Decreto Tribunale Torre Annunziata su composizione della crisi da sovraindebitamento, piano del consumatore e giudizio di meritevolezza

Fabio Di Lorenzo

TRIBUNALE DI TORRE ANNUNZIATA

RG 587/16 VG

Il dott. Fabio Di Lorenzo;

a scioglimento della riserva formulata;

letti gli atti della  procedura  di  composizione  della crisi da sovraindebitamento;

OSSERVA

1. XXXXXXX ha proposto un piano del consumatore ai sensi dell’art. 12 bis L. 3/2012.

Disposta in via cautelare la sospensione della procedura esecutiva immobiliare pendente nei confronti del debitore, nel corso dell’udienza fissata con decreto, il maggior creditore – la banca BNL – si è opposto all’omologa, prospettando la scarsa convenienza del piano.

XXXXXX ha allegato numerose pendenze debitorie, confermate anche dalla relazione del professionista gestore della crisi nominato ai sensi dell’art. 15 c. 9 L. 3/2012. In primo luogo, nel 2004 XXXXXX ha prestato fideiussione all’atto della stipula del mutuo fondiario, erogato dalla BNL al marito in separazione dei beni per l’importo di euro 130.000, e garantito da ipoteca sull’immobile di esclusiva proprietà del marito mutuatario e su due immobili di esclusiva proprietà di XXXXXX; tale mutuo è stato contratto per esigenze personali del mutuatario. L’importo residuo del mutuo, secondo la ricorrente, ammonta a euro 127.374,00, ma va condiviso il conteggio effettuato dalla BNL, secondo cui il debito residuo ammonta a euro 175.451,12, dovendosi computare anche gli interessi moratori; vanno poi aggiunte alla debitoria le spese della procedura esecutiva per euro 6.640,97. Nelle more del presente giudizio, nella procedura esecutiva immobiliare è stato aggiudicato l’immobile di esclusiva proprietà del marito di XXXXXX, su cui grava ipoteca di primo grado iscritta da BNL; il prezzo di aggiudicazione, pari a euro 125.000,00, è stato integralmente versato dall’aggiudicatario. Dato che BNL vanta su tale immobile ipoteca di primo grado, è evidente che la somma in questione diminuisce notevolmente il credito residuo della banca.  

XXXXXX è debitrice anche per altri importi: debito verso Comune di YYYYYY per imposte pari a euro 2.601,88; debito verso l’avv. ZZZZZZ per euro 4.106,40 a titolo di compensi professionali; debito tributario per omesso pagamento della tassa annuale di registrazione del contratto di locazione, pari a euro 50 all’anno a partire dal 2012.  

Sul piano della capacità patrimoniale, va evidenziato che XXXXXX è casalinga, madre di tre figli senza reddito, coniugata in separazione dei beni con BBBBBB, pubblico dipendente delle dogane; unica entrata  personale del consumatore è rappresentata dall’esiguo canone mensile di euro 70,00 derivante da locazione di un proprio immobile. La ricorrente è proprietaria esclusiva di due immobili siti in YYYYYY, via ……., entrambi ipotecati da BNL per l’importo di euro 260.000,00, e oggetto di procedura esecutiva; secondo la stima effettuata nell’ambito della procedura esecutiva, tali immobili hanno rispettivamente il valore di euro 43.056 e di euro 35.012,25.

2. Non vi è dubbio che sussista il requisito soggettivo della qualità di consumatore, in quanto tutti i debiti sono stati contratti per scopi estranei ad attività professionale; anche il debito derivante da fideiussione nasce per scopi prettamente personali e non professionali.

Al fine di accedere alla procedura ex art. 12 bis L. 3/2012, presupposto subbiettivo è la qualità di soggetto non fallibile o di debitore non esercente attività imprenditoriali o professionali, mentre presupposto oggettivo è il persistente stato di sovraindebitamento.

Tra i debitori che possono accedere al procedimento, vi è il consumatore, che l’art. 6 c. 2 lett. b) definisce come “persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”. Tale definizione ricalca quella contenuta nell’art. 3 del Codice del Consumo. Ciò che rileva, dunque, è lo scopo per cui è stato contratto il debito, che non può riferirsi ad attività commerciale, imprenditoriale o professionale.

La qualifica di consumatore è collegata, quindi, al tipo di obbligazioni dalle quali è sorto il sovraindebitamento. Con la conseguenza che anche l’imprenditore, il commerciante o il professionista possono essere qualificati come consumatori nell’ambito della disciplina esaminata, purché l’indebitamento derivi da consumi personali propri, che non siano in nessun modo riconducibili all’attività imprenditoriale, commerciale e/o professionale espletata.

