Delibere

Delibera del 13 giugno 2012

” RELAZIONE ILLUSTRATIVA AL NUOVO REGOLAMENTO PER LA FORMAZIONE INIZIALEDEI MAGISTRATI ORDINARI

Premessa.

Il D.Lgs. n. 26/2006, modificato dalla L. n. 111 del 2007, ha istituito la Scuola superiore della magistratura ed ha ridefinito le competenze in materia di formazione iniziale e permanente dei magistrati, tradizionalmente svolte in via esclusiva dal Consiglio superiore della magistratura.L’istituzione della Scuola ha recepito istanze risalenti provenienti dall’interno della stessa magistratura, nella sua gran parte consapevole del nesso strettissimo corrente tra la qualificazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati, l’indipendenza ordinamentale loro riconosciuta e la responsabilità professionale e sociale che l’esercizio della giurisdizione comporta.La consapevolezza che l’istituzione della Scuola costituiva uno dei momenti più qualificanti dell’opera di ridefinizione ordinamentale varata definitivamente con la legge n. 111 del 2007 ha comportato dunque per il Consiglio superiore la necessità di dare attuazione immediata alla riforma, consentendo il concreto avvio della Scuola.In tale ottica, e in spirito di leale collaborazione istituzionale con il Ministero della giustizia, il CSM ha dapprima nominato i componenti del Comitato Direttivo della Scuola di propria competenza, si è adoperato poi per l’insediamento ufficiale del nuovo organo per la formazione (avvenuto in data 24 novembre 2011) e quindi, con delibera del 25 gennaio 2012, ha promosso la costituzione di un c.d. Tavolo Tecnico, al quale partecipa insieme con la Scuola Superiore della magistratura e con il Ministero della giustizia.Il Tavolo Tecnico, inteso come “luogo stabile” di confronto organizzativo e di regolamentazione dell’azione di ciascuno dei diversi interlocutori istituzionali interessati, ha l’obiettivo di individuare i passaggi e le soluzioni che possano facilitare l’effettiva operatività della Scuola, attuando la più celere trasmissione in suo favore dell’attività di formazione professionale, pur con la gradualità imposta dallo stato di effettiva adeguatezza delle strutture e delle risorse umane e finanziarie di cui quell’Ente dispone.In tale prospettiva, il campo di intervento prioritario ed urgente del Tavolo Tecnico è stato quello della formazione iniziale dei magistrati ordinari in tirocinio, attesa la imminente nomina (poi avvenuta con D.M. 8 giugno 2012) dei 325 vincitori del concorso indetto (per 350 posti) con D.M.15 dicembre 2009, e l’inizio di tirocinio loro riservato.In materia di formazione, residua in capo al Consiglio superiore il compito assai delicato di individuare e di elaborare le linee generali cui deve ispirarsi la formazione dei magistrati, compito che, con riferimento al tirocinio dei magistrati di prima nomina, si atteggia in modo assai più incisivo rispetto a quanto previsto per l’aggiornamento professionale e per la formazione (permanente) dei restanti magistrati ordinari.Per la formazione iniziale, infatti, il CSM deve elaborare direttive (art. 2, lett. o), D.Lgs. n. 26/2006), deliberare le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio (art. 18) ed individuare le materie per i corsi di approfondimento teorico pratico che saranno poi curati dalla Scuola (art. 20), il tutto in un contesto di collaborazione tra le due Istituzioni che riguarda anche la sessione di tirocinio presso gli uffici giudiziari ed il giudizio finale sul tirocinante.Il nuovo Regolamento per la formazione iniziale dei magistrati in tirocinio, oggetto della presente Relazione, pone quindi la disciplina di dettaglio occorrente per dare attuazione alla normativa primaria testè richiamata.La sua elaborazione è avvenuta in modo partecipato e condiviso, sicchè costituisce il primo significativo frutto della collaborazione tra gli interlocutori istituzionali del Tavolo Tecnico 1.Esso si pone in evidente segno di continuità e di condivisione rispetto all’esperienza formativa svolta dal Consiglio, della quale ha recepito l’ispirazione fondamentale, funzionale alla tutela dell’indipendenza della magistratura; nonché la medesima articolazione normativa già presente nell’abrogato regolamento di cui al D.P.R. 17 luglio 1998, di recepimento della delibera consiliare dell’11 giugno 1998; e, sia pure nella parte ancora compatibile, talune originarie modalità organizzative del periodo di tirocinio 2.

Contenuti del nuovo Regolamento.

Appare opportuno richiamare sinteticamente la normativa primaria di nuova applicazione, di cui al D.Lgs. n. 26/2006, recepita in altrettante disposizioni del nuovo Regolamento per i magistrati ordinari in tirocinio.Il Titolo II del D.Lgs. n. 26/2006, la cui rubrica indica espressamente che le relative disposizioni sono destinate ai magistrati ordinari in tirocinio, al Capo I, art. 18, stabilisce che il tirocinio ha durata complessiva di 18 mesi e si articola in “Sessioni”, una delle quali, della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola della Magistratura, ed un’altra, della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari.Tale fondamentale distinzione per macro-periodi trova poi la propria disciplina di dettaglio, per quanto attiene alle modalità concrete di svolgimento, anche temporali, delle sessioni di tirocinio, in una delibera con cui il Consiglio superiore della magistratura manifesta il proprio potere di indirizzo della formazione iniziale, quale attività centrale funzionale non solo all’acquisizione di conoscenze, di tecniche, di saperi anche non prossimi, ma anche di valori (cfr. art. 18, u.p.).Il Capo II del D.Lgs. n. 26/2006 è poi dedicato al contenuto e alle modalità di svolgimento della Sessione presso la Scuola della Magistratura e si compone di un’unica disposizione di legge, l’art. 20, che prevede lo svolgimento di corsi di approfondimento teorico-pratico su materie individuate dal CSM, nonché su ulteriori materie individuate dal Comitato Direttivo nel programma annuale. E’chiarito espressamente che la sessione presso la Scuola deve in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e professionali, nonchè della deontologia del magistrato ordinario in tirocinio. Si prevede che i corsi siano tenuti da docenti nominati dal Comitato Direttivo al fine di garantire un ampio pluralismo culturale e scientifico; che vengano designati dei “tutori” i quali assicurino anche l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio; infine, che al termine delle sessioni presso la Scuola per ciascun magistrato sia svolta, a cura del Comitato Direttivo, una relazione, destinata ad essere trasmessa al Consiglio Superiore.L’art. 21 del Capo III è dedicato alla Sessione presso gli uffici giudiziari, e ne prevede l’articolazione in tre periodi: il primo, della durata di quattro mesi, da svolgersi presso i Tribunali; il secondo, della durata di due mesi, da svolgersi presso le Procure della Repubblica. Tali periodi, della durata complessiva di sei mesi, costituiscono l’ossatura del tirocinio cd. ordinario (o generico); il terzo periodo, della durata di sei mesi, è previsto si svolga presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato in tirocinio, ed integra il cd. tirocinio “mirato”.I piani di tirocinio di ciascun magistrato sono approvati dal Comitato Direttivo e devono garantire un’adeguata formazione nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e una specifica preparazione nelle funzioni che i MOT andranno a svolgere (art. 21, co. 2).È prevista la figura del magistrato affidatario, designato dal CSM su proposta del competente Consiglio giudiziario, con il quale il MOT svolge i singoli periodi di tirocinio presso gli uffici giudiziari. Gli affidatarisono tenuti a trasmettere al Comitato Direttivo ed al CSM una scheda valutativa3 del (o dei) magistrato/i in tirocinio loro assegnato/i (art. 21, co. 4).Infine, l’art. 22, Capo IV, si occupa del procedimento per la valutazione finale del magistrato all’esito del tirocinio, ed anche dell’evenienza in cui il tirocinio sia valutato negativamente, con la previsione del conseguente accesso ad un nuovo periodo, della durata di un anno, al termine del quale, in caso di nuova valutazione negativa, consegue la cessazione ope legis del rapporto di impiego del magistrato ordinario in tirocinio.Nel dare attuazione alle succitate disposizioni del d.lgs. n. 26/2006, il Regolamento non pretermette l’esperienza pregressa e i buoni risultati formativi conseguiti nel passato.Di seguito si riportano i punti più significativi della disciplina di dettaglio:

  • Sono state precisate e meglio definite rispetto al dettato normativo le funzioni del tirocinio: accanto alla formazione professionale teorica, pratica e deontologica dei magistrati ordinari appena entrati in servizio e alla verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie tra gli obiettivi del tirocinio, è previsto l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza e imparzialità, nonché l’attitudine all’aggiornamento permanente della propria preparazione professionale e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, con i mezzi di comunicazione, con i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.
  • Sono specificati gli organi che sovrintendono e partecipano al tirocinio: CSM, Scuola e Consigli giudiziari, soprattutto, secondo le rispettive competenze ed attribuzioni, quali determinati dal Titolo II del D.Lgs. n. 26/2006 (artt.20, 21 e 22). In particolare, si è sottolineato espressamente che l’organizzazione del tirocinio avviene congiuntamente ad opera di CSM e della Scuola (cfr. art. 2 Reg.) e si sono precisate le competenze del Consiglio Superiore nella individuazione della sede di svolgimento del tirocinio, le volte in cui essa non possa coincidere con la città sede di Corte d’Appello nel cui distretto il magistrato ha la residenza (art. 3 Reg.).
  • Quanto alla durata del tirocinio, la delibera del CSM ne definisce la data di inizio e le scansioni temporali, nel quadro delle macro-divisioni disposte dal legislatore, e nell’ambito della durata complessiva di 18 mesi. E’ mantenuta la previsione, già contenuta nel D.P.R. 17 luglio 1998, ora abrogato, di evitare che l’inizio del tirocinio si collochi in un periodo a ridosso della sospensione feriale dei termini e delle attività processuali, e ciò per consentire al magistrato di prima nomina un congruo periodo iniziale di formazione nel quale attendere al tirocinio con continuità e regolarità (il periodo è stato modificato rispetto alla precedente previsione e portato dal 1 luglio al 15 settembre).
  • Il programma di tirocinio della sessione presso la Scuola è deliberato dal Comitato direttivo e, secondo quanto voluto dal legislatore, prevede approfondimenti teorico-pratici nelle materie individuate dal CSM (con apposita delibera, da tenere ovviamente distinta dal Regolamento) e su quelle ulteriori individuate dal Comitato direttivo nel proprio programma annuale di attività didattica. Esso viene comunicato ai Consigli giudiziari ed al CSM e, secondo quanto emerso dai lavori del Tavolo Tecnico, onde implementare la formazione del magistrato in tirocinio, si articola anche in stage esterni. Tali stage (individuati anche nella citata delibera consiliare di formulazione delle direttive per il tirocinio e di previsione delle materie di approfondimento teorico-pratico presso la Scuola) sono effettuati, con l’ausilio delle strutture della formazione decentrata, presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio (quali, ad esempio, amministrazioni ed enti pubblici, istituti di pena, gabinetti di polizia scientifica, servizi sociali, studi forensi, uffici di cancelleria, autorità giudiziarie straniere e organismi internazionali, organi pubblici di vigilanza e di controllo, ecc…). Sono previste anche iniziative formative presso le sedi di Corte d’appello in collaborazione con gli organismi forensi e con altre istituzioni sociali o universitarie.
  • Il programma di tirocinio negli uffici giudiziari (cfr. art. 5 Reg.), approvato dal Comitato direttivo, è predisposto dal Consiglio giudiziario competente che recepisce, valutandole in un parere, le indicazioni predisposte dal magistrato collaboratore. Tale figura, pur non prevista dal legislatore del 2006, all’esito della riflessione congiunta operata nel corso dei lavori del Tavolo Tecnico è stata riproposta, perché assolutamente compatibile con l’attuale impianto normativo e funzionale alla proficua elaborazione del programma di dettaglio del tirocinio negli uffici giudiziari e al suo miglior coordinamento (cfr. art. 10 Reg.). A ciascun collaboratore di regola non possono essere affidati più di sei magistrati in tirocinio. Oltre al fondamentale compito di predisporre il programma di tirocinio, i magistrati collaboratori sono chiamati a verificare, attraverso il continuo contatto con i magistrati in tirocinio e con i magistrati affidatari, l’efficacia e la validità del tirocinio pratico ed a rilevarne le eventuali criticità; inoltre, essi coordinano gli stage esterni dei magistrati in tirocinio, d’intesa con i tutori nominati dal Comitato direttivo, nonché eventuali altre attività loro delegate dal Comitato Direttivo della Scuola.
  • Partecipano al progetto formativo del tirocinio, rispettivamente negli uffici giudiziari e presso la sessione gestita direttamente dalla Scuola anche: a) il magistrato affidatario, nominato dal CSM su proposta del Consiglio giudiziario, previa designazione del magistrato collaboratore, con la funzione di curare, sotto la sua propria responsabilità e titolarità, lo svolgimento di tutte le attività giudiziarie e processuali demandate al magistrato in tirocinio, (cfr. art.11 Reg.); b) i tutori, scelti dal Comitato direttivo tra i docenti di cui all’art. 20, co. 2, D.Lgs. n. 26/2006, con il compito di assicurare l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio durante il periodo di formazione presso la Scuola, di organizzare anche seminari di approfondimento ed esercitazioni pratiche, e di collaborare nel coordinamento degli stage esterni (cfr. art. 12 Reg.). Per i tutori che siano scelti tra magistrati in servizio, in ragione del presumibile impegno assorbente e prolungato nell’attività presso la sede della Scuola, è previsto l’esonero dal lavoro giudiziario da parte del CSM per il periodo di tempo corrispondente alla destinazione effettiva ai compiti di “tutore”, salvo specifiche esigenze dell’ufficio di appartenenza non altrimenti fronteggiabili.
  • Si è istituito il doppio fascicolo relativo al tirocinio di ciascun magistrato ordinario di prima nomina, uno formato e tenuto dal Consiglio Giudiziario competente, l’altro dal Comitato Direttivo presso la Scuola, rispettivamente dedicati al periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari e al periodo di tirocinio nella Sessione di sei mesi presso la Scuola. I contenuti dei fascicoli predetti (cfr. art. 9 Reg.) sono coerenti con tale impostazione.
  • La fondamentale previsione sulle valutazioni di idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie e sull’individuazione degli uffici di destinazione viene proposta, in esecuzione del nuovo dettato normativo di cui all’art. 22 del decreto istitutivo della Scuola, all’art.13 del Regolamento. Fermo il procedimento voluto espressamente dal legislatore, anche e soprattutto per disciplinare il caso di esito negativo del tirocinio, il Consiglio ha dettagliato il procedimento di individuazione delle sedi di destinazione dei magistrati in tirocinio, all’esito del periodo di formazione cd. “generico”, per attuare la previsione normativa che espressamente vuole il tirocinio “mirato” dedicato alla“specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione” (cfr. art. 21, co. 2, u.p., D.Lgs. n. 26/2006) e svolto, per la durata di sei mesi, presso “un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio” (cfr. art. 21, co.1, u.p., D.Lgs. n. 26/2006).
  • L’art. 14 del Regolamento, infine, ripropone, da un lato, la previsione della figura del magistrato collaboratore nominato per coadiuvare il magistrato ordinario di prima nomina nel primo anno di esercizio delle funzioni giurisdizionali presso la sede di destinazione, con il compito di assistere il collega nel rispetto della sua piena autonomia e senza compiti valutativi; dall’altro, ha anticipato il momento di tale nomina a quello appena successivo alla scelta della sede da parte del magistrato in tirocinio. In tal modo, il magistrato collaboratore, in un’ottica di doverosa “accoglienza” e preparazione più consapevole alle funzioni effettivamente da svolgere, introduce il nuovo magistrato destinato al suo ufficio, nelle dinamiche organizzative specifiche, e lo segue sin nelle prime fasi di conoscenza della realtà giudiziaria di destinazione, rendendolo via via partecipe delle prassi applicative vigenti e delle principali, più frequenti questioni giudiziarie che ivi si pongono.

REGOLAMENTO PER LA FORMAZIONE INIZIALEDEI MAGISTRATI ORDINARI

Art. 1 – Funzioni del tirocinio.

1. Funzioni del tirocinio sono la formazione professionale teorica, pratica e deontologica dei magistrati ordinari entrati in servizio e la verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie. Il processo di formazione iniziale dei magistrati è altresì orientato all’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza e imparzialità, nonché dell’attitudine all’aggiornamento permanente della propria preparazione professionale e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, i mezzi di comunicazione, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.

Art. 2 – Organi del tirocinio.

1. Il tirocinio è organizzato dal Consiglio superiore della magistratura (di seguito indicato come “CSM”) e dalla Scuola superiore della magistratura (di seguito indicata come “Scuola”), anche sulla base di pareri dei Consigli giudiziari, secondo le rispettive competenze e attribuzioni, come determinate dal titolo II del decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, e successive modificazioni e integrazioni, di seguito indicato come “decreto istitutivo della Scuola”.

Art. 3 – Sede del tirocinio presso gli uffici giudiziari.

1. Il CSM destina i magistrati ordinari per lo svolgimento del tirocinio agli uffici giudiziari di primo grado della città sede di Corte d’appello nel cui distretto il magistrato ha la residenza al momento della nomina.

2. Il CSM delibera lo svolgimento, in tutto o in parte, del tirocinio del magistrato in altra sede, previa autorizzazione, per gravi e motivate esigenze, del Comitato Direttivo della Scuola.

3. Su proposta dei magistrati collaboratori, e previo parere favorevole del Consiglio giudiziario, il Comitato Direttivo può autorizzare l’affidamento dei magistrati ordinari in tirocinio a magistrati in servizio presso uffici giudiziari del distretto, differenti da quelli del capoluogo, qualora sia per i magistrati in tirocinio opportuno seguire specifiche attività, per periodi limitati. Gli stessi partecipano comunque a tutte le iniziative collettive organizzate in sede distrettuale.

Art. 4 – Durata del tirocinio.

1. Il CSM, sentito il Comitato Direttivo della Scuola, definisce con delibera, la data di inizio del tirocinio, le scansioni temporali e le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio ordinario e mirato presso gli uffici giudiziari e della sessione presso la Scuola, secondo quanto disposto dagli artt. 20, comma 1, e 21, comma 1, del decreto istitutivo della Scuola.Con la stessa delibera individua le materie oggetto di approfondimento teorico-pratico nella sessione presso la Scuola.

2. Dalla durata di diciotto mesi del tirocinio, stabilita dall’art. 18 del decreto istitutivo della Scuola, sono esclusi i periodi di congedo straordinario o aspettativa superiori ai trenta giorni, nonché i periodi feriali di cui all’art. 90 dell’ordinamento giudiziario.

3. La data di inizio del tirocinio non può di regola essere fissata nel periodo dal 1 luglio al 15 settembre. Il Ministero della giustizia, sentito il CSM, non appena l’andamento della procedura di concorso consenta di determinare il numero dei magistrati ordinari in tirocinio che verranno destinati a ciascun distretto e la data in cui il tirocinio avrà inizio, ne dà comunicazione al Comitato Direttivo della Scuola, affinché designi i tutori di cui all’art. 20, comma 3, del decreto istitutivo della Scuola, nonché ai Consigli giudiziari, affinchè provvedano tempestivamente all’individuazione dei magistrati collaboratori e affidatari da proporre per la nomina.

Art. 5 -Programma del tirocinio.

1. Il Comitato Direttivo approva, per ciascun magistrato, il programma di dettaglio della sessione presso gli uffici giudiziari, predisposto dal Consiglio giudiziario competente, in modo da garantire un’adeguata formazione – nel tirocinio ordinario – nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e – nel tirocinio mirato – una specifica preparazione alle funzioni che il magistrato sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.

2. Il Comitato Direttivo delibera il programma di dettaglio della sessione presso la Scuola, che prevede approfondimenti teorico-pratici sulle materie individuate dal CSM e su quelle ulteriori individuate dal Comitato Direttivo nel programma annuale dell’attività didattica, di cui all’art. 5 comma 2 del decreto istitutivo della Scuola, dandone comunicazione ai Consigli giudiziari e al CSM.

3. La sessione presso la Scuola, nel rispetto delle direttive formulate dal CSM con la delibera di cui all’art. 18 ult.parte del D.Lgs. n. 26/2006, può prevedere stage esterni realizzati – avvalendosi delle strutture della formazione decentrata – presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio (quali ad esempio: amministrazioni ed enti pubblici, istituti di pena, gabinetti di polizia scientifica, servizi sociali, studi forensi, uffici di cancelleria, autorità giudiziarie straniere e organismi internazionali, organi pubblici di vigilanza e di controllo), nonché di iniziative formative presso le sedi di Corte d’appello in collaborazione con gli organismi forensi e altre istituzioni sociali o universitarie.

Art. 6 – Tirocinio ordinario.

1. Il tirocinio ordinario presso gli uffici giudiziari, della durata di sei mesi, si articola:

a. nell’assegnazione per quattro mesi al Tribunale, garantendo una equilibrata esperienza nel settore civile e nel settore penale, con partecipazione all’attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del Tribunale, sia collegiale che monocratico, compresa la partecipazione alle camere di consiglio; è possibile l’assegnazione del magistrato a collegi d’appello o alle attività del Tribunale per i minorenni e del Tribunale di sorveglianza;

b. nell’assegnazione per due mesi alla Procura della Repubblica.

2. Nell’ambito delle articolazioni di cui al comma precedente, il tirocinio si svolge secondo il piano di cui all’art. 4 comma 1.

Art. 7 – Tirocinio mirato.

1. Il tirocinio mirato, della durata di sei mesi, si svolge presso un ufficio dello stesso tipo di quello al quale il magistrato in tirocinio è stato assegnato; esso è rivolto al completamento della formazione di base, nonché all’avviamento del magistrato in tirocinio alle funzioni specifiche che è destinato a svolgere.

2. Il dirigente dell’ufficio giudiziario, al quale il magistrato è stato destinato, comunica senza ritardo al Consiglio giudiziario, al CSM e al Comitato Direttivo le specifiche funzioni che assumerà il magistrato in tirocinio, secondo le tabelle e i criteri di assegnazione degli affari vigenti in tale ufficio. Tali indicazioni sono vincolanti e non possono essere successivamente derogate se non per gravi motivi di servizio. La deroga deve essere tempestivamente comunicata, ai fini della modifica del piano di tirocinio, al Comitato Direttivo, al Consiglio giudiziario e al CSM; quest’ultimo, se la ritiene ingiustificata, la annulla.

3. La documentazione inerente l’inosservanza da parte del dirigente dell’ufficio del disposto di cui al comma precedente viene inserita nel fascicolo personale del dirigente stesso.

Art. 8 – Sessione presso la Scuola superiore della magistratura.

1. La sessione presso la Scuola, della durata complessiva di sei mesi, tende al perfezionamento della cultura, delle capacità operative e professionali, delle doti di equilibrio, nonché alla formazione deontologica del magistrato ordinario in tirocinio.

2. Di regola essa si articola in un periodo non inferiore a quattro mesi, anche non consecutivi, da svolgersi prima della scelta della sede di prima destinazione e non inferiore a due mesi, anche non consecutivi, da svolgersi nel periodo successivo, secondo il programma di tirocinio predisposto ai sensi dell’art. 5.

3. I magistrati in tirocinio sono affiancati, per tutta la durata della sessione, dai tutori.

4. Al termine delle sessioni presso la Scuola, il Comitato Direttivo trasmette al CSM una relazione concernente ciascun magistrato.

Art. 9 – Fascicoli del magistrato ordinario in tirocinio.

1. Il Consiglio giudiziario forma per ciascun magistrato in tirocinio un fascicolo nel quale sono inclusi il piano di tirocinio, le schede valutative dei magistrati affidatari, le autorelazioni e la copia dei provvedimenti redatti dal magistrato, con le modifiche eventualmente apportate dai magistrati affidatari.

2. Il Comitato Direttivo forma per ciascun magistrato in tirocinio un fascicolo, tenuto presso la Scuola, nel quale sono inclusi la relazione del Comitato Direttivo, le eventuali osservazioni del magistrato in tirocinio e gli elaborati scritti redatti nel corso della sessione presso la Scuola.

Art. 10 – Magistrati collaboratori.

1. La partecipazione ai compiti di formazione professionale dei magistrati in tirocinio, nelle qualifiche di cui al presente articolo e a quello successivo, costituisce un dovere d’ufficio.

2. Il Consiglio giudiziario si avvale, per la predisposizione del programma di tirocinio presso gli uffici giudiziari e per il coordinamento dello stesso, di magistrati collaboratori, scelti tra i magistrati dotati di adeguata esperienza, con riferimento alle doti di preparazione teorica e pratica e di elevato prestigio professionale, nonchè alle attitudini comunicative e didattiche e alle capacità organizzative. I magistrati collaboratori vengono nominati dal CSM, su proposta del Consiglio giudiziario.

3. Per ciascun gruppo di magistrati in tirocinio ordinario, composto di regola da non più di sei magistrati, sono designati due magistrati collaboratori, uno per le funzioni civili e uno per le funzioni penali. Per il tirocinio mirato ad ufficio esclusivamente civile o penale, le funzioni di collaboratore saranno svolte unicamente da quello, fra i due magistrati, che abbia specifica competenza nel settore, ovvero da entrambi in caso di assegnazione a funzioni promiscue.

4. I magistrati collaboratori:

a. predispongono per ciascun magistrato il programma di tirocinio ordinario e mirato, indicando altresì i magistrati affidatari, e lo sottopongono al Consiglio giudiziario, che esprime il relativo parere e lo inoltra unitamente al programma al Comitato Direttivo della Scuola; in caso di parere unanime favorevole del Consiglio, il programma si intende approvato anche dal Comitato Direttivo, a meno che un componente di questo non ne chieda la trattazione entro giorni quindici dalla comunicazione degli atti al Comitato stesso;

b. verificano, attraverso il continuo contatto con i magistrati in tirocinio e i magistrati affidatari, l’efficacia e la validità del tirocinio pratico e rilevano le eventuali criticità;

c. coordinano gli stage esterni dei magistrati in tirocinio, d’intesa con i tutori nominati dal Comitato Direttivo, nonché eventuali altre attività loro delegate dal Comitato Direttivo della Scuola;

Art. 11 – Magistrati affidatari.

1. I magistrati affidatari sono nominati dal CSM su proposta del Consiglio giudiziario, previa indicazione da parte dei magistrati collaboratori, e vengono scelti tra i magistrati che abbiano superato almeno la prima valutazione di professionalità e che siano dotati di particolare preparazione teorica e pratica, di elevato prestigio professionale e di capacità comunicative e didattiche.

2. Al magistrato affidatario non possono essere assegnati contemporaneamente più di tre magistrati in tirocinio.

3. Il magistrato affidatario cura che il magistrato in tirocinio assista a tutte le attività giudiziarie; assegna allo stesso la redazione delle minute di provvedimenti, dando allo stesso spiegazione delle modifiche eventualmente apportate.

4. Nel corso del tirocinio mirato il magistrato in tirocinio è incaricato dello svolgimento di attività processuali, alla presenza del magistrato affidatario, che ne mantiene comunque la titolarità e la responsabilità.

5. Su richiesta del magistrato affidatario, il Procuratore della Repubblica può, nei casi previsti dall’ordinamento giudiziario, delegare il magistrato in tirocinio ad esercitare le funzioni di pubblico ministero nelle udienze innanzi al Tribunale in composizione monocratica.

6. Al termine del periodo di affidamento, i singoli affidatari redigono per ciascun magistrato ordinario in tirocinio loro assegnato una scheda valutativa sintetica, sulla scorta dei parametri previsti dal CSM, e la trasmettono al Consiglio giudiziario, al Comitato Direttivo della Scuola e al CSM.

Art. 12 – Tutori.

1. Il Comitato Direttivo sceglie, tra i docenti di cui all’art. 20, comma 2, del decreto istitutivo della Scuola, i tutori, che assicurano l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio durante il periodo di tirocinio presso la Scuola, sia nel tirocinio ordinario, che in quello mirato; essi collaborano altresì nel coordinamento degli stage.

2. I tutori, individuati in un numero pari a un rapporto ottimale di uno a venti rispetto al numero dei magistrati in tirocinio, assicurano l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio sia nella fase ordinaria che in quella mirata, nonché curano lo svolgimento delle attività formative anche mediante la gestione di seminari di approfondimento e esercitazioni pratiche organizzate presso la Scuola o le strutture della formazione decentrata.

3. Per il periodo di svolgimento dell’attività formativa presso la Scuola i tutori, se magistrati in servizio, sono esonerati dal lavoro giudiziario, salvo specifiche esigenze dell’ufficio di appartenenza non altrimenti fronteggiabili.

Art. 13 – Valutazioni di idoneità all’esercizio di funzioni giudiziarie e individuazione degli uffici di destinazione.

1. Il Comitato Direttivo, al termine della sessione presso la Scuola, trasmette al CSM una relazione concernente ciascun magistrato. All’esito del tirocinio mirato trasmette al Consiglio una relazione di sintesi. La relazione viene comunicata al magistrato in tirocinio interessato, che ha la facoltà di far pervenire alla Scuola, entro dieci giorni, osservazioni scritte, che la Scuola trasmette, con i propri rilievi al CSM.

2. Il CSM, su proposta della Quarta Commissione competente, opera il giudizio di idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie, tenendo conto delle relazioni redatte all’esito delle sessioni, trasmesse dal Comitato Direttivo, della relazione di sintesi dal medesimo predisposta, del parere del Consiglio giudiziario, delle eventuali osservazioni dell’interessato e di ogni altro elemento rilevante ed oggettivamente verificabile. Le valutazioni di idoneità hanno riguardo alla preparazione giuridica e culturale, alla capacità professionale, alla laboriosità, all’impegno, alle doti di equilibrio e correttezza.

3. Il giudizio di idoneità, se positivo, contiene uno specifico riferimento all’attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti e requirenti.

4. In caso di deliberazione finale negativa, il CSM comunica la propria decisione al Comitato Direttivo.

5. Il magistrato in tirocinio negativamente valutato viene ammesso ad un nuovo periodo di tirocinio della durata di un anno, secondo le scansioni temporali indicate dall’art. 22, comma 4, del decreto istitutivo della Scuola.

6. Il Comitato Direttivo approva il nuovo programma del tirocinio da svolgersi presso gli uffici giudiziari e presso la Scuola, curando un approfondimento della formazione nei settori specifici in cui si è evidenziata la carenza. Al termine dei periodi di nuovo tirocinio ordinario e mirato e della sessione presso la Scuola, il Consiglio giudiziario e il Comitato Direttivo predispongono rispettivamente i pareri e le relazioni di cui al comma 2 del presente articolo, e li trasmettono al CSM, che delibera nuovamente sull’idoneità del magistrato in tirocinio all’esercizio delle funzioni giudiziarie.

7. Se la competente commissione del CSM, sulla base delle relazioni e dei pareri di cui al comma 2, ritiene che ricorrano le condizioni per un giudizio definitivo di inidoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie, ne dà comunicazione all’interessato, invitandolo a comparire personalmente. Sentito il magistrato in tirocinio, con l’eventuale assistenza di un altro magistrato, la Commissione può svolgere ogni attività che ritenga utile per verificare la validità delle valutazioni espresse e per accertare l’idoneità professionale del magistrato.Completata l’istruttoria, la Commissione comunica al magistrato in tirocinio il deposito degli atti e assegna allo stesso un termine per esporre per iscritto le proprie ragioni. Nel caso ritenga di proporre al Consiglio di dichiarare in via definitiva la cessazione dal servizio, comunica all’interessato la data della seduta plenaria con un anticipo di almeno 15 giorni liberi, mediante atto comunicato in plico chiuso, contenente l’avviso che l’interessato e il suo assistente avranno diritto di essere sentiti subito dopo la relazione e prima deldibattito, nonché al termine di questo, prima delle dichiarazioni di voto.

