Ex Lege Pinto: Giudici onorari anche presso le Corti d’Appello

Pubblichiamo la proposta di legge ex art. 10 legge 195/1958 con cui si chiede al Ministro della Giustizia di esaminare la possibilità di una modifica normativa  che permetta l’applicazione dei Giudici Onorari anche presso le Corti d’Appello per i soli procedimenti ex lege Pinto ((relatore Consigliere AURIEMMA).

L’eventuale accoglimento di tale suggerimento istituzionale (per situazione diversa da quelle contemplate dal recente decreto legge “del fare”) alleggerirebbe i carichi di lavoro degli Uffici di secondo grado sopratutto nelle sedi di minori dimensioni.

La proposta prende spunto dalla nota in data 12 novembre 2012 del Presidente della Corte di Appello di Perugia, Dott. Wladimiro DE NUNZIO, avente ad oggetto:

Rimedi per superare le difficoltà della Corte di Appello di Perugia gravata dai procedimenti ex Lege Pinto.

La Commissione propone al Plenum di adottare la seguente delibera:

«Come è noto gli ultimi anni si sono caratterizzati per un aumento costante ed incalzante dell’erogazione da parte dello Stato degli indennizzi pagati ex lege cd. Pinto – legge 89/2001 (passati dai 1622 del 2001 ai 7299 nel 2008).

Proprio tale progressivo aumento delle richieste di indennizzo ha  indotto il legislatore, con il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (cosiddetto “decreto sviluppo”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale 26 giugno 2012, n. 147, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 187 del 11 agosto 2012, a modificare la l. 89/01, cd. legge Pinto.Una delle principali novità introdotte consiste nel superamento del precedente assetto che rimetteva il procedimento, avente ad oggetto la  fondatezza del ricorso e la liquidazione degli importi, davanti alla Corte d’appello in composizione collegiale, con instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione responsabile ed attraverso una pluralità di udienze.

La novella, invece, immagina un procedimento avente uno svolgimento diverso, in quanto prende avvio con la parte che presenta ricorso al presidente della Corte d’appello competente, il quale designa un giudice competente alla trattazione della causa, che, a sua volta, emette un decreto sulla base dei documenti presentati dalla parte. Tale decreto può, poi, essere oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte d’appello, in composizione collegiale. In tale fase si svolge in contraddittorio tra le parti ed è regolato nelle forme semplificate del procedimento camerale (artt. 737 ss. c.p.c.).

La nuova soluzione normativa ha, in ultima analisi, semplificato ed accelerato la definizione del contenzioso in materia di violazione della durata ragionevole del processo, al contempo salvaguardando le garanzie del giusto processo.

L’articolazione in due fasi del procedimento di liquidazione dell’indennizzo per violazione del principio della ragionevole durata dei processi civili non è l’unica novità introdotta dal legislatore, avendo esso avuto cura di altresì precisare specifiche cause di non indennizzabilità della pretesa e la misura delle somme risarcibili sulla base di soglie predeterminate nel limite minimo e massimo.

Con la novella in esame sono stati altresì fissati i termini della durata nei diversi gradi di giudizio sulla base di parametri acquisiti dalla giurisprudenza (sei anni complessivi: tre per il primo grado; due per l’appello ed uno per il giudizio per cassazione: in tal senso cfr. Cass. 29 marzo 2010, n. 7559).

Il quadro complessivo consente di affermare che, quanto meno nella fase monitoria, la delibazione della ricorso non richieda necessariamente una raffinata capacità di elaborazione tecnica -giuridica, quanto piuttosto l’esame approfondito della documentazione prodotta a conforto della relativa istanza ed il conseguente giudizio di sussunzione ben guidato dai parametri posti dal legislatore e da una consolidata elaborazione giurisprudenziale.
Inoltre, si badi bene, il giudice non è obbligato a spendere articolati passaggi motivazionali in sede di redazione del decreto monitorio, potendo anche rifarsi per relationem alla premessa espositiva del libello difensivo.Proprio tali superiori considerazioni, in uno al rilievo per cui taluni distretti di Corte di appello, nonostante il nuovo modello processuale, continuano a trovare difficoltà a dare tempestiva risposta alle domande, continuando, così, ad esporsi a possibili ulteriori richieste di indennizzo per violazione del principio di ragionevole durata, inducono questa commissione a proporre al Ministro della Giustizia una riforma del disposto dell’art. 110 ordinamento giudiziario, onde consentire l’applicazione di giudici onorari, attualmente incardinati presso gli uffici di primo grado, presso le Corti di appello al fine di esitare la sola fase monitoria dei procedimenti innanzi descritti.

Tale riforma, da un lato, verrebbe incontro alle pressanti richieste provenienti da alcune corti di appello, come detto, attualmente invase da un numero soverchiante di richieste di liquidazione, consentendo, così, di liberare energie lavorative da destinare alla definizione di procedimenti ben più complessi e rilevanti, dall’altro, non si esporrebbe al possibili censure ex art. 106 II co. Cost., secondo cui le legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Va, infatti, sul punto, considerato che la fase monitoria è, come visto, trattata dalla Corte di appello in composizione monocratica, di modo che non vi è timore che il giudice onorario applicato possa essere coinvolto in decisioni collegiali, le quali devono rimanere, secondo questa proposta di riforma, di competenza esclusiva dei giudici togati.

