Giurisdizione e protezione internazionale – 26 settembre 2016

Intervento del Consigliere Francesco Cananzi

Ringrazio la Presidente della Camera, On. Laura Boldrini, il Ministro della Giustizia, on. Andrea Orlando ed il Ministro dell’Interno, On. Angelino Alfano, che interverrà successivamente per impegni istituzionali, nonché tutte le autorità presenti che si sono rese disponibili a questo confronto.

Ringrazio i Consiglieri nonché tutti i dirigenti ed i magistrati presenti, per il tempo sottratto al proprio quotidiano impegno.

Ci è sembrato necessario raccogliere l’invito del Presidente Mattarella che, come abbiamo ricordato nella introduzione al programma di questa giornata, recatosi al Centro Astalli il 20 giugno scorso, in occasione della  Giornata Mondiale del Rifugiato, invitava a percorrere in tema di migrazioni le strade delle  <buone politiche, serie e lungimiranti, che guardino al futuro>.  Abbiamo inteso questo invito come rivolto anche alla giurisdizione, da qui l’esigenza di questo tempo di riflessione.

Un ringraziamento particolare va al Vicepresidente del CSM, On. Giovanni Legnini, che ha fortemente voluto questa giornata di confronto, a seguito dell’incontro che avemmo con il dott. Stephane Jaquemet, rappresentante per il Sud Europa del UNHCR, cogliendo la necessità di fermarci a riflettere su quella che  potrebbe diventare un’emergenza giudiziaria  se non riusciremo, facendo ciascuno la propria partead assicurare un dignitoso livello di tutela a chi ha diritto alla status  di rifugiato,  in forza degli obblighi che scaturiscono in primo luogo dalla Convenzione di Ginevra,

Pertanto cedo volentieri la parola al Vicepresidente Legnini, per il suo indirizzo introduttivo.

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I lavori della mattina si sono concentrati sui profili della organizzazione giudiziaria e dell’innovazione possibile, con un confronto sulle buone prassi e sulle difficoltà che si stanno sperimentando nei tribunali.

Con questo incontro ci poniamo, infatti, l’obiettivo di accrescere la sensibilità organizzativa verso le procedure ex art. 35 d.lvo 25/08, nell’ambito delle scelte tabellari, pur consapevoli delle difficoltà che incontrano i dirigenti per la penuria di magistrati e di personale amministrativo: è una giornata di ascolto e di proposta anche per il Consiglio Superiore.

L’obiettivo è quello di sostenere gli Uffici giudiziari al meglio, di mettere a disposizione le buone prassi ed i modelli organizzativi sperimentati in alcune realtà, nonché di creare un dialogo fra istituzioni che ci consenta di fare dei passi in avanti, come sistema, pur nelle diversità delle funzioni e nell’autonomia dei poteri,  nell’interesse esclusivo di chi ha diritto allo status di rifugiato.

Non siamo all’anno zero: il CSM si è occupato dei diritti dei richiedenti asilo con il parere del 16 luglio 2015,  con il quale chiedeva al Ministro della Giustizia di introdurre l’istituto dell’applicazione extradistrettuale straordinaria. La  richiesta è stata accolta e recepita tempestivamente, con la legge n. 132 del 2015, che consentiva al Consiglio di assegnare 20 magistrati per le sedi maggiormente gravate dalle procedure afferenti il riconoscimento dello status di rifugiato.

Allo stato, pur a fronte delle difficoltà conseguenti alla scopertura degli organici dei magistrati, pari al 12% su base nazionale, il Consiglio ha destinato in via esclusiva alla trattazione di tali procedimenti sedici magistrati per diciotto mesi. Sono ancora in corso ulteriori bandi per la copertura dei residui quattro posti.

Si tratta di uno strumento che dai dati finora acquisiti, pur fra le molteplici difficoltà, al quinto mese di applicazione ha visto i primi magistrati, quelli destinati ai Tribunali di Bari, Brescia, Catania, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Roma, divenire assegnatari complessivamente di 5620 procedimenti pendenti, già provvedendo costoro alla definizione per circa il  30%. 

E’ un risultato significativo,  che potrà certamente migliorare nel corso del prosieguo delle applicazioni.

C’è però da riflettere sulla possibilità di incrementare il numero di applicazioni possibili, aumentando per legge il limite delle venti unità ovvero di prorogare ulteriormente le applicazioni oltre il diciottesimo mese, qualora fossero risultate particolarmente efficaci. 