8. La seconda deliberazione negativa determina la cessazione del rapporto di impiego del magistrato in tirocinio.

9. Se per qualsiasi motivo il magistrato ordinario non completa il tirocinio nella durata indicata dalle precedenti disposizioni, il Comitato Direttivo, su proposta del responsabile di settore, individua le modalità di recupero sia presso gli uffici giudiziari, sia mediante partecipazione a successive attività formative presso la Scuola o le strutture della formazione decentrata.

10. Completato il tirocinio ordinario e la corrispondente sessione formativa presso la Scuola, il CSM, su proposta della Terza Commissione competente, delibera a quale ufficio verrà destinato il magistrato ordinario in tirocinio per l’esercizio delle funzioni giudiziarie al termine del positivo esito del tirocinio mirato.

11. L’individuazione e l’assegnazione delle sedi e degli uffici ai quali destinare i magistrati ordinari in tirocinio per l’esercizio delle funzioni avviene secondo criteri predeterminati fissati dal CSM con propria delibera, su proposta della Terza Commissione competente.

Art. 14 – L’esercizio delle funzioni giudiziarie nel primo anno.

1. Il CSM, dopo l’individuazione con propria delibera della sede per ciascun magistrato ordinario in tirocinio, designa, su proposta del Consiglio giudiziario, un magistrato collaboratore presso l’ufficio di destinazione con il compito di introdurre il MOT nelle dinamiche organizzative di tale ufficio e di seguirlo sin nelle prime fasi di approccio alle future funzioni, rendendolo partecipe delle prassi applicative e delle principali questioni giurisprudenziali che si pongono nella sede giudiziaria.

2. Dopo l’assunzione delle funzioni giudiziarie, ciascun magistrato è seguito per un anno dal medesimo magistrato collaboratore già nominato ai sensi del comma 1, al quale viene affidato il compito di assistere il lavoro del collega, pur nel rispetto della piena autonomia di cui il magistrato è titolare nell’esercizio delle funzioni giudiziarie affidategli. Il magistrato collaboratore coadiuva il collega nel superamento delle difficoltà incontrate e dei problemi connessi all’inizio della professione, orientandolo verso l’approfondimento e il completamento della sua cultura professionale.”

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1 Non l’unico, posto che, in attuazione degli accordi intercorsi in sede di Tavolo Tecnico, durante l’Assemblea Generale di Copenhagen della Rete europea di formazione giudiziaria, il 30 maggio 2012 è stata accolta la domanda di adesione alla Rete presentata dalla Scuola Superiore della Magistratura, e perorata dal CSM. Di imminente svolgimento è poi il prossimo incontro “For/for” (formazione dei formatori), organizzato congiuntamente dal CSM e dalla Scuola della Magistratura. La stessa delibera di calendarizzazione degli stages che i MOT dovranno svolgerepresso la Scuola è ovviamente frutto della cooperazione e del coordinamento tra le due Istituzioni.

2 Si pensi, a mo’ di esempio, al recupero della figura del magistrato collaboratore, non espressamente prevista dal d.lgs. n. 26/2006, ma neppure incompatibile con l’organizzazione del tirocinio ivi delineata.

3 La scheda valutativa si ritiene debba contenere le indicazioni sintetiche dei parametri previsti per la valutazione di professionalità (capacità, diligenza, laboriosità, impegno), pur in una forma libera che meglio contribuisce a descrivere le peculiarità del tirocinio svolto e le attitudini del magistrato di nuova nomina.


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Delibera del 2 luglio 2014

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 2 luglio 2014, ha adottato la seguente delibera:”«1. Sino all’approvazione del D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26 e alla successiva entrata in vigore della L. 30 luglio 2007, n. 111, la formazione iniziale dei magistrati italiani, curata direttamente dal C.S.M., si articolava principalmente in due fasi:

– il tirocinio «ordinario» (detto anche «generico»), consistente nella rotazione tra vari uffici giudiziari;

– il tirocinio «mirato», destinato a dare una preparazione specifica all’esercizio delle funzioni oggetto della prima assegnazione dell’uditore.

Gli artt. 129, R.d. n. 12 del 1941, e 48, D.p.r. n. 916 del 1958 sull’ordinamento giudiziario avevano rimesso al C.S.M. la regolamentazione del tirocinio degli uditori, limitandosi a fissarne la durata in almeno due anni, da trascorrere presso i tribunali e le procure della Repubblica con opportuni avvicendamenti, con possibilità che fossero conferite le funzioni dopo almeno un anno di tirocinio.La materia era stata successivamente riorganizzata dal D.p.r. 17 luglio 1998 e dalla circolare del C.S.M. del 30 luglio 1999, che avevano fissato in 18 mesi la durata minima del periodo di tirocinio 1  (di cui 13 mesi di tirocinio «ordinario» e 5 di tirocinio «mirato»), precisando le regole e le competenze del C.S.M., dei Consigli giudiziari e delle commissioni uditori costituite a livello dei distretti di corte d’appello.

2. Il sistema del tirocinio è stato profondamente modificato a seguito dell’approvazione del D.Lgs. n. 26/2006 e successive modifiche, che ha istituito la Scuola Superiore della Magistratura.La Scuola ha iniziato le sue attività nel settembre 2012 con il tirocinio dei magistrati.La legge delega (art. 2, comma 2, lett. d), e), f), g), h), i), L. 25 luglio 2005, n. 150) prescriveva che il tirocinio avesse modalità differenti in riferimento alla diversità delle funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dagli uditori, giudicanti e requirenti; quindi, stabiliva che per ogni sessione, e cioè per la sessione presso la Scuola e per quella presso gli uffici giudiziari, fosse compilata una scheda valutativa dell’uditore e che, all’esito del tirocinio complessivamente inteso, la Scuola esprimesse un giudizio di idoneità all’assunzione delle funzioni giudiziarie, tenendo conto di tutti i giudizi espressi sull’uditore nel corso del tirocinio medesimo.Sulla base del giudizio di idoneità spettava poi al C.S.M. deliberare in via finale.Per il caso in cui la deliberazione consiliare fosse stata negativa, la legge delega disponeva che l’uditore potesse essere ammesso a un ulteriore periodo di tirocinio per non più di un anno e che la conseguenza di un’ulteriore deliberazione di inidoneità fosse la cessazione del rapporto d’impiego.Nel sistema di cui al D.Lgs. n. 26/2006, prima della riforma del 2007, il comitato di gestione per la formazione iniziale era chiamato (art. 22) a esprimere le valutazioni dei risultati del tirocinio, che si doveva svolgere secondo quanto stabilito dagli artt. da 18 a 21, nella versione allora in vigore, per un periodo complessivo di ventiquattro mesi, suddivisi in due fasi, di cui una presso la Scuola e l’altra presso gli uffici giudiziari.La formazione iniziale, denominata «tirocinio», si articolava in modo che sei mesi fossero trascorsi presso la Scuola superiore della magistratura e diciotto mesi nell’uditorato presso gli uffici giudiziari. All’interno di questi diciotto mesi si distingueva un periodo di sette mesi da riservare  all’uditorato presso un collegio giudicante, un periodo di tre mesi per l’uditorato in un ufficio requirente di primo grado e otto mesi in un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione.

Il D.Lgs. n. 26/2006, nella sua primitiva versione, dettava la normativa di dettaglio con la previsione che:

– la sessione presso la Scuola dovesse essere la prima in ordine temporale e solo successivamente l’uditore svolgesse il tirocinio presso gli uffici giudiziari; gli uditori frequentassero presso le sedi della Scuola corsi di approfondimento teorico-praticoriguardanti il diritto civile, il diritto penale, il diritto processuale civile, il diritto processuale penale ed il diritto amministrativo, con eventuale approfondimento anche di altre materie tra quelle comprese nella prova orale del concorso per l’accesso;

– la sessione presso la Scuola dovesse in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e della deontologia dell’uditore giudiziario;

– le schede valutative fossero compilate al termine della sessione dai singoli docenti per ciascun uditore e tali schede venissero poi trasmesse al comitato di gestione della sezione per il tirocinio per le conseguenti valutazioni.Sull’articolazione del tirocinio la Commissione giustizia del Senato aveva rilevato in sede di parere,reso nella seduta del 1° dicembre 2005, che appariva assai poco funzionale la suddivisione netta indue distinti periodi, del periodo presso la Scuola superiore e del periodo da trascorrere presso gli uffici giudiziari. Aveva osservato che i sei mesi consecutivi presso la Scuola erano «assai difficili da sopportare, soprattutto per chi non risiede in loco» e che era infelice la formula didattica sostanzialmente riproduttiva di quella universitaria, articolata interamente secondo programmi di studio teorico.

3. La L. n. 111/2007 ha previsto significative modifiche a partire dalla rubrica del titolo II del D.Lgs. n. 26/2006, sostituita dalla seguente: «Disposizioni sui magistrati ordinari in tirocinio». La novella elimina il termine «uditore giudiziario», sostituito dall’espressione «magistrato ordinario in tirocinio». Dal punto di vista terminologico vi è da notare che la legge non usa, in relazione ai magistrati di carriera, l’espressione «formazione iniziale», impiegato solo relativamente alla formazione della magistratura onoraria.L’art. 2 lett. o) specifica che la Scuola collabora «alle attività connesse con lo svolgimento del tirocinio dei magistrati ordinari nell’ambito delle direttive formulate dal Consiglio superiore della magistratura e tenendo conto delle proposte dei consigli giudiziari». Può dunque dirsi che la formazione iniziale dei magistrati ordinari costituisce, nel disegno riformatore, il frutto di un’opera sinergetica del C.S.M. e della Scuola.La durata del tirocinio dei magistrati ordinari, di cui all’articolo 1, comma 1, d.lgs. n. 26/2006 viene ridotta da ventiquattro (secondo quanto stabilito dall’originaria versione dell’art. 18 d.lgs. cit.) a diciotto mesi e riportata alla durata stabilita dalla legislazione in vigore prima della riforma del 2006.La norma prevede che il tirocinio si articoli in sessioni, una delle quali della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola ed una della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari.Le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio sono definite con delibera del Consiglio Superiore della Magistratura.

3.1. Per quanto attiene alla sessione effettuata presso le sedi della Scuola, dispone l’attuale art. 20 d.lgs. n. 26/2006 che i magistrati ordinari in tirocinio frequentino corsi di approfondimento teoricopratico su materie individuate dal C.S.M. con le delibere di cui al comma 1 dell’art. 18, nonché su ulteriori materie individuate dal Comitato direttivo nel programma annuale.La sessione presso la Scuola deve in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e professionali, nonché della deontologia del magistrato ordinario in tirocinio. I corsi «sono tenuti da docenti di elevata competenza e professionalità, nominati dal comitato direttivo al fine di garantire un ampio pluralismo culturale e scientifico». Tra i docenti sono designati i tutori che assicurano anche l’assistenza didattica ai magistrati ordinari in tirocinio.Al termine delle sessioni presso la Scuola il comitato direttivo trasmette al Consiglio superiore della magistratura una relazione concernente ciascun magistrato.

3.2. La sessione presso gli uffici giudiziari (art. 21 d.lgs. cit.) si articola in tre periodi: il primo, della durata di quattro mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all’attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale e monocratica, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita al magistrato ordinario in tirocinio la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto presso le procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di sei mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio.Il Comitato direttivo approva per ciascun magistrato ordinario in tirocinio il programma di tirocinio da svolgersi presso gli uffici giudiziari del capoluogo del distretto di residenza del magistrato ordinario in tirocinio, salva diversa autorizzazione dello stesso comitato direttivo per gravi e motivate esigenze; il programma garantisce un’adeguata formazione nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.Su questa disposizione specifica il C.S.M., nel parere formulato il 31 maggio 2007, ha espresso una valutazione negativa, rilevando che «contrariamente al regime vigente, la competenza relativa all’approvazione del programma di tirocinio del magistrato trasmigra dal Consiglio al comitato direttivo della scuola, mentre la designazione dei magistrati affidatari rimane prerogativa del Consiglio. Si ritiene che sarebbe più coerente il mantenimento in capo all’organo di autogoverno del potere di programmazione delle attività insieme a quello della designazione dei magistrati affidatari in quanto trattasi di profili complementari che la previsione normativa disgiunge senza ragione».I magistrati affidatari presso i quali i magistrati in tirocinio svolgono i prescritti periodi di stage sono designati dal Consiglio superiore della magistratura, su proposta del competente Consiglio giudiziario.Al termine della sessione, i singoli magistrati affidatari compilano, per ciascun magistrato in tirocinio loro assegnato, una scheda valutativa, che trasmettono al comitato direttivo ed al Consiglio superiore.

4. Tanto premesso, si osserva che con riferimento al tirocinio dei magistrati ordinari di prima nomina, il sistema voluto dal legislatore sembra presentare alcuni limiti, dei quali si ritiene opportuna la correzione.La previsione di un periodo di tirocinio di 6 mesi da effettuarsi presso la Scuola, concentrati nella fase del tirocinio generico, su un totale di 18 mesi di periodo complessivo previsto dalla legge, comprime eccessivamente l’apprendistato presso gli Uffici giudiziari, che ha sin qui costituito il valore aggiunto della formazione iniziale dei neo magistrati.Le caratteristiche del concorso in magistratura inducono infatti gli aspiranti a consacrare un tempo significativo alla loro preparazione teorica, che segue gli Studi universitari e la specializzazione post-laurea.Il tirocinio presso gli Uffici giudiziari è, in tale quadro, da privilegiarsi poiché consente di apprendere il mestiere del magistrato e mettere in pratica l’ampio bagaglio teorico conseguito nel corso di lunghi anni di studi.Comprimere di un terzo questo momento centrale, differendo il contatto con la realtà giudiziaria a favore di una formazione effettuata nelle aule della scuola e nei luoghi di stage, rende squilibrato il dosaggio del tirocinio, limitando significativamente e negativamente la possibilità del neo magistrato di apprendere sul campo il “mestiere” al quale è destinato.In effetti, l’esperienza comparata della formazione iniziale dei magistrati in Europa evidenzia due dati importanti.Il primo è rappresentato dalla durata del tirocinio, significativamente più lunga rispetto a quella prevista dal nostro legislatore. Nelle esperienze straniere, infatti, il periodo di tirocinio non è, mediamente, inferiore ai due anni.Il secondo dato è costituito dalla previsione di un periodo più ampio e continuativo di tirocinio presso gli Uffici giudiziari, nella consapevolezza che esso costituisce il momento qualificante dell’apprendistato.

5. In tale quadro risulta opportuno introdurre taluni «correttivi» alla disciplina del tirocinio dei magistrati, al fine di riconoscere uno spazio maggiore alla sessione presso gli Uffici giudiziari, riequilibrando la proporzione originariamente prevista dal legislatore del 2006 rispetto alla sessione presso la Scuola. Con la novella 2007, infatti, la sessione presso gli Uffici giudiziari è stata ridotta da 18 a 12 mesi, mentre quella presso la Scuola è rimasta di 6 mesi.La sessione presso gli Uffici giudiziari costituisce il momento centrale del tirocinio, rappresentando per i neo magistrati la sede ove poter affinare le proprie competenze giuridiche e apprendere il mestiere del magistrato.In tal senso, sembra opportuno riportare a 18 mesi la sessione presso gli Uffici giudiziari, mantenendo di 6 mesi quella presso la Scuola, al fine di consentire un equilibrato sviluppo e affinamento degli strumenti indispensabili per l’avvio della professione del magistrato.L’allungamento complessivo del periodo di tirocinio, con l’ulteriore allontanamento del momento di effettiva assunzione delle funzioni giurisdizionali, potrebbe essere adeguatamente compensato con la riduzione del periodo di specializzazione postuniversitaria, anche alla luce dei risultati non sempre ottimali che le Scuole di specializzazione hanno fornito in questi anni 2.Le modifiche legislative proposte, pur tenendo conto dell’impegno organizzativo della Scuola inteso a garantire l’attuazione dell’impianto normativo, consentirebbero una maggiore concentrazione del periodo dedicato al tirocinio residenziale e il superamento dell’attuale frammentazione del tirocinio presso gli Uffici giudiziari.

Tanto premesso, il Consiglio

delibera

di trasmettere al Ministro della giustizia la presente delibera sul tirocinio dei magistrati al fine della formulazione di una proposta ai sensi dell’art. 10, comma 2, l. 24 marzo 1958, n. 195.»”

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1 L’art. 11, l. 13 febbraio 2001, n. 48 aveva previsto la possibilità per il C.S.M. di ridurre fino a 12 mesi la durata del periodo complessivo di tirocinio, purché il periodo di tirocinio «mirato» non scendesse sotto i cinque mesi. In questo caso però gli uditori sarebbero stati obbligati a partecipare, nel corso dei cinque anni seguenti, a dei corsi di formazione (definibile come «complementare») organizzati dal C.S.M. per la durata di due mesi l’anno.

2 L’esperienza sin qui maturata dimostra che le Scuole di specializzazione oscillano costantemente tra completamento dell’istruzione universitaria (ripetendo pedissequamente le metodologie ed i contenuti dell’insegnamento universitario), e preparazione all’accesso ai concorsi per la magistratura e per il notariato, nonché all’esame professionale forense (concorsi ed esame che però vertono su materie assai diverse tra loro ed hanno finalità evidentemente divergenti, sicché richiederebbero contenuti e metodologie diversificati).In ogni caso, la qualità della preparazione fornita dalle Scuole non è uniforme sul territorio, il che ha conseguenze di non poco conto anche sulla formazione professionale iniziale dei MOT.Esse non sono riuscite nell’intento di sostituire le scuole private di preparazione al concorso in magistratura, se è vero che oltre il 90% dei vincitori del concorso dichiara di aver seguito una di quelle scuole.Tuttavia, la loro frequenza è obbligatoria, e poiché sono costose, il loro costo si somma a quello delle scuole private, con la conseguenza che l’accesso in magistratura avviene ormai, di fatto, su basi censuarie.In conclusione, l’età media di accesso alla magistratura è oggi di 33-34 anni, e da quel momento deve poi farsi luogo all’ulteriore percorso della formazione professionale vera e propria, accompagnato da ulteriori momenti di completamento della formazione universitaria di base, presso la Scuola della Magistratura.L’inadeguatezza dei risultati rende dunque evidente l’urgente necessità di riformare complessivamente il sistema dell’accesso al concorso (e ciò, anche alla luce della prossima abolizione dell’istituto del c.d. trattenimento in servizio, e della fissazione al 70° anno dell’età massima di esercizio delle funzioni giurisdizionali).

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Delibera del 15 maggio 2013

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 15 maggio 2013, ha adottato la seguente delibera:

RELAZIONE ILLUSTRATIVA

Premessa.

Il D.Lgs. n. 26/2006, modificato dalla L. n. 111 del 2007, ha istituito la Scuola superiore della magistratura ed ha ridefinito le competenze in materia di formazione iniziale e permanente dei magistrati, tradizionalmente svolte in via esclusiva dal Consiglio superiore della magistratura.In materia di formazione, residua in capo al Consiglio superiore il compito di individuare e di elaborare le linee generali cui deve ispirarsi la formazione dei magistrati, compito che, con riferimento al tirocinio dei magistrati di prima nomina, si atteggia in modo assai più incisivo rispetto a quanto previsto per l’aggiornamento professionale e per la formazione (permanente) dei restanti magistrati ordinari.Per la formazione iniziale, infatti, il CSM deve elaborare direttive (art. 2, lett. o), D.Lgs. n. 26/2006), deliberare le modalità di svolgimento delle sessioni del tirocinio (art. 18) ed individuare le materie per i corsi di approfondimento teorico pratico che saranno poi curati dalla Scuola (art. 20), il tutto in un contesto di collaborazione tra le due Istituzioni che riguarda anche la sessione di tirocinio presso gli uffici giudiziari ed il giudizio finale sul tirocinante.Il nuovo Regolamento per la formazione iniziale dei magistrati in tirocinio, adottato dal Consiglio superiore della magistratura nella seduta del 13 giugno 2012, ha posto la disciplina di dettaglio occorrente per dare attuazione alla normativa primaria testè richiamata. Esso si pone in evidente segno di continuità e di condivisione rispetto all’esperienza formativa svolta dal Consiglio, della quale ha recepito l’ispirazione fondamentale, funzionale alla tutela dell’indipendenza della magistratura; nonché la medesima articolazione normativa già presente nell’abrogato regolamento di cui al D.P.R. 17 luglio 1998, di recepimento della delibera consiliare dell’11 giugno 1998; e, sia pure nella parte ancora compatibile, talune originarie modalità organizzative del periodo di tirocinio 1.Appare opportuno richiamare sinteticamente il quadro normativo introdotto con il D.Lgs. n. 26/2006 che costituisce il presupposto del nuovo Regolamento per i magistrati ordinari in tirocinio.Il Titolo II del D.Lgs. n. 26/2006, la cui rubrica indica espressamente che le relative disposizioni sono destinate ai magistrati ordinari in tirocinio, al Capo I, art. 18, stabilisce che il tirocinio ha durata complessiva di 18 mesi e si articola in “Sessioni”, una delle quali, della durata di sei mesi, anche non consecutivi, effettuata presso la Scuola della magistratura, ed un’altra, della durata di dodici mesi, anche non consecutivi, effettuata presso gli uffici giudiziari.Tale fondamentale distinzione per macro-periodi trova poi la propria disciplina di dettaglio, per quanto attiene alle modalità concrete di svolgimento, anche temporali, delle sessioni di tirocinio, in una delibera con cui il Consiglio superiore della magistratura manifesta il proprio potere di indirizzo della formazione iniziale, quale attività centrale funzionale non solo all’acquisizione di conoscenze, di tecniche, di saperi anche non prossimi, ma anche di valori (cfr. art. 18, u.p.).Il Capo II del D.Lgs. n. 26/2006 è poi dedicato al contenuto e alle modalità di svolgimento della Sessione presso la Scuola della magistratura e si compone di un’unica disposizione di legge, l’art. 20, che prevede lo svolgimento di corsi di approfondimento teorico-pratico su materie individuate dal CSM, nonché su ulteriori materie individuate dal Comitato Direttivo nel programma annuale.E’chiarito espressamente che la sessione presso la Scuola deve in ogni caso tendere al perfezionamento delle capacità operative e professionali, nonchè della deontologia del magistrato  ordinario in tirocinio. Si prevede che i corsi siano tenuti da docenti nominati dal Comitato Direttivo al fine di garantire un ampio pluralismo culturale e scientifico; che vengano designati dei “tutori” i quali assicurino anche l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio; infine, che al termine delle sessioni presso la Scuola per ciascun magistrato sia svolta, a cura del Comitato Direttivo, una relazione, destinata ad essere trasmessa al Consiglio superiore.L’art. 21 del Capo III è dedicato alla Sessione presso gli uffici giudiziari, e ne prevede l’articolazione in tre periodi: il primo, della durata di quattro mesi, da svolgersi presso i Tribunali; il secondo, della durata di due mesi, da svolgersi presso le Procure della Repubblica. Tali periodi, della durata complessiva di sei mesi, costituiscono l’ossatura del tirocinio cd. ordinario (o generico); il terzo periodo, della durata di sei mesi, è previsto si svolga presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato in tirocinio, ed integra il cd. tirocinio “mirato”.I piani di tirocinio di ciascun magistrato sono approvati dal Comitato Direttivo e devono garantire un’adeguata formazione nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e una specifica preparazione nelle funzioni che i MOT andranno a svolgere (art. 21, co. 2).È prevista la figura del magistrato affidatario, designato dal CSM su proposta del competente Consiglio giudiziario, con il quale il MOT svolge i singoli periodi di tirocinio presso gli uffici giudiziari. Gli affidatarisono tenuti a trasmettere al Comitato Direttivo ed al CSM una scheda valutativa del (o dei) magistrato/i in tirocinio loro assegnato/i (art. 21, co. 4).Infine, l’art. 22, Capo IV, si occupa del procedimento per la valutazione finale del magistrato all’esito del tirocinio, ed anche dell’evenienza in cui il tirocinio sia valutato negativamente, con la previsione del conseguente accesso ad un nuovo periodo, della durata di un anno, al termine del quale, in caso di nuova valutazione negativa, consegue la cessazione ope legis del rapporto di impiego del magistrato ordinario in tirocinio.Nel dare attuazione alle succitate disposizioni del D.Lgs. n. 26/2006, il citato Regolamento non pretermette l’esperienza pregressa e i buoni risultati formativi conseguiti nel passato.Ed infatti, quanto ai punti più significativi della disciplina di dettaglio: sono state precisate e meglio definite rispetto al dettato normativo le funzioni del tirocinio: accanto alla formazione professionale teorica, pratica e deontologica dei magistrati ordinari appena entrati in servizio e alla verifica della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie tra gli obiettivi del tirocinio, è previsto l’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza e imparzialità, nonché l’attitudine all’aggiornamento permanente della propria preparazione professionale e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, con i mezzi di comunicazione, con i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.Sono specificati gli organi che sovrintendono e partecipano al tirocinio: C.S.M., Scuola e Consigli giudiziari, soprattutto, secondo le rispettive competenze ed attribuzioni, quali determinati dal Titolo II del D.Lgs. n. 26/2006 (artt. 20, 21 e 22). In particolare, si è sottolineato espressamente che l’organizzazione del tirocinio avviene congiuntamente ad opera di CSM e della Scuola (cfr. art. 2 Reg.) e si sono precisate le competenze del Consiglio superiore nella individuazione della sede di svolgimento del tirocinio, le volte in cui essa non possa coincidere con la città sede di Corte d’appello nel cui distretto il magistrato ha la residenza (art. 3 Reg.).Quanto alla durata del tirocinio, la delibera del CSM ne definisce la data di inizio e le scansioni temporali, nel quadro delle macro-divisioni disposte dal legislatore, e nell’ambito della durata complessiva di 18 mesi. E’ mantenuta la previsione, già contenuta nel D.P.R. 17 luglio 1998, ora abrogato, di evitare che l’inizio del tirocinio si collochi in un periodo a ridosso della sospensione feriale dei termini e delle attività processuali, e ciò per consentire al magistrato di prima nomina un congruo periodo iniziale di formazione nel quale attendere al tirocinio con continuità e regolarità (detto periodo è stato modificato rispetto alla precedente previsione e portato dal 1° luglio al 15 settembre).Il programma di tirocinio della sessione presso la Scuola è deliberato dal Comitato Direttivo e, secondo quanto voluto dal legislatore, prevede approfondimenti teorico-pratici nelle materie individuate dal C.S.M. (con apposita delibera, da tenere ovviamente distinta dal Regolamento) e su quelle ulteriori individuate dal Comitato Direttivo nel proprio programma annuale di attività didattica. Esso viene comunicato ai Consigli giudiziari ed al C.S.M. e, secondo quanto emerso dai lavori del Tavolo Tecnico, onde implementare la formazione del magistrato in tirocinio, si articola anche in stage esterni. Tali stage(individuati anche nella citata delibera consiliare di formulazione delle direttive per il tirocinio e di previsione delle materie di approfondimento teorico-pratico presso la Scuola) sono effettuati, con l’ausilio delle strutture della formazione decentrata, presso organizzazioni di utile riferimento per i magistrati in tirocinio (quali, ad esempio, amministrazioni ed enti pubblici, istituti di pena, gabinetti di polizia scientifica, servizi sociali, studi forensi, uffici di cancelleria, autorità giudiziarie straniere e organismi internazionali, organi pubblici di vigilanza e di controllo, ecc…). Sono previste anche iniziative formative presso le sedi di Corte d’Appello in collaborazione con gli organismi forensi e con altre istituzioni sociali o universitarie.Il programma di tirocinio negli uffici giudiziari (cfr. art. 5 Reg.), approvato dal Comitato Direttivo, è predisposto dal Consiglio giudiziario competente che recepisce, valutandole in un parere, le indicazioni predisposte dal magistrato collaboratore. Tale figura, pur non prevista dal legislatore del 2006, all’esito della riflessione congiunta operata nel corso dei lavori del Tavolo Tecnico è stata riproposta, perché assolutamente compatibile con l’attuale impianto normativo e funzionale alla proficua elaborazione del programma di dettaglio del tirocinio negli uffici giudiziari e al suo miglior coordinamento (cfr. art. 10 Reg.). A ciascun collaboratore di regola non possono essere affidati più di sei magistrati in tirocinio. Oltre al fondamentale compito di predisporre il programma di tirocinio, i magistrati collaboratori sono chiamati a verificare, attraverso il continuo contatto con i magistrati in tirocinio e con i magistrati affidatari, l’efficacia e la validità del tirocinio pratico ed a rilevarne le eventuali criticità; inoltre, essi coordinano gli stage esterni dei magistrati in tirocinio, d’intesa con i tutori nominati dal Comitato Direttivo, nonché eventuali altre attività loro delegate dal Comitato Direttivo della Scuola.Partecipano al progetto formativo del tirocinio, rispettivamente negli uffici giudiziari e presso la sessione gestita direttamente dalla Scuola anche: a) il magistrato affidatario, nominato dal C.S.M. su proposta del Consiglio giudiziario, previa designazione del magistrato collaboratore, con la funzione di curare, sotto la sua propria responsabilità e titolarità, lo svolgimento di tutte le attività giudiziarie e processuali demandate al magistrato in tirocinio, (cfr. art.11 Reg.); b) i tutori, scelti dal Comitato Direttivo tra i docenti di cui all’art. 20, co. 2, D.Lgs. n. 26/2006, con il compito di assicurare l’assistenza didattica ai magistrati in tirocinio durante il periodo di formazione presso la Scuola, di organizzare anche seminari di approfondimento ed esercitazioni pratiche, e di collaborare nel coordinamento degli stage esterni (cfr. art. 12 Reg.). Per i tutori che siano scelti tra magistrati in servizio, in ragione del presumibile impegno assorbente e prolungato nell’attività presso la sede della Scuola, è previsto l’esonero dal lavoro giudiziario da parte del CSM per il periodo di tempo corrispondente alla destinazione effettiva ai compiti di “tutore”, salvo specifiche esigenze dell’ufficio di appartenenza non altrimenti fronteggiabili.Si è istituito il doppio fascicolo relativo al tirocinio di ciascun magistrato ordinario di prima nomina, uno formato e tenuto dal Consiglio giudiziario competente, l’altro dal Comitato Direttivo presso la Scuola, rispettivamente dedicati al periodo di tirocinio presso gli uffici giudiziari e al periodo di tirocinio nella Sessione di sei mesi presso la Scuola. I contenuti dei fascicoli predetti (cfr. art. 9 Reg.) sono coerenti con tale impostazione.La fondamentale previsione sulle valutazioni di idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie e sull’individuazione degli uffici di destinazione viene proposta, in esecuzione del nuovo dettato normativo di cui all’art. 22 del decreto istitutivo della Scuola, all’art.13 del Regolamento. Fermo il procedimento voluto espressamente dal legislatore, anche e soprattutto per disciplinare il caso di esito negativo del tirocinio, il Consiglio ha dettagliato il procedimento di individuazione delle sedi di destinazione dei magistrati in tirocinio, all’esito del periodo di formazione cd. “generico”, per attuare la previsione normativa che espressamente vuole il tirocinio “mirato” dedicato alla “specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione” (cfr. art. 21, co. 2, u.p., D.Lgs. n. 26/2006) e svolto, per la durata di sei mesi, presso “un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio”  (cfr. art. 21, co. 1, u.p., D.Lgs. n. 26/2006).L’art. 14 del Regolamento, infine, ripropone, da un lato, la previsione della figura del magistrato collaboratore nominato per coadiuvare il magistrato ordinario di prima nomina nel primo anno di esercizio delle funzioni giurisdizionali presso la sede di destinazione, con il compito di assistere il collega nel rispetto della sua piena autonomia e senza compiti valutativi; dall’altro, ha anticipato il momento di tale nomina a quello appena successivo alla scelta della sede da parte del magistrato in tirocinio. In tal modo, il magistrato collaboratore, in un’ottica di doverosa “accoglienza” e preparazione più consapevole alle funzioni effettivamente da svolgere, introduce il nuovo magistrato destinato al suo ufficio, nelle dinamiche organizzative specifiche, e lo segue sin nelle prime fasi di conoscenza della realtà giudiziaria di destinazione, rendendolo via via partecipe delle prassi applicative vigenti e delle principali, più frequenti questioni giudiziarie che ivi si pongono.La scheda valutativa.Giova ricordare che ai sensi dell’art. 9 del nuovo Regolamento per il tirocinio, il Consiglio giudiziario forma per ciascun magistrato in tirocinio un fascicolo nel quale sono inclusi il piano di tirocinio, le schede valutative dei magistrati affidatari, le autorelazioni e la copia dei provvedimenti redatti dal magistrato, con le modifiche eventualmente apportate dai magistrati affidatari.Inoltre, ai sensi dell’art. 11 del medesimo Regolamento, i magistrati affidatari (nominati dal C.S.M. su proposta del Consiglio giudiziario previa indicazione da parte dei magistrati collaboratori), al termine del periodo di affidamento, redigono per ciascun magistrato ordinario in tirocinio loro assegnato una scheda valutativa sintetica, sulla scorta dei parametri previsti dal C.S.M., e la trasmettono al Consiglio giudiziario, al Comitato Direttivo della Scuola e al C.S.M..Si è dunque posta la necessità che il Consiglio superiore provveda a predisporre uno schema di scheda valutativa unica, che consenta, ai vari organismi chiamati a pronunciarsi sull’andamento e sull’esito dei tirocinio, di esprimere i giudizi di competenza sulla base di dati completi e uniformi.Con nota del 26 febbraio 2013, il Presidente della Scuola superiore della magistratura ha trasmesso alla Nona Commissione del C.S.M. una nota contenente, tra l’altro, “una proposta di bozza della scheda valutativa dei MOT da compilarsi dagli affidatari”, auspicando un tempestivo confronto stante l’approssimarsi della valutazione dei magistrati nominati con DM 8 giugno 2012. La Nona Commissione, rilevando che la competenza consiliare in materia di valutazione del tirocinio e di conferimento delle funzioni giurisdizionali è attribuita alla Quarta Commissione, ha provveduto, con nota del 16 aprile 2013, a investire la competente articolazione consiliare.La Quarta Commissione ha determinato il contenuto della scheda valutativa tenendo in debita considerazione la bozza redatta dalla Scuola superiore della magistratura nonchè le previsioni normative primarie e secondarie (e in particolare, tra queste ultime, il disposto dell’art. 13 del Regolamento per la formazione iniziale dei magistrati ordinari in tirocinio, secondo cui “Le valutazioni di idoneità hanno riguardo alla preparazione giuridica e culturale, alla capacità professionale, alla laboriosità, all’impegno, alle doti di equilibrio e correttezza”).Il criterio guida per la formulazione dei giudizi è stato quello di favorire una specifica valutazione dei differenti indicatori della professionalità del magistrato che, pur sinteticamente espressa, deve risultare, per quanto possibile, individualizzante in ragione dello specifico riferimento alle peculiari doti del valutando, e non limitata alla mera manifestazione di un giudizio positivo o negativo.Quanto alla individuazione degli indicatori delle qualità professionali, è apparso necessario, anche per evidenti ragioni di omogeneità rispetto a quanto previsto per le valutazioni di professionalità, prevedere specifiche voci relative sia ai c.d. pre-requisiti per l’esercizio della giurisdizione (indipendenza, imparzialità, equilibrio), sia ai quattro parametri di giudizio (capacità, laboriosità, diligenza e impegno).Ai sensi della previsione di cui all’art. 13, 3° comma, del citato Regolamento, la valutazione di idoneità all’esercizio di funzioni, se positiva, deve contenere anche uno specifico riferimento all’attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti e requirenti; dunque, al fine di raccogliere elementi utili anche a tale indicazione attitudinale, si impone pure la previsione di una apposita voce al riguardo.

