CEDU – Oltraggio magistrato: accusa di parzialità

CLASSIFICAZIONE

Imparzialità del giudice – Avvocato condannato per il reato di oltraggio alla Corte da parte dello stesso giudice che era stato destinatario delle offese – Giudici nazionali – Omesso esame delle doglianze di parzialità – Giusto processo – Mancata convocazione all’udienza del proponente l’istanza di ricusazione – Violazione.

RIFERIMENTI GIURISPRUDENZIALI

Corte E.D.U., Kyprianou c. Cipro [GC], 15 dicembre 2005; Corte e.d.u. Grieves c. Regno Unito [GC], (dec.) 4 giugno 2002; Corte e.d.u. Morice c. Francia [GC], 23 aprile 2015; Corte e.d.u. Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo [GC], 6 novembre 2018;          Corte e.d.u. De Cubber c. Belgio [GC], 26 ottobre 1984; Corte e.d.u. Castillo Algar c. Spagna, 28 ottobre 1998; Corte e.d.u. Micallef c. Malta [GC], 15 ottobre 2009; Cass. pen., Sez. 3, sentenza n.26869 del 18/06/2019.

RIFERIMENTI NORMATIVI

Cost., art. 111, comma 2

Convenzione E.D.U., art. 6

Codice di procedura penale, artt. 34 e 36

PRONUNCIA SEGNALATA

Corte EDU, Sez. II, sentenza 22 ottobre 2019 (n. 42010/06), Deli c. Moldavia

Abstract

Viola il principio del giusto processo, garantito dall’art. 6 della Convenzione EDU, la sentenza di condanna per oltraggio alla Corte pronunciata dallo stesso giudice che abbia precedente segnalato il fatto all’autorità giudiziaria in quanto persona offesa.  

– Viola il principio del giusto processo, garantito dall’art. 6 della Convenzione EDU, il giudice che, investito di un’istanza di ricusazione, non accerti l’esistenza agli atti di una prova documentale dell’effettiva citazione dell’istante all’udienza.

Il caso

Il caso, deciso il 22 ottobre 2019, traeva origine da un ricorso (n. 42010/06) contro la Moldavia, presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione e.d.u., da Teodor Deli, un cittadino moldavo residente a Chișinău.

Il 15 giugno 2006 il sig. Deli aveva rappresentato una parte (X.) in un contenzioso civile. Secondo il sig. Deli, il giudice B., nel condurre l’udienza che si svolgeva sotto la sua direzione, aveva consentito al legale di parte avversa di molestare il suo cliente e, quando il Deli aveva provato ad intervenire, il giudice aveva assunto un atteggiamento violento, minaccioso e alla fine aveva anche mancato di rispetto all’avvocato. Dal verbale di udienza risultava però che il Deli avesse insultato l’avvocato di controparte, assumendo un atteggiamento aggressivo. Il Deli aveva contestato il contenuto del verbale, sostenendo che non era stato redatto con accuratezza, e che era stato il giudice ad ordinare al cancelliere che lo assisteva in udienza di non annotare il contrasto che vi era verificato in aula. Il Deli, tuttavia, sosteneva di non aver mai ricevuto una risposta a queste obiezioni, né tantomeno era intervenuta una decisione giudiziaria che esaminasse la contestazione mossa al contenuto del verbale.

Durante l’udienza, il Deli aveva chiesto al giudice di astenersi. Un altro giudice aveva quindi respinto l’istanza di ricusazione proposta, ritenendo che le ragioni addotte non corrispondessero ad alcuno dei motivi che, secondo la legge moldava, consentono la ricusazione di un giudice. Il Deli aveva quindi proposto un appello che era stato respinto dalla Corte d’appello di Chișinău. La Corte d’appello, rilevando che il Deli era stato citato per l’udienza che lo riguardava, aveva confermato la conclusione del primo giudice, senza fornire ulteriori argomentazioni.

Il ricorso e le norme violate

Nell’adire la Corte di Strasburgo, basandosi in particolare sull’articolo 6 § 1 (diritto al giusto processo), il Deli si era lamentato del fatto che il giudice B. non fosse stato imparziale ed avesse favorito l’altra parte processuale. Aveva anche sostenuto che la Corte d’appello di Chișinău non lo avesse citato correttamente e che, comunque, non avesse motivato adeguatamente circa le ragioni a fondamento del rigetto della sua istanza.

