Corte di Giustizia Europea – Obbligo PA attuazione provvedimento giudiziario di sgombero

[CLASSIFICAZIONE]

RESPONSABILITÀ CIVILE – MAGISTRATI E FUNZIONARI GIUDIZIARI – AUSILIARI DEL GIUDICE.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – ORDINAMENTO DEGLI UFFICI DELLA P.A. – AMMINISTRAZIONE GOVERNATIVA LOCALE – PREFETTO – ATTRIBUZIONI – PUBBLICA SICUREZZA (DISPONIBILITÀ DELLA FORZA PUBBLICA).

[RIFERIMENTI NORMATIVI]

Costituzione della Repubblica, art. 42

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, art. 6, co. 1

Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, Protocollo addizionale n. 1, art. 1

Codice civile, art. 2043

Codice di procedura civile, art. 68, co. 3

[SENTENZA SEGNALATA]

Cass., Sez. III, n. 24198, del 04/10/2018

Abstract

La sentenza segnalata interviene sulla tematica dei rapporti tra Autorità giurisdizionale e Forza Pubblica in relazione all’esecuzione od attuazione di provvedimenti della prima, soprattutto quando relativi a diritti riconosciuti come fondamentali dalla Costituzione o dalla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo: e sottolinea l’assoluta inderogabilità, a garanzia dello stesso Stato di diritto, del dovere dell’Autorità amministrativa di dare esecuzione od attuazione a quei provvedimenti, senza alcun margine di discrezionalità se non quanto alle sole concrete modalità tecniche di messa in opera delle dovute condotte di ottemperanza. Nella specie, è stata qualificata pertanto colposa la condotta dell’amministrazione dell’interno che, a fronte dell’ordine di sgombero – impartito dalla Procura della Repubblica – di un immobile abusivamente occupatovi aut clam, abbia trascurato per sei anni di darvi attuazione, per di più coi pretesti di mantenere l’ordine pubblico e di una mancanza di particolareggiate indicazioni da parte dell’Autorità giudiziaria.

1. La vicenda processuale ha ad oggetto le conseguenze di un’occupazione abusiva di edifici (nella specie, comprendenti diverse decine di appartamenti e fin dal dicembre 1993), la competente Procura della Repubblica emise tempestivamente (fin dal gennaio 1994) almeno due provvedimenti di sgombero, che però le forze dell’ordine deliberatamente lasciarono inattuati per circa sei anni, tanto da costringere le società proprietarie ad adire il giudice civile per il ristoro dei danni patiti in dipendenza della colpevole e prolungata inerzia delle amministrazioni convenute, della Giustizia e dell’Interno, nel dare esecuzione all’ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica.

Il Tribunale – dapprima quello di Roma e poi, a seguito di accoglimento in appello dell’eccezione di incompetenza territoriale, quello di Firenze – accolse la domanda nei confronti della sola Amministrazione dell’Interno, ma la Corte territoriale riformò la sentenza e mandò assolta da ogni pretesa tale convenuta, ritenendone non solo non colposa, ma perfino legittima la consapevole scelta attendista di ritardare per sei anni l’esecuzione del provvedimento di sgombero degli immobili abusivamente occupati, imposta da condivisibili o almeno valutate come incensurabili esigenze di evitare disordini e tutelare così l’ordine pubblico.

2. La segnalata sentenza della Cassazione capovolge la valutazione e, all’esito di una compiuta disamina della giurisprudenza costituzionale, di legittimità e della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in applicazione dei principi di effettività della tutela giurisdizionale recepiti anche a livello di normazione eurounitaria, conclude nel senso che “la discrezionalità della p.a. non può mai spingersi, se non stravolgendo ogni fondamento dello Stato di diritto, a stabilire se dare o non dare esecuzione ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria, a maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU, come nel caso del diritto di proprietà, tutelato dall’art. 41 Cost. e dall’art. 6 CEDU ed art. 1 del Primo Protocollo addizionale CEDU”; e definisce “pertanto colposa la condotta dell’amministrazione dell’interno che, a fronte dell’ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato vi aut clam, trascuri per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica”.