SCHEDA DI VALUTAZIONE DEL TIROCINIO

0 GENERICO

0 MIRATO

Dott./Dr.ssa……………………………………………………, magistrato ordinario in tirocinio

La valutazione in ordine a ciascuno dei parametri, pur sinteticamente espressa, deve risultare, per quanto possibile, individualizzante in ragione dello specifico riferimento alle peculiari doti del valutando, e non può limitarsi alla mera manifestazione di un giudizio positivo o negativo.

A. Dati generali del magistrato

Cognome e nome:

Luogo e data di nascita:

Decreto di nomina a magistrato ordinario :

Periodo di valutazione:

Ufficio presso cui ha svolto il tirocinio:

B. Valutazione della indipendenza, imparzialità ed equilibrio:

Si tratta di valutare la capacità del magistrato:

a) di formarsi un autonomo giudizio sulle fattispecie sottopostegli, dopo l’ascolto delle opposte ragioni delle parti e l’esame delle diverse argomentazioni;

b) di sostenere le proprie conclusioni con efficacia argomentativa, pur dimostrando disponibilità a mutare il proprio convincimento a seguito della discussione;

c) di rapportarsi con maturità e serenità personali nella collaborazione con i colleghi, il personale amministrativo, gli avvocati.GIUDIZIO:…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

C. Valutazione della “capacità”:Si tratta di valutare:

a) la preparazione giuridica e la padronanza degli strumenti anche informatici di ricerca giurisprudenziale e normativa;

b) la capacità di individuare i punti essenziali delle questioni e di risolverne gli eventuali aspetti critici;

c) la tecnica di redazione dei provvedimenti, con particolare riferimento alla padronanza della terminologia giuridica e alla capacità di esposizione delle motivazioni;

d) l’efficienza nell’organizzare il proprio lavoro.

GIUDIZIO:………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………..

D. Valutazione della “laboriosità”:

Si tratta di valutare:

a) l’entità della collaborazione prestata per il buon andamento del tirocinio e la disponibilità ad assumerne gli oneri.

b) l’intensità della partecipazione alle attività giudiziarie e di approfondimento proposte.

GIUDIZIO:………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

E. Valutazione della “diligenza”

Si tratta di valutare:

a) l’assiduità del magistrato nell’assolvimento dei compiti demandatigli;

b) il rispetto degli orari stabiliti e dei termini assegnati per le attività di tirocinio.

GIUDIZIO:…………………………………………………………………………………………

F. Valutazione dell'”impegno”:

Si tratta di valutare la disponibilità all’aggiornamento, mediante l’integrazione con approfondimentiteorici delle diverse esperienze acquisite nelle attività di tirocinio.

GIUDIZIO: ……………………………………………………………………………………………

G. Specifici riferimenti all’attitudine del magistrato allo svolgimento delle funzioni giudicanti e requirenti: ………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….

.VALUTAZIONE CONCLUSIVA:…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………….1 Si pensi, a mo’ di esempio, al recupero della figura del magistrato collaboratore, non espressamente prevista dal d.lgs. n. 26/2006, ma neppure incompatibile con l’organizzazione del tirocinio ivi delineata.


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Delibera del 15 maggio 2013

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 15 maggio 2013, ha adottato la seguente delibera:

“considerato che:

– con il D.m. 18 aprile 2013 si è data ulteriore attuazione alla revisione delle circoscrizioni giudiziarie di cui al D.Lvo n. 155 del 2012, avendo il Ministero della giustizia provveduto a modificare le piante organiche, come stabilito dallo stesso decreto legislativo, in funzione dell’entrata in vigore della riforma, prevista per il prossimo 13 settembre 2013, con la soppressione delle sezioni distaccate dei Tribunali e con l’operatività degli ulteriori accorpamenti previsti dalla riforma;

– questo Consiglio, con successiva delibera, approvata in data 9 maggio 2013, di individuazione delle sedi da assegnare ai m.o.t. nominati con D.m. 8 giugno 2012, ha tenuto conto “dell’imminente operatività della rimodulazione delle piante organiche a seguito della riforma delle circoscrizioni giudiziarie adottata con D.Lgs n. 155/2012 (che ha dato attuazione alla L. n. 148 del 2011)” ed ha ritenuto “di basare le proprie scelte di assegnazione dei MOT all’esito del tirocinio operando sulle riformulate piante organiche degli uffici, operative dal 13 settembre 2013 per tutte le sedi giudiziarie coinvolte, tranne quelle ricomprese nel distretto di L’Aquila per il quale, invece, il D.lgs n. 155/2012 prevede lo slittamento dell’entrata in vigore della riforma al 13 settembre 2015”;

– nella stessa delibera si è previsto, come di regola, che “i dirigenti dei Tribunali di destinazione dei magistrati ordinari in tirocinio, espletate, immediatamente dopo la comunicazione della presente delibera, le procedure di concorso interno di cui al par. 48 della Circolare del 21 luglio 2011 sulla formazione delle tabelle per il triennio 2012-2014, dovranno comunicare, in base alla vigente circolare sul tirocinio, con la massima tempestività e, comunque, entro e non oltre il 31 maggio2013 ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione le specifiche funzioni alle quali i citati magistrati saranno destinati secondo la tabella dell’ufficio al fine di consentire un più razionale svolgimento del tirocinio mirato. Il C.S.M. provvederà a trasmettere immediatamente alla Scuola superiore della magistratura le indicazioni tabellari fornite dai Capi degli Uffici”;

– tale disposizione della citata delibera, anche in conseguenza delle osservazioni provenienti da alcuni dirigenti di uffici giudiziari di primo grado, deve essere rivista tenuto conto della particolare situazione conseguente all’attuale fase di attuazione della riforma delle circoscrizioni giudiziarie.

OSSERVA

La modifica della composizione degli uffici giudiziari a decorrere dal 13 settembre 2013 ha imposto al Consiglio di tener conto, nell’individuazione delle sedi di destinazione dei magistrati ordinari in tirocinio, della nuova realtà costituitasi.

Con delibera del 9 maggio 2013 si è, pertanto, provveduto con urgenza, tenuto conto del recentissimo decreto sulla revisione delle piante organiche, della prossima scadenza del termine previsto per la scelta da parte dei m.o.t. della sede di destinazione ed al fine di garantire un periodo di tirocinio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato in tirocinio di almeno sei mesi (come previsto dall’art. 21 del D.Lvo 30 gennaio 2006 n. 26), ad inserire nell’elenco delle sedi destinate ai m.o.t. anche alcuni uffici giudiziari interessati da accorpamenti con altri uffici giudiziari ovvero di quelli che accorpano sezioni distaccate di altri circondari.ù

Con la stessa delibera il Consiglio, dovendo soddisfare l’esigenza primaria per i MOT di svolgere il tirocinio mirato, ha disposto che i dirigenti degli uffici giudiziari avviino con la massima urgenza le procedure di concorso interno di cui al par. 48 della vigente circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti, al fine di consentire di “comunicare, entro il 31 maggio 2013, ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione le specifiche funzioni alle quali i citati magistratisaranno destinati secondo la tabella dell’ufficio al fine di consentire un più razionale svolgimento del tirocinio mirato”.

Va evidenziato che il paragrafo 48 della vigente circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti prevede quanto segue: “48.1 – I magistrati ordinari all’esito del tirocinio, oltre a quanto previsto dal paragrafo 39.4, in occasione del conferimento delle funzioni non possono comunque essere assegnati alle sezioni stralcio. 48.2 – Subito dopo la comunicazione relativa all’elenco delle sedi da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio, i dirigenti degli uffici interessati individuano i posti da riservare loro, tenendo conto delle esigenze generali dell’ufficio e professionali degli assegnatari, comunicando gli esiti dei concorsi interni al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione della tipologia di affari dei ruoli da ricoprire. I posti così individuati sono immediatamente assegnati consentendo ai MOT destinati all’ufficio la scelta, in ordine di ruolo. Le necessarie proposte di variazione tabellare – la cui efficacia resta differita alla data in cui gli stessi, completato il periodo di tirocinio, prenderanno possesso dell’ufficio assegnatogli – devono senza indugio essere comunicate al Consiglio superiore della magistratura, al Consiglio giudiziario competente ed ai magistrati interessati. 48.3 – Tali proposte sono vincolanti e non possono essere successivamente modificate o derogate se non per gravi motivi di servizio dell’ufficio o di salute del magistrato non altrimenti superabili. La modifica deve essere tempestivamente comunicata al Consiglio giudiziario ed al Consiglio superiore della magistratura,che, se non la ritiene giustificata, annulla la decisione. La violazione di tale disposizione è segnalata ai titolari dell’azione disciplinare”.

Quindi, con la delibera del 9 maggio 2013 il Consiglio, in attuazione della disposizione di cui al paragrafo 48.2 sopra riportato, ha disposto che i dirigenti espletino con la massima urgenza le procedure di concorso interno.

A tale disposizione, però, conseguirebbe che i dirigenti degli uffici giudiziari interessati dalla riforma dovrebbero immediatamente determinarsi nella scelta dei nuovi assetti organizzativi degli stessi uffici (modificando, per esempio, numero e composizione delle sezioni), predisporre i concorsi interni e, soltanto all’esito di tale operazione, individuare, in base ai posti residui, le specifiche funzioni che verranno assegnate ai m.o.t. in ingresso (e, non va trascurato, che anche gli uffici giudiziari che accorpano solo le proprie sezioni distaccate dovranno assumere un nuovo assetto organizzativo a partire dalla data di operatività della riforma, tenuto conto che saranno definitivamente accentrati tutti gli affari delle stesse sezioni).

E’ evidente che tutto ciò non è realizzabile allo stato e con i tempi ristrettissimi che sono stati imposti dagli interventi sull’attuazione della riforma.

Due sole opzioni allora appaiono in astratto praticabili.

La prima è quella di derogare ai criteri, previsti dal D.Lvo 30 gennaio 2006 n. 26, di assegnazione delle funzioni ai MOT e di durata minima dell’espletamento del tirocinio mirato (1).

L’altra è quella di derogare, in via assolutamente eccezionale, alla norma di cui al par. 48 della vigente circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti nella parte in cui impone ai dirigenti degli uffici interessati l’espletamento dei preventivi concorsi interni al fine di individuare i posti residui tabellari da assegnare ai magistrati ordinari in tirocinio.

Quest’ultima soluzione è da preferire, e ciò al fine di tutelare l’interesse primario di un’adeguata formazione dei MOT, da ritenersi certamente prevalente rispetto alla esigenza di attribuire i posti vacanti mediante la procedura di tramutamento interno.

Pertanto, per l’assegnazione delle funzioni ai magistrati ordinari in tirocinio nominati con d.m. 8 giugno 2012, in ragione dell’eccezionalità della situazione contingente ed al fine di consentire in tempi celeri l’individuazione delle specifiche funzioni alle quali i MOT saranno destinati, così da poter essere avviati a un più razionale svolgimento del tirocinio mirato, va prevista una deroga alla disposizione di cui al par. 48 della vigente circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudicanti, avuto riguardo alla sola parte del par. 48.2 in cui si prevede l’espletamento di preventivi concorsi interni.I dirigenti individueranno i posti da assegnare e le relative funzioni che i m.o.t. andranno a ricoprire sulla base delle esigenze che riterranno di soddisfare nella previsione del nuovo assetto organizzativo che sarà predisposto con l’operatività dal 13 settembre 2013 della riforma delle circoscrizioni giudiziarie.Dovranno essere rispettati gli ulteriori adempimenti di cui al par. 48 della citata circolare, ivi compreso il divieto di assegnazione dei magistrati ai posti di cui fa cenno il par. 39.4 della medesima circolare.Non dovendo essere espletati i concorsi interni e potendo i dirigenti procedere più celermente alla individuazione dei posti tabellari da riservare ai m.o.t., può essere modificato il termine massimo entro il quale deve essere effettuata la comunicazione ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione delle specifiche funzioni alle quali i citati magistrati saranno destinati.Tale modifica, infatti, è funzionale a far conoscere preventivamente ai m.o.t. i posti tabellari riservati, essendo stata programmata la scelta delle sedi per il 28 maggio p.v.. Pertanto, i dirigenti dovranno comunicare con la massima tempestività e, comunque, entro e nonoltre il 23 maggio 2013 ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione le specifiche funzioni alle quali i citati m.o.t. saranno destinati.I dirigenti degli uffici interessati valuteranno l’opportunità di non riservare ai m.o.t. posti tabellari che potrebbero essere assegnati a magistrati già in servizio nell’ufficio all’esito dell’espletamento del prossimo concorso interno.

Tanto premesso, il Consiglio

delibera

– che per l’assegnazione delle funzioni ai magistrati ordinari in tirocinio nominati con d.m. 8 giugno 2012 non si applica la disposizione di cui al par. 48.2 della vigente circolare in materia di organizzazione tabellare, in ragione dell’eccezionalità della situazione contingente ed al fine di consentire tempestivamente l’individuazione delle specifiche funzioni alle quali i suddetti magistrati saranno destinati, così da poter essere avviati a un più razionale svolgimento del tirocinio mirato;

– che i dirigenti devono individuare i posti da assegnare e le relative funzioni che i MOT andranno a ricoprire sulla base delle esigenze che riterranno di soddisfare nella previsione del nuovo assetto organizzativo, che sarà predisposto con la operatività dal 13 settembre 2013 della riforma delle circoscrizioni giudiziarie;

– che devono essere rispettati tutti gli ulteriori adempimenti di cui al par. 48 della citata circolare;

– che i dirigenti devono comunicare con la massima tempestività e, comunque, entro e non oltre il 23 maggio 2013 ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione le specifiche funzioni alle quali i citati m.o.t. saranno destinati;

– che dirigenti degli uffici interessati valuteranno l’opportunità di non riservare ai m.o.t. posti tabellari che potrebbero essere assegnati a magistrati già in servizio nell’ufficio all’esito dell’espletamento del prossimo concorso interno.

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(1) Si riporta l’art. 21 del citato decreto legislativo:1. La sessione presso gli uffici giudiziari si articola in tre periodi: il primo periodo, della durata di quattro mesi, è svolto presso i tribunali e consiste nella partecipazione all’attività giurisdizionale relativa alle controversie o ai reati rientranti nella competenza del tribunale in composizione collegiale e monocratica, compresa la partecipazione alla camera di consiglio, in maniera che sia garantita al magistrato ordinario in tirocinio la formazione di una equilibrata esperienza nei diversi settori; il secondo periodo, della durata di due mesi, è svolto presso le procure della Repubblica presso i tribunali; il terzo periodo, della durata di sei mesi, è svolto presso un ufficio corrispondente a quello di prima destinazione del magistrato ordinario in tirocinio.2. Il comitato direttivo approva per ciascun magistrato ordinario in tirocinio il programma di tirocinio da svolgersi presso gli uffici giudiziari del capoluogo del distretto di residenza dell’uditore, salva diversa autorizzazione dello stesso comitato di gestione per gravi e motivate esigenze; il programma garantisce al magistrato ordinario in tirocinio un’adeguata formazione nei settori civile, penale e dell’ordinamento giudiziario e una specifica preparazione nelle funzioni che sarà chiamato a svolgere nella sede di prima destinazione.3. I magistrati affidatari presso i quali i magistrati ordinari svolgono i prescritti periodi di tirocinio sono designati dal Consiglio superiore della magistratura, su proposta del competente consiglio giudiziario.4. Al termine della sessione, i singoli magistrati affidatari compilano, per ciascun magistrato ordinario in tirocinio loro assegnato, una scheda valutativa che trasmettono al comitato direttivo ed al Consiglio superiore.


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Delibera del 24 luglio 2014

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 24 luglio 2014, ha adottato la seguente delibera:

“Il Consiglio superiore della magistratura, delibera di approvare le seguenti linee programmatiche relative alla formazione permanente dei magistrati per il 2015 da trasmettere alla Scuola Superiore della Magistratura:

Sommario: 1. Premessa. – 2. La Magna Charta dei Giudici: formazione dei magistrati e indipendenza. – 3. La rilevazione delle esigenze formative. I rapporti con la formazione decentrata e la Rete Europea di Formazione Giudiziaria. La valutazione dell’attività di formazione. – 4. Le linee programmatiche. – 4.1. Principi fondamentali. – 4.2. Tematiche prioritarie. – 4.3. La formazione decentrata: integrazione e autonomia delle strutture territoriali.

1. Premessa.

Il D.Lgs. 30 gennaio 2006, n. 26 e succ. mod. disciplina la materia della formazione e dell’aggiornamento professionale dei magistrati, definendo i compiti del Consiglio superiore della magistratura e della Scuola superiore della magistratura.Tale normativa ha affidato alla Scuola, tra le diverse competenze, la formazione e l’aggiornamento professionale dei magistrati ordinari (lett. a), l’organizzazione di seminari di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati (lett. b), la formazione dei magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive negli Uffici giudiziari (lett. d), l’organizzazione di corsi di formazione per i magistrati giudicanti e requirenti che aspirano al conferimento degli incarichi direttivi di primo e di secondo grado (lett. d-bis), la formazione dei magistrati incaricati di compiti di formazione (lett. e) e le attività di formazione decentrata (lett. f).Per l’espletamento di tali compiti, il Comitato direttivo della Scuola adotta ogni anno, ai sensi degli artt. 5 e 12 D.Lgs. n. 26/2006, il programma dell’attività didattica, sulla base di “linee programmatiche”elaborate e approvate annualmente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro della Giustizia, nonché delle proposte del Consiglio Nazione Forense e del Consiglio Universitario Nazionale.Il CSM, quindi, deve procedere all’elaborazione delle “linee programmatiche” relative all’attività di formazione e di aggiornamento professionale per l’anno 2015, al fine di consentire alla Scuola di elaborare il programma annuale dell’attività didattica.

2. La Magna Charta dei Giudici: formazione dei magistrati e indipendenza.

La Magna Charta dei Giudici1, adottata nel 2010 dal Consiglio consultivo dei giudici europei, recependo un principio condiviso nell’ambito dei diversi ordinamenti europei, pone l’accento sul nesso indissolubile tra la formazione dei magistrati e la loro indipendenza (§ 8): “la formazione iniziale e permanente è, per il giudice, un diritto ed un dovere. Essa deve essere organizzata sotto la supervisione della magistratura. La formazione è un importante elemento di garanzia dell’indipendenza dei giudici, nonché della qualità e dell’efficacia del sistema giudiziario”.La legittimazione democratica del giudice risiede nella preparazione giuridica e senza una adeguata formazione il giudice è privato di quella sapienza specifica che determina la probabilità di un giudizio corretto.Secondo quanto auspicato dal Presidente della Repubblica 2, “la formazione deve superare l’orizzonte dell’aggiornamento sugli orientamenti normativi e giurisprudenziali e deve invece principalmente servire a far maturare nei magistrati una progressiva consapevolezza del ruolo e della fisonomia costituzionale della funzione esercitata”.La formazione dei magistrati, in tale prospettiva, non è fine a se stessa ma funzionale alla tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura.

3. La rilevazione dei bisogni formativi. I rapporti con la formazione decentrata e la Rete Europea di Formazione Giudiziaria. La valutazione dell’attività di formazione.

La predisposizione dell’attività formativa deve partire dalla rilevazione dei bisogni formativi dei magistrati.Per il passato, tale rilevazione è stata sostanzialmente affidata, in sede centrale, alle sensibilità dei singoli componenti del Comitato Scientifico e, in sede decentrata, a iniziative per lo più autonome e spesso non coordinate dei vari magistrati referenti a livello distrettuale.La maggiore stabilità organizzativa su cui la Scuola può contare deve poter favorire una più efficace rilevazione dei bisogni formativi, attraverso la valorizzazione e la piena integrazione delle strutture decentrate all’interno del circuito della formazione, che potranno essere coinvolte nella presentazione delle proposte tematiche.La Scuola, inoltre, nel predisporre la propria offerta formativa, dovrà utilmente interloquire con i componenti della Rete Europea di Formazione Giudiziaria, mediante gli scambi di esperienze, il confronto sui programmi e sulle attività didattiche.Fondamentale, inoltre, sarà l’utilizzo dei risultati derivanti dalla valutazione dell’attività svolta, allo scopo di affinare la progettazione dei corsi, degli argomenti di approfondimento, delle metodologie di studio e la scelta dei relatori.

4. Le linee programmatiche.

La necessità di attribuire concreto contenuto alle linee programmatiche annuali, destinate a essere affiancate da quelle del Ministro della giustizia, nonché dalle eventuali proposte provenienti da altri soggetti istituzionali, quali il Consiglio Nazionale Forense e il Consiglio Universitario Nazionale, induce a fissare i principi fondamentali e le tematiche prioritarie di cui la Scuola, pur nella sua autonomia, dovrà tener conto nella pianificazione dei programmi e nell’individuazione dei contenuti dei singoli corsi, sia in sede centrale sia in sede decentrata.Specifico rilievo sarà attribuito all’attività di formazione decentrata, oggi compiutamente disciplinata dalla delibera quadro 3 che ha definito i rapporti tra il Consiglio superiore della magistratura e la Scuola Superiore della Magistratura, al cui tema sono state dedicate delle distinte linee programmatiche per l’anno 2013 4.Coerentemente con quanto già previsto dalla delibera concernente le linee programmatiche relative alla formazione permanente per l’anno appena trascorso, la valutazione del Consiglio fa seguito alla relazione sull’attività svolta dalla Scuola nell’anno precedente, predisposta in tempo utile dal Segretario generale ai sensi dell’art. 17-bis, D.Lgs. n. 26/2006 e approvata dal Comitato direttivo (art. 5 D.Lgs. n. 26/2006).La relazione dà conto dell’attività svolta specificamente anche nei settori della formazione permanente, dei dirigenti, nel settore internazionale, della formazione onoraria e di quella decentrata, con l’indicazione delle aree tematiche privilegiate (accanto al diritto sostanziale e processuale, le tematiche comprensive del riferimento al contesto ambientale in cui si inserisce l’attività giudiziaria e alla dimensione costituzionale e sovranazionale della giustizia, le tematiche organizzative), e delle metodologie utilizzate.A quest’ultimo riguardo, la relazione precisa che netta è stata la scelta in favore delle prassi didattiche che realizzano il massimo coinvolgimento dei partecipanti, con una molteplicità di soluzioni idonee a sostituire il metodo delle relazioni frontali.

4.1. Principi fondamentali.

Il Consiglio ritiene che, tenendo conto di quanto indicato nella delibera sulle linee programmatiche dell’anno scorso, l’attività di pianificazione dei programmi per l’anno 2015 debba tener conto dei seguenti principi fondamentali:

4.1.1. Formazione e autoformazione dei magistrati.

Importante, in tale ambito, appare l’ulteriore ampliamento del numero dei magistrati coinvolti, a diverso titolo, nelle attività di formazione della Scuola, anche attraverso il ricorso – in termini di maggiore organicità e continuità rispetto a quanto sin qui accaduto – a coloro che rivestono funzioni specifiche nell’ordinamento giudiziario (ad esempio, i referenti per la formazione decentrata, i referenti per l’informatica, i magistrati di riferimento per l’informatica dei singoli uffici, i componenti del C.S.M., i magistrati addetti alla Segreteria e all’Ufficio studi del C.S.M., i componenti dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione).

4.1.2. Garanzia del pluralismo culturale e apertura a conoscenze di settori professionali diversi da quello giuridico.

Si ribadisce l’importanza di garantire il pluralismo culturale e l’apertura a conoscenze di settori professionali diversi da quello giuridico.Pluralismo culturale non significa che a ogni voce o tesi debba corrispondere, immediatamente, la tesi contraria o la voce opposta, ma deve essere inteso come un obiettivo di fondo, attento a dare voce alle diverse opzioni culturali.Deve, inoltre, essere favorita l’apertura a conoscenze di settori professionali diversi da quello giuridico, affinché il magistrato sia consapevole dei caratteri fondamentali delle diverse discipline che possono essergli di ausilio nell’espletamento della sua funzione 5.In questa prospettiva deve essere valorizzata la scelta della Scuola di organizzare corsi con la collaborazione di altri enti, avvalendosi dell’apporto “esterno” di conoscenze extragiuridiche ed esperienze su specifiche tematiche (a titolo esemplificativo, si richiamano i corsi del 2014 sul linguaggio giuridico, organizzato con l’Accademia della Crusca, e sui reati colposi, organizzato con l’Agenzia di controllo del traffico aereo).

4.1.3. Necessità di una formazione non “autoreferenziale”.

Allo scopo di evitare il rischio di una formazione “autoreferenziale“, dovranno esserevalorizzati i punti di vista sulla giustizia degli altri operatori giuridici (avvocati, docenti e ricercatori universitari), di coloro che operano in ambiti connessi (rappresentanti delle istituzioni, personale dirigente delle diverse amministrazioni, polizia giudiziaria e altri operatori della sicurezza e del contrasto alle diverse tipologie di criminalità), e di chi vive e percepisce la giustizia dall’esterno, inforza di un approccio di tipo non tecnico (gli appartenenti al mondo dell’informazione, delle professioni e dell’economia).

4.1.4. Una cultura comune della giurisdizione.

Nel settore penale, dovrà continuarsi a privilegiare una cultura comune tra magistrati requirenti e giudicanti. Al di là di momenti di approfondimenti specialistici in funzione di singoli  temi propri dell’attività requirente o giudicante, la formazione del settore penale, comprensiva della fase dedicata all’esecuzione della pena e al procedimento di sorveglianza, dovrà ispirarsi al comune principio della giurisdizione, favorendo la partecipazione ai corsi sia di giudici e sia di pubblici ministeri.Al riguardo, il Consiglio intende sottolineare l’importanza di dedicare adeguato spazio alle questioni legate all’interpretazione e all’applicazione della legge, alla valutazione delle prove, ai profili legati all’ordinamento giudiziario, ai rapporti tra giustizia e comunicazione, attraverso il coinvolgimento di magistrati requirenti e giudicanti, con lo scopo di tessere una trama condivisa di valori cui entrambe le professionalità possano attingere per l’esercizio delle varie attività professionali.

4.1.5. L’utilizzo delle nuove tecnologie nella scelta delle metodologie didattiche.

Con riferimento alla scelta delle metodologie didattiche ritenute più adeguate ai bisogni formativi e alla struttura delle singole iniziative, è auspicabile, in linea con le indicazioni fornite dal Parlamento europeo nella Risoluzione del 14 marzo 2012 sulla formazione giudiziaria (2012/2575(RSP)), l’utilizzo, accanto ai metodi tradizionali, delle nuove tecnologie al servizio della didattica (forum telematici, mailing-list, videoconferenze, corsi on-linestreaming webon demandpodcasting dei file audio e video digitali degli incontri di formazione), allo scopo di favorire la piùampia partecipazione possibile. Tale indicazione risponde alle scelte già operate dalla Scuola, illustrate nella relazione annuale sopra richiamata, privilegiando una metodologia funzionale al dibattito e al coinvolgimento dei partecipanti, e diminuendo le relazioni frontali a vantaggio dei gruppi di lavoro.