Proprio in ragione dell’attenzione da riservare a formule organizzative virtuose, il CSM sta predisponendo nel nuovo Portale una sezione apposita da destinare esclusivamente ai temi della protezione internazionale: vi si troveranno in particolare buone prassi e convenzioni, come ad esempio quella stipulata dal Tribunale di Catania, nell’ambito del gruppo di lavoro Migrantes, che tende a semplificare le comunicazioni e le notifiche per le Commissioni Territoriali, accelerando così i tempi del procedimento;  nonché a rendere  disponibili le ordinanze emesse dal Tribunale per la  Commissione territoriale, affinchè  l’organo amministrativo abbia contezza degli orientamenti giurisprudenziali del tribunale.

Ogni progettualità organizzativa, come è noto, deve partire dal monitoraggio dei flussi dei procedimenti: quelli ex art. 35  d. cit., però,  solo dal  1 gennaio 2016 hanno un codice oggetto specifico (110032), opportunamente introdotto dal Ministero della Giustizia.

Va qui solo ricordato che per il pregresso, con  la delibera del 14 luglio 2016 il Consiglio ha auspicato che il Ministero provveda ad un rilevamento statistico straordinario per accertare quanti siano i procedimenti ex art. 35 già pendenti al 31.12.2015.

Da una stima assolutamente deduttiva, effettuata dall’Ufficio Statistico del Consiglio, in relazione ai codici oggetto “altri istituti e leggi speciali” ed “altri istituti relativi allo stato della persona ed ai diritti della personalità”, utilizzati prima del 1 gennaio 2016,  risultava che al 31 ottobre 2015 vi fosse stato un incremento del 194%  dei procedimenti pendenti, rispetto all’anno 2014, nella misura di 11.666 processi in più, con elevata probabilità dovuti in larga parte alle impugnazioni di cui all’art. 35 cit. iscritte nel corso del 2015.

Occorre pertanto censire la complessiva pendenza dei procedimenti ex art. 35 d.cit per poter programmare il futuro ed il Consiglio vi provvederà, per propria parte, con una interlocuzione diretta con gli uffici, secondo un format già definito e già disponibile sul sito internet, che consenta anche di verificare il numero di Got impiegati in tali procedure.   

La sezione del nuovo Portale del Consiglio  porrà inoltre a  disposizione dei magistrati,  e probabilmente in prospettiva anche agli avvocati e ai componenti delle commissioni territoriali,  una raccolta organizzata di casi giurisprudenziali, un’area destinata alla giurisprudenza di merito, legittimità e comunitaria,  mentre potrebbe fornire ai magistrati le Informazioni ufficiali sui Paesi di Origine (COI), contando sull’auspicata  collaborazione del Ministero degli Interni, al fine di sostenere il giudice, che deve confrontarsi con l’attenuato principio dell’onere della prova proprio del procedimento ex art. 35.

I lavori di questo pomeriggio, quindi, sono tesi a comprendere, con l’interlocuzione significativa fra le  Istituzioni che si occupano  della protezione internazionale e delle migrazioni, quale sia la strada che si intende percorrere, quali le prospettive politico-legislative nazionali, europee, internazionali.

C’è una priorità per la giurisdizione, quella di coniugare la qualità delle decisioni con le quantità crescenti di procedimenti, priorità che è propria di  ogni ambito di intervento dei giudici: ma che deve essere ancor più presente quando in gioco sono i diritti inviolabili della persona, come riconosciuti dall’art. 2 e declinati  dall’art. 10 c. 3 della Costituzione nel diritto di asilo.

Credo che si debba essere orgogliosi della nostra civiltà giuridica e dell’impegno della magistratura italiana, che ha fatto crescere nel paese dagli anni ’70 del secolo scorso ad oggi, la consapevolezza della precettività dei diritti costituzionali, indicando la strada colta in alcune occasioni anche ad un legislatore attento: penso ai diritti dei lavoratori,  al diritto alla salute, ai diritti ambientali.  

La relazione fra fonti nazionali, eurounitarie e internazionali  richiede e richiederà che la magistratura italiana operi ulteriori azioni ermeneutiche, che abbiano a cuore il senso delle disposizioni costituzionali e la tutela della dignità umana. E anche se di tutto questo non si troverà traccia nelle classifiche internazionali del <doing business>, alla magistratura spetta ricordare che la giustizia non si riduce alle sole logiche economicistiche, ma è chiamata a contemplare, come l’impianto costituzionale suggerisce,  anche i diritti umani e sociali accanto a quelli economici.