3. La sentenza parte da un’affermazione di sicuro rilievo anche quanto al rito di legittimità, perché ribadisce il necessario ripudio di ogni eccesso di formalismo, soprattutto in punto di ammissibilità o ricevibilità dei ricorsi (e richiama Corte EDU, 2 sezione, 28.6.2005, Zednik c. Repubblica Ceca, in causa 74328/01; Corte EDU, 1 sez., 21.2.2008, Koskina c. Grecia, in causa 2602/06; Corte EDU, 1 sez., 24.4.2008. Kemp c. Granducato di Lussemburgo, in causa 17140/05), interpretando il ricorso nel suo complesso, superando le pure sussistenti improprietà di sussunzione delle doglianze nelle fattispecie dell’art. 360 cod. proc. civ.; per dovere di cronaca, lo stesso Collegio della terza sezione civile, in esito alla medesima udienza pubblica, ha assunto una decisione in senso almeno in apparenza dissonante con tale affermazione di principio, escludendo la sanabilità di un’opposizione esecutiva rivolta espressamente a giudice diverso da quello dell’esecuzione (Cass. 05/10/2018, n. 25170).

4. Quanto al merito della vicenda, inquadrato nella tutela in senso lato riparatoria – cioè, non solo risarcitoria, perché si rileva che era stata invocata, benché confusamente, pure una tutela indennitaria – del diritto di proprietà, fondamentale per la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (art. 6 della Convenzione e art. 1 del Primo Protocollo addizionale), ed in ogni caso tutelato anche dalla nostra Costituzione (art. 42), la sentenza segnalata si muove lungo questo lineare sviluppo argomentativo:

– l’omessa attuazione, da parte delle forze dell’ordine o della P.A. a tanto preposta, di provvedimenti dell’autorità giudiziaria costituisce sempre un illecito, fonte di responsabilità per il diritto civile e talvolta anche per quello penale (si richiamano Cass. 2299/62 e 3873/04, ma pure Cass. S.U. 2478/88 e 5233);

– anzi, il dovere di ottemperarvi è cardine dell’effettività della funzione giurisdizionale, rispetto alla quale è strumentale e ausiliario (Corte cost. 321/98), riconducendosi alla tutela del diritto di accesso ad un Tribunale di cui all’art. 6 della Convenzione EDU (richiamando, a partire dalla celeberrima Corte EDU, 19/03/1997, Hornsby c/ Grecia, le pronunce successive, tra cui Corte EDU 05/06/2007, Delle Cave c. Italia, in causa 14626/03, nonché Corte EDU, 7.6.2005, Fouklev c. Ucraina, in causa 71186/01, oppure Corte EDU 19 novembre 2013, Sekul c. Croazia);

– qualsiasi interpretazione dell’ordinamento interno che lasciasse alla p.a. la scelta se dare o non dare esecuzione ai provvedimenti giurisdizionali sarebbe, per ciò solo, contrastante con l’art. 6 CEDU.

5. In sostanza, neppure la mancanza di mezzi o la finalità di tutelare in tal modo l’ordine pubblico possono giustificare l’inattuazione dei provvedimenti giurisdizionali, viepiù quando relativi a diritti fondamentali tutelati dalla Convenzione EDU – in quanto la mancata loro tutela esporrebbe lo Stato anche a responsabilità convenzionale – o comunque disciplinati dalla Costituzione della Repubblica. Nessuna discrezionalità – o facoltà di comparare interessi confliggenti con quello al ripristino della legalità, tanto essendo rimesso (come si legge tra le righe) alla sola autorità giudiziaria emanante il provvedimento da eseguire od attuare – può riconoscersi alla pubblica amministrazione in punto di an e di quomodo dell’attuazione di quei provvedimenti dell’autorità giudiziaria. E, con accenti categorici, si esclude che la tutela dell’ordine pubblico od altre ragioni di pubblico interesse possano prevalere sul concreto esercizio della funzione giurisdizionale e quindi influire sul ripristino o sulla garanzia della legalità, in cui si articola uno Stato di diritto, come affidata solo ed esclusivamente all’autorità giudiziaria. In ogni caso, icasticamente si sottolinea l’inaccettabilità del paradosso per il quale, come aveva sostenuto la corte territoriale, l’occupazione abusiva di immobili e cioè una condotta illecita sarebbe giustamente tollerata per evitare più gravi proteste, perché tanto significherebbe che per ragioni di ordine pubblico si può tollerare la violazione dell’ordine pubblico.

6. La conclusione è la seguente: ineludibile l’obbligo della P.A. di dare esecuzione a provvedimenti dell’autorità giudiziaria, essa non vi si può sottrarre né dinanzi ad esigenze abitative olato sensusociali – di cui lo Stato deve farsi carico attraverso altri strumenti, senza riversare i costi ed i sacrifici necessari a privati cittadini cui infliggere l’illecita condotta altrui – ovvero in mancanza di puntuali determinazioni attuative da parte dell’autorità giudiziaria che il provvedimento ha emesso, quelle sì rientrando nell’ambito della discrezionalità – meramente operativa – della pubblica amministrazione.