Per altro verso, preme evidenziare che la Corte di appello nei giudizi in discorso non opera come giudice di gravame di merito, bensì come giudice in un unico grado, per cui al giudice onorario non sono così attribuite competenze di appello. Nei Tribunali ai got non solo non è inibita l’emissione di decreti ingiuntivi, ma gli stessi possono decidere le cause di opposizione, anche in riferimento ai decreti da loro emessi (a meno che in tabella non sia prevista una specifica incompatibilità, che in linea astratta è esclusa). Nella soluzione prospettata invece ai got, addetti alla trattazione dei decreti ingiunzione ex lege Pinto, verrebbe attribuita la
sola fase monitoria, restando il giudizio di opposizione avverso il decreto ingiunzione riservato ai giudici togati.

Inoltre per evitare prassi non virtuose la norma dovrebbe prevedere una forma di responsabilizzazione dei presidenti di sezione cui sarebbero affidati i got per la fase monitoria. All’uopo, sarebbe opportuna una previsione esplicita che imponga riunioni periodiche per stabilire le linee guida per la liquidazione nonché un monitoraggio trimestrale sui provvedimenti sempre a cura del presidente.

Peraltro i giudizi di opposizione intentati anche dal Ministero della
Giustizia e dal Ministero delle Finanze sono numerosi, segno evidente di un controllo capillare dei decreti ingiunzione da parte della p.a..

La soluzione prospettata risolverebbe inoltre il problema, annoso per le piccole Corti di Appello, rappresentato dalle continue e frequenti incompatibilità dovute al disposto di cui all’art. 5 ter, comma 3, legge 89 del 2001, secondo la quale del collegio non può far parte il Giudice che ha emanato il provvedimento impugnato: attualmente i piccoli uffici devono prevedere udienze con non meno di quattro componenti, al fine di ovviare alle altrimenti inevitabili incompatibilità. Tale inconveniente non si verificherebbe qualora i decreti ingiunzioni fossero affidati ai GOT.

Quanto poi alle liquidazioni delle spese processuali occorre evidenziare che nei procedimenti ex lege Pinto il Giudice deve applicare riguardo alla fase di opposizione, stante la natura contenziosa, l’art. 9 del decreto 140 del 2012 – che prevede che “nelle controversie per l’indennizzo da irragionevole durata del processo, il compenso può essere ridotto fino alla metà” – e riguardo alla fase monitoria i compensi previsti per i procedimento per ingiunzione (per i ricorsi di valore fino a euro 5.000 – di fatto la maggioranza – un compenso da 50 a 700 euro e per quelli da euro 5.00 1 a euro 500.000 un compenso da 400 a 2.000 euro). Trattasi insomma di provvedimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, di scarso valore anche sotto il profilo delle spese processuali, diversamente dalle controversie che sovente vengono affidate ai GOT nei Tribunali.

Da ultimo, preme evidenziare che la presente proposta non appare in alcun modo preclusa dal sopravvenuto decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013 (cd. decreto legge del fare), che non consente affatto l’applicazione dei giudici onorari in servizio in Tribunale presso le Corti di appello di pertinenza al fine di definire la fase monitoria dei procedimenti per violazione del principio della ragionevole durata. Infatti, gli artt. 62-72 del detto decreto legge introducono la nuova figura del giudice ausiliario, quale magistrato onorario incaricato unicamente di comporre i collegi delle sezioni civili (ivi comprese quello competenti per la controversie in materia di lavoro e previdenza) delle Corti di appello al fine di contribuire alla definizione dei procedimenti pendenti in ossequio all’ordine di priorità indicato nei programmi di gestione elaborati ai sensi dell’art. 37, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Il giudice ausiliario si affianca, dunque, senza sostituirle, alle già esistenti categorie di magistrati onorari (GOT, VPO, Giudici di Pace), di cui mutua lo stato giuridico (art. 72, comma 1), e si connota per l’assegnazione alla trattazione dei soli procedimenti civili (in senso ampio) pendenti in grado di appello, e quindi con la significativa esclusione di quelli nei quali la Corte di appello opera in unico grado, quali, tra gli altri, quelli di opposizione alla stima e di equa riparazione per il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito per l’irragionevole durata di un processo.

Di qui la invariata pregnanza di significato ed attualità di interesse della presente proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario.

Tutto ciò premesso, il Consiglio, propone al Ministro della Giustizia di novellare l’art. 110 ordinamento giudiziario al fine di consentire l’applicazione dei giudici onorari in servizio in Tribunale presso le Corti di appello di pertinenza al fine di definire la fase monitoria dei procedimenti per violazione del principio della ragionevole durata ex lege 89/0 1, come modificata dal d. l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni, dalla l. 7 agosto 2012, n. 134».