinatario del provvedimento ablatorio; in sez. 3, n. 22034 del 11/4/2019, PM contro Pintore, Rv. 275969, si era richiamata la sentenza G.I.E.M. e ravvisata la conferma del principio per cui il giudice del dibattimento avrebbe l’obbligo di effettuare l’accertamento di responsabilità anche a reato prescritto proprio nella introduzione dell’art. 578 bis cod. proc. pen.

Il tema sarebbe stato, invece, ampiamente dibattuto in Sez. 3, n. 31282 del 27/03/2019, Grieco e altri, non massimata e depositata a luglio 2019, successivamente cioè alla rimessione del ricorso alle Sezioni Unite: nella parte motiva di tale arresto, si è precisato che l’art.  578 bis, cod. proc. pen. non comprende  la  confisca  delineata  dall’art.  44, co. 2, d.P.R. 380 del 2001 e si è individuato il fondamento giuridico della possibilità di emettere una pronuncia di annullamento con rinvio limitatamente alla confisca sulla scorta di casi analoghi (la confisca – misura  di  sicurezza patrimoniale  per  illiceità  intrinseca  della  res, la statuizione sulla falsità dei documenti) che, unitamente al trend legislativo che aveva portato all’introduzione dell’art. 578 bis, citato, e a quanto affermato in sez. 3, n. 53692 del 13/7/2017, Martino, Rv.272791, dimostrerebbero “la necessità del proseguimento del processo penale, poiché l’art. 44 cit. rappresenta una deroga all’obbligo dell’immediata declaratoria delle cause estintive del reato (art. 129, c. 2, cod. proc. pen.), che consentirebbe la prosecuzione del processo penale anche in primo grado, nonostante la prescrizione del reato”.

A fronte di tale quadro giurisprudenziale, hanno pertanto rilevato che la questione potrebbe dar luogo a un contrasto giurisprudenziale interno, ritenendo:

1) non applicabile l’art. 578 bis cod. proc. pen., avuto riguardo all’iter legislativo che ha portato alla introduzione della norma, frutto del trasferimento nel codice di rito della confisca c.d. allargata, propria della normativa antimafia;

2) inesistente, a legislazione vigente, una disposizione che consenta alla Corte di Cassazione di annullare con rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione sulla confisca, in caso di reato di lottizzazione abusiva dichiarato prescritto, poiché le peculiarità della confisca urbanistica ne impedirebbero l’equiparazione a quella allargata di cui all’art. 240 bis cod. pen., a quella di cui all’art. 322 ter cod. pen. e alla misura di sicurezza di cui all’art. 240 cod. pen.;

3) configurabile, per il caso in cui si ritenga applicabile il meccanismo processuale di cui all’art. 578 bis cit., la questione di illegittimità costituzionale della norma per contrasto con l’art. 76 Cost., per eccesso di delega, avendo il legislatore stabilito la riserva di codice per le disposizioni di diritto penale sostanziale, mentre il decreto legislativo delegato avrebbe inserito una norma nel codice di procedura penale, per di più di portata innovativa, non compresa tra i principi e criteri direttivi della legge delega;

4) non applicabile analogicamente l’art. 622 cod. proc. pen., relativo alle statuizioni civili, per giustificare il rispetto del principio di legalità di una statuizione di annullamento con rinvio limitatamente alla proporzionalità della confisca urbanistica, pur in presenza di declaratoria di prescrizione, rinvio neppure imposto alla stregua del principio di proporzionalità contenuto nella sentenza G.I.E.M., essendosi la Corte E.D.U. limitata a consentire la conferma di una confisca nel caso in cui il reato risulti estinto, senza legittimare, tuttavia, un obbligo di esercizio della giurisdizione penale dopo la declaratoria di prescrizione del reato di lottizzazione abusiva ai soli fini della confisca, tenuto anche conto che – nel sistema nazionale – resta ferma la potestà amministrativa di cui all’art. 30 del d.P.R. n. 380 del 2001, utilmente esercitabile.

Ne è conseguita la decisione di rimettere alle Sezioni Unite il seguente quesito: « Se, in caso di declaratoria di estinzione per prescrizione del reato di lottizzazione abusiva, sia consentito l’annullamento con rinvio limitatamente alla statuizione sulla confisca ai fini della valutazione da parte del giudice di rinvio della proporzionalità della misura, secondo il principio indicato nella sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 28 giugno 2018, causa G.I.E.M. s.r.l. e altri c. Italia».