4.2. Tematiche prioritarie.

Accanto ai Principi fondamentali, il Consiglio ritiene di individuare, per l’anno 2015, le seguenti tematiche prioritarie, che – come si è detto- dovranno essere affrontate in un’ottica essenzialmente pratica e con un ampio coinvolgimento dei partecipanti:

4.2.1. I profili deontologici.

Secondo la Magna Charta dei Giudici (§ 18), “l’azione dei giudici deve essere guidata da principi di deontologia, distinti dalle norme disciplinari. Tali principi devono emanare, quanto a redazione, dagli stessi giudici e debbono costituire oggetto della loro formazione”.In questa sede va ribadita la necessità di dedicare un adeguato spazio alla formazione sui temi della responsabilità etica e deontologica che, come sottolineato dal Presidente della Repubblica 6, deve far parte del patrimonio culturale, civile e professionale di ogni magistrato. La sovraesposizione del ruolo del magistrato rende necessari un approfondimento culturale e una attenta riflessione istituzionale sui comportamenti del giudice e del pubblico ministero, una presa di coscienza collettiva circa la necessità di essere e apparire adeguati al proprio ruolo, una precisa volontà di condividere un’etica dei comportamenti di relazione giudiziaria attinente alle differenti funzioni giudiziarie.Al riguardo, dovranno essere approfondite le tematiche concernenti l’etica e la deontologia del magistrato italiano ed europeo, trattando i singoli istituti ed esaminando casi tratti dalla giurisprudenza disciplinare, idonei a offuscare l’immagine di indipendenza e imparzialità dell’appartenente all’ordine giudiziario.

4.2.2. I temi processuali. La durata ragionevole del processo. Tecniche di semplificazione della motivazione e funzionalità della decisione.

Non dovrà mancare l’attenzione, nell’attività formativa, ai temi processuali.Particolare attenzione, tra questi, dovrà essere riservata al tema della «durata ragionevole del processo», che rappresenta uno dei più rilevanti principi processuali presenti nella nostra Carta costituzionale. Tale principio ha trovato una prima affermazione nell’ordinamento italiano con la ratifica dellaConvenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (l. 4 agosto 1955, n. 848), che lo consacra nell’art. 6, § 1 ed è assurto a esplicita affermazione in Costituzione con la l. costituzionale 22 novembre 1999, n. 2, che lo ha inserito nell’art. 111. Il legislatore costituzionale, dopo aver espressamente stabilito che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge» e che «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale», ha aggiunto, alla fine del 2 comma: «la legge ne assicura la ragionevole durata». Se ne trae l’inevitabile conclusione che la «ragionevole durata»che il legislatore ordinario è tenuto ad assicurare è solo e soltanto quella del processo «giusto», cioè del processo che comunque assicuri le altre garanzie processuali costituzionalmente rilevanti. A tal fine, nell’ambito dei programmi della Scuola, dovranno essere trattati i rimedi sul piano processuale volti a ridurre i tempi del processo e le tecniche di semplificazione della motivazione della sentenza per impedire la violazione del diritto fondamentale a una durata ragionevole del procedimento. Sul punto va sottolineato che le tecniche di semplificazione della motivazione – da affinarsi anche grazie al più ampio ricorso alle cc.dd. “scienze ausiliarie”, quali la logica e la psicologia giuridica ovvero la metodologia dell’interpretazione – devono coniugarsi con la necessità di fornire un’adeguata risposta di giustizia alle parti ed essere funzionali, in caso di impugnazione, alla comprensione della decisione e del percorso motivazionale seguito: ne discende la particolare utilità di diffondere, in seno ai percorsi formativi, temi afferenti, tra l’altro, alle tecniche di redazione dei provvedimenti, alla tecnica ermeneutica, alla consecutio argomentativa, alla redazione degli atti, all’inserimento della singola problematica giuridica nel sistema delle fonti.

4.2.3. I temi ordinamentali. La cultura dell’organizzazione e dell’auto-organizzazione. L’utilizzo delle nuove tecnologie negli uffici giudiziari.

Adeguato spazio dovrà essere dedicato alla materia ordinamentale, allo scopo di verificare l’operatività dei diversi istituti che regolano, alla luce dei principi costituzionali di indipendenza e autonomia, il funzionamento del sistema giudiziario e della vita professionale dei magistrati. Con riferimento ai temi dell’ordinamento giudiziario, potrà risultare utile il coinvolgimento dei componenti del C.S.M., dei magistrati addetti alla Segreteria e all’Ufficio studi del C.S.M., nonché dei componenti dei Consigli giudiziari e del Consiglio direttivo della Corte di cassazione. Particolare rilievo, tra gli altri, assumono i temi degli organismi del governo autonomo, della mobilità e delle incompatibilità, dell’organizzazione tabellare, delle valutazioni di professionalità, degli incarichi extragiudiziari e della formazione iniziale e permanente. L’attività formativa dovrà, inoltre, favorire la diffusione della cultura dell’organizzazione degli uffici giudiziari e dell’auto-organizzazione del lavoro del magistrato, nonché delle nuove tecnologie, quale strumento per agevolare, velocizzare e rendere più efficiente il lavoro di ciascungiudice, anche mediante la diffusione dell’utilizzo degli strumenti messi a disposizione dal CSM.

4.2.4. La formazione interdisciplinare.

Un ruolo importante devono rivestire le tematiche interdisciplinari, al fine di stabilire un contatto diretto tra le diverse discipline per affrontare – da altrettanti punti di vista – tematiche importanti per l’attività giudiziaria e la professione del magistrato. Si pensi, ad esempio, alle questioni di attualità, di approfondimento culturale o legate all’esercizio di funzioni giudiziarie (come l’arte di giudicare, l’etica del giudice, il ragionamento giuridico, la discrezionalità del giudice, la tecnica della motivazione, i rapporti tra scienza e giurisdizione etc.), ai temi della comunicazione e del multiculturalismo, alla criminologia.

4.2.5. La formazione europea e la formazione linguistica. Il progetto European Gaius.

L’aggiornamento professionale dei magistrati non può prescindere da una approfondita formazione sui temi di diritto europeo e dalla conoscenza linguistica 7. Tra i temi di particolare rilievo si evidenziano quelli del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, nei suoi profili pratici, e dell’interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea e al diritto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Al riguardo deve essere richiamata la delibera del 13 aprile 2011 che ha approvato il progetto European Gaius. Il Parlamento europeo, nella Risoluzione del 14 marzo 2012, ha citato i progetti dell’Italia e dei Paesi Bassi quali modelli da seguire per gli Stati europei. Tali conclusioni sono state ribadite nella Risoluzione del 7 febbraio 2013. A fronte dell’adozione di programmi analoghi in altri Stati, nella prospettiva di costituire una rete europea integrata dei coordinatori dei diversi uffici giudiziari, risulta importante proseguire il progetto, dandovi completa attuazione. In tale contesto, particolare attenzione dovrà essere data alla partecipazione ai progetti di formazione di rilievo europeo e internazionale, prediligendo, in linea di continuità con le relazioni e gli accordi stabiliti dal Consiglio in questi anni, le attività realizzate e promosse con le Scuole nazionali della magistratura e le Istituzioni nazionali che curano la formazione dei magistrati. Se la formazione dei magistrati non è fine a se stessa ma funzionale alla tutela dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, come sottolineato anche dalla Magna Carta dei Giudici, partner privilegiati dell’attività di formazione internazionale sono gli enti che curano istituzionalmente la formazione della magistratura in ciascuno Stato. Dovrà, inoltre, essere valorizzata la diffusione della conoscenza tra i magistrati italiani degli strumenti di formazione sviluppati dal Consiglio d’Europa nell’ambito del Programma Help 8, dalla Rete Europea di Formazione Giudiziaria 9 e dalla Commissione europea 10. Particolare rilievo assumono, infine, i programmi di scambio tra autorità giudiziarie nel quadro delle attività della Rete Europea di Formazione Giudiziaria Accanto agli stage di breve durata dovrà essere proseguita l’esperienza degli scambi di lungadurata presso la Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte europea dei diritti dell’uomo ed Eurojust.Questi stage, infatti, che hanno visto un’ampia partecipazione di magistrati italiani fin dalla prima edizione del 2009, attraverso un’esperienza continuativa, da tre a dodici mesi, presso i principali organismi giudiziari europei ed Eurojust, consentono di acquisire una esperienza professionale particolarmente qualificata, che il magistrato riverserà sull’intera giurisdizione con importanti effetti moltiplicativi.

4.2.6. La formazione dei dirigenti.

Sulla base delle competenze che la legge attribuisce alla Scuola in materia di formazione dei dirigenti, dovranno essere svolte le attività di formazione per i magistrati titolari di funzioni  direttive e semidirettive negli uffici giudiziari (art. 2, lett. d), D.Lgs. 26/2006) e i corsi di formazione per i magistrati, giudicanti e requirenti, che aspirano al conferimento degli incarichi direttivi di primo e secondo grado (art. 2, lett. d-bis, D.Lgs. 26/2006). In proposito, va ricordato che, in vista dell’avvio dei corsi di formazione da ultimo citati, il C.S.M. ha approvato, il 12 giugno 2014, apposite ed articolate linee programmatiche, cui può in questa sede senz’altro farsi rinvio, giovando soltanto ribadire come, nell’ambito del perseguimento di una metodologia di confronto basata sulla sinergica collaborazione tra le istituzioni coinvolte, sia stata assegnata primaria rilevanza all’attività del tavolo tecnico appositamente costituito.

4.2.7. La formazione dei formatori.

Nel quadro delle competenze della Scuola, particolarmente importante appare il tema della formazione dei magistrati incaricati di compiti di formazione, tra cui i referenti per la formazione decentrata presso le Corti d’appello e la Corte di cassazione, i referenti per la formazione decentrata della magistratura onoraria, i tutori dei magistrati in tirocinio e gli esperti formatori. In particolare, le periodiche iniziative di formazione dovranno incentrarsi sugli aspetti metodologici dell’attività didattica, sulle tecniche di comunicazione e di presentazione, sull’interazione con i partecipanti, sui profili organizzativi, sulle modalità di ricognizione dei bisogni formativi e, dunque, sulla programmazione e pianificazione di una sessione di formazione, anche avvalendosi dell’apporto delle professionalità di esperti delle scienze sociali e della comunicazione. Importante, al riguardo, è il confronto con le esperienze maturate in ambito europeo dai membri della Rete Europea di Formazione Giudiziaria, anche attraverso lo scambio di formatori.

4.3. La formazione decentrata: integrazione e autonomia delle strutture territoriali.

A seguito dell’approvazione della delibera quadro sull’attività di formazione decentrata 11, due sono i principi chiamati a regolare i rapporti tra la Scuola e le formazioni decentrate.Da un lato, la piena integrazione della formazione decentrata all’interno del circuito della formazione facente capo alla Scuola, anche per superare la frammentarietà e il non uniforme impegno registratosi in tutti i distretti.Dall’altro, la valorizzazione dell’autonomia delle singole formazioni decentrate che, come modellate a seguito della risoluzione della Scuola del 10 settembre 2013, cumulano oggi i compiti già affidati alle preesistenti strutture dedicate, su base territoriale, alla formazione permanente, a quella in materia di diritto europeo e, infine, a quella dei magistrati onorari 12. Tali indicazioni sono state peraltro già sviluppate nella Risoluzione sulla formazione decentrata approvata dal Comitato direttivo della Scuola che, nel delineare i nuovi compiti delle strutture decentrate, nel rispetto della “piena autonomia ideativa, metodologica e organizzativa dei formatori decentrati” (così la relazione annuale cit.) ha previsto la costituzione di una struttura unica per la formazione distrettuale dei magistrati professionali e onorari.All’interno dell’integrazione della formazione territoriale potranno rientrare gli interventi formativi che la Scuola deciderà di “condividere” con le strutture territoriali, per moltiplicare la valenza formativa di alcuni corsi e programmi. In questi casi, la Scuola potrà coinvolgere i formatori decentrati già nella predisposizione dei corsi centrali, ovvero fornire loro i “format” ritenuti più validi. In questa prospettiva deve essere valorizzata l’esperienza dei corsi “territoriali”, organizzati dalla Scuola attraverso la richiesta alle formazioni distrettuali di indicare tematiche poi selezionate per la programmazione centrale del 2014 ( alla quale sono stati così aggiunti altri 12 corsi ).Importanti funzioni che le formazioni decentrate è opportuno siano chiamate a svolgere, quali strutture periferiche della formazione su diretta delega da parte della Scuola, sono, inoltre, quelle relative alla formazione iniziale dei magistrati in tirocinio (artt. 18 ss. D.Lgs. n. 26/2006).L’altro principio essenziale che connota i rapporti tra la Scuola e la formazione decentrata è quello relativo alla valorizzazione delle singole strutture decentrate, che non devono perdere la loro originaria autonomia.Il progetto relativo alla formazione decentrata, contenuto nella risoluzione consiliare del 26 novembre 1998, anche sulla scorta dell’esperienza di altri ordinamenti, è stato concepito in rapporto di complementarietà rispetto alle iniziative formative esistenti a livello centrale. In particolare, fin dall’inizio, è stata evidenziata la sua caratteristica di spazio di libertà tendente a fornire una rispostaimmediata alle esigenze professionali dei magistrati che operano in contesti giudiziari e territoriali, spesso profondamente diversi fra loro. Va, al riguardo, evidenziato che la formazione decentrata ha dimostrato in vari distretti e in molteplici occasioni di saper valorizzare rapporti e legami col mondo universitario, l’avvocatura, gli enti locali e le diverse associative e culturali. Si tratta di un patrimonio che non va disperso perché può ancora consentire ai formatori decentrati di sviluppare originali forme di collaborazione in vista del soddisfacimento dei bisogni formativi rilevati nei singoli distretti.- La rete nella formazione decentrata, pur essendo integrata nel circuito della formazione facente capo alla Scuola, deve continuare a essere uno spazio di formazione e di autoformazione proprio delle singole realtà distrettuali. In tal senso, alla rete della formazione decentrata è riservata la facoltà di organizzare autonomamente corsi, ferme restando le linee di indirizzo adottate dalla Scuola (si pensi, ad esempio: ai corsi cd. di “emergenza”, per prime valutazioni operative su novità legislative o giurisprudenziali; ai corsi che abbiano una valenza “territoriale”, strettamente connessa alle peculiari esigenze di alcuni distretti; ai corsi di riconversione da una funzione a un’altra; ai corsi linguistici; ai corsi in materia organizzativa che siano collegati a iniziative e progetti di innovazione giudiziaria in sede locale).”

______________________

1 In occasione del decimo anniversario, il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCGE) ha adottato, nel corso della undicesima adunanza plenaria, una Magna Charta dei Giudici  (Principi fondamentali), volta a sintetizzare e codificare le principali conclusioni contenute nei Pareri già adottati. Ciascuno dei dodici Pareri già emessi dal CCGE all’attenzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa contiene le considerazioni complementari sulle tematiche trattate nel testo <www.coe.int/ccje>

2 Cerimonia di insediamento del Comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, Roma, salaconferenze del CSM, 24 novembre 2011.

3 Delibera dell’assemblea plenaria del CSM del 22 maggio 2013.

4 Delibera dell’assemblea plenaria del CSM del 25 luglio 2012.

5 Si pensi, tra l’altro, all’attenzione che merita la fase cognitiva ed alla necessità di approfondire lo studio dei processi, di natura innanzitutto psicologica, che governano i meccanismi decisori.

6 Insediamento del Comitato direttivo della Scuola, 24 novembre 2011.

7 Come evidenziato dalla Commissione europea, nella comunicazione relativa alla formazione del 13 settembre 2011, e dal Parlamento europeo, nella risoluzione sulla formazione giudiziaria del 14 marzo 2012, la padronanza di una lingua straniera e della sua terminologia giuridica è importante e dovrebbe costituire uno degli obiettivi della formazione continua degli operatori della giustizia. La conoscenza linguistica, infatti, è un requisito indispensabile per l’efficacia dei contatti tra gli Stati membri, che a loro volta sono cruciali per la cooperazione giudiziaria.

8 <http://help.ppa.coe.int/>

9 Si pensi, ad esempio, al materiale di studio prodotto dai diversi gruppi di lavoro della Rete (recommended training curricula) e dal progetto COPEN sulla cooperazione giudiziaria in materia penale <http://www.ejtn.net/en/CoPen-training/> Sono, inoltre, attualmente disponibili sul sito web della Rete (<http://www.ejtn.co.uk/ejtn/>) i seguenti corsi elearning: Understanding References for a Preliminary Ruling of the Court of Justice of the EU; Parental Responsibility and the Brussels II bis Regulation; The European Order for Payment Procedure; Creating a European Order for Uncontested Claims.

10 <https://e-justice.europa.eu/home.do?plang=it&action=home>

11 Delibera dell’assemblea plenaria del 22 maggio 2013.

12 Sui rapporti tra il C.S.M. e la Scuola nel settore della formazione decentrata della magistratura onoraria il Consiglio ha adottato, il 24 luglio 2013, specifica Risoluzione, con la quale ha, tra l’altro, avallato la previsione di un’unica struttura formativa in ambito decentrato.

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Delibera del 25 marzo 2015

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 25 marzo 2015, ha adottato la seguente delibera:

1. Premessa

Il CSM ha già manifestato, con il parere approvato con delibera del 9 ottobre 2014, sul decreto legge 12 settembre 2014, n. 132, approvato dal Consiglio dei Ministri nella riunione del 29 agosto 2014, concernente: “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile”, forte perplessità in ordine alla congruenza tra la riduzione del periodo feriale e la durata delle ferie dei magistrati, che non appaiono funzionali agli obiettivi che il legislatore si è posto con la L n. 162/2014 per la definizione dell’arretrato in materia civile. La riduzione feriale non soltanto non pare in alcun modo assicurare una maggiore funzionalità ed efficienza della giustizia, ma addirittura potrebbe risultare controproducente, limitando gli spazi temporali finora dedicati anche al lavoro di maggiore impegno, seppur formalmente feriali, tanto per i magistrati quanto per gli avvocati. Si evidenziava che non appariva chiaramente individuabile il tipo di intervento sul numero dei giorni di ferie per i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie, auspicava una modifica in corso di conversione del decreto legge in modo da rendere riconosci bue ed applicabile i concreto la solo manifestata volontà di ridurre il numero dei giorni di ferie, avvertendo che in mancanza ci si sarebbe trovati di fronte ad un testo normativo contradditorio e di difficile interpretazione. Come noto, nessuna modifica è stata effettuata nonostante le richieste formulate anche dopo l’approvazione della legge di conversione.Occorre a questo punto che il Consiglio superiore della magistratura applichi il sistema normativo di riferimento, ai fini della circolare sulle ferie dei magistrati, delle valutazioni di professionalità, dell’organizzazione degli uffici e delle indicazioni da fornire per le tabelle feriali.La prospettiva nella quale si muove è esclusivamente quella di valutare, nell’ambito delle proprie competenze, le misure che possano assicurare l’efficienza della giurisdizione ed un adeguato servizio ai cittadini, nonché il diritto del magistrato al godimento effettivo delle ferie. Resta il dato che le ferie vanno autorizzate dai dirigenti degli uffici e che eventuali contestazioni in ordine al godimento del diritto soggettivo andranno valutate in sede giurisdizionale.

2. Una valutazione preliminare: la portata dell’intervento normativo, l’interpretazione dell’art. 16 D.L. n. 132 del 2014 e la attuale vigenza dell’art. 90 Ord. giud.

L’art. 16 del D.L. n. 132 del 2014, convertito con la legge 10 novembre 2014, n. 162, all’interno di una più articolata disciplina di revisione di alcuni istituti del processo civile, contempla una serie di interventi che si può assumere siano finalizzati ad incidere sui livelli di produttività ed efficienza del sistema giudiziario. La scelta tecnica di intervento della novella, volta ad agire sulla legge che ha modificato il testo dell’Ordinamento giudiziario, e non direttamente sulla norma primaria di riferimento in materia di ferie dei magistrati – art. 90 Ord. giud. – e la conseguente opzione di aggiungere un nuovo articolo (art. 8 bis), non espressamente prevedendo l’abrogazione del precedente art. 8, pongono seri problemi interpretativi, forieri di possibili ancora più significative conseguenze negative in tema di organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari.E’ stato sul punto richiesto un parere all’Ufficio Studi sulle conseguenze, in tema di organizzazione del lavoro, dell’art. 16, comma 4, D.L. 132/14 in materia di ferie dei magistrati, ed in particolare in termini di valutazione del rapporto tra gli artt. 8 e 8-bis. Va ribadito che non sussiste alcuna volontà di fornire una interpretazione “autentica” o, meglio, anche solo chiarificatrice della previsione normativa, quanto la doverosa adozione di strumenti che, in linea con l’obiettivo perseguito dallegislatore, ossia ….” realizzare una maggiore razionalizzazione dei tempi processuali in termini di rimodulazione del calendario giudiziario” ( come emerge dalla relazione tecnico normativa allegata al disegno di legge di conversione del decreto legge n. 132 del 2014), rendano immediatamente e pienamente efficaci gli interventi normativi adottati.Deve osservarsi che il comma 2 dell’art. 16 ha introdotto dopo l’art. 8 della legge 2 aprile 1979, n. 97, l’art. 8-bis, rubricato “Ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato”, secondo cui “Fermo quanto disposto dall’articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 937, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e procuratori dello Stato hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni”.L’articolo 8 della citata legge 2 aprile 1979, n. 87 dispone: Art. 8. (Ferie dei magistrati durante l’anno giudiziario) ” Il primo comma dell’articolo 90 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, modificato dall’articolo 2 della legge 28 luglio 1961, n. 704, e’ sostituito dal seguente: “I magistrati che esercitano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di quarantacinque giorni”.La nuova legge, dunque, ha posto una norma ulteriore, quella portata dall’articolo 8 bis , nell’ambito della legge 2 aprile 1979 n. 87, recante ” Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato”.Appare dunque doveroso fissare nel contenuto dei commi 1 e 2 dell’art. 16 DL 132/14 la base precettiva a cui … Gli organi di autogoverno delle magistrature e l’organo dell’avvocatura dello Stato competentedevono dare concreta efficacia – ed effettività – attraverso l’emanazione di strumenti e regole organizzative per i rispettivi uffici (giudiziari).Solo una lettura delle norme che consenta di ritenere adempiuto tale compito potrà trovare ingresso.Si stabilisce, al comma 1, che la sospensione dei termini processuali sarà contenuta in 31 giorni, decorrenti dall’1 al 31 agosto di ciascun anno, anziché in 46, come in precedenza stabilito. Il comma 2 dell’art. 16 introduce, poi, dopo l’art. 8, L. 2 aprile 1979, n. 97, l’art. 8-bis, rubricato “Ferie dei magistrati e degli avvocati e procuratori dello Stato”, secondo cui “Fermo quanto disposto dall’articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 937, – (in materia di c.d. festività soppresse, n.d.r.)- i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e procuratori dello Stato hanno un periodo annuale di ferie di trenta giorni”.Già dalla prima lettura emerge l’ambito nel quale deve operare il CSM, ossia la regolamentazione, alla luce dell’intervenuta riduzione del periodo di sospensione dei termini processuali, del calendario delle udienze e la garanzia della effettività delle ferie dei magistrati attraverso la predisposizione di regole organizzative che andranno nel dettaglio adottate e modulate dai dirigenti degli uffici. Un tale intervento è peraltro di particolare urgenza alla luce dell’intervenuta fissazione, a norma dell’art. 90 Ord. giud, del periodo di sospensione feriale fissato per l’anno in corso dal 27 luglio al 2 settembre 2015.Cionondimeno, mette conto soffermarsi su alcuni passaggi che hanno caratterizzato l’iter formativo del più volte richiamato DL fino alla emanazione della legge di conversione, in quanto se chiara appare la portata innovativa del primo comma e conseguentemente ben delineato è l’ambito di intervento rimesso al CSM dalla Legge per la realizzazione delle indicate finalità, assai meno lineariappaiono destinatari, finalità e dunque i confini di applicazione del secondo comma, o, se si preferisce, del nuovo art. 8 bis, che, di contro, potrebbe produrre notevoli effetti sulle misure organizzative conseguenti all’applicazione delle disposizioni del comma 1.Evidente, infatti, che la portata dell’intervento di normazione secondaria del CSM finalizzato al perseguimento del fine chiaramente espresso attraverso la previsione del primo comma, non potrà che risentire della interpretazione cui si accederà in relazione al rapporto tra l’art. 8 e l’art. 8 bis della L. 97/79. Peraltro appare opportuno sul punto ricordare che la vigente normativa consiliare in tema di ferie dei magistrati muove dal presupposto che il congedo ordinario debba essere normalmente goduto in coincidenza con il periodo feriale, con un tendenziale collegamento tra il periodo feriale dei magistrati e la sospensione dei termini processuali ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 7 ottobre 1969, n. 742.Già in occasione del parere espresso dal CSM con delibera in data 9 ottobre 2014 ai sensi dell’art. 10 della legge n. 195 del 1958 sul testo del DL, si formulava l’auspicio che il legislatore intervenisse con un opportuno chiarimento in sede di conversione, diversamente non potendosi cheaderire ad una rigorosa e testuale applicazione del testo di Legge.

L’Ufficio studi in occasione della redazione del richiamato parere, in sintesi, ha osservato che:– l’art. 8, L. n. 97/1979 intitolato “Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordinari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato”, ha ridotto – attraverso la sostituzione dell’art. 90, comma 1, Ord. giud. – il periodo feriale di tutti i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie a quarantacinque giorni;- l’espresso riferimento, nel testo dell’art. 90, ai magistrati “che esercitano funzioni giudiziarie”, fa sì che gli appartenenti all’Ordine giudiziario che si trovino fuori dal ruolo organico della magistratura o che stiano svolgendo il tirocinio iniziale, fruiscano del più ridotto periodo di 30 giorni di ferie annuali, a tal fine facendosi ricorso alla disciplina prevista, in via generale, per i pubblici dipendenti, estensibile ai magistrati in forza della clausola di rinvio prevista dall’art. 276, comma 3, Ord. giud..- la singolarità della disciplina riservata ai magistrati addetti a funzioni giudiziarie trova spiegazione, secondo la dottrina “nella specificità propria del servizio svolto dal magistrato, nel suo stretto collegamento con l’attività professionale forense, nella prevalente impossibilità di organizzarlo in schemi orari prefissati”;

a) una prima possibile opzione ermeneutica, è, dunque, quella secondo cui la regolamentazione che scaturisce dall’introduzione dell’art. 8-bis potrebbe consentire la coesistenza dell’art. 90 Ord. giud., dedicato ai soli “magistrati che esercitano funzioni giudiziarie”, che non è stato espressamente abrogato, e della norma di nuovo conio, che avrebbe cioè un ambito di applicazione ulteriore e più generale;- ne conseguirebbe la necessità di coordinare un precetto di portata generale, quello contenuto nel nuovo art. 8-bis, con altro, preesistente, riservato formalmente ad un sottoinsieme di una delle categorie elencate nella medesima norma;- un risultato ermeneutico che, attraverso una interpretazione logico-letterale prettamente formale, porterebbe a ritenere sottratti “magistrati che esercitano funzioni giudiziarie” dal novero dei soggetti per i quali il periodo feriale è portato a 30 giorni, in coerenza con le più volte evidenziate specificità del lavoro giurisdizionale;

b) altra interpretazione, fondata sul piano teleologico:– porta a ritenere la norma come proiettata chiaramente su una traiettoria di ampliamento dei tempi di lavoro proprio del personale magistratuale in ruolo, e ciò anche attraverso la compressione del monte giornaliero feriale;- esclude che la portata innovativa della novella sia rivolta solo agli avvocati e procuratori dello Stato, ai quali l’art. 58 R.D. n. 1612/1933 garantiva, sino ad ora, un periodo annuale di ferie di giorni 45,- ritiene, pertanto preferibile l’esegesi dell’art. 8-bis quale norma comportante l’abrogazione, per incompatibilità, dell’art. 90, 1° comma, Ord. giud..

Dunque, due tesi: la prima che si pone di fronte al testo di legge e verificatane la razionalità – pur nelle numerose riserve derivanti dalla tecnica redazionale utilizzata – dà piena attuazione alla sua espressa portata precettiva, l’altra, che attraverso una interpretazione sistematica e teleologica e l’applicazione dei canoni di razionalità ed economicità dei mezzi giuridici ritiene che l’art. 8 bis abbia abrogato l’art. 8 e conseguentemente che anche per tutti i magistrati ordinari il monte ferie sia ridotto a 30 giorni.Molti altri sono gli argomenti che militano in favore dell’una (su tutti, la coesistenza delle due norme nell’ordinamento giuridico si fonda sul rapporto di specialità della seconda rispetto alla prima: la norma di cui all’articolo 90 O.G. regolerebbe infatti in modo differente il periodo di ferie di cui deve godere una parte di una delle categorie di magistrati e avvocati dello Stato contemplate dall’altra norma, l’articolo 8 bis legge cit., e ciò farebbe a cagione delle funzioni svolte dai soggetti interessati: le funzioni giurisdizionali ordinarie) o dell’altra tesi interpretativa (la ratio legis per come desunta dalla relazione di accompagnamento, la relazione tecnica, l’analisi tecnico-normativa al disegno di legge di conversione).

Ma un punto appare fuori discussione: la regolamentazione che scaturisce dall’introduzione dell’art. 8-bis vede la formale coesistenza dell’art. 90 ord. giud., dedicato ai soli “magistrati che esercitano funzioni giudiziarie”, che non è stato espressamente abrogato, e della norma di nuovo conio, che ha un ambito di applicazione assai più ampio.Non solo. La norma non si limita ad introdurre la nuova disposizione ma afferma che questa espressamente si aggiunge a quella vigente: …” Dopo l’art. 8 è aggiunto il seguente: “art. 8 bis”

Dunque, la disposizione contenuta nell’art. 90 dell’Ordinamento giudiziario non èespressamente modificata dal decreto-legge e continua a prevedere 45 giorni di ferie per anno, con specifico riguardo ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie (illuminante sul punto la nota tecnica dell’Ufficio studi della Camera, a conferma di una volontà del legislatore che si è formata ben a conoscenza delle questioni tecniche di formazione della norma, nonché il recente disegno di legge a firma Buemi che si propone di ridurre a 30 i giorni di ferie per i magistrati che esercitano funzioni giudiziarie).

Di fronte a tale formulazione della legge – ed in assenza del più volte invocato intervento chiarificatore del Legislatore – appare difficile ricorrere a criteri interpretativi di ordine sistematico – teleologico e di c.d. economia dei mezzi – i quali, nel caso in esame, in quanto criteri residuali, in ossequio a principi generali, possono trovare ingresso solo in assenza di espressa previsione normativa.

3. Il decreto del Ministero della giustizia di determinazione della sospensione feriale.

In data 13 gennaio 2015 il Ministero della giustizia ha emanato un decreto nel quale determina il periodo di feriale fra il 27 luglio ed il 2 settembre 2015. Si tratta, quello dell’indicazione del periodo feriale, di un potere attribuito al Ministro dall’art. 90 ord giud. che nel caso di contrarietà a legge, va impugnato nelle forme dei ricorsi giurisdizionali da parte di chi vi ha interesse. Sul punto il C.S.M. non può che prendere atto di tale intervento ministeriale, attendere l’esito dell’eventuale intervento del giudice competente, e riservarsi ogni ulteriore iniziativa.