Nel caso in esame, i debiti sono sorti per scopi estranei ad attività professionale, la quale comunque non è svolta dalla ricorrente, casalinga, e dal marito debitore principale garantito, un pubblico dipendente.

3. Nella composizione della crisi da sovraindebitamento, la cui disciplina appare essere in controtendenza rispetto alle scelte operate dal legislatore in tema di concordato preventivo, il Tribunale è chiamato a più riprese e sotto diversi profili a verificare la meritevolezza del soggetto sovraindebitato (Trib. Milano, sez. II, 18 novembre 2016, in Dejure).

La ratio ottesa alla normativa è quella di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento nelle quali può incorrere un soggetto a causa di eventi che prescindono dalla propria volontà, quali: malattie, perdite di lavoro, crisi familiari con conseguenti incrementi di oneri finanziari.

La procedura dovrebbe garantire al debitore di recuperare la propria situazione patrimoniale e di consentirgli un nuovo inizio, senza che il proprio patrimonio stesso rimanga ancorato ad una situazione divenuta ingestibile e non risolvibile con l’ausilio dei tradizionali strumenti dell’autonomia privata.

A seguito del deposito del ricorso per sovraindebitamento, il Tribunale deve verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi sopra specificati, e riservare alla successiva fase del contraddittorio la verifica del requisito della meritevolezza del debitore (consistente nell’assenza di iniziative o di atti in frode ai creditori).

Nelle prime pronunce giurisprudenziali sul punto è stato rilevato che il giudice prima di omologare il piano deve escludere che il consumatore abbia assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che abbia colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali (cfr Trib. Ascoli Piceno, 3 aprile 2014, in www.ilcaso.it). Più recentemente, è stato evidenziato che difetta il requisito di meritevolezza (nonostante il mancato accertamento dell’OCC) qualora il debitore abbia assunto le proprie obbligazioni senza la necessaria diligenza, o abbia compiuto atti in frode ai creditori (Trib. Larino, 24 maggio 2016, in Dejure). Analogamente, è stato sostenuto che l’assunzione di ulteriori obbligazioni finanziarie mediante cessione volontaria del quinto dello stipendio, nonché mediante rateazioni commisurate al reddito mensile disponibile, complessivamente valutate in relazione a quelle pregresse e alla incidenza crescente delle passività rispetto al reddito disponibile non elevato, non consente il ricorso al piano del consumatore perché tale condotta vìola la norma dell’art. 12 bis L. n. 3 del 2012 (Trib. Torino, 30 settembre 2015, in Dejure).

La normativa sul sovraindebitamento, proprio per gli effetti che derivano dalla sua applicazione, presuppone, dunque, un attento vaglio da parte del giudice sul grado di accortezza con cui il debitore ha fatto ricorso al credito e ne ha fatto impiego. Ne discende che anche la mera accumulazione ingiustificata di prestiti – pur in assenza di accertati intenti fraudolenti o abusivi o di volontà preordinata a non rispettare i propri impegni contrattuali – è idonea a essere considerata elemento ostativo all’accesso alla procedura.

Nel caso in esame, nel momento in cui ha assunto l’obbligazione, il debitore non poteva avere la ragionevole prospettiva di poter adempiere. Infatti, la ricorrente è priva di redditi di lavoro in quanto casalinga, e nel 2004, data di stipula del mutuo fondiario garantito da XXXXXXX quale fideiussore, non era neppure locato l’immobile per l’importo sia pur esiguo di euro 70,00 al mese. Nel 2004 la ricorrente aveva già in carico tre figli, non produttivi di reddito, e l’unico sostentamento familiare è da sempre rappresentato dal reddito del marito in separazione dei beni, il quale è un pubblico dipendente delle dogane. Dal ricorso del consumatore e dalla relazione del gestore della crisi emerge che il mutuo è stato contratto per non meglio specificate spese personali, non risultando altro scopo dell’operazione, quale ad esempio l’acquisto di prima casa, o il pagamento di cure mediche costose ecc. Ebbene, il mutuo contratto si presenta notevolmente oneroso, di gran lunga più gravoso di quanto XXXXXXX possa garantire di adempiere quale fideiussore, pur considerando lo stipendio di pubblico dipendente del marito. Infatti la somma mutuata di euro 130.000 deve essere restituita in 20 anni, con scadenza nel 2024; l’importo delle rate è crescente di mese in mese così come emerge dal piano di ammortamento, a partire dalla prima rata di euro 1.149,06, già eccessiva per una famiglia di 5 persone che si sostenta con l’unico reddito di un pubblico dipendente delle dogane, fino alla rata intermedia di euro 2.631,32 del giugno 2012, e per concludere con la rata mensile finale pari addirittura a euro 5.669,53; e non a caso la restituzione è stata quasi fin da subito non onorata. Il mutuo è sproporzionato alle fonti di reddito anche se si aggiunge la pensione del padre del consumatore, pari alla somma annua di euro 19.648,20, in quanto detraendo quanto necessario per vivere al nucleo familiare del consumatore e a suo padre, ugualmente non è prospettabile la ragionevole possibilità di onorare rate di mutuo ventennale di importo crescente di tale ammontare. Dunque, nel 2004 XXXXXXX ha prestato fideiussione in favore del marito mutuatario senza la ragionevole prospettiva di poter adempiere in caso di (ragionevolmente prevedibile) inadempimento del marito.

