Il principio di diritto affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza nelle cause riunite C- 758/24 (Alace) e C- 759/24 (Canpelli), secondo cui “il cittadino di un paese terzo può vedere respinta la sua domanda di protezione internazionale in esito a una procedura accelerata di frontiera qualora il suo paese di origine sia stato designato come «sicuro» ad opera di uno Stato membro. La Corte precisa che tale designazione può essere effettuata mediante un atto legislativo, a condizione che quest’ultimo possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo vertente sul rispetto dei criteri sostanziali stabilite dal diritto dell’Unione. Le fonti di informazione su cui si fonda tale designazione devono essere accessibili al richiedente e al giudice nazionale. Uno Stato membro non può, tuttavia, includere un paese nell’elenco dei paesi di origine sicuri qualora esso non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione” oltre a segnare un tassello importante nell’affermazione dei diritti civili, conferma la corretta interpretazione delle norme interne ed europee compiuta dai magistrati italiani a partire dalla pronuncia del tribunale di Roma– sezione immigrazione e dalla Corte di Appello di Roma.
La Direzione Nazionale di Unità per la Costituzione evidenzia che la decisione dei giudici di Bruxelles di assegnare il controllo della “valutazione della designazione di paesi terzi come paesi di origine sicuri”, pur nell’osservanza delle prerogative legislative interne ed europee, sia affermazione e garanzia di uno dei principi fondamentali per gli ordinamenti democratici: il principio di effettività della giurisdizione.
La Direzione Nazionale