La decisione

Innanzi tutto, la Corte EDU ha ribadito che è essenziale in una società democratica che i giudici ispirino fiducia. Quindi, se vi sono motivi legittimi per temere che un giudice sia “di parte” nel caso a lui affidato, allora il giudice è tenuto ad astenersi.

La Corte ha rilevato che occorre provvedere alla consueta verifica (test soggettivo ed oggettivo) per accertare se vi sono motivi che lascino dubitare della imparzialità. Nel caso in esame, il ricorrente aveva sostenuto che il giudice B. era stato “di parte” a causa del contrasto avuto con il difensore (punto di vista soggettivo) e perché aveva contemporaneamente mosso le accuse contro il ricorrente e deciso sul merito di tali addebiti (punto di vista oggettivo).

Per quanto riguarda il test soggettivo, la Corte EDU ha osservato che, nonostante il ricorrente avesse utilizzato tutti i mezzi a sua disposizione per contestare il difetto di imparzialità del giudice, nessuno aveva avuto effetto nel caso di specie. I giudici nazionali avevano complessivamente respinto le argomentazioni poste a base dei rilievi difensivi, senza alcuna analisi o verifica reale dei fatti. In particolare, l’istanza di ricusazione del giudice B. era stata respinta da un altro giudice con una decisione che non aveva motivato sulle doglianze di parzialità o meno, senza peraltro tenere in considerazione la versione alternativa del ricorrente. Inoltre, la Corte d’appello di Chișinău aveva semplicemente confermato la decisione del giudice di primo grado, senza entrare in ulteriori dettagli.

Per un osservatore indipendente, quella situazione avrebbe potuto essere vista come fonte di legittime preoccupazioni sulla possibile parzialità del giudice.

Per quanto riguarda il test oggettivo, poi, la Corte EDU ha riscontrato che, nel contesto della vicenda giudiziaria contro il ricorrente, il giudice B. aveva rivestito i ruoli sia di accusatore che di giudice, e che non erano state messe in atto sufficienti garanzie per escludere i legittimi timori del ricorrente per quanto riguarda l’impatto che tale anomala situazione poteva avere sull’imparzialità giudice.

Nessuna delle successive decisioni aveva posto rimedio a quella situazione perché entrambe non indicavano i motivi del rigetto dell’istanza.

La Corte EDU ha quindi ritenuto che vi era stata la violazione dell’articolo 6 § 1 per quanto riguarda il giudice B. per mancanza di imparzialità.

Infine, mentre il Governo aveva sostenuto che il ricorrente era stato citato in udienza come provato dal verbale di udienza, non c’erano invece prove nel fascicolo che il ricorrente avesse effettivamente ricevuto la citazione, come richiesto dalla giurisprudenza interna.

La Corte ha quindi ritenuto che vi era stata un’ulteriore violazione dell’articolo 6 § 1.

I precedenti della Corte EDU sul tema dell’imparzialità del giudice

Per la Corte di Strasburgo è di fondamentale importanza in una società democratica che i giudici ispirino fiducia nel pubblico e soprattutto, per quanto riguarda i procedimenti penali, nell’accusato (vedi caso Kyprianou c. Cipro [GC], 15 dicembre 2005, n. 73797/01).

A tal fine, l’articolo 6 richiede che il giudice deve essere imparziale.

La Corte EDU distingue tradizionalmente tra un approccio soggettivo, che è importante per accertare la convinzione personale o l’interesse di cui è portatore il giudice in un caso particolare, e un approccio oggettivo, che serve per determinare se il giudice offra garanzie sufficienti per escludere ogni legittimo dubbio a tale fine (v. caso Grieves c. Regno Unito [GC], (dec.) 4 giugno 2002, n. 57067/00; caso Morice c. Francia [GC], 23 aprile 2015, n. 29369/10, con ulteriori riferimenti; caso Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portogallo [GC], 6 novembre 2018, n. 55391/13 ed altri).