Dunque per il 2015, il periodo feriale è determinato fra il 27 luglio ed il 2 settembre.

Deve premettersi che tale indicazione non osta in linea di principio con il riconoscimento di 45 gg.. di ferie ai magistrati, perché, nel corso del tempo, già vi sono stati periodi di mancata coincidenza fra il numero dei gg. di ferie riconosciuti ai magistrati ed il periodo feriale determinato dal Ministro con decreto. Ciò accadeva per esempio nel periodo tra l’anno 1969 e l’anno 1979 allorquando non vi era coincidenza tra la sospensione feriale (della durata di quarantacinque giorni)e le ferie dei magistrati (della durata di sessanta giorni).

Si tratterebbe dunque di ritenere il periodo feriale fissato dal Ministro come il periodo in cui va goduta la maggior parte delle ferie, come già riconosciuto nella normazione secondaria consiliare, e conseguentemente determinare le modalità di fruizione dei residui quindici giorni di ferie e degli altri quattro giorni di c.d. “festività soppresse”, in modo tale da garantire la continuità di funzionamento del servizio giudiziario, individuando delle “fasce di fruibilità” privilegiate, che – per evidenti ragioni organizzative – devono di regola coincidere con la settimana immediatamente antecedente all’inizio del periodo feriale e la settimana immediatamente successiva, durante le quali l’attività degli uffici giudiziari deve limitarsi alle urgenze allo scopo di consentire l’ordinata definizione e ripresa delle attività giudiziarie.Al tempo stesso va rilevato che l’esperienza di gran lunga prevalente in questo contesto, dal punto di vista normativo è stata nel nostro ordinamento quella della stretta correlazione fra il numero di giorni di ferie spettanti al singolo magistrato ed il periodo feriale, ed ha radici storiche risalenti, tanto che l’art. 3 del decreto luogotenenziale n. 1353 del 23.8.1917, contenente le norme di attuazione della legge n. 356 del 30.3 .1916, fissava il principio che nelle tabelle feriali dovesseessere indicato il <periodo delle ferie> determinato con decreto ministeriale, che poteva avere inizio non prima di luglio e terminare non dopo il mese di ottobre; nelle stesse tabelle doveva indicarsi il <periodo di riposo> per i magistrati in servizio durante le ferie, periodo che doveva <essere assegnato in modo tale che non derivino difficoltà al regolare andamento del servizio, e con preferenza nel bimestre che segue immediatamente al periodo feriale>.

Nel tempo, con l’eccezione sopra riportata, può essere riscontrata una relazione storica di continenza o di coincidenza fra il periodo di sospensione dei termini feriali (periodo fissato dal legislatore dapprima in giorni 90, poi in 60, poi in 45 dal 1° agosto al 15 settembre ed ora ridotto dal 1° al 31 agosto di ogni anno) e il monte ferie spettante ad ogni magistrato. Analogamente, anche il CSM con le deliberazioni in tema di ferie ha affermato il principio che oggi si legge in circolare n. P. 10588 del 22 aprile 2011 al punto 1: Il congedo ordinario deve essere normalmente goduto dal magistrato continuativamentein coincidenzacon il periodo feriale fissato al principio di ogni anno ai sensi dell’art. 90 RD 12/1941.

Preso dunque atto che il periodo feriale è stato individuato fra il 27 luglio ed il 2 settembre 2015 e che, in base all’indicazione ministeriale, è stato ritenuto consistente in trenta giorni il monte ferie per i magistrati ordinari (oltre i quattro giorni per le cd. festività soppresse e due aggiuntivi al congedo ordinario), in attesa degli esiti dei ricorsi giurisdizionali e delle ulteriori valutazioni di questo Consiglio, non può più differirsi l’intervento organizzatorio delegato dal legislatore all’organo di autogoverno, in ragione dell’inizio dell’annualità 2015 e dunque della necessità di offrire con urgenza ai dirigenti degli uffici giudiziari ed ai magistrati gli strumenti di normazione secondaria necessari per la predisposizione del cd. piano ferie annuale.

Non di meno, non può esimersi il Consiglio, in questa sede, dall’esprimere ulteriormente rammarico per l’omesso intervento legislativo, già inutilmente sollecitato, oltre che dal ribadire la necessità che il legislatore intervenga con chiarezza, anche al fine di evitare un contenzioso facilmente prevenibile con una norma correttiva.

Vanno dunque attuate le misure organizzative delegate dal legislatore al Consiglio, tese a rendere effettiva la fruizione dei giorni di congedo, come per altro richiesto dall’art. 16 c. 4 delle legge citata.

4. Le norme organizzative.

Il parere reso dal Consiglio il 9 ottobre 2014, in ordine al decreto legge 132/14, ed il citato parere dell’ Ufficio Studi, quanto alle misure organizzative conseguenti alla riduzione del periodo di ferie, ha ravvisato la possibilità per il Csm, in assenza di utili indicazioni a livello di normazione primaria, di dare indicazione ai Capi degli uffici onde apprestare accorgimenti tali da consentire il pieno godimento del periodo feriale ai magistrati non di turno nello stesso, nonché al fine di elaborare un sistema di recupero dei giorni di ferie non godute dai magistrati impegnati nella redazione di atti urgenti.

Il richiamato parere ha, in particolare, evidenziato come il legislatore del 2014 si sia fatto carico della esigenza indicata e tale conclusione potrebbe essere desunta da elementi sistematici, quali l’ultimo comma dell’art. 16 del D.L., ben illustrato nella relazione di accompagnamento, nella quale si puntualizza che viene rimessa agli Organi di governo delle magistrature l’adozione di misure organizzative conseguenti all’applicazione della nuova norma, “in particolare quelle volte ad assicurare l’effettività del godimento del periodo di ferie come ridisegnato in questa sede”.

Deve, pertanto, ritenersi che il decreto legge abbia voluto innovare la conformazione strutturale della fattispecie, prevedendo un periodo feriale effettivo, cioè durante il quale non pendono in capo al magistrato obblighi lavorativi, con chiara soluzione di continuità rispetto al diritto vivente sino ad oggi inverato in una costante applicazione ed interpretazione e già sopra illustrato.

Deve prendersi atto con rammarico che il Legislatore non ha previsto una formale sospensione del decorso dei termini di deposito delle sentenze durante il periodo feriale. Non di meno, però, è certo che l’art. 16 cit., a seguito della situazione di fatto descritta, sia funzionale a garantire il principio di effettività delle ferie ed il recupero delle energie psicofisiche del magistrato, non potendo e dovendo più il periodo feriale essere destinato anche alla attività di studio o di redazione.

L’intervento del Consiglio superiore della magistratura potrà dispiegarsi in tre distinte direzioni.

Le prime due riguardano la valutazione del mancato rispetto dei termini di deposito per la sospensione delle attività lavorative durante il periodo feriale. Tale considerazione attiene, da una parte, al profilo disciplinare e dall’altra a quello delle valutazioni di professionalità. La terza l’aspetto organizzativo in senso proprio.

Sotto il primo profilo l’Ufficio studi, nel citato parere, ha giustamente osservato che la materia in questione, rientrando nelle competenze della Sezione disciplinare del C.S.M., costituisce oggetto di attività giurisdizionale e non amministrativa, insuscettibili di prescrizioni interpretative da parte dell’organo di autogoverno. Ma se non è possibile fornire indicazioni in ordine all’integrazione delle fattispecie disciplinari, si può sicuramente intervenire con disposizioni che attengono agli obblighi del magistrato durante il periodo feriale, precisando che non è tenuto ad alcuna attività lavorativa e, in particolare di redazione dei provvedimenti. In relazione alle valutazioni di professionalità con distinta delibera di competenza di altra commissione dovrà formularsi l’ipotesi di modifica della normativa secondaria nella stessa direzione che si è appena indicata.

Il terzo profilo appartiene alla disciplina organizzativa, oggetto specifico della presente deliberazione.

Ebbene la prima traccia di lavoro è fornita dai precedenti di questo Consiglio superiore, sempre nell’ottica della mancata fissazione nei periodi prossimi a quello feriale, di adempienti i cui termini vengano a scadere durante le ferie del magistrato.

Si richiama la circolare n. 4697 dell’1 giugno 1979 che prevede: “in particolare, per quanto riguarda i provvedimenti per i quali sono previsti termini di deposito, i dirigenti degli uffici avranno cura di graduare convenientemente il calendario ed i ruoli delle udienze durante il mese di luglio in modo da consentire il deposito dei provvedimenti stessi prima dell’inizio del periodo feriale. Per i magistrati che siano impegnati durante il periodo ordinario di ferie il periodo feriale sarà determinato tenendo conto delle esigenze dei singoli uffici. Anche per detti magistrati comunque dovranno essere adottati accorgimenti organizzativi idonei a garantire il godimento di quarantacinque giorni di riposo pieno”.

E ancora la delibera n. 3341 del 24 aprile 1982, il C.S.M. ha sottolineato “il potere dovere dei Capi degli uffici di fissare le udienze anche nel periodo immediatamente precedente a quello di inizio delle ferie, purché non comportino una limitazione del pieno godimento del diritto alle ferie stesse”.

L’indicazione va ora riaffermata e precisata, nel quadro normativo descritto e con l’ulteriore precisazione della relazione di accompagnamento al decreto, che ribadisce l’effettività delle ferie e dunque impone l’assunzione da parte dei dirigenti di modalità di scansione del calendario giudiziario in modo da garantire che i magistrati non siano costretti ad espletare attività lavorative durante le ferie.

La concreta disciplina da apprestarsi ha effetti integrativi e di modifica della circolare sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari, nella parte relativa al periodo feriale, ma con sostanziale valenza per tutti i periodi di ferie dei magistrati. Occorre dunque partire dal presupposto, da ribadire nella circolare ricognitiva delle ferie, che al magistrato in ferie non è richiesta alcuna attività lavorativa. Inoltre vanno idoneamente ed a tal fine programmate le udienze nei periodi immediatamente precedenti e successivi al periodo feriale.

Il godimento effettivo delle ferie richiede, infatti l’assenza di attività che comportino poi la redazione di provvedimenti i cui termini di deposito scadano nel periodo feriale. Allo stesso modo la necessaria attività di studio e preparazione preventiva dei processi giustificheranno una rimodulazione del calendario delle udienze nel periodo immediatamente successivo al periodo feriale stabilito dal Ministero della giustizia, al fine di evitare che detta attività venga compiuta nel periodo feriale. Del resto un calendario di udienze più flessibile, prima e dopo la pausa feriale, consentirà anche all’Avvocatura di poter gestire la fase a ridosso del periodo di sospensione dei termini feriali con maggiore disponibilità di tempo per predisporre gli atti in scadenza a ridosso del più breve periodo feriale.

Come opportunamente precisato dall’Ufficio Studi del CSM le misure di attuazione pratica devono tener conto della diversa articolazione del lavoro del magistrato in relazione alla funzione svolta, requirente o giudicante, ed al settore di assegnazione, penale o civile.

Mentre, infatti, per il giudice penale l’attività di incentra sul binomio udienza-sentenza, con lettura del dispositivo della decisione e successivo deposito il settore civile conosce accanto a questa tipologia, altra connessa non solo alla mancata lettura del dispositivo, ma anche svincolato dall’udienza in quanto agganciata a termini di deposito di atti di parte (art.190 c.p.c.).

A queste tipologie si aggiungono poi altri adempimenti di carattere urgente o del tutto peculiare (si pensi, per restare agli esempi dell’Ufficio studi, alla specificità degli adempimenti connessi all’esercizio delle funzioni in materia fallimentare, di sorveglianza o minorile).

Appare inopportuno addentrarsi un una specifica previsione casistica sempre inadeguata a prevedere tutte le ipotesi.

E’ sufficiente, al riguardo, stabilire un principio di cui occorre tener conto nella predisposizione delle misure organizzative da parte dei dirigenti degli uffici ovvero nella gestione del ruolo da parte del singolo giudice, così consentendo anche di rispettare l’autonomia delle differenti scelte, sviluppando e precisando quanto indicato nella citata circolare 4697 dell’1 giugno 1979. Occorre inoltre considerare tutelare e garantire l’espletamento delle attività urgenti che, però, qualora comportino provvedimenti con termini di deposito, devono essere assicurate mediante la predisposizione di opportuna turnazione (quali ad esempio: l’ufficio del giudice del lavoro, del giudice dell’esecuzione, del giudice fallimentare, del giudice tutelare, del giudice per le indagini preliminari e dell’udienza preliminare, del tribunale del riesame, del magistrato di sorveglianza).

Gli stessi principi, con gli opportuni adattamenti, vanno estesi ai magistrati che esercitano la funzione requirente e di legittimità.

Dunque, i dirigenti degli uffici giudiziari, sulla base delle indicazioni provenienti dal Consiglio superiore della magistratura dovranno predisporre misure organizzative utili a rendere effettiva la fruizione del periodo di ferie come determinato dal Ministero della giustizia.

In particolare deve innanzitutto disporsi:

1) Al fine di garantire l’effettività del godimento delle ferie, i Dirigenti degli uffici giudiziari, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, programmeranno il calendario ed i ruoli delle udienze del mese di luglio in modo da prevedere un congruo periodo per consentire il deposito dei provvedimenti e le ulteriori attività connesse prima dell’inizio del periodo feriale stabilito con decreto del Ministero della giustizia, nonché il calendario ed i ruoli delle udienze delle prima metà del mese di settembre in modo da consentire lo studio degli atti e la preparazione delle udienze. Ulteriori accorgimenti organizzativi dovranno essere previsti anche per i magistrati che godranno di parte delle loro ferie in periodi diversi da quello feriale;

2) i dirigenti degli uffici dovranno prevedere una tabella feriale conseguentemente più estesa che tenga conto delle determinazioni assunte in ordine alla disposizione precedente, nella quale scadenzare in ogni caso i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze ed i provvedimenti urgenti ed indifferibili, in maniera tale da garantire l’effettività del godimento delle ferie anche ai magistrati che esercitino funzioni naturalmente connesse con le urgenze ed i turni di reperibilità (es. Gip, Procure, Tribunale del Riesame, Giudice Tutelare, ecc. );

3) occorre predisporre nell’ambito dei progetti tabellari e dei documenti organizzativi degli uffici requirenti, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, con provvedimento da trasmettere al Consiglio giudiziario ed al C.S.M. per l’approvazione, le misure organizzative idonee a garantire il recupero delle energie lavorative da parte dei magistrati impegnati nei turni nei giorni festivi e nelle ore notturne, da fruire tenendo conto delle esigenze dell’ufficio e della programmazione del lavoro del magistrato. Particolare rigore nell’assicurare tale recupero, dovrà essere assicurato ai magistrati del Pubblico ministero impegnati nei turni notturni (es. programmazione di un giorno di recupero delle energie chenon preveda l’espletamento di attività che richiedono la presenza in ufficio). In sede di prima attuazione di tale normativa i dirigenti degli uffici predisporranno entro 30 gg dalle presente circolare le relative variazioni tabellari o dei documenti organizzativi;

4) occorre prevedere, sia per giudici che per pubblici ministeri, che, tenuto conto della naturale flessibilità dell’orario di lavoro dei magistrati, il sabato impone la presenza in ufficio esclusivamente per assicurare udienze e turni calendarizzati o attività urgenti ed indifferibili.Sulla base di tali considerazioniLetto l’art. 16 co. 4 D.L. n. 132 del 2014, convertito con la legge 10 novembre 2014, n. 162, il Consiglio superiore della magistratura delibera di:

a) prendere atto del decreto del Ministero della giustizia del 13 gennaio 2015 con il quale è fissata la sospensione feriale nel periodo dal 27 luglio al 2 settembre;

b) disporre che – al fine di garantire l’effettività del godimento delle ferie – i Dirigenti degli uffici giudiziari, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, programmeranno il calendario ed i ruoli delle udienze del mese di luglio in modo da prevedere un congruo periodo da destinare al deposito dei provvedimenti e alle ulteriori attività connesse prima dell’inizio del periodo feriale stabilito con decreto del Ministero della giustizia, nonché il calendario ed i ruoli delle udienze del mese di settembre in modo da prevedere un congruo periodo da destinare allo studio degli atti e alla preparazione delle udienze. Ulteriori accorgimenti organizzativi dovranno essere previsti, per la stessa finalità, anche per i magistrati che godranno di parte delle loro ferie in periodi diversi da quello feriale, tenendo conto delle esigenze dell’ufficio;

c) disporre che i dirigenti degli uffici dovranno prevedere una tabella feriale conseguentemente più estesa in ragione delle determinazioni assunte per effetto di quanto indicato nella lettera precedente. I dirigenti dovranno in tale periodo scadenzare i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze ed iprovvedimenti urgenti ed indifferibili, in maniera tale da garantire l’effettività delgodimento delle ferie anche per i magistrati che esercitino funzioni naturalmenteconnesse con le urgenze ed i turni di reperibilità (es. Gip, Procure, Tribunale del Riesame, Giudice Tutelare, ecc. );

d) richiedere ai dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti di predisporre nell’ambito dei progetti tabellari e dei documenti organizzativi degli uffici requirenti, sentiti in apposita riunione i magistrati dell’ufficio, con provvedimento immediatamente esecutivo da trasmettere al Consiglio giudiziario ed al C.S.M. e sottoposto ad approvazione in caso di osservazioni, le misure organizzative idonee a garantire il recupero delle energie lavorative da parte dei magistrati impegnati nei turni nei giorni festivi e nelle ore notturne, da fruire tenendo conto delle esigenze dell’ufficio e della programmazione del lavoro del magistrato. In sede di prima attuazione di tale normativa i dirigenti degli uffici predisporranno entro 30 gg. dalla presente circolare le relative variazioni tabellari o dei documenti organizzativi;

e) evidenziare, sia per i giudici che per i pubblici ministeri, che la giornata del sabato impone la presenza in ufficio esclusivamente per assicurare udienze e turni calendarizzati, o attività urgenti sopravvenute ed indifferibili;

Risulta conseguentemente modificato l’art. 12 della “Circolare sulla formazione delle tabelle diorganizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2014/2016”

12. – Periodo feriale

12.1 – I dirigenti degli uffici devono comunicare al Presidente della Corte di appello il prospetto di organizzazione del lavoro per il periodo feriale, rispettivamente per ogni anno, entro il 20 aprile 2014, 2 maggio 2015 e il 20 aprile 2016.

12.2 – Nella redazione del prospetto deve tenersi conto della specifica programmazione del calendario delle udienze in concreto attuato nel mese di luglio e di settembre e del congruo ed ulteriore periodo stabilito dai dirigenti degli uffici prima e dopo il periodo feriale per assicurare il pieno ed effettivo godimento delle ferie, determinando anche per tali periodi i turni di presenza dei magistrati per garantire le udienze, le attività e l’emissione dei provvedimenti urgenti ed indifferibili.

e devono essere osservati i seguenti criteri:

a) va evitata, salve particolari e motivate esigenze, una ripartizione del periodo feriale con turni inferiori ad una settimana;

b) la scelta dei magistrati in servizio nel periodo feriale va operata assicurando una equa rotazione, avuto riguardo anche ai turni previsti per le annualità precedenti, tra tutti i magistrati ed assicurando la presenza in servizio per ciascun settore di magistrati ordinariamente destinati allo svolgimento delle stesse funzioni che devono espletare nel periodo feriale; per lo svolgimento di funzioni monocratiche penali restano fermi i limiti stabiliti dal paragrafo 39.4, 39.5 e 39.6;

c) il numero dei magistrati in servizio nel periodo feriale va determinato in misura tale da assicurarela funzionalità dell’ufficio;

d) i prospetti devono indicare, altresì, i magistrati che, in caso di astensione, ricusazione o impedimento di quelli destinati ad espletare servizio nel periodo feriale, sono chiamati a sostituirli.

12.3 – Il Presidente della Corte di appello, ricevute le proposte indicate al paragrafo 12.1, elabora i prospetti feriali. Si applica la procedura prevista per la formulazione della proposta tabellare; ma il prospetto diviene provvisoriamente esecutivo dopo il parere favorevole del Consiglio giudiziario.I prospetti, con il parere e la documentazione allegata, devono pervenire al Consiglio superiore della magistratura entro il 10 maggio di ciascun anno ed entro il 20 maggio per il solo anno 2015.

12.4. – Salvi i casi di imprescindibili esigenze di ufficio, non altrimenti fronteggiabili, è vietato il richiamo in servizio di magistrati non compresi nel prospetto feriale, né indicati ai sensi del par. 12.2, lett. d).

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Delibera del 9 maggio 2012

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 9 maggio 2012, ha adottato la seguente delibera:

“1. – I Procuratori della Repubblica presso i Tribunali di …, … e …, con nota congiunta dell’8 novembre 2011, hanno segnalato quanto segue:<<L’articolo 21, comma 1, della circolare in oggetto (ndr Circolare su applicazioni, supplenze, tabelle infradistrettuali e magistrati distrettuali adottata con delibera del 21 luglio 2011) esclude ogni possibilità di applicazione endodistrettuale per i magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità. Tale disposizione, ponendo un radicale divieto, non consente di utilizzare in alcun modo i magistrati vincitori di concorso per un tempo superiore ai quattro anni dalla nomina, peraltro senza fare alcuna distinzione fra il caso di applicazione “a tempo pieno” ad altro ufficio e molti altri che da quest’ultimo differiscono, a seconda dei modi e dei tempi prescelti.Il mutato atteggiamento del Legislatore, denotato dalla recente novella con cui è stato riformulato il disposto di cui all’art. 13 del Dlgs n. 160/2006, che consente ai magistrati di prima nomina di assumere le piene funzioni requirenti e quelle monocratiche penali (entro i confini tracciati dall’art. 550 c.p.p.) fin dal momento di prima destinazione, cioè ben prima del conseguimento della indicata valutazione di professionalità, permette di sottoporre all’attenzione di codesto On. Consiglio l’opportunità di provvedere alla eliminazione, totale o parziale, delle limitazioni poste dalla norma regolamentare in oggetto indicata…..>>

2. – Le problematiche rappresentate nella nota sopra riportata meritano di essere vagliate al fine di modificare le disposizioni della normativa secondaria in materia di applicazioni, tenuto conto anche del mutato quadro legislativo in ordine alla destinazione dei magistrati di prima nomina che esercitano le funzioni giudicanti.L’art. 1 della legge 31 ottobre 2011 n. 187 (Disposizioni in materia di attribuzione delle funzioni ai magistrati ordinari al termine del tirocinio) così statuisce:“”” 1. Il comma 2 dell’articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, e` sostituito dal seguente: «2. I magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, salvo che per i reati di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalita`»”””.Il legislatore, facendosi carico dei problemi che più volte erano stati segnalati anche da questoConsiglio (si veda tra le più recenti delibere quella del 27 luglio 2011 su Limiti legislativi alle funzioni esercitabili dai magistrati di primo incarico – Proposta di abrogazione degli artt. 9 bis e 13, comma 2, del decreto legislativo 160/06), relativi alle difficoltà di operatività di numerosi uffici giudiziari, soprattutto di piccole dimensioni, ha ritenuto di superare il divieto generale originariamente previsto dal comma 2 dell’articolo 13 del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160, che statuiva che i magistrati ordinari al termine del tirocinio (MOT) non potessero essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.Con la nuova norma si è consentito agli uffici giudicanti di primo grado, che vedono una presenza prevalente di magistrati al primo incarico e che non hanno conseguito la prima valutazione di professionalità, di operare in maniera efficiente nel settore penale, consentendo ai citati magistrati la trattazione di processi di competenza monocratica di minore complessità. In virtù dei recenti interventi del legislatore, peraltro, si può procedere all’assegnazione dei magistrati ordinari in tirocinio senza tener conto del vincolo imposto dall’articolo 37, comma 21, legge di stabilità luglio 2011, evidentemente congegnato in funzione derogatoria parziale al disposto dell’art. 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006 n. 160. La lettura in combinato disposto delle norme citate limitava l’esercizio delle funzioni monocratiche penali giudicanti e requirenti ai MOT destinati ad uffici giudiziari con scoperture superiori al 30%. L’abrogazione del secondo comma del suddetto articolo 13 ha escluso il rilievo del limite percentuale del 30%, conseguendo la possibilità di destinare i MOT a tutti gli uffici requirenti e a quelli giudicanti con funzioni monocratiche penali nell’ambito di una competenza per i reati di cui all’art. 550 del codice procedura penale, rimanendo immutato il divieto di destinare i MOT all’esercizio delle funzioni di GIP/GUP.La stessa ratio che ha portato il legislatore ad intervenire sulla normativa citata, ovvero dare concreti strumenti di operatività a uffici giudiziari con carenze di organico e con presenza prevalente di giovani magistrati, induce a rivedere la scelta consiliare di limitare la possibilità di destinare in applicazione endodistrettuale ed extradistrettuale i magistrati che non hanno conseguito la prima valutazione di professionalità.Tale scelta è stata fatta con la nuova disciplina in materia di applicazioni prevista dalla Circolare su applicazioni, supplenze, tabelle infradistrettuali e magistrati distrettuali (Circolare n. P. n. 19197 del 27 luglio 1011- Delibera del 21 luglio 2011).Al paragrafo 21.1, in materia di applicazioni endodistrettuali, si è statuito che “possono essere destinati in applicazione tutti i magistrati in servizio, esclusi i magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità.”Analogamente per le applicazioni extradistrettuali su disponibilità, il paragrafo 31.1 statuisce che“possono essere destinati in applicazione tutti i magistrati in servizio, esclusi i magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità.”Il paragrafo 34. 1, n. 3, nel disciplinare i criteri di scelta del magistrato da destinare in applicazione, prevede che “non possono essere applicati ad un altro distretto magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità”.Infine, il paragrafo 39.2, in materia di applicazioni extradistrettuali d’ufficio, nel disciplinare i criteri di scelta del magistrato da applicare, prevede all’ultimo capoverso che: “All’interno dell’ufficio viene applicato il magistrato con minore anzianità nel ruolo fra quelli in possesso della prima valutazione di professionalità.”Ma il tema generale della mobilità dei magistrati, attuato anche con l’istituto della applicazione, richiede allo stato attuale una rinnovata analisi finalizzata all’individuazione di tutte le modalità di intervento idonee a fronteggiare la difficile situazione in cui versano numerosi uffici giudiziari in ragione di plurimi fattori, tra i quali particolarmente significativi sono stati il rallentamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di nuovi magistrati e le scelte operate in materia di collocamento a riposo, con un bilancio finale negativo in ordine alle gravi carenze delle piante organiche, in una fase storica che, di contro, vede una forte crescita della domanda di giustizia.

3. – Il Consiglio, argomentando sulla disciplina in materia di tabelle infradistrettuali, si è già fatto carico del problema, conseguente alle gravi carenze di organico che caratterizzano molti uffici giudiziari, del cospicuo aumento delle richieste di applicazione endodistrettuale, tanto da esigere un sistema di più elastica mobilità interna ai singoli distretti, al fine di evitare la sottrazione, per unlasso temporale spesso non trascurabile, di magistrati agli uffici di provenienza.Con delibera dell’8 febbraio 2012 si è chiarito, rispondendo a un quesito, che l’esclusione dei magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità dall’inserimento nelle tabelle infradistrettuali ai fini della coassegnazione non trova riscontro né nella normativa primaria né in quella secondaria, sicché il magistrato che non abbia conseguito la prima valutazione diprofessionalità può essere destinato in coassegnazione ad altro ufficio del distretto, in esecuzione delle previsioni contenute nelle tabelle infradistrettuali, solo dopo il decorso del primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità.Peraltro, nella stessa normativa prevista dalla Circolare su applicazioni, supplenze, tabelle infradistrettuali e magistrati distrettuali (Circolare n. P. n. 19197 del 27 luglio 1011  – Delibera del 21 luglio 2011) per l’istituto della supplenza si è previsto al paragrafo 4.2 che “non possono essere destinati in supplenza i magistrati professionali con qualifica inferiore alla prima valutazione salvo che non sia possibile provvedere con magistrati di qualifica superiore.”.Le ragioni che hanno determinato il Consiglio a privilegiare la scelta di magistrati da applicare o da destinare in supplenza tra quelli che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità discende dall’esigenza di non distogliere i giovani magistrati dall’attività di primo consolidamento professionale, con salvaguardia del patrimonio di conoscenze acquisito nel corso del tirocinio formativo e con l’acquisizione di capacità tecniche, organizzative e relazionali nell’ambito di un determinato contesto lavorativo.Con delibera plenaria del 20 aprile 2011, il Consiglio, ribadendo un orientamento espresso in passato con delibera del 22 luglio 1998 e rispondendo negativamente al quesito sulla possibilità, anche in presenza di diffusi vuoti di organico negli uffici omogenei del medesimo distretto, di disporre l’applicazione (all’epoca extradistrettuale ed ora anche endodistrettuale) di magistrati di prima nomina antecedentemente al conseguimento della prima valutazione di professionalità, hachiarito che l’esclusione di tali magistrati trova giustificazione – al di là del tenore letterale dell’attuale formulazione dell’art. 110 O.G. (che nulla dispone sul punto) – in ragioni di opportunità, atteso che esigenze di stabilità nell’ufficio e di continuità nella formazione del magistrato di prima nomina sconsigliano la destinazione temporanea ad altri uffici.Tali ineludibili esigenze, tuttavia, possono essere soddisfatte anche con un sistema che, da una parte, consenta di garantire l’inamovibilità del magistrato di prima nomina per un periodo congruo dal momento della presa di possesso dell’ufficio al quale è stato destinato e che, dall’altra, analogamente a quanto previsto nell’istituto della supplenza, preveda il ricorso all’applicazione del magistrato che non ha conseguito la prima valutazione di professionalità solo come subordinato all’impossibilità di destinare in applicazione magistrati più anziani, impossibilità che deve essere motivata in maniera dettagliata e puntuale.Sotto il primo profilo va rilevato che l’attuale disciplina del tirocinio impone uno stretto rapporto, nel corso del primo anno di funzioni, tra il magistrato di prima nomina ed il tutor, scelto tra i magistrati dell’ufficio di prima destinazione. Tale rapporto potrebbe essere, se non escluso, quantomeno compromesso qualora il magistrato di prima nomina fosse destinato in applicazione.Se ne può trarre la conclusione che il magistrato che non abbia conseguito la prima valutazione di professionalità può essere destinato in applicazione ad altro ufficio del distretto o di altro distretto solo dopo il decorso del primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità.A salvaguardia sempre delle esigenze di formazione e consolidamento dell’esperienza professionale del magistrato che non abbia conseguito la prima valutazione di professionalità, si deve rafforzare la previsione del limite della “medesima competenza”, ovvero la possibilità di applicare il magistrato in altro ufficio solo per svolgere le stesse funzioni esercitate in quello di provenienza, con salvaguardia del patrimonio di conoscenze acquisito nel corso del tirocinio formativo, in linea peraltro con quanto già previsto in via generale dalla Circolare per la scelta del magistrato da applicare.Il paragrafo 25.2 lettera c), nel disciplinare i criteri di scelta del magistrato da destinare in applicazione endodistrettuale, prevede che “devono essere preferiti magistrati che ordinariamente esercitano gli stessi compiti che sono chiamati a svolgere presso l’ufficio di destinazione, in base all’ordine inverso di anzianità.”Così, analogamente, il paragrafo 34.1, nel disciplinare la scelta tra i magistrati che si trovino in eguale situazione, sancisce che l’individuazione è operata tenendo conto, in ordine gradato: a) delle rispettive attitudini specifiche desumibili dalle loro esperienze giudiziarie con riferimento alle funzioni di destinazione; b) dell’anzianità nel ruolo.