Non è dirimente che nel 2008 il marito di XXXXXXX sia stato condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale alla cifra di quasi 3 milioni di euro, per associazione a delinquere diretta al contrabbando di T.L.E. (tabacco lavorato estero): la crisi di sovraindebitamento di XXXXXXX nasce non già da questo evento a sé non imputabile ma imputabile al marito, ma origina dalla scelta di prestare fideiussione al mutuo contratto del marito per importi chiaramente sproporzionati alle proprie sostanze.

Alla luce di ciò, difetta il requisito di meritevolezza in capo al consumatore XXXXXXX, e va pertanto pronunciato il diniego dell’omologazione del piano.

4. Dovendosi pronunciare il diniego dell’omologazione, occorre liquidare il compenso finale spettante al gestore della crisi.

Tenuto conto che, in mancanza di omologa, non vi è attivo realizzato, e che il passivo (secondo quanto emerso dagli atti) ammonta ad euro 189.000,37 (partendo dalla quantificazione del proprio credito effettuata dalla banca e senza tener conto degli esiti della vendita del cespite del debitore principale a favore del quale XXXXXXX ha prestato fideiussione, in quanto allo stato la somma pagata dall’aggiudicatario non risulta ancora versata alla banca pignorante), applicando il decreto ministeriale 202/2014 (articolo 16) si ha che il compenso minimo liquidabile è pari ad € 218,87, il medio a € 738,85, e il massimo a € 1.258,83.

Occorre tuttavia tenere conto del comma 5 di tale articolo[1], applicabile anche nella presente fattispecie (posto che al gestore della crisi che cessa dalle funzioni per revoca del decreto di apertura non può essere attribuito un compenso maggiore di quello che sarebbe spettato in sede di completa esecuzione della stessa).

Pertanto, tenuto conto dell’ammontare che sarebbe stato attribuito ai creditori in caso di omologa del piano (euro 106.908,28) ai fini della delimitazione del tetto massimo del compenso ai sensi del citato art. 16 c. 5, e tenuto della qualità dell’opera svolta dal professionista gestore della crisi nominato dal Giudice delegato dal Presidente del Tribunale, è congrua la liquidazione nella misura base di € 1.258,83, a cui applicare la decurtazione del compenso nella misura del 40% prevista dall’art. 15 c. 9 L. 3/2012, così che il compenso ammonta a euro 755,29 oltre accessori di legge, oltre spese vive anticipate pari a euro 150,00.

A norma dell’articolo 14, terzo comma, ultimo periodo del decreto ministeriale 202/2014 (a mente del quale “i costi degli ausiliari incaricati sono ricompresi tra le spese”) gli onorari della stima degli immobili sono compresi nelle spese attribuite al gestore della crisi.

PQM

  1. non omologa il piano del consumatore;
  2. revoca il decreto emesso ai sensi dell’art. 12 bis c. 2 L. n. 3 del 2012, e ordina la cessazione di ogni trascrizione e di ogni forma di pubblicità disposta;
  3. liquida al gestore della crisi nominato, avv. Vincenzo Vitale, il compenso finale nella misura di euro 755,29 oltre accessori di legge, e oltre spese vive nella misura di euro 150,00.

Manda alla Cancelleria per gli avvisi.

T.A., li 12 dicembre 2016.

Il Giudice

Dott. Fabio Di Lorenzo

[1] «L’ammontare complessivo dei compensi e delle spese generali non può comunque essere superiore al 5% dell’ammontare complessivo di quanto è attribuito ai creditori per le procedure aventi un passivo superiore a 1.000.000 di euro, e al 10% sul medesimo ammontare per le procedure con passivo inferiore. Le disposizioni di cui al periodo precedente non si applicano quando l’ammontare complessivo di quanto è attribuito ai creditori è inferiore ad euro 20.000»