A questo proposito, in base alle decisioni della Corte di Strasburgo, anche le apparenze possono avere una certa importanza. In virtù di ciò, un magistrato che durante una causa ha svolto un ruolo di giudice d’istruzione non potrà in seguito sedere nella commissione giudicante al fine di garantire l’imparzialità del giudizio  (vedi caso De Cubber c. Belgio [GC], 26 ottobre 1984, n. 9186/80). Quindi, qualsiasi giudice, per rispetto nei confronti di chi ha un motivo legittimo per temere una sua mancanza di imparzialità, deve astenersi (vedi caso Castillo Algar c. Spagna, 28 ottobre 1998, n. 28194/95; caso Micallef c. Malta [GC], 15 ottobre 2009, n. 17056/06). Nel caso di specie, la Corte EDU ha rilevato che il ricorrente aveva sostenuto la mancanza di imparzialità da parte del giudice B. sia sotto il profilo soggettivo (in quanto coinvolto nel battibecco in udienza avuto con l’avvocato) sia sotto il profilo oggettivo (in quanto era stato lui a segnalare l’avvocato per oltraggio alla Corte ed era stato sempre lui a giudicare l’avvocato nel processo che ne era seguito).

L’esegesi “convenzionalmente conforme” della giurisprudenza di legittimità

Si tratta di principi che sono ben presenti nella nostra giurisprudenza di legittimità.

Tra le più recenti decisioni in materia, che operano un’approfondita analisi del tema dell’imparzialità del giudice secondo i canoni esegetici della Corte di Strasburgo, si segnala in particolare Cass. pen., Sez. 3, sentenza n.26869 del 18/06/2019 (non massimata), in cui la Corte di cassazione afferma come l’eventuale incompatibilità del giudice costituisce motivo di ricusazione, ma non vizio comportante la nullità del giudizio (Sez. U, n. 5 del 17/04/1996 – dep. 08/05/1996, D’Avino; Sez. U, n. 23 del 24/11/1999 – dep. 01/02/2000, Scrudato e altri). Pertanto, ai fini della ricusazione, è irrilevante l’eventuale connessione probatoria tra i fatti oggetto di distinti procedimenti a carico dei medesimi imputati, a meno che il giudice, nel corso del primo giudizio, abbia anche solo incidentalmente esaminato il merito delle accuse oggetto del successivo procedimento.

Va, inoltre, osservato – ricorda la S.C. nella vicenda in esame – che l’imparzialità del giudice, richiesta dall’art. 6, paragrafo 1, CEDU, come interpretata dalla giurisprudenza elaborata dalla Corte di Strasburgo, deve essere apprezzata secondo due criteri: soggettivo e oggettivo. Il criterio soggettivo, consiste nello stabilire se dalle convinzioni personali e dal comportamento di un determinato giudice si possa desumere che egli abbia una idea preconcetta rispetto a una particolare controversia sottoposta al suo esame. Da questo punto di vista, l’imparzialità del giudice è presunta fino a prova contraria. Il criterio oggettivo, invece, impone di valutare se, a prescindere dalla condotta del giudice, esistano fatti verificabili che possano generare dubbi, oggettivamente giustificati, sulla sua imparzialità, essendo in gioco la fiducia che i tribunali in una società democratica debbono ispirare nel pubblico e, nel processo penale, anzitutto nell’accusato (ex plurimis: Corte EDU, sentenze 16/10/2018, Daineliene c. Lituania; 31/10/2017, Kamenos c. Cipro; 20/09/2016, Karelin c. Russia; Grande Camera, 23/04/2015, Morice c. Francia; 15/01/2015, Dragojevie c. Croazia). A tal proposito, si ricorda, come la Corte EDU abbia affermato che la mancanza di imparzialità oggettiva si realizza “quando la valutazione richiesta al giudice, o le espressioni concretamente utilizzate, implichino una sostanziale anticipazione di giudizio (in questo senso, tra le altre, sentenze 22/04/2004, Cianetti c. Italia; 25/07/2002, Perote Pellon c. Spagna), autorizzando a pensare che il giudice si sia già fatta una opinione sull’esistenza del delitto e la colpevolezza dell’imputato (sentenza 22/07/2008, Gomez de Liario y Botella c. Spagna), essendosi pronunciato sugli elementi costitutivi dell’illecito (sentenza 24/06/2010, Mancel e Branquart c. Francia).