Tanto premesso, il Consiglio

delibera

di apportare le seguenti modifiche alla Circolare su applicazioni, supplenze, tabelleinfradistrettuali e magistrati distrettuali (Circolare n. P. n. 19197 del 27 luglio 1011- Delibera del 21 luglio 2011):

1 . – Il paragrafo 21.1 è così sostituito:

” 21.1 – Salvo quanto precisato al paragrafo 30, possono essere destinati in applicazione tutti i magistrati in servizio. Nei casi in cui non sia possibile provvedere con magistrati di qualifica superiore, i magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità possono essere applicati solo dopo il decorso del primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità e per svolgere esclusivamente le stesse funzioni esercitate nell’ufficio di provenienza.”

2 . – Il paragrafo 31.1 è così sostituito:

” 31.1 – Salvo quanto precisato al paragrafo 40, possono essere destinati in applicazione tutti i magistrati in servizio. Nei casi in cui non sia possibile provvedere con magistrati di qualifica superiore, i magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità possono essere applicati solo dopo il decorso del primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità e per svolgere esclusivamente le stesse funzioni esercitate nell’ufficio di provenienza”

3. – Il paragrafo 34. 1 n. 3 è così sostituito:

” 3) possono essere applicati ad un altro distretto magistrati che non abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità, purché sia decorso il primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità, salvo che non sia possibile provvedere con magistrati di qualifica superiore e a condizione che siano destinati in applicazione extradistrettuale per svolgere esclusivamente le stesse funzioni esercitate nell’ufficio di provenienza;”

4. – Il paragrafo 39.2, ultimo capoverso, viene così sostituto:

“All’interno dell’ufficio viene applicato il magistrato con minore anzianità nel ruolo fra quelli in possesso della prima valutazione di professionalità ovvero, nel caso non si possa provvedere in tal modo, tra i magistrati che, pur non avendo conseguito la prima valutazione di professionalità, abbiano maturato il primo anno dalla presa di possesso nell’ufficio di titolarità ed esercitino le stesse funzioni di quelle da svolgere nell’ufficio destinatario dell’applicazione”.
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Circolari

Circolare n. 20691 del 8.10.2007

Capo IV

PARAMETRI DI VALUTAZIONE

1. I parametri normativi, cui occorre avere riguardo ai fini delle valutazioni di professionalità, sono individuati nella capacità, nella laboriosità, nella diligenza e nell’impegno.

  1. La capacità si desume:

– dalla preparazione giuridica e dal grado di aggiornamento;

– dal possesso delle tecniche di argomentazione e di indagine, anche in relazione all’esito degli affari nelle successive fasi e nei gradi del procedimento;

– dalla conduzione delle udienze da parte di chi le dirige o le presiede;

dall’idoneità a utilizzare e dirigere i collaboratori e gli ausiliari, nonché a controllarne l’apporto;

dall’attitudine a cooperare secondo criteri di opportuno coordinamento con altri uffici giudiziari aventi competenze connesse o collegate;

– dall’attitudine a svolgere funzioni di direzione amministrativa, anche con riferimento ai compiti di cui agli artt. 2, 3 e 4 del D.Lgs. n. 240/2006;

–  dall’idoneità ad attuare metodi di lavoro improntati alla sinergia ed al coordinamento con soggetti istituzionali terzi aventi un qualsiasi ruolo nell’attività giudiziaria;

– dal comprovato possesso di competenze interdisciplinari, di possibile rilievo nell’esercizio della funzione giurisdizionale.

– dalla capacità decisionale desunta dai tempi, dalla complessità, dall’adeguatezza e dalla congruità della decisione.

3.  La laboriosità si desume:

–   dalla produttività, intesa come numero e qualità degli affari trattati e come consistenza dell’attività’ istruttoria eseguita in rapporto alla tipologia ed alla condizione organizzativa e strutturale degli uffici ed in raffronto alla specificità ed eventuale varietà delle funzioni espletate;

–  dai tempi di smaltimento del lavoro;

–  dall’attività di collaborazione svolta nell’ufficio;

– dall’efficienza nell’attività di direzione amministrativa dell’ufficio comunque svolta.

4.  La diligenza si desume:

– dall’assiduità e dalla puntualità nella presenza in ufficio, nelle udienze e nei giorni stabiliti;

– dal rispetto dei termini per la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie;

– dalla partecipazione alle riunioni previste dall’ordinamento giudiziario per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell’evoluzione dellagiurisprudenza o, nell’ipotesi di presidenti di sezione e di coordinatori di gruppi di lavoro, dalla periodica convocazione di tali riunioni;

–  dal puntuale e corretto assolvimento di funzioni amministrative, anche di livello dirigenziale,comunque svolte.

5. L’impegno si desume:

– dalla disponibilità alle sostituzioni di magistrati assenti;

– dalla frequenza della partecipazione o nella disponibilità a partecipare ai corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, salvo quanto previsto dalla disposizione transitoria;

dalla collaborazione alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico.

Capo V

INDICATORI DEI PARAMETRI DI VALUTAZIONE

1. Gli indicatori dei parametri di valutazione hanno la funzione di consentire un giudizio analitico e completo, ancorato a criteri predeterminati, in ordine a ciascun parametro.

  1. In particolare:

a) gli indicatori della capacità sono costituiti:

dalla chiarezza, completezza espositiva e capacità di sintesi nella redazione dei provvedimenti giudiziari, in relazione ai presupposti di fatto e di diritto, nonché dalla loro congruità rispetto ai problemi processuali o investigativi affrontati, come accertati dall’esame degli atti acquisiti a campione nonché di quelli, eventualmente, prodotti dell’interessato; per i magistrati con funzione inquirente, inoltre, dall’impiego di corrette tecniche di indagine, desumibili dai suindicati atti nonché dal rapporto informativo del capo dell’ufficio relativamente alla generalità degli affari trattati; per i magistrati requirenti con funzioni di coordinamento nazionale, anche dalla capacità di rapportarsi in maniera efficace, autorevole e collaborativa con gli uffici giudiziari e i magistrati destinatari del coordinamento, desunta dal rapporto informativo del Procuratore Nazionale Antimafia; dalla complessità dei procedimenti e dei processi trattati, in ragione del numero delle parti e delle questioni giuridiche affrontate, come indicata dai dirigenti degli uffici o dai magistrati in valutazione;

dall’esito, nelle successive fasi e nei gradi del procedimento, dei provvedimenti giudiziari emessi o richiesti, relativi alla definizione di fasi procedimentali o processuali o all’adozione di misure cautelari, accertato attraverso la comunicazione dei dirigenti degli uffici e da valutarsi, ove presenti caratteri di significativa anomalia, anche alla luce del rapporto esistente tra provvedimenti emessi o richiesti e provvedimenti non confermati o rigettati, rapporto da valutarsi altresì avuto riguardo alla tipologia ed alla natura degli affari trattati ed alla evoluzione giurisprudenziale;

dalle modalità di gestione dell’udienza in termini di corretta conduzione o partecipazione, nel rispetto dei diritti delle parti, accertata dall’esame dei verbali acquisiti a campione nonché prodotti dell’interessato, dal rapporto dei dirigenti degli uffici o da eventuali segnalazioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; dal livello dei contributi in camera di consiglio; – dall’attuazione d’interventi efficaci, di natura organizzativa, relazionale, formativa, in sede di controllo sull’esecuzione della pena, ai fini del potenziamento del percorso di rieducazione della persona;

dall’attitudine del magistrato ad organizzare il proprio lavoro;

dalle conoscenze informatiche applicate alla redazione dei provvedimenti ed all’efficace gestione dell’attività giudiziaria;

dalle conoscenze interdisciplinari possedute, di possibile rilievo nello svolgimento dell’attività giudiziaria e per il suo più responsabile e razionale esercizio;

dall’aggiornamento dottrinale e giurisprudenziale dimostrato anche attraverso le pubblicazioni di provvedimenti giudiziari o di altri contributi aventi rilievo scientifico e le relazioni a convegni giuridici, inserite o comunque inseribili nel fascicolo personale del magistrato, e che abbiano comportato un arricchimento del lavoro giudiziario; dalle modalità di assolvimento di compiti e funzioni di direzione amministrativa dell’ufficio, con riferimento tra l’altro alla gestione delle risorse umane, all’amministrazione di mezzi e presidi strumentali; b) gli indicatori della laboriosità sono costituiti:

–   dal numero di procedimenti e processi definiti per ciascun anno in relazione alle pendenze del ruolo, ai flussi in entrata degli affari, e alla complessità dei procedimenti assegnati e trattati, verificati sulla base delle statistiche e dei dati forniti dai capi degli uffici ed eventualmente dai magistrati in valutazione;

–   dal rispetto degli standard medi di definizione dei procedimenti, determinati annualmente da questo Consiglio e comunicati, tramite una scheda individuale, ai magistrati in valutazione, ai capi degli uffici ed ai Consigli giudiziari nel termine di cui al capo XIII comma 1 ed individuati, salvo quanto previsto dalle disposizioni finali della presente circolare,anchedalla media statistica della produzione dei magistrati dell’ufficio di cui il magistrato sottoposto a valutazione fa parte ed assegnati a funzioni, sezioni, gruppi di lavoro omogenei a quest’ultimo. Tali standard medi vanno, comunque, valutati unitamente ed alla luce: della complessiva situazione organizzativa e strutturale degli uffici; dei flussi in entrata degli affari; della qualità degli affari trattati, determinata in ragione del numero delle parti o della complessità delle questioni giuridiche affrontate; dell’attività di collaborazione alla gestione dell’ufficio ed all’espletamento di attività istituzionali; dello svolgimento di incarichi giudiziari ed extragiudiziari di natura obbligatoria; di eventuali esoneri dal lavoro giudiziario; di eventuali assenze legittime dal lavoro diverse dal congedo ordinario;

– dal rispetto di tempi di trattazione dei procedimenti e dei processi, accertato attraverso i rapporti dei dirigenti degli uffici, le segnalazioni eventualmente pervenute dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente per territorio, le informazioni esistenti presso la Prima Commissione e presso la Segreteria della Sezione Disciplinare del Consiglio superiore, quelle inserite nel fascicolo personale del magistrato, nonché mediante la verifica della insussistenza di eventuali rilievi di natura contabile o di giudizi di responsabilità civile;

– dalla collaborazione prestata per il buon andamento dell’ufficio, anche su richiesta del dirigente o del coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro, e da questi segnalata;

–  dalla diversa attività, anche di direzione amministrativa dell’ufficio eventualmente svolta dalmagistrato;

e) gli indicatori della diligenza sono costituiti:

dal rispetto degli impegni prefìssati e dal numero di udienze tenute, in relazione a quanto stabilito dagli organi competenti, verificati sulla base dei dati forniti dai dirigenti degli uffici ed eventualmente dai magistrati in valutazione;

dal rispetto dei termini per la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di  attività giudiziarie,  accertato mediante l’esame dei  prospetti  statistici

comparati o  attraverso le indicazioni dei dirigenti degli uffici, da valutarsi alla luce della complessiva situazione degli uffici;

dalla costante partecipazione alle riunioni previste dall’ordinamento giudiziario per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell’evoluzione della giurisprudenza;

dalla    puntualità    e   tempestività    nello    svolgimento    di    compiti    di    direzione amministrativa dell’ufficio;

d) gli indicatori dell’impegno sono costituiti:

dalla disponibilità alle sostituzioni, in quanto riconducibili alle applicazioni e supplenze, previste dalle norme di legge e dalle direttive del Consiglio superiore;

dal numero di corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, salvo quanto previsto dalla norma transitoria, per i quali il magistrato abbia dato la disponibilità a partecipare o ai quali abbia effettivamente partecipato; dalla consistenza della collaborazione prestata su richiesta del dirigente dell’ufficio o del coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro, in ordine alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico, segnalata dai dirigenti degli uffici. 3. Fatti salvi i casi di cui al Capo XIII, puntol.bis,qualora nel quadriennio in valutazione risultino compresi periodi nei quali il servizio non sia stato effettivamente prestato, la valutazione dei parametri normativi andrà operata con riferimento agli elementi risultanti dalla autorelazione ovvero da altri atti o documenti eventualmente prodotti dall’interessato o acquisiti d’ufficio nel corso del procedimento.

Capo VI

DISCIPLINA APPLICABILE  PER I MAGISTRATI DESTINATI A  FUNZIONI NON GIUDIZIARIE

1. Le disposizioni che precedono si applicano anche ai magistrati destinati a funzioni non giudiziarie, in quanto compatibili, ivi compresi coloro per i quali il parere è formulato dal Consiglio di amministrazione del Ministero della giustizia.

2.  Il parere è espresso sulla base della relazione dell’Autorità presso cui gli stessi svolgono servizio,
illustrativa dell’attività svolta, e di ogni altra documentazione che l’interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla professionalità e che dimostri l’attività in concreto svolta.

Capo VII

DOCUMENTAZIONE   RELATIVA  ALLA   VALUTAZIONE   DI   PROFESSIONALITÀ’. FONTI DI CONOSCENZA.

1. La documentazione acquisibile ed utilizzabile ai fini della valutazione di professionalità è costituita:

dai rapporti dei dirigenti degli uffici;

dal rapporto informativo annuale del capo dell’ufficio relativamente all’andamento generale dell’ufficio;

dalle segnalazioni pervenute al Consiglio giudiziario o ai dirigenti degli uffici dal Consiglio dell’ordine degli avvocati competente per territorio;

dalle informazioni inserite nel fascicolo personale del magistrato;

dai verbali di audizione del magistrato;

dai verbali di seduta del Consiglio giudiziario;

da eventuali atti che si trovino nella fase pubblica di uno dei processi trattati dal magistrato in valutazione, acquisiti su specifica richiesta di un componente del Consiglio giudiziario;

dalla relazione del magistrato interessato illustrativa del lavoro svolto;

dalle informazioni esistenti presso la Prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura;

dalle informazioni disponibili presso la Segreteria della Sezione Disciplinare del Consiglio superiore della magistratura;

dalle informazioni disponibili presso il Ministero della giustizia e contenute nelle relazioni ispettive. E’ altresì consentita l’utilizzazione di ogni altro atto o documento che fornisca dati obiettivi e rilevanti relativi all’attività professionale e ai comportamenti incidenti sulla professionalità del magistrato.

In relazione agli eventuali periodi di cui al Capo V punto 3, la valutazione dei parametri normativi andrà operata con riferimento agli elementi risultanti dalla autorelazione ovvero da altri atti o documenti eventualmente prodotti dall’interessato o acquisiti d’ufficio nel corso del procedimento.

2. Fatte salve le specifiche previsioni contenute nel Capo V in tema di indicatori, sono altresì utilizzabili:

2.1. Ai fini della valutazione del parametro della capacità, in particolare:

gli atti acquisiti a campione secondo le indicazioni della Circolare P – 2084 del 1° febbraio 2005, assumendo come periodo di riferimento quello quadriennale, nonché eventualmente prodotti dall’interessato. Per periodi di valutazione inferiori al quadriennio, resta ferma la previsione dei quattro bimestri, che andranno individuati dai Consigli giudiziari nell’ambito del diverso arco temporale di riferimento;

la segnalazione dei dirigenti degli uffici, ed eventualmente dei magistrati in valutazione, sulla complessità dei procedimenti e dei processi trattati in ragione del numero delle parti e delle questioni giuridiche affrontate;

la comunicazione dei dirigenti degli uffici circa l’eventuale riforma o non accoglimento, nelle successive fasi e gradi del procedimento, dei provvedimenti giudiziari emessi o richiesti, relativi all’adozione di misure cautelari o alla definizione di fasi procedimentali o processuali, da redigersi esclusivamente nel caso in cui risulti significativo il rapporto tra provvedimenti adottati e quelli non confermati;

i verbali di udienza acquisiti a campione, secondo le modalità indicate nella Circolare P – 2084 del 1° febbraio 2005 e modifiche che saranno successivamente approvate;

la segnalazione del dirigente dell’ufficio relativamente al livello dei contributi in camera di consiglio;

la  segnalazione  del   dirigente  dell’ufficio  in  merito  all’attitudine  del  magistrato  ad organizzare il proprio lavoro;

la segnalazione del dirigente dell’ufficio in merito alle conoscenze informatiche;

la segnalazione del dirigente dell’ufficio in merito allo svolgimento da parte del magistrato di funzioni di direzione amministrativa;

le pubblicazioni scientifiche e le relazioni a convegni giuridici, ove inserite o comunque inseribili nel fascicolo personale del magistrato;

la segnalazione del Procuratore Nazionale Antimafia, per i magistrati requirenti con funzioni di coordinamento nazionale, in ordine alla capacità di rapportarsi in maniera efficace,

autorevole   e   collaborativa  con   gli   uffici   giudiziari   ed  i   magistrati   destinatari   del coordinamento.

2.2. Ai fini della valutazione del parametro della laboriosità in particolare:

–  le schede di valutazione del singolo magistrato e il prospetto statistico relativo al numero di procedimenti e processi definiti per ciascun anno del quadriennio dal magistrato in valutazione e dagli altri magistrati dell’ufficio assegnati a funzioni, sezioni, gruppi di lavoro omogenei, predisposti attraverso l’Ufficio statistico del Consiglio superiore della magistratura;

– l’indicazione dei dirigenti degli uffici sulla complessità dei procedimenti e dei processi trattati dal magistrato in valutazione in ragione del numero delle parti o delle questioni giuridiche affrontate, sull’attività di collaborazione alla gestione dell’ufficio, sull’espletamento di attività istituzionale o degli incarichi giudiziari ed extragiudiziari di natura obbligatoria svolti dal magistrato in valutazione;

– l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine alla collaborazione prestata su richiesta dal dirigente medesimo o del coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro;

l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine all’attività comunque prestata dal magistrato ai fini della direzione amministrativa dell’ufficio.

2.3.  Ai fini della valutazione del parametro della diligenza, in particolare:

il prospetto relativo al numero di udienze tenute, inerente al magistrato in valutazione ed agli altri magistrati del medesimo ufficio assegnati a funzioni omogenee;

l’indicazione dei dirigenti degli uffici sul rispetto degli impegni prefissati;

il prospetto comparato relativo ad eventuali ritardi nella redazione e   nel deposito dei provvedimenti, o comunque nel compimento di attività giudiziarie;

l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine alla partecipazione alle riunioni previste dall’ordinamento giudiziario per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell’evoluzione della giurisprudenza; l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine ai compiti svolti dal magistrato ai sensi degli artt. 2, 3 e 4 del D.Lgs. n. 240/2006.

2.4. Ai fini della valutazione del parametro dell’impegno, in particolare:

l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine alla disponibilità alle sostituzioni, in quanto riconducibili alle applicazioni e supplenze previste da norme di legge e dalle direttive del

Consiglio superiore;

l’indicazione dei dirigenti degli uffici in ordine alla consistenza delle collaborazioni prestate per la soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico con contestuale segnalazione di quelle richieste dal dirigente dell’ufficio o dal coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro;

le domande di partecipazione agli incontri di studio di cui al Capo V della presente circolare o l’attestazione relativa all’effettiva partecipazione ai medesimi.

3. È vietato l’utilizzo di fonti anonime e di voci correnti.

Capo VIII

CRITERI DI GIUDIZIO IN RELAZIONE AI SINGOLI PARAMETRI DI VALUTAZIONE

1.  Il profilo dell’indipendenza, dell’imparzialità e dell’equilibrio del magistrato è ‘positivo’ quando il giudizio è espresso con la formula ‘nulla da rilevare’, come stabilito dal Capo III, punto 5, della presente circolare.

1.1. Il giudizio ‘negativo’ in ordine a tale profilo è determinato dalla gravità del fatto o dei fatti ascrivibili al magistrato. La gravità del fatto o dei fatti va valutata anche alla luce delle possibili ripercussioni negative nel tempo sulla credibilità dell’esercizio delle funzioni giudiziarie da parte del magistrato.

2. Il parametro della capacità può essere ‘positivo’, ‘carente’, ‘gravemente carente’.


2.1. E ‘positivo’ quando sussistono le seguenti condizioni:

sono accertate, nei provvedimenti esaminati, la chiarezza, la completezza espositiva e la capacità di sintesi in relazione ai presupposti di fatto e di diritto e la loro congruità in relazione ai problemi processuali o investigativi affrontati, nonché, per i magistrati inquirenti, anche l’utilizzazione di corrette tecniche di indagine;

sono accertate le conoscenze informatiche dirette alla redazione dei provvedimenti ed al miglioramento dell’efficacia dell’attività giudiziaria; è accertata la qualità dei contributi in camera di consiglio;

è accertata l’attitudine del magistrato ad organizzare il proprio lavoro ed a realizzare interventi finalizzati al miglioramento dell’attività giudiziaria;

non risulta che una parte significativa dei provvedimenti giudiziari emessi o richiesti, e relativi all’adozione di misure cautelari o alla definizione di fasi procedimentali o processuali, ha ricevuto un esito negativo nelle successive fasi o nei gradi del procedimento, per ragioni addebitabili al magistrato in valutazione;

non risultano violazioni di norme giuridiche e errori di fatto rilevanti in sede disciplinare o di responsabilità civile dei magistrati;

sono accertati, nei verbali esaminati, modalità di corretta gestione dell’udienza improntate al rispetto dei diritti delle parti; –   è accertata l’attitudine del magistrato a svolgere funzioni di direzione amministrativa; è riscontrato il possesso di conoscenze interdisciplinari di rilievo rispetto all’attività giurisdizionale esercitata;

per i magistrati requirenti con funzioni di coordinamento nazionale è accertata la capacità di rapportarsi in maniera efficace, autorevole e collaborativa con gli uffici giudiziari e i magistrati destinatari del coordinamento.

2.2 E’ ‘carente’ quando difetta significativamente, senza mancare del tutto, una delle condizioni di cui sopra.

2.3. E’ ‘gravemente carente’ quando manca del tutto una delle condizioni di cui sopra o quando difettano significativamente almeno due delle condizioni di cui sopra.

3.  H parametro della laboriosità può essere ‘positivo’, ‘carente’, ‘gravemente carente’.

3.1 E’ positivo quando sussistono le seguenti condizioni:

–   sono rispettati gli standard medi di definizione dei procedimenti determinati annualmente da questo Consiglio e comunicati, con la scheda di valutazione, ai magistrati in valutazione, ai capi degli uffici ed ai Consigli giudiziari nel termine di cui al capo XIII comma 1 ed individuati, salvo quanto previsto dalle disposizioni finali della presente circolare, anche dalla media statistica della produzione dei magistrati dell’ufficio di cui il magistrato sottoposto a valutazione fa parte ed assegnati a funzioni, sezioni, gruppi di lavoro omogenei a quest’ultimo. Tali standard medi vanno, comunque, valutati unitamente ed alla luce: della complessiva situazione organizzativa e strutturale degli uffici; dei flussi in entrata degli affari; della qualità degli affari trattati, determinata in ragione del numero delle parti o della complessità delle questioni giuridiche affrontate; dell’attività di collaborazione alla gestione dell’ufficio ed all’espletamento di attività istituzionali; dello svolgimento di incarichi di natura obbligatoria; di eventuali esoneri dal lavoro giudiziario;dell’espletamento di attività di direzione amministrativa;

–   non sussistono rilievi di natura disciplinare o contabile in relazione ai tempi di trattazione dei procedimenti e dei processi;

–   risulta adeguata la collaborazione fornita all’interno dell’ufficio, su richiesta del dirigente o del coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro, salva l’esistenza di ragioni obiettivamente giustificabili.

3.2. È “carente” quando difetta significativamente, senza mancare del tutto, una delle condizioni di cui sopra.

3.3. E’ ‘gravemente carente’ quando manca del tutto una delle condizioni di cui sopra o quando difettano significativamente almeno due delle condizioni di cui sopra.

4.  H parametro della diligenza può essere ‘positivo’, ‘carente’, ‘gravemente carente’.

4.1. E’ ‘positivo’ quando sussistono le seguenti condizioni:

–   si registra un apprezzabile rispetto del calendario delle udienze e degli impegni prefissati, salva l’esistenza di ragioni obiettivamente giustificabili;

– i termini generalmente osservati per la redazione e il deposito dei provvedimenti, o comunque per il compimento di attività giudiziarie, sono conformi alle prescrizioni di legge o sono comunque accettabili in considerazione dei carichi di lavoro e degli standard degli altri magistrati dello stesso ufficio addetti alla medesima tipologia di provvedimenti, salvo che sussistano ragioni obiettivamente giustificabili;

–  risulta l’assidua partecipazione alle riunioni previste dall’ordinamento giudiziario per la discussione e l’approfondimento delle innovazioni legislative, nonché per la conoscenza dell’evoluzione della giurisprudenza, salva l’esistenza di ragioni obiettivamente giustificabili;

– risulta il corretto ed efficiente adempimento di compiti di direzione amministrativa.

4.2.  E’ ‘carente’ quando difetta significativamente, senza mancare del tutto, una delle condizioni di cui sopra.

4.3.  E’ ‘gravemente carente’ quando manca del tutto una delle condizioni di cui sopra o quando difettano significativamente almeno due delle condizioni di cui sopra.

5. H parametro dell’impegno può essere ‘positivo’, ‘carente’, ‘gravemente carente’.
5.1. E’ ‘positivo’ quando sussistono le seguenti condizioni:

è stata fornita adeguata disponibilità alle sostituzioni, applicazioni e supplenze, necessarie al funzionamento dell’ufficio;

è stata presentata almeno una domanda di partecipazione all’anno ai corsi di aggiornamento organizzati dalla Scuola superiore della magistratura, salvo quanto previsto dalla normativa transitoria, e si è registrata la partecipazione ai corsi in ordine ai quali è intervenuto provvedimento di ammissione, sempre che non sussistano ragioni ostative obiettivamente giustificabili;

è  stata fornita adeguata collaborazione alle richieste del  dirigente dell’ufficio o del coordinatore della posizione tabellare o del gruppo di lavoro, in ordine alla soluzione dei problemi di tipo organizzativo e giuridico, salva l’esistenza di ragioni obiettivamente giustificabili.

5.2. E’ ‘carente’ quando difetta significativamente, senza mancare del tutto, una delle condizioni di cui sopra.

5.3. E’ ‘gravemente carente’ quando manca del tutto una delle condizioni di cui sopra o quando difettano significativamente almeno due delle condizioni di cui sopra.

Capo IX

VALUTAZIONE DI PROFESSIONALITÀ’ POSITIVA

1. Il giudizio di professionalità è ‘positivo’ quando risultano positivi tutti i parametri di valutazione.

Capo X

VALUTAZIONE DI PROFESSIONALITÀ’ NON POSITIVA

Il giudizio di professionalità è ‘non positivo’ quando ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

a) uno o più parametri (capacità, laboriosità, diligenza e impegno) risultino carenti;

b)  uno solo dei parametri sia giudicato ‘gravemente carente’;

e) siano comunque positivi i profili dell’indipendenza, dell’imparzialità e dell’equilibrio.

Capo XI

VALUTAZIONE DI PROFESSIONALITÀ’ NEGATIVA

1. Il giudizio di professionalità è ‘negativo’ quando ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

a) risulta negativo il profilo dell’indipendenza, dell’imparzialità o dell’equilibrio;

b) risultano ‘gravemente carenti’ due o più degli altri parametri (capacità, laboriosità, diligenza e impegno);

e)  dopo un giudizio di professionalità ‘non positivo’, perdura per il successivo anno la valutazione di ‘carente’ in ordine al medesimo parametro.

PARTE II

PROCEDIMENTO DI VALUTAZIONE

Capo XIII

INIZIO DEL PROCEDIMENTO

1.   Il Consiglio superiore della magistratura ogni anno individua i nominativi dei magistrati per i quali nell’anno successivo matura uno dei sette quadrienni utili ai fini delle valutazioni di professionalità ed invita i Consigli giudiziari competenti ad esprimere, secondo le indicazioni della presente circolare, il necessario parere per la formulazione della valutazione non appena scaduto il quadriennio. Il Consiglio superiore della magistratura trasmette al magistrato in valutazione, al capo dell’ufficio ed al Consiglio giudiziario, entro il sessantesimo giorno antecedente alla scadenza del quadriennio da scrutinare, le schede di valutazione predisposte dall’ufficio statistico e il prospetto statistico relativo al numero di procedimenti e processi definiti per ciascun anno del quadriennio dal magistrato in valutazione e dagli altri magistrati dell’ufficio assegnati a funzioni, sezioni, gruppi di lavoro omogenei.

l.bis  Non sono utili alla maturazione del quadriennio i periodi nei quali il magistrato non presta attività lavorativa solo ove la legge esplicitamente ne preveda il mancato computo ai fini dell’anzianità di servizio del magistrato.

2. Al fine di assicurare l’omogeneità di trattamento tra magistrati in tutte le occasioni in cui il conseguimento di una determinata valutazione di professionalità costituisca elemento decisivo di considerazione da parte degli organi di governo autonomo della magistratura, va garantita l’identità dei tempi di definizione della procedura che deve concludersi unitariamente, con deliberazioni contestuali del Consiglio superiore della magistratura, per tutti i magistrati nominati con lo stesso decreto ministeriale, salve le eccezioni di cui alle disposizioni seguenti.

3. La procedura di valutazione si articola nel rispetto rigoroso dei termini previsti per ciascuna fase e si conclude entro otto mesi dalla scadenza del quadriennio di riferimento

Costituisce dovere del magistrato interessato, nonché di tutti gli organi coinvolti nel procedimento, operare perché ciascun incombente sia assolto in maniera da garantire il rigoroso rispetto dei termini indicati, in attuazione del principio di governo partecipato che postula la responsabilizzazione diretta di tutti i magistrati a qualsiasi titolo coinvolti, allo scopo di favorire il perseguimento degli obbiettivi di comune e generale utilità.

  1. Eventuali ritardi nell’esaurimento di singole fasi della procedura possono essere compensati da opportune accelerazioni delle fasi successive al fine di garantire, nella necessaria collaborazione degli organi coinvolti, il rispetto del termine complessivo di otto mesi
  2. Qualora il mancato rispetto ingiustificato di uno dei termini di fase provochi un ritardo della procedura di valutazione della professionalità relativa ad un magistrato tale da non consentirne la definizione nel termine complessivo di otto mesi, il Consiglio Superiore si riserva di valutare la possibilità di arrestare il procedimento concernente tutti gli altri magistrati nominati con il medesimo decreto, al fine di garantire comunque la contestualità della decisione .