7. Il principio di diritto fissato al giudice di rinvio è quindi così formulato: “la discrezionalità della p.a. non può mai spingersi, se non stravolgendo ogni fondamento dello Stato di diritto, a stabilire se dare o non dare esecuzione ad un provvedimento dell’autorità giudiziaria, a maggior ragione quando questo abbia ad oggetto la tutela di un diritto riconosciuto dalla Costituzione o dalla CEDU, come nel caso del diritto di proprietà, tutelato dall’art. 41 Cost. e dall’art. 6 CEDU ed art. 1 del Primo Protocollo addizionale CEDU. È pertanto colposa la condotta dell’amministrazione dell’interno che, a fronte dell’ordine di sgombero di un immobile abusivamente occupato vi aut clam, trascuri per sei anni di dare attuazione al provvedimento di sequestro con contestuale ordine di sgombero impartito dalla Procura della Repubblica”.

8. Qualche breve notazione finale.

La previsione di una fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, in quanto connotato intrinseco ed essenziale della stessa funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria nel sistema delineato dall’art. 24 Cost., comma 1, art. 111 Cost., commi 1 e 2 e art. 113 Cost., commi 1 e 2, per l’affermazione del principio di “effettività” della tutela giurisdizionale: l’esecuzione della sentenza resa dal giudice va considerata come parte integrante del processo ai fini dell’art. 6 della CEDU e, perciò, il procedimento di esecuzione costituisce la seconda fase del processo e il diritto rivendicato diventa realmente effettivo solo all’atto dell’esecuzione (Cass. Sez. U. 19/03/2014, n. 6312).

La Corte di Strasburgo ribadisce costantemente che il diritto ad un tribunale previsto dall’art. 6 § 1 della Convenzione sarebbe illusorio se il sistema legale interno di uno Stato contraente consentisse che una decisione giudiziale finale ed esecutiva rimanesse inoperativa a danno di una delle parti; pertanto, l’esecuzione di una sentenza resa da un tribunale deve essere perciò riguardata come parte integrante del processo per gli scopi dell’art. 6 della Convenzione; ed il diritto di accesso ad un tribunale include il diritto di avere eseguita, senza un indebito ritardo, la decisione da quello resa. A questo proposito, identificata come capofila la celeberrima – e già richiamata pure nella segnalata sentenza – Corte EDU 19/03/1997, Hornsby c/ Grecia, si segnalano, tra le più recenti: Corte EDU 14/11/2017 (IV sezione), Spahić e aa. c/ Bosnia-Erzegovina (ric. n. 20514/15 e aa.); Corte EDU 31/03/2016, Dimitar Yanakiev c/ Bulgaria, n. 50346/07; Corte EDU 07/04/2014, Fondation Foyers des élèves de l’Eglise réformée e Stanomirescu c/ Romania, ric. n. 43597/07; Corte EDU 24/09/2013, Perrino c/ Italia, ric. n. 43892/04. Per la chiarezza delle enunciazioni si notino anche: Corte EDU [GC], 28/07/1999, Immobiliare Saffi c/ Italia, ric. n. 22774/93, § 66, EHCR 1999-V; Corte EDU, 12/03/2009, Voskoboynyk c/ Ucraina, ric. n. 39874/05; Corte EDU 27/11/2008, Stadnyuk v. Ukraine, ric. n. 30922/05; Corte EDU 29/03/2007, Pobegaylo c/ Ucraina, ric. n. 18368/03.

Eccedono dagli scopi della presente segnalazione ulteriori approfondimenti sui casi eccezionali in cui ritardi o dilazioni sono peraltro giustificati, qui bastando ricordare che non esime da responsabilità lo Stato un’eventuale carenza di risorse, restando la più appropriata forma di ristoro nel caso di inesecuzione che lo Stato garantisca la piena esecuzione delle sentenze ineseguite, mentre causa sempre disagio (e fonda il diritto al risarcimento), ansietà e frustrazione la protratta inesecuzione di un provvedimento giudiziale definitivo (Corte EDU 14/11/2017, Kunić e aa. c/ Bosnia-Erzegovina, ric. n. 68955/15 e aa.).