6.L’arresto della procedura relativa alla valutazione degli altri magistrati nominati con il medesimo decreto non può essere disposto ove il ritardo – che non consenta la definizione nel termine complessivo di otto mesi – sia stato provocato dall’ingiustificata violazione da parte del magistrato interessato del termine per il deposito della propria relazione

Capo XIII bis

RELAZIONE DEL MAGISTRATO IN VALUTAZIONE

1. Nel periodo compreso tra il quarantacinquesimo ed il trentesimo giorno anteriore alla scadenza del quadriennio in valutazione, il magistrato interessato trasmette al dirigente incaricato della formulazione del rapporto informativo una relazione illustrativa del lavoro svolto, contenente ogni indicazione utile ai fini della sua valutazione, ivi compresa la copia di atti e provvedimenti che il medesimo ritiene di sottoporre ad esame ed eventuali osservazioni relative alla scheda sugli standard di rendimento ed al prospetto statistico relativo al numero di procedimenti e processi  definiti,  trasmessi  dal  Consiglio  superiore  della  magistratura. La  relazione  è tendenzialmente strutturata considerando l’ordine e l’articolazione dei parametri di valutazione indicati nella parte I della presente circolare.

Nei sette giorni successivi alla scadenza del quadriennio in valutazione il magistrato può integrare la relazione con riferimento ad eventuali ulteriori circostanze rilevanti intervenute nel periodo, compreso nel quadriennio ma successivo alla trasmissione della relazione.

2. Gli stessi termini si applicano al deposito della relazione del magistrato che debba essere valutato dopo un anno a far data da un giudizio non positivo o dopo due anni da un   giudizio negativo.

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Risposte a quesiti

Risposta a quesito del 18 luglio 2001

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 18 luglio 2001, premesso che il dott. ………….., nominato uditore giudiziario con D.M. 12.7.99, ha preso possesso il 16.9.99 ed è stato assegnato, con funzioni di uditore in tirocinio, al Tribunale di Roma;

che successivamente è stato dichiarato decaduto avendo preso servizio presso l’Avvocatura Distrettuale de l’Aquila con la qualifica di Procuratore dello Stato a decorrere dal 25.10.99;

che con delibera in data 8.3.2000 è stato riammesso in servizio e destinato al Tribunale di Roma per lo svolgimento del tirocinio;

considerato che in data 11.10.2000 il dott. …………… ha richiesto il riconoscimento del periodo in cui ha svolto le funzioni di Procuratore dello Stato (5 mesi dal 25.10.99 al 26.3.2000) ai fini del tirocinio ordinario civile, adducendo di aver svolto “attività defensionale e di consulenza in affari concernenti le materie giuridiche di più frequente ricorrenza nell’Istituto, in particolare il diritto civile, il diritto amministrativo, il diritto tributario, la procedura civile, il diritto del lavoro, la contabilità di stato”;considerato che la Commissione sulla scorta del parere dell’Ufficio Studi n. 33/01 del 23.01.2001, nella seduta del 6.2.01, deliberava di proporre al Plenum la proposta di parziale accoglimento dell’istanza del dott. …………………., imputando il periodo di cinque mesi in cui lo stesso aveva prestato servizio

quale

procuratore dello Stato al residuo periodo di tirocinio ordinario civile;che, a seguito di discussione plenaria, la proposta tornava in Commissione per un ulteriore approfondimento della problematica e ciò anche in considerazione del fatto che il Consiglio Giudiziario presso la Corte d’Appello di Roma aveva espresso parere contrario;che nella seduta del 20.2.2001 la Commissione deliberava di richiedere all’Ufficio Studi un parere integrativo collegiale e ciò anche alla luce del precedente costituito da un’istanza analoga, formulata da un uditore giudiziario militare successivamente vincitore del concorso di uditore giudiziario;che l’Ufficio Studi elaborava il parere collegiale del 19.06.2001 n. 351/01 (all.).Ritenuto, all’esito dell’ulteriore approfondimento e in considerazione della natura,delle funzioni e della struttura e regolamentazione del periodo di tirocinio così come previsto e disciplinato dal D.P.R. 17.07.1998:

– che il periodo in cui il dott. …………… ha prestato la propria attività in qualità di Procuratore pressol’Avvocatura dello Stato de l’Aquila, non essendo ricompreso in un programma complessivo funzionale alla formazione professionale e alla verifica della idoneità dell’uditore all’esercizio delle funzioni giudiziarie, non è fungibile con il corrispondente periodo del ciclo di formazione previsto per l’uditore;

– che la non sovrapponibilità della disciplina concernente i tempi e i modi del tirocinio con il servizio intermedio prestato nell’Avvocatura dello Stato può argomentarsi, a contrario, anche dalla normativa contenuta nell’art. 1 della legge 2 aprile 1979 n. 97, secondo la quale la nomina a magistrato di tribunale “ha luogo al compimento di due anni dalla nomin a ad uditore giudiziario …” e che “è necessario che l’uditore abbia effettivamente esercitato le funzioni giurisdizionali per non meno di un anno, ma la nomina ha decorrenza ad ogni effetto dal compimento di due anni dalla nomina ad uditore”;

– che non può quindi ritenersi surrogabile con l’attività svolta presso l’Avvocatura dello Stato il corrispondente periodo di tirocinio ordinario civile e ciò anche al fine di consentire al dott. …………… di maturare le condizioni necessarie per il prescritto periodo minimo richiesto per la successiva nomina a magistrato di tribunale;

– che nel caso di specie tra l’altro il dott. ……………. risulta aver già espletato l’intero periodo di tirocinio ordinario e sta completando il periodo di tirocinio mirato, connesso all’assunzione delle funzioni di giudice presso il Tribunale di Orvieto a cui è stato destinato

ha deliberato

per i motivi di cui in premessa di rigettare l’istanza del dott. ………………. in data 11.10.2000.

ALLEGATO

Parere n. 351/01 dell’Ufficio Studi e Documentazione

1. La richiesta di parere.

Con nota in data 9 novembre 2000 la Nona Commissione richiedeva a questo Ufficio di voler elaborare“un parere concernente l’assimilabilità dell’attività prestata dal dott. ……. ……. presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato de L’Aquila con quella di uditore in tirocinio, ai fini della corrispondente riduzione del periodo di uditorato”.Questo Ufficio provvedeva ad esprimere il richiesto parere (n. 33/01), che , per completezza espositiva, si allega al presente (v. allegato 1).Con successiva nota datata 22 febbraio 2001 si portava a conoscenza dell’Ufficio che “Con riferimento alla pratica indicata in oggetto, la Nona Commissione, nella seduta del 20.2.2001, ha deliberato di richiedere un parere integrativo alla luce del precedente costituito da un’istanza, analoga a quella del dott…….., formulata da un uditore militare, successivamente vincitore del concorso di udi tore giudiziario”.Con altra nota ancora, in data 7 marzo 2001, veniva precisato che “…….facendo seguito alla precedente richiesta di questa Commissione (che ad ogni buon conto si allega in copia”, la Commissione precisava che l’unico precedente a cui si fa riferimento è quello oggetto della delibera del 30.9.1981……”.

II. Osservazioni dell’Ufficio Studi.

Il parere dell’Ufficio studi n. 33/2001.

Il parere dell’Ufficio Studi n. 33/01, di cui è stata chiesta un’integrazione, ha concluso ritenendo che, “a parte l’ovvia diversità della funzione espletata presso l’Avvocatura dello Stato, l’aver in concreto affrontato materie e questioni di diritto civile e commerciale, fallimentare e del lavoro, con contestuale impegno nelle relative procedure sembra proprio assicurare il soddisfacimento di quelle esigenze (“introduzione alla pratica lavorativa” ed “apprendimento delle tecniche procedurali” ) che la vigente normativa pone a fondamento degli scopi del tirocinio”.Pertanto “il periodo di attività svolto presso l’Avvocatura dello Stato ben potrebbe essere considerato come periodo equiparabile e svolto ai fini del tirocinio con conseguente affermazione della “assimilabilità” dello stesso al periodo previsto per gli uditori.La conferma o la modifica delle predette conclusioni passa necessariamente anche attraverso l’esame degli ulteriori elementi d’analisi forniti dalla IX Commissione e, in particolare, del caso oggetto della delibera del 30 settembre 1981.

1) La delibera del 30 settembre 1981.La delibera del 30 settembre 1981 prende in esame il periodo di eventuale collaborazione prestata dai militari di leva ( già vincitori del concorso di uditore giudiziario) nelle procure militari per il computo nel periodo di tirocinio.In questa occasione il C.S.M. rispose escludendo la possibilità di computare tale periodo ai fini dello svolgimento del normale tirocinio che gli interessati saranno tenuti a prestare al termine del servizio di leva.In tale occasione venne peraltro sottolineato come l’eventuale utilizzazione di vincitori di concorso per uditori giudiziari presso gli uffici giudiziari militari rientra nella esclusiva competenza dell’Autorità militare.Al di là di una generica assimilazione in ordine all’oggetto del tema in questione (tempi e modalità di svolgimento del periodo di tirocinio) non sembra che dal lontano caso oggetto della delibera possano trarsi utili elementi per la soluzione della fattispecie in esame, se non per quanto riguarda l’individuazione del principio fondamentale concernente l’autonomia culturale e istituzionale del periodo di tirocinio; peraltro la diversità della normativa di riferimento e gli interventi che il C.S.M., come di seguito verrà chiarito, ha già compiuto su situazioni analoghe a quella oggetto del presente parere, consigliano di tracciare un percorso di analisi specificamente individualizzato.

2) Il problema dell’assimilabilità dell’attività prestata presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato con quella di uditore in tirocinio, ai fini della corrispondente riduzione del periodo di uditorato”.

2a) Natura , funzioni ,struttura e regolamentazione del periodo di tirocinio.

La soluzione del problema concernente l’assimilabilità dell’attività prestata dal dott…….. presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato de L’Aquila con quella di uditore in tirocinio, ai fini della corrispondente riduzione del periodo di uditorato comporta necessariamente un esame ed una riflessione sulla natura, funzioni, struttura e regolamentazione del periodo di tirocinio che il vincitore del concorso per uditore giudiziario deve necessariamente espletare prima del conferimento delle funzioni giurisdizionali.

a.a). La nuova disciplina del tirocinio degli uditori giudiziari (d.p.r. 17 luglio 1998).

Con delibera del Consiglio Superiore della Magistratura in data 11 giugno 1998 è stato varato il nuovo regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari, recepito – secondo una prassi remota che non immuta la natura “consiliare” della disciplina – nel D.P.R. 17 luglio 19981, pubblicato in G.U., s.g. 24 luglio1998, n. 171.La prima applicazione della nuova disciplina si è avuta, con riferimento al periodo di tirocinio degli uditori del concorso indetto con decreto ministeriale 16 gennaio 1997, nel settembre 1999.Dopo l’emanazione del d.P.R. n. 171/98, il C.S.M. ha emanato la circolare n. 152452 del 30 luglio 1999 avente ad oggetto Direttive relative al tirocinio degli uditori giudiziari vincitori del concorso indetto con D.M. 16.1.1997; con questa circolare il C.S.M. ha fornito utili indicazioni interpretative in merito al nuovo regolamento per il tirocinio, rinviando a successiva circolare la configurazione di una disciplina relativa agli aspetti della nuova normativa afferenti la valutazione dell’uditore in base all’art. 14 del D.P.R. citato.

a.b). La configurazione delle finalità del tirocinio.

Il nuovo regolamento non modifica dalle fondamenta il quadro complessivo della precedente disciplina, risalente al 1988, in base alla quale era stata configurata una struttura del tirocinio articolata in modo prevalente in sede decentrata, era stata prevista una sua distinzione in una fase ordinaria ed in una fase mirata alle funzioni da svolgersi dall’uditore (fasi connotate da diverse impostazioni dell’azione formativa), mediante l’individuazione dei soggetti preposti all’attività formativa, e delle modalità dell’attività stessa. 2Il nuovo regolamento ha cercato di introdurre alcuni momenti di razionalizzazione dell’intera procedura tenendo presente anche le modifiche che nel frattempo hanno interessato la stessa struttura organizzativa del C.S.M., che dal 1996, 3 ha individuato nella IX Commissione, coadiuvata dal Comitato scientifico, le articolazioni consiliari cui devolvere in via primaria la funzione formativa sia per i magistrati in carriera che per gli uditori.Si è così dato spazio a quegli interventi capaci di valorizzare le esigenze di valutazione del tirocinio degli uditori, introducendo modalità procedimentalizzate della fase valutativa medesima; in questo modo si è cercato di porre rimedio alla riconosciuta insufficienza degli strumenti preesistenti, che ruotavano essenzialmente sulle relazioni scritte redatte dai magistrati, garantendo, al contempo anche all’uditore, quale magistrato a tutti gli effetti, le garanzie di difesa previste dall’art. 107 Cost. per l’ipotesi di giudizio diinidoneità che dovesse condurre alla cessazione dell’appartenenza all’ordine giudiziario.E’ stato così introdotto attraverso l’art. 1 del D.P.R. 17 luglio 1998 per la prima volta, una esplicita definizione delle finalità del tirocinio, ad un tempo formative e valutative, affermandosi che “funzioni del tirocinio sono la formazione professionale degli uditori giudiziari e la verifica della loro idoneitàall’esercizio delle funzioni giudiziarie”.

a.c). La natura e i compiti degli organi della formazione.

L’art. 1 D.P.R. cit. riconosce un ruolo di sovraordinazione del Consiglio superiore rispetto a tutti gli altri organi del tirocinio, riconoscimento che non esclude che l’attività degli altri soggetti di cui il Consiglio superiore si avvale (consigli giudiziari, commissioni distrettuali per gli uditori, magistrati collaboratori ed affidatari, comitato scientifico) sia connotata da una notevole autonomia nella scelta dei modi e dei mezzi più adatti, anche in relazione alle diverse situazioni locali, per perseguire gli obiettivi fissati. 4Quanto al profilo formativo del tirocinio, mentre l’attività formativa a livello centrale è diretta e coordinata dal Consiglio superiore, anche attraverso il comitato scientifico, a livello locale tale attività è demandata al consiglio giudiziario che organizza, su proposta della commissione distrettuale per gli uditori ed in relazione al coordinamento assicurato dal C.S.M., incontri di studio ed altre iniziative di formazione professionale.Un’importante innovazione viene apportata dal nuovo decreto alla composizione della commissione uditori, attraverso la previsione della sua integrazione, nel caso in cui debba pronunciarsi in merito al tirocinio degli uditori che abbiano iniziato il tirocinio stesso sotto il coordinamento del precedente consigliogiudiziario; – in questo caso la Commissione è integrata dai “magistrati designati … dai consigli giudiziari precedenti, fino al termine del tirocinio degli uditori che hanno iniziato il tirocinio stesso mentre essi erano componenti del consiglio giudiziario”. In questo modo il legislatore ha inteso valorizzare esigenze di continuità della cura del tirocinio, a fronte della durata in carica solo biennale dei consigli giudiziari, che ha sinora imposto un avvicendamento dei componenti della commissione distrettuale.Per l’organizzazione del tirocinio, il consiglio giudiziario continua ad avvalersi di magistrati collaboratori, la cui nomina è soggetta – giusta una innovativa disposizione del D.P.R. – all’approvazione del Consiglio superiore. Si tratta di figure ormai tradizionali di tutors 5, designati in numero di due (uno con competenza per il settore civile, l’altro per il settore penale) per ciascun gruppo di uditori in tirocinio ordinario, composto di regola di non più di cinque elementi; 6 per il tirocinio mirato ad ufficio esclusivamente civile o penale, le funzioni di collaboratore sono svolte unicamente da quello, fra i due magistrati, che abbia specifica competenza nel settore.Rimane inoltre ferma la figura del magistrato affidatario, che, nominato dalla commissione distrettuale per gli uditori, “cura che l’uditore assista a tutte le attività giudiziarie, compresa la partecipazione alle camere di consiglio” (art. 11, co. 2), assegna e verifica la redazione di minute di provvedimenti.La funzione formativa è espressamente qualificata come “dovere d’ufficio” e non come attività opzionale; i magistrati affidatari e collaboratori debbono possedere determinati requisiti di professionalità ed onorabilità.Una nuova figura di magistrato collaboratore è stata istituita dall’art. 15, co. 3 del D.P.R. 1998, ed “ha(nno) il compito … di assistere l’uditore giudiziario” cui già sono state conferite le funzioni giurisdizionali, “di collaborare con lui ai fini del superamento delle difficoltà e dei problemi connessi con l’inizio della professione e di orientarlo verso l’approfondimento e il completamento della sua cultura professionale, nonché il compito di accertare, verificare e rappresentare ogni elemento utile per la valutazione della sua idoneità professionale” (art. 15, co. 5).Questi magistrati collaboratori “redigono ciascuno una relazione in cui riferiscono in modo specifico al consiglio giudiziario le attività svolte dall’uditore nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, dando conto analiticamente di ogni elemento concreto rilevante ai fini di una completa valutazione dell’uditore” sotto i diversi profili; relazione di cui “il consiglio giudiziario tiene conto ai fini della redazione del parereprevisto dall’art. 1 della legge 2 aprile 1979, n. 97”.Attraverso questa specifica previsione si è inteso formalizzare una funzione di assistenza a favore dei magistrati più giovani, che in precedenza era basata soprattutto su rapporti interpersonali, mantenendo fermo il principio che tale attività dei collaboratori deve essere svolta “nel rispetto dell’autonomia di cui l’uditore giudiziario è pienamente titolare nell’esercizio delle funzioni giudiziarie al medesimo affidate” (art. 15, co. 5).La finalità primaria della norma, comunque, è quella di introdurre un ulteriore meccanismo di valutazione dell’uditore, attraverso le relazioni dei predetti collaboratori.

a.d). Il periodo di durata del tirocinio.

L’art. 3 co. 1 del D.P.R. del 1998 ha altresì innalzato, con alcune clausole di salvezza, la durata minima del tirocinio, che “è determinata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi”, oltre la sospensione prevista per “i periodi feriali dei magistrati di cui all’art. 90 dell’ordinamento giudiziario, anche se l’uditore abbia goduto di ferie di durata inferiore”, nonché per talune altre assenze dal servizio dell’uditore. In precedenza il periodo minimo di tirocinio era previsto in quindici mesi.

a.e). Gli elementi di riscontro dell’attività di tirocinio.

Una innovazione particolarmente importante introdotta dal regolamento del 1998 è quella concernente la disciplina della documentazione delle attività di tirocinio, che aveva subito nella prassi parziali disapplicazioni.L’innovazione di maggiore spessore deve essere individuata nel previsto inserimento all’interno del fascicolo dell’uditore del c.d. quaderno del tirocinio, 7 redatto durante il tirocinio dall’uditore medesimo, che vi deve annotare “le attività svolte e quelle alle quali ha partecipato o assistito, formulando le proprie eventuali osservazioni ed indicando ogni altro elemento utile a dar conto dell’esperienza formativa in corso”. Il quaderno è vistato dal magistrato affidatario “che vi riporta le proprie osservazioni e le proprie indicazioni anche sugli ulteriori sviluppi dell’esperienza formativa”“Al termine dei diversi segmenti del tirocinio – è poi prescritto dal co. 3 – il quaderno è consegnato ai magistrati collaboratori insieme ad una relazione complessiva dell’uditore sul tirocinio svolto.”Sono molteplici gli obiettivi che in questo modo si sono intesi perseguire: in primo luogo si è voluto suscitare una maggiore consapevolezza del programma di formazione nei magistrati affidatari e collaboratori attraverso la descrizione analitica delle attività svolte, in modo da individuare più facilmente eventuali carenze e vuoti da colmare; sotto altro profilo la descrizione delle attività espletate può rappresentare un elemento di controllo sull’operato sia dell’uditore che dei formatori; infine, dal quaderno potrebbero essere ricavati elementi valutativi, al pari dell’altra documentazione costituita dai provvedimenti redatti e dalle autorelazioni. 8 Il D.P.R. del 1998 ha anche prescritto come obbligatoria l’inclusione nel fascicolo “di tutti i provvedimenti redatti dall’uditore, con le modifiche ad essi eventualmente apportate dai magistrati affidatari”.  9E’ altresì previsto che l’uditore sottoponga al collaboratore, al termine di ciascun segmento di tirocinio, un’autorelazione, in funzione di sintesi delle annotazioni, sussunte in un quadro di complessiva valutazione da parte dell’uditore dell’esperienza formativa svolta.

a.f). Gli aspetti metodologici di svolgimento del tirocinio

Una puntuale regolamentazione è riservata anche ai contenuti e alle modalità di svolgimento del tirocinio; per il periodo di tirocinio ordinario è infatti previsto che i piani relativi assicurino, “specialmente negli uffici di grandi dimensioni, che il praticantato, pur consentendo all’uditore di acquisire conoscenza dei vari campi in cui si esplica la funzione giudiziaria, non subisca frazionamenti eccessivi, ma si concentri, approfondendole adeguatamente, su un numero limitato di esperienze significative.”In questo caso il legislatore ha operato una scelta a favore dell’acquisizione da parte dell’uditore di un patrimonio conoscitivo ampio e tendenzialmente generalista, e non di conoscenze specialistiche che, in considerazione del limitato periodo di tempo a disposizione rischierebbero di essere caratterizzate da un approccio superficiale. La scelta della specializzazione viene invece perseguita, ove necessario, attraverso l’individuazione di specifici settori, che previa selezione del magistrato collaboratore, possano costituire un’utile esperienza per l’acquisizione di saperi specifici indispensabili per l’uditore per appropriarsi in autonomia di materie in cui il praticantato non si possa espletare. Proprio per queste ragioni e funzionale al raggiungimento degli obiettivi sopraindicati è assolutamente sconsigliato il frazionamento del periodo di tirocinio in molteplici segmenti. Nel corso del tirocinio ordinario dunque la formazione relativa alle funzioni specializzate verrà erogata attraverso la partecipazione a seminari, riservandosi poi l’assegnazione ad affidatari di un determinato settore specialistico solo gli uditori che mostrino uno specifico interesse al riguardo. Per poter programmare utilmente questo piano formativo riveste notevole importanza, l’interpello degli uditori in merito alle preferenze che gli stessi intendessero esprimere. 10

a.g). Il periodo di tirocinio mirato.

In modo coerente a tutta l’impostazione del periodo di tirocinio e al raggiungimento delle sue finalità, per l’espletamento del tirocinio mirato è stata introdotta una particolare procedura che assicuri tempestivamente la conoscenza da parte dei formatori e dello stesso uditore delle specifiche funzioni assegnategli, e per garantire a quest’ultimo l’effettiva corrispondenza tra funzioni assegnate e quelle che saranno in concreto svolte presso l’ufficio di destinazione. La “ratio” sottesa a tale scelta va ricercata nella volontà di non vanificare le finalità stesse del tirocinio attraverso l’assegnazione dell’uditore a funzioni diverse rispetto a quelle originariamente programmate, con inevitabili ricadute negative sulla stessa qualità del servizio giustizia erogato agli utenti.

a.h). Gli incontri di studio per gli uditori giudiziari.

Una dettagliata regolamentazione è stata prevista anche per l’organizzazione degli incontri di studio e delle altre iniziative formative in sede nazionale da parte del C.S.M. su specifiche materie: diritto sostanziale e processuale, ordinamento giudiziario, deontologia professionale, organizzazione e gestione degli uffici e del lavoro giudiziario.Altri incontri di studio ed altre iniziative di formazione professionale sono previste a livello locale, organizzate dal consiglio giudiziario, su proposta della commissione distrettuale per gli uditori.Gli incontri decentrati hanno funzione integrativa e preparatoria rispetto agli incontri organizzati in sede nazionale.E’ evidente che nella formazione iniziale degli uditori giudiziari in tirocinio il ruolo fondamentale è giocato dalla formazione in sede decentrata; gli incontri di studio centrali hanno infatti la funzione di fornire una <<cassetta degli attrezzi>> minima e uguale per tutti mentre in sede locale l’uditore viene posto di fronte a modi diversi di lavorare; ciò consente di sviluppare anche il suo senso critico, le sue motivazioni rispetto alla professione scelta, percepire con chiarezza i valori e gli obbiettivi dell’istituzione di cui entra a far parte, in sostanza il suo modo di essere giudice o pubblico ministero. In questo modo si persegue la finalità di far diventare il tirocinio “palestra di percorsi tecnico-pratici-assiologici”, atti a soddisfare sia il bisogno di “sapere”, sia quello di “saper fare” che quello del “saper essere”. (cfr. Relazione al Parlamento del 1994).

2.b) ….Segue: Sull’assimilabilità del periodo di attività svolto presso l’Avvocatura dello Stato al periodo di tirocinio.

La riflessione sulla natura, sulle funzioni, sulla struttura e la regolamentazione del periodo di tirocinio porta necessariamente ad evidenziare un primo dato di fatto: il periodo in cui il dott…….. ha prestato la propria attività in qualità di procuratore presso l’Avvocatura dello Stato de L’Aquila non è assolutamente ricompresa in un progetto complessivo di formazione, né risulta che lo stesso in tale periodo abbia mai partecipato ad incontri e momenti di integrazione della sua preparazione.Dall’attestazione allegata agli atti emerge che l’istante “ha svolto attività defensionale e di consulenza in affari concernenti le materie giuridiche di più frequente ricorrenza nell’Istituto, in particolare il diritto civile, il diritto amministrativo, il diritto tributario, la procedura civile, il diritto del lavoro, la contabilità di Stato .. dimostrando preparazione teorica e qualità professionali di eccelso livello”.Sulla base di queste premesse non appare coerente un’operazione di ortopedia formativa che, prendendo in considerazione l’oggetto delle materie trattate, operi la sostituzione di un segmento del periodo di formazione professionale; in questo modo si farebbe discendere dalla mera compatibilità astratta tra materie un raggiungimento di obiettivi formativi che, invece dovrebbero confluire all’interno di una esperienza professionale funzionalmente destinata non soltanto ad acquisire elementi del “sapere” del magistrato, ma anche quelli del “saper fare” il magistrato e , poi, del “saper essere” magistrato.In sostanza l’interruzione di un periodo di cinque mesi del tirocinio rappresenta l’omissione di quasi un terzo dell’intero ciclo di formazione dell’uditore, in cui le pur notevoli potenzialità del dott. , in ordine alle quali non vi è motivo di dubitare, non sembra che possano apportare autonomamente quella “qualità” aggiunta e quegli elementi di valutazione che soli possono derivare dall’espletamento dell’intero periodo di tirocinio.Sotto questo profilo l’ufficio ritiene che debba arrivarsi ad una rilettura critica del primo parere espresso con la relazione n. 33/01, proprio perché le stesse conclusioni favorevoli all’assimilabilità dei dueperiodi, in tanto sono state assunte, in quanto non hanno affrontato “l’ovvia diversità della funzione espletata presso l’Avvocatura dello Stato”.Ma le conclusioni che portano a non poter ritenere sovrapponibile la disciplina concernente i tempi e i modi del tirocinio con il servizio intermedio prestato nell’avvocatura dello Stato deriva non solo da ragioni di carattere funzionale, ma anche dalla normativa contenuta nell’art. 1 della legge 2 aprile 1979, n. 97, in base alla quale “la nomina a magistrato di tribunale ha luogo al compimento di due anni dalla nomina ad uditore giudiziario….in ogni caso, per la nomina a magistrato di tribunale è necessario che l’uditore abbia effettivamente esercitato le funzioni giurisdizionali per non meno di un anno; ma la nomina ha comunquedecorrenza, ad ogni effetto, dal compimento di due anni dalla nomina ad uditore”.Dalla disciplina normativa soprariportata deriva che colui il quale rientri in magistratura, dopo essere transitato nei ruoli dell’avvocatura dello Stato, ai fini della nomina a magistrato di tribunale, deve avere necessariamente completato il periodo di tirocinio prescritto e svolto il necessario periodo di espletamento delle funzioni giudiziarie; conseguentemente non può ritenersi surrogabile con l’attività svolta presso l’Avvocatura dello Stato il prescritto periodo minimo per la nomina a magistrato di tribunale.Non sembrano, a questo fine, assumere rilievo e non sembrano giustificare l’assimilazione funzionale richiesta, le affinità spesso ritenute tra gli appartenenti all’Avvocatura dello Stato ed i magistrati ordinari; in questo caso, infatti, le affinità suddette, evidenziano piuttosto le differenze tra le due categorie; infatti, esse attengono ad aspetti, che non involgono tanto il contenuto delle funzioni, ma piuttosto sono da individuarsi nella quantità dell’opera svolta, nella qualità della stessa ma in relazione all’alta qualificazione professionale dell’istituzione, nel sistema di reclutamento, e nell’aggiornamento ed affinamento che l’attività svolta comunque impone. La disciplina del tirocinio dell’uditore giudiziario, invece, guarda proprio al nucleo di specificità funzionale che rappresenta il denominatore comune nelle esperienze professionali dei destinatari dei vari mestieri di giudice e , sotto questo profilo, appare obiettivamente infungibile. 11

3) I precedenti consiliari.

Peraltro deve essere sottolineato come una più attenta ricerca relativa a precedenti interventi del C.S.M. su situazioni identiche o assimilabili a quella in cui attualmente versa il dott. …….. porti ad una diversa conclusione in ordine al “carattere del tutto innovativo” e all’ “assoluta mancanza di precedenti in termini o anche di carattere analogo” della sua posizione, come dedotto invece nella prima relazione dell’ufficio Studi n. 33/01.Il Consiglio ha infatti in plurime occasioni fatto proprie le conclusioni cui è ritenuto di pervenire l’Ufficio Studi.Appare utile fare riferimento, da ultimo, alla delibera del 19 maggio 1999 concernente alcuni quesiti, esattamente sullo stesso tema, proposti dalla dott.ssa …….., uditore giudiziario in tirocinio presso il Tribunale di Bari, concernenti la possibilità di riammissione nell’ordine giudiziario sia per i magistrati transitati nellemagistrature speciali che per coloro che hanno optato per l’Avvocatura dello Stato. In questa occasione il C.S.M. sottolineò, tra le altre circostanze, che “colui che rientri in magistratura dopo essere transitato nei ruoli dell’Avvocatura dello Stato, ai fini della nomina a magistrato di tribunale, deve avere necessariamente completato il periodo di tirocinio prescritto e svolto il necessario periodo di espletamento delle funzioni giudiziarie. Cosicché, ove si tratti di un uditore giudiziario transitato prima del completamento del tirocinio, il rientro in ruolo imporrà comunque il completamento del periodo di necessaria formazione professionale”  12.In precedenza un analogo orientamento era stato tenuto dal C.S.M. in occasione della delibera di riammissione nell’ordine giudiziario del dott……… , transitato nei ruoli dell’Avvocatura dello Stato durante il periodo di tirocinio. In questa occasione era stato il Ministero della Giustizia che, pur convenendo sulla possibilità di riammettere nell’ordine giudiziario il dott……. si era opposto all’accoglimento dell’istanza dello stesso tesa ad ottenere la contestuale ed immediata nomina a magistrato di tribunale; e ciò proprio in considerazione del fatto che lo stesso avrebbe dovuto essere ricollocato in ruolo nel posto corrispondente all’effettivo esercizio sino ad allora espletato nella sola magistratura ordinaria. Il riconoscimento del servizio espletato quale procuratore dello Stato doveva infatti essere differito al momento della nomina a magistrato d’appello e di cassazione. In ogni caso la nomina a magistrato di tribunale, secondo il Ministero della Giustizia, doveva essere comunque subordinata alla condizione dell’effettivo esercizio delle funzioni giurisdizionali per non meno di un anno da parte dell’uditore. Sulla base di queste premesse il C.S.M. ha deliberato in data 17 gennaio 1996 il rientro nell’ordine giudiziario del dott……., e, con successiva delibera del 14 febbraio 1996, ha disposto la sua destinazione al Tribunale di Roma per l’espletamento del residuo periodo di tirocinio. Lasciatosi nuovamente decadere e presentata successivamente nuova istanza di riammissione in servizio, il C.S.M. reiterava in data 8 ottobre 1997 nel contenuto la precedente delibera, inciò accogliendo le conclusioni del nuovo parere n. 354/97 di questo ufficio (v. allegati 4 e 5).Peraltro tale soluzione non si discosta da quella già adottata in un altro caso analogo nei confronti del dott……. con delibera del 16 aprile 1985, con la quale il destinatario della stessa venne assegnato al tribunale di Lecce per il completamento del tirocinio dopo la sua riammissione in servizio dai ruoli dell’Avvocatura dello Stato.

III. Conclusioni.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’Ufficio ritiene di rispondere al quesito formulato nel senso che il rientro del dott. ……. nei ruoli della magistratura ordinaria dopo essere lo stesso transitato nei ruoli dell’Avvocatura dello Stato prima del completamento del tirocinio, comporta la necessità di recuperare da parte del dott. Elefante il corrispondente periodo di uditorato, e ciò anche ai fini della formazione delle precondizioni per la successiva nomina a magistrato di tribunale.

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1 Significativo in tal senso è il dato per cui il regolamento è stato adottato dal Presidente della Repubblica nella sua veste di Presidente del Consiglio Superiore. Sul piano normativo, va tenuto conto che se la potestà in argomento veniva originariamente conferita dall’art. 129, co. 2 dell’ordinamento giudiziario di cui al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 al Ministro di Grazia e Giustizia , l’art. 48 del D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916 – attuando l’art. 105 della Costituzione repubblicana e la legge istitutiva del C.S.M. n. 195 del 24 marzo 1958 – prevedeva che “le norme per il tirocinio degli uditori, previste dall’art. 129, ultimo comma, dell’ordinamento giudiziario sono determinate dal Consiglio superiore sentito il Ministro”.

L’oggetto di detta potestà regolamentare non subisce dalla legge limitazioni, se non per quanto attiene alla determinazione della durata minima del tirocinio (fissata per legge in sei mesi dall’art. unico della legge 30 maggio 1965, n. 579).

2 Così la Proposta della IX Commissione sottoposta all’Assemblea plenaria del C.S.M. in data 11.6.1998, riprodotta nel verbale,

p. 4.

3 Cfr. delibera del C.S.M. del 13 luglio 1996.

4 Così la Proposta cit., 9.

5 Così la Proposta, cit., 18; i collaboratori erano denominati “direttori di gruppo” dal D.P.R. del 1962 e sono tutt’oggi definiti nel linguaggio corrente, meno burocraticamente, “capigruppo”.

6 La precedente disciplina ammetteva la formazione di gruppi di uditori pari nel massimo a 10 elementi (art. 13 D.P.R. del1988).

7 La previsione riecheggia, sul piano nominalistico, quanto disposto, nel diverso settore del tirocinio dei praticanti avvocati, dall’art. 6, istitutivo del libretto della pratica, del D.P.R. 10  aprile 1990, n. 101, recante il nuovo “Regolamento relativo alla pratica forense per l’ammissione all’esame di procuratore legale”.

8 Così, la relazione del consigliere relatore, dr. Pivetti, nella seduta del C.S.M. del 17.9.97, p. 18 del resoconto.

9 Cfr. sul punto l’art. 7 del D.P.R. Cfr. altresì l’art. 11 co. 3 che chiarisce che l’inserimento concerne in effetti anche “ogni altro elaborato redatto … nel corso del tirocinio”: si pensi ad es. agli appunti per la relazione in camera di consiglio, alle ricerche di legislazione, dottrina o giurisprudenza, ecc.

10 Si è appena visto che l’art. 4, co. 3 attribuisce rilevanza all’istanza dell’uditore quanto alla previsione di affidamenti a settori specializzati. Si richiama altresì che l’art. 11, co. 1 impone di tenere conto delle preferenze dell’uditore per l’individuazione dei magistrati affidatari.

11 Per una attenta ricostruzione della valutazione del servizio prestato presso l’Avvocatura dello Stato prima dell’ingresso in magistratura v. il parere dell’ufficio Studi n. 302/01.

12 v. parere Ufficio Studi n. 166/99 e conforme delibera del C.S.M. del 19 maggio 1999, allegati 2 e 3.

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Risposta a quesito del 9 luglio 2014

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 9 luglio 2014, ha adottato la seguente delibera:

“1. Con nota del 21 maggio 2104 le dott.sse …, … e …, magistrati ordinari in tirocinio nominati con DM 8 giugno 2012, formulavano un quesito relativo all’interpretazione del punto 4.1 delle “Direttive Generali per il tirocinio dei magistrati ordinari nominati con DM 8 giugno 2012” (delibera CSM del 14 giugno 2012) sul “recupero delle assenze nel corso del tirocinio”.Richiamato il contenuto della disposizione in esame (“Il tirocinio magistrati ordinari nominati con DM 8 giugno 2012 avrà la durata effettiva di 18 mesi, con esclusione dei periodi di congedo straordinario o aspettativa di durata superiore, in entrambi i casi, a trenta giorni e dei periodi feriali dei magistrati di cui all’art. 90 dell’Ordinamento giudiziario”) ed evidenziato il diverso trattamento previsto per le assenze da ferie (da recuperare in ogni caso) e quelle per aspettativa o congedo straordinario (da recuperare se superiori a trenta giorni), il quesito mira in particolare a conoscere:

a) “se i periodi di assenza per congedo straordinario o aspettativa di durata superiore a trenta giornidebbano essere recuperati per intero o solo nella misura eccedente i 30 giorni”;

b) nell’ipotesi affermativa, se il recupero integrale debba riguardare solo periodi di assenza continuativa per 30 giorni, o se ad essi vadano sommati anche i singoli giorni non effettuati in via continuativa;

c) se per verificare il superamento del limite di 30 giorni si debbano sommare i periodi di aspettativa e quelli di congedo straordinario;

d) se le ferie maturate durante il tirocinio debbano essere fruite necessariamente entro la data antecedente la presa di servizio presso gli uffici di destinazione o possano essere fruite, anche in parte, entro il mese di giugno dell’anno successivo.

2. In relazione al primo quesito, va rilevato che il CSM ha avuto modo di chiarire l’interpretazione e la ratio della disposizione in esame, richiamata ogni volta dalle Direttive del Consiglio sul tirocinio (conformemente alla originaria previsione di cui all’art. 3 c. 1 DPR 17 luglio 1998), che “mira a garantire la massima effettività dello svolgimento del tirocinio”: la durata di questo deve perciò essere calcolata al ‘netto’ dei periodi di congedo straordinario e di aspettativa, sia se ciascuno di detti periodi sia superiore a trenta giorni, sia se gli stessi, unitariamente valutati, siano comunque superiori a trenta giorni (cfr. delibera CSM del 15 luglio 2009; negli stessi termini,v. delibera CSM del 24 luglio 2009: “il magistrato ordinario in tirocinio, nello svolgimento del periodo stabilito in generale dal Consiglio superiore della magistratura, deve recuperare i periodi di congedo straordinario o di aspettativa che, anche solo globalmente considerati, siano di durata superiore a trenta giorni, fermo restando l’onere di fornire tempestiva comunicazione di essi al Consiglio superiore della magistratura ed al Consiglio giudiziario competente”.Ne consegue che – superati i trenta giorni, calcolati anche sommando diversi periodi di assenza di durata inferiore, e imputabili a differenti “titoli” (aspettativa o congedo straordinario) – deve ritenersi realizzata una interruzione nel tirocinio non compatibile con la continuità richiesta quella “massima effettività” che lo deve caratterizzare e che impone il recupero del periodo di assenza interamente considerato.Né ostano a tale interpretazione i diversi effetti, evidenziati nel quesito, che si producono sulla durata del tirocinio a seconda che si superi, anche di poco, il periodo di trenta giorni o che si resti in tale spazio temporale, dovendosi solo nel primo caso recuperare tutto il periodo di assenza, comprensivo dei trenta giorni convenzionalmente “abbonati” nella seconda ipotesi: la disposizione individua infatti convenzionalmente il termine massimo di 30 giorni, considerando che in ogni caso di superamento dello stesso la sospensione del tirocinio non possa più considerarsi compatibile con la “continuità” ed “effettività” che devono caratterizzarlo.

3. Quanto alla diversa questione relativa al godimento delle ferie, facendo rinvio alle disposizioni sulle modalità di godimento delle stesse da ultimo analizzate nell’articolata delibera CSM del 21 aprile 2011 “circolare ricognitiva sulle modalità di godimento delle ferie”, e richiamato il generale principio in base al quale il congedo ordinario deve essere normalmente goduto continuativamente in coincidenza con il periodo feriale fissato al principio di ogni anno ai sensi dell’art. 90 RD 12/41, si ritiene che – in caso di impossibilità ad usufruirne prima della presa di servizio negli uffici di destinazione – in base al regime generale si possa differire il godimento delle ferie maturate durante il periodo di tirocinio sino al primo semestre dell’anno successivo.

4. Tanto premesso, il Consiglio

delibera

di rispondere ai quesiti sopra formulati nei seguenti termini:

a) in caso di superamento del periodo di trenta giorni, l’assenza per congedo straordinario o aspettativa di durata superiore a trenta giorni deve essere recuperata per intero e non solo per la parte eccedente i 30 giorni;

b) il recupero integrale deve riguardare tutti i periodi di assenza superiori a 30 giorni, anche se non continuativi;

c) il superamento del limite di 30 giorni si ottiene anche sommando i periodi di aspettativa e quelli di congedo straordinario;

d) in caso di impossibilità a fruirne prima della presa di servizio presso l’ufficio di destinazione, le ferie maturate durante il tirocinio possono essere fruite, anche in parte, entro il mese di giugno dell’anno successivo.”

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Risposta a quesito del 18 giugno 2014

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 18 giugno 2014, ha adottato la seguente delibera:

«Con nota del 24 gennaio 2014 il Presidente del Tribunale di … ha rappresentato che :

– con delibera del 9 maggio 2013 la dr.ssa …, MOT nominato con DM 8 giugno 2012, veniva destinata al Tribunale di … con le funzioni di “Giudice”;

– in data 17 giugno 2013, rispondendo ad una nota di sollecito della Settima Commissione del Csm, l’ allora Presidente f.f. del Tribunale di … precisava che la dr.ssa …,, ” sarebbe stata destinata prevalentemente alle funzioni di giudice del lavoro”, posto in quel momento vacante;

– conseguentemente il tirocinio veniva mirato al futuro espletamento delle indicate funzioni;

– in data 27 settembre 2013 veniva pubblicata la vacanza di un posto di giudice della sezione lavoro del Tribunale di …, l’ unico tabellarmente previsto, la cui copertura veniva deliberata dal plenum in data 8 gennaio 2014 con il trasferimento del dr. ….Ciò premesso il Presidente del Tribunale ha chiesto chiarimenti in ordine a “come disporre in riferimento ad una eventuale pretesa del MOT … che ha superato il tirocinio mirato di diritto del lavoro e ad una più che legittima aspettativa, data la pregressa esperienza e la specifica destinazione decisa da codesto on. Consiglio del dott. ….

Osserva la Sesta Commissione che con delibera 9 maggio 2013 la Terza Commissione ha proceduto ad indicare le sedi previste per la assegnazione ai MOT nominati con DM 8 giugno 2012 distinguendo le medesime tra ” uffici giudicanti ordinari e del lavoro, uffici requirenti, uffici minorili ” .Presso il Tribunale di … è tabellarmente previsto un posto di giudice del lavoro (attualmente non più vacante essendovi stato legittimamente destinato il dr. …) ma la dr.ssa … con la citata delibera, è stata invece destinata allo stesso Tribunale con le diverse funzioni di “giudice ordinario”.Ne segue che, ai sensi della delibera 9.5.2013, il dirigente f.f. del Tribunale di … avrebbe dovuto comunicare “entro e non oltre il 31 maggio 2013 ai Consigli giudiziari, alla Terza e alla Nona Commissione le specifiche funzioni alle quali il citato magistrato sarà destinato secondo le tabelle dell’ ufficio al fine di consentire un più razionale svolgimento del tirocinio mirato” funzioni dunque nel caso di specie penali o civili .Risulta da informazione assunta presso il Settore Formazione magistrati in tirocinio della Sesta Commissione del Csm che la dr.ssa … non ha completato il tirocinio. Infatti, tenuto conto dei periodi di congedo per maternità usufruiti, ella deve ancora svolgere 8 mesi e 7 giorni di tirocinio, a partire dal 5 maggio 2014.Ne consegue che, per ovviare alla situazione venutasi a verificare, è onere del dirigente dell’ ufficio comunicare tempestivamente alla Scuola Superiore della magistratura ed al Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di …, per gli adempimenti di rispettiva competenza, le specifiche funzioni, penali o civili, alle quali il citato magistrato sarà destinato secondo le tabelle dell’ ufficio, al fine di consentire un più razionale svolgimento del periodo di tirocinio non ancora svolto.Tutto ciò premesso, il Consiglio

delibera

di rispondere al quesito nel senso che il dirigente dell’ufficio è onerato di indicare, senza ritardo, alla Scuola Superiore della magistratura e al Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di … le specifiche funzioni, penali o civili, alle quali la dr.ssa … sarà destinata, affinché possano predisporre, la prima con riferimento alle attività formative di sua competenza ed il secondo con riferimento alle attività formative da svolgersi presso l’Ufficio, un più razionale e coerente programma del periodo di tirocinio residuo.»

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Risposta a quesito del 20 aprile 2011

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 20 aprile 2011, ha adottato la seguente delibera:

«La dottoressa …, in servizio presso il Tribunale di …, premettendo di essere stata nominata magistrato in tirocinio con D.M. 6 dicembre 2007 e che era stata destinata d’ufficio a svolgere funzioni giudicanti presso il Tribunale di …, chiede al Consiglio superiore della magistratura di voler precisare se, per i magistrati nominati con D.M. 6 dicembre 2007, ai quali è stata applicata la disposizione di cui all’articolo 13 secondo comma del decreto legislativo 160 del 2006, sia applicabile, anche in occasione del primo trasferimento, il limite di cui all’articolo 13, comma terzo, del decreto legislativo predetto, che prevede una legittimazione quinquennale per il mutamento di funzioni, anziché consentire il passaggio a funzioni requirenti dopo la prima valutazione di professionalità.Il decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 (Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150) all’art. 13 al comma secondo prevede:

Capo IV – Passaggio di funzioni

13. Attribuzione delle funzioni e passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa.

1. (omissis)

2. I magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare, anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.Al comma terzo invece viene previsto che:

3. Il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti, e viceversa, non é consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di corte di appello determinato ai sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni. Il passaggio di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata ed é disposto a seguito di procedura concorsuale, previa partecipazione ad un corso di qualificazione professionale, e subordinatamente ad un giudizio di idoneità allo svolgimento delle diverse funzioni, espresso dal Consiglio superiore della magistratura previo parere del Consiglio giudiziario. Per tale giudizio di idoneità il Consiglio giudiziario deve acquisire le osservazioni del Presidente della corte di appello o del Procuratore generale presso la medesima corte a seconda che il magistrato eserciti funzioni giudicanti o requirenti. Il Presidente della Corte di appello o il Procuratore generale presso la stessa corte, oltre agli elementi forniti dal capo dell’ufficio, possono acquisire anche le osservazioni del Presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati e devono indicare gli elementi di fatto sulla base dei quali hanno espresso la valutazione di idoneità. Per il passaggio dalle funzioni giudicanti di legittimità alle funzioni requirenti di legittimità, e viceversa, le disposizioni del secondo e terzo periodo si applicano sostituendo al Consiglio giudiziario il Consiglio direttivo della Corte di cassazione, nonché sostituendo al Presidente della Corte d’appello e al Procuratore generale presso la medesima, rispettivamente, il Primo presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale presso la medesima.

Il profilo posto in evidenza dal quesito è se ai magistrati nominati con il D.M. 6 dicembre 2007 (quindi dopo l’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario) si applicano i limiti previsti dal terzo comma dell’art. 13 (legittimazione quinquennale e numero limitato di cambi).Si ritiene che i limiti del terzo comma del predetto art. 13 non siano applicabili ai MOT del predetto concorso per le seguenti ragioni:

  • Interpretazione letterale. Il comma terzo prevede che il passaggio (n.d.r. da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa) di cui al presente comma può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata. Quindi i limiti previsti non riguardano il comma precedente;
  • Interpretazione sistematica. La disciplina riguardante i MOT (prevista dal comma secondo) è certamente speciale rispetto alla disciplina generale (quindi derogatoria alla norma generale per il disposto dell’art. 14 disp. Preleggi) con la conseguenza che ai MOT non si applica il limite quinquennale; ma superata la prima valutazione di professionalità si è legittimati alla funzione diversa. D’altra parte a rafforzare tale tesi vi è il principio di non contraddittorietà in quanto la cessazione del divieto all’esito del primo scrutinio non avrebbe alcun senso in presenza di una legittimazione quinquennale.

Sul punto va ricordato che il C.S.M. si era già pronunciato con delibera del 12 giugno del 2008 che afferma:Ritiene il Consiglio che le due norme individuate nel quesito disciplinano due situazioni completamente differenti. L’art. 13 co. 2° limita la destinazione dei magistrati all’esito del tirocinio alle sole funzioni giudicanti civili e collegiali penali, prevedendo anche che l’assegnazione a funzioni diverse (monocratiche penali o requirenti), sia per destinazione tabellare che a seguito di trasferimento, non possa avvenire se non dopo il conseguimento della prima valutazione di professionalità. Tale norma, nella parte relativa alla legittimazione per il cambiamento delle funzioni, si applica esclusivamente ai magistrati che, reclutati in ragione di concorso svolto secondo le norme introdotte con la modifica dell’Ordinamento giudiziario (D.L.vo n. 160/2006 artt. 1 e ss.) verranno destinati esclusivamente a funzioni giudicanti civili o penali collegiali.La delibera del C.S.M. pertanto incidentalmente ha riconosciuto la diversità di disciplina prevista dal comma secondo della norma in scrutinio.Pertanto il Consigliodeliberadi rispondere al quesito nei seguenti termini:”La regola per la quale il passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti (e viceversa) può essere richiesto dall’interessato, per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata, prevista dal comma terzo all’art. 13 decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 non si applica per la prima domanda di trasferimento dei magistrati del D.M. 6 dicembre 2007 dalla sede assegnata d’ufficio al termine del tirocinio.”.»

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Risposta a quesito del 15 luglio 2009

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 15 luglio 2009, ha adottato la seguente delibera:

“- letta la nota del Consiglio giudiziario di … del 21 maggio 2009, con cui si trasmette il quesito posto dalla dott.ssa …, magistrato ordinario in tirocinio, la quale rappresenta che, essendo in stato di gravidanza, non solo è già stata costretta ad assentarsi dal lavoro per 15 giorni, ma dovrà inoltre ulteriormente assentarsi per un significativo arco di tempo (a partire da luglio sarà comunque inastensione obbligatoria), e chiede di conoscere se potrà recuperare il periodo di tirocinio mirato non effettuato e quali sono, in caso affermativo, gli eventuali accertamenti da compiere;

– letto l’art. 3, comma 1, del D.P.R. 17 luglio 1998, il quale recita: “La durata complessiva del tirocinio è determinata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi ad iniziare dalla data fissata dal Consiglio medesimo, esclusi i periodi di congedo straordinario o aspettativa di durata superiore a trenta giorni nonché i periodi feriali dei magistrati di cui all’art. 90 dell’Ordinamento giudiziario, anche se l’uditore abbia goduto di ferie di durata inferiore”;

– considerato che la disposizione mira a garantire la massima effettività dello svolgimento del tirocinio, e che, quindi, la durata di questo deve essere calcolata al ‘netto’ dei periodi di congedo straordinario e di aspettativa sia se ciascuno di detti periodi sia superiore a trenta giorni, sia se gli stessi, unitariamente valutati, siano comunque superiori a trenta giorni;

– ritenuto, pertanto, che il magistrato ordinario in tirocinio, nello svolgimento del periodo stabilito in generale dal Consiglio superiore della magistratura, deve recuperare i periodi di congedo straordinario o di aspettativa che, anche solo globalmente considerati, siano di durata superiore a trenta giorni, fermo restando l’onere di fornire tempestiva comunicazione di essi al Consiglio superiore della magistratura ed al Consiglio giudiziario competente;

delibera

di rispondere al quesito nei termini di cui in motivazione.”

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Risposta a quesito del 24 luglio 2009

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 24 luglio 2009, ha adottato la seguente delibera:

– letta la nota in data 24 giugno 2009 con la quale la dott.ssa …, magistrato ordinario in servizio al Tribunale di …, chiede se “il mancato svolgimento del tirocinio per il solo mese di agosto, essendo la stessa in quel mese in astensione obbligatoria per maternità, sia o meno ostativo alla presa di possesso delle funzioni e, nel caso in cui lo sia, quali saranno le conseguenze sulla posizione e sulla progressione in carriera”;

– letto l’art. 3, comma 1, del D.P.R. 17 luglio 1998, il quale recita: “La durata complessiva del tirocinio è determinata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi ad iniziare dalla data fissata dal Consiglio medesimo, esclusi i periodi di congedo straordinario o aspettativa di durata superiore a trenta giorni nonché i periodi feriali dei magistrati di cui all’art. 90 dell’Ordinamento giudiziario, anche se l’uditore abbia goduto di ferie di durata inferiore”;

– considerato che la disposizione mira a garantire la massima effettività dello svolgimento del tirocinio, e che, quindi, la durata di questo deve essere calcolata al ‘netto’ dei periodi di congedo straordinario e di aspettativa sia se ciascuno di detti periodi sia superiore a trenta giorni, sia se gli stessi, unitariamente valutati, siano comunque superiori a trenta giorni;

– ritenuto, pertanto, che il magistrato ordinario in tirocinio, nello svolgimento del periodo stabilito in generale dal Consiglio superiore della magistratura, deve recuperare i periodi di congedo straordinario o di aspettativa che, anche solo globalmente considerati, siano di durata superiore a trenta giorni, fermo restando l’onere di fornire tempestiva comunicazione di essi al Consiglio superiore della magistratura ed al Consiglio giudiziario competente;

– ritenuto che l’impostazione va condivisa giacchè dalla data di presa di possesso dell’ufficio decorrono taluni effetti, quale il decorso del termine per poter validamente proporre domanda di un successivo trasferimento, che nel concreto possono essere di vantaggio per il magistrato ed avendo il Consiglio già affermato con la delibera del 22 aprile 1999 che l’assenza dal lavoro che si ricolleghi ad uno stato di gravidanza neanche in via indiretta può spiegare un effetto penalizzante per quel magistrato;

– considerando, infine, che con riferimento all’ulteriore quesito posto dalla dott.ssa … si deve osservare che al magistrato che si trovi in astensione obbligatoria per maternità e per il quale sia stato deliberato il trasferimento ad altra sede della facoltà di prendere possesso del nuovo ufficio anche durante tale periodo, pur non ricorrendone l’obbligo, distinguendo la prestazione di attività lavorativa, esclusivo oggetto del divieto normativo, dal compimento di atti che sono parimenti esplicazione delle funzioni giudiziarie e che, pur ponendosi come presupposto dell’esercizio di attività lavorativa, ne restano estranei anche sul piano della successione cronologica;

delibera

di rispondere ai quesiti nei termini di cui in motivazione.

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Risposta a quesito del 7 maggio 2014

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 7 maggio 2014, ha adottato la seguente delibera:

“Letto il quesito del 6 febbraio 2014 con il quale il Presidente del Tribunale di … chiede di conoscere se, in presenza di una situazione di assoluta necessità, sia possibile derogare ai limiti di impiego dei M.O.T..

Osserva:

La questione dell’impiego dei M.O.T. è regolata da normazione primaria. Essi infatti, ai sensi dell’art. 13 co. 2, D.Lgs. 160/2006, come modificato dall’art. 1 co. 1, L. 187/2011 (a decorrere dal 17 novembre 2011), non possono essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, salvo che per i reati previsti dall’art. 550 c.p.p. (ossia quelli per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio), le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.Con delibera in data 11 aprile 2012 questo Consiglio, richiamando a sua volta precedente delibera consiliare del 30 novembre 2011, ha precisato che anche la convalida dell’arresto (in quanto fase processuale intimamente connessa alle funzioni di giudice dibattimentale) non è preclusa ai M.O.T., purché il procedimento abbia ad oggetto reati previsti dall’art. 550 c.p.p..Ciò naturalmente non consente di superare il limite imposto dalla normativa primaria circa l’impossibilità di esercitare le funzioni di GIP/GUP.

Tanto premesso

delibera

di rispondere al quesito nei seguenti termini:I magistrati ordinari al termine del tirocinio possono svolgere anche le funzioni monocratiche penali, limitatamente ai reati previsti dall’art. 550 c.p.p., ivi compreso il procedimento di convalida di arresto e contestuale giudizio direttissimo ex art. 558 c.p.p.”

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Risposta a quesito del 20 maggio 2015

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 20 maggio 2015, ha adottato la seguente delibera:

“letta la nota prot.n. 368 (in data 16 febbraio 2015) a firma del Presidente del Tribunale di …, avente ad oggetto un quesito in materia di assegnazione dei MOT alle funzioni GIP/GUP, osserva quanto segue.Il Presidente del Tribunale di … ha formulato il seguente quesito:“In relazione all’art. 1 Legge 31 ottobre 2011 n. 187, in base a cui ai MOT di prima nomina non sono attribuibili funzioni di GIP/GUP e monocratico penale proveniente da udienza preliminare, si chiede alle SS.VV. se possa essere concessa una deroga nel caso di tribunali quale il nostro ove:

1. la sede non sia stata richiesta in più di tre interpelli ordinari;

2. solo quattro dei magistrati presenti (tra cui presidente e presidente di sezione) abbiano superato la 1° valutazione di professionalità (tra l’altro la presidente di sezione ha svolto in passato funzioni di GIP/GUP per cui si creano incompatibilità con il dibattimento);

3. durante i periodi feriali, essendo ovviamente alcuni dei quattro magistrati in ferie, si creano ulteriori occasioni di incompatibilità:

4. gli altri magistrati di questo Tribunale sono tutti MOT i quali, nella maggior parte dei casi, non appena raggiungono la prima professionalità, con conseguente possibilità di svolgere le funzioni di cui sopra, chiedono ed ottengono il trasferimento;

5. i divieti della Legge di cui sopra di fatto rendono estremamente difficoltosa lafunzionalità del Tribunale”.

La materia oggetto del quesito è disciplinata dal paragrafo 39 della circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2014 – 2016 che prevede:

“39.4 – Ai magistrati entrati nell’Ordine giudiziario successivamente al 31 luglio 2007 si applica la disposizione di cui all’art. 13 del D.Lvo n. 160 del 2006, salve le deroghe di cui all’art.7 bis, comma 2 quinquies dell’Ordinamento giudiziario ed all’art. 37, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, conv. dalla L 15 luglio 2011, n. 111.

39.5 I magistrati entrati nell’Ordine giudiziario prima del 31 luglio 2007 e che non hanno ancora conseguito la prima valutazione di professionalità non possono essere destinati, salvo che già svolgessero le relative funzioni o ricorrano imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio, che devono essere specificamente indicate e congruamente motivate:

1. allo svolgimento di funzioni monocratiche penali;

2. allo svolgimento di funzioni GIP/GUP”.

L’art. 13, comma 2, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, e successive modificazioni, a sua volta dispone che: “I magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, salvo che per i reati di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità”.Dalle richiamate disposizioni normative si evince chiaramente che i magistrati ordinari possono essere destinati a svolgere funzioni di GIP/GUP soltanto dopo la I° valutazione di professionalità e purché abbiano svolto per due anni le funzioni di giudice del dibattimento; soltanto quest’ultimo requisito appare derogabile per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio.Inoltre, i magistrati entrati in servizio prima del 31 luglio 2007 e che non hanno ancora conseguito la I valutazione di professionalità, possono essere destinati alle funzioni GIP/GUP nei seguenti casi:

1. per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio, che devono essere specificamenteindicate e congruamente motivate;

2. quando già svolgevano le funzioni di GIP/GUP

Appare evidente, pertanto, che le situazioni indicate dal Presidente del Tribunale di … non possono giustificare, di per sé, la deroga richiesta”.

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Risposta a quesito dell’11 aprile 2012

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta dell’11 aprile 2012, ha adottato la seguente delibera:

“letto il quesito del 12 gennaio 2012 con il quale il Presidente del Tribunale di … ha chiesto di conoscere se i MOT con funzioni giurisdizionali possano trattare i procedimenti di convalida dell’arresto e conseguente giudizio direttissimo ex art. 558 c.p.p., con esclusivo riferimento ai reati di cui all’art. 550 c.p.p..

OSSERVA

Ai sensi del secondo comma dell’art. 13 del D.lgs. 160/2006, nell’attuale formulazione, i magistrati ordinari al termine del tirocinio non possono essere destinati a svolgere le funzioni giudicanti monocratiche penali, salvo che per i reati di cui all’articolo 550 del codice di procedura penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.La modifica alla norma apportata dal comma 1 dell’art. 1, L. 31 ottobre 2011, n. 187, a decorrere dal 17 novembre 2011, consente dunque ora ai magistrati ordinari al termine del tirocinio di esercitare anche le funzioni monocratiche penali – in precedenza loro totalmente precluse fino al conseguimento della prima valutazione di professionalità – limitatamente ai reati contemplati dall’art. 550 c.p.p., ossia per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio.Ai sensi dell’art. 558 c.p.p. gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l’arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l’arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell’arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero.La convalida dell’arresto, dunque, pur essendo una fase processuale che precede lo svolgimento del giudizio dibattimentale, è intimamente connessa a quest’ultimo e dunque è da considerare a pieno titolo rientrante nelle funzioni di giudice dibattimentale che non sono precluse ai MOT, purché il procedimento abbia ad oggetto reati contemplati dall’art. 550 c.p.p..Occorre a questo punto ricordare che, nella delibera del 30 novembre 2011, nel rispondere ai primi quesiti avanzati sulla circolare in materia di organizzazione degli uffici giudicanti per il triennio 2012-2014 (ora triennio 2013-2015 in forza della delibera del 7 marzo 2012), alla domanda circa la possibilità di inserire i GOT nei turni per i giudizi direttissimi si rispose in modo tendenzialmente negativo, in quanto normalmente la celebrazione del giudizio direttissimo è immediatamente successiva alla fase di convalida in cui si svolgono attività assimilabili a quella dei GIP/GUP e, dunque, precluse ai GOT.E’ il caso di chiarire – superando l’inevitabile sinteticità imposta dalle modalità all’epoca prescelte per rispondere in unica soluzione a numerosi quesiti – che quell’assimilazione non intendeva affatto riferirsi alle funzioni GIP/GUP (non a caso nella delibera si parlò di attività), venendo in rilievo come detto funzioni attribuite al giudice del dibattimento, quanto piuttosto all’incidenza sullo status libertatis delle persone che è opportuno sottrarre alle attribuzioni di un giudice onorario, salvo ovviamente i casi in cui occorra provvedere nel corso di un giudizio dibattimentale già avviato ed assegnato ad un GOT.

Tanto premesso

delibera

di rispondere al quesito nei seguenti termini:

I magistrati ordinari al termine del tirocinio possono trattare i procedimenti di convalida dell’arresto e contestuali al giudizio direttissimo ex art. 558 c.p.p., purché abbiano ad oggetto reati contemplati dall’art. 550 c.p.p. “

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