Non c’è spazio alcuno, né giuridico né politico, che consenta di rinunciare ad una adeguata, reale ed efficace verifica giurisdizionale sullo status del richiedente, cosicchè l’auspicio è che non si vada verso semplificazioni procedimentali che frustrerebbero la giustezza delle decisioni in merito alle domande di asilo, riducendo la delibazione da parte dell’autorità giudiziaria o escludendola con respingimenti indifferenziati e di massa.

Anche un solo diritto di protezione ingiustamente negato è una lesione non sopportabile per l’Europa. E’ questione di civiltà giuridica che deve animare l’idea della nuova Europa, da costruire dopo Brexit. Quella dei migranti è una sfida, che è prima di tutto politica, dalla quale l’UE potrebbe trarre una nuova identità.

L’UE ha bisogno di una politica forte che riscopra le proprie radici, quelle che ne ispirarono l’istituzione dopo la seconda guerra mondiale: la ricerca della pace e della giustizia, la volontà di futuro, la solidarietà, i diritti umani sociali.

Ma accanto ai diritti, proprio per renderli sostanziali e non formali, deve scoprire i doveri, come per altro chiedeva Aldo Moro, che abbiamo ricordato nel  centenario della nascita,  allorquando affermava che <la  stagione dei diritti sarà effimera se non nascerà una nuova stagione dei doveri,  un nuovo senso del dovere>,  a cominciare da quello di solidarietà.

Occorre poi, tornando alle procedure, un tempo adeguato per la decisione, che consenta al richiedente di comprendere quale sia la propria condizione:  tempo adeguato ma non eccessivo, quale quello che si sperimenta invece in Italia in alcune realtà, che alimenta  nel richiedente asilo situazioni di inerzia, di parassitismo, se non a volte forme di disagio mentale nell’attesa del giudizio.

Non è facile confrontarsi con il populismo, ma una politica autorevole è in grado di contrapporvisi con la serietà delle misure messe in campo: in tal senso dovrebbe andare la  generalizzazione dei percorsi di accoglienza integrata dello SPRAR, che mi sembra sia potenzialmente contenuta nel decreto del Ministro dell’Interno del 10 agosto 2016, teso ad ampliare e favorire la rete degli enti locali che eroghino servizi di assistenza per rifugiati e richiedenti asilo.

Il fenomeno migratorio si è ancor più  intensificato verso l’Europa dal 2011, a partire dalle cd. primavere arabe, ed oggi si è implementato a causa del conflitto nell’area siro-irachena, assumendo caratteristiche che nel 2015 hanno coinvolto l’Unione Europea in modo significativo –  ad esempio con l’afflusso di un milione di profughi siriani, ma certamente in misura minore rispetto a quanto sia accaduto  per la Turchia, che ne accoglieva 2.700.000, il Libano, più di un milione,  la Giordania 640mila.  

Se il fenomeno delle migrazioni scaturisce dall’instabilità e dai conflitti nell’area mediorientale e dalle complesse situazioni etnico-religiose e politiche dell’Africa sub sahariana, oltre che dalle persecuzioni per ragioni religiose, dai disastri ambientali, dalla nuove forme di schiavitù nel lavoro,   le cause delle migrazioni non si risolvono solo in questi ambiti , ma trovano una loro origine anche nelle disparità delle condizioni sociali, umane, economiche tra le diverse parti del pianeta, amplificate dalla globalizzazione delle informazioni.

Condizioni che per altro hanno sempre, nella storia, determinato flussi migratori e che rendono oggi anche più attuali le parole che  Emma Lazarus, poetessa americana,  nel 1883 faceva dire alla Statua della Libertà, eretta nella baia di New York per accogliere i migranti provenienti da ogni parte del pianeta: 

<A me date i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi, i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste>.

Una descrizione, questa, dei tanti migranti fuggiti dalle persecuzioni e dalla miseria e giunti negli Stati Uniti dalla fine del 19esimo secolo, non dissimile da quella che oggi l’Unione Europea si trova a dover governare e non diversa dalle immagini delle carrette del mare che, anche nel corso di questa estate, abbiamo visto intercettate e salvate dalle nostre forze armate e di polizia, alle quali va il nostro ringraziamento per questa azione di civiltà e solidarietà.

Le migrazioni non sono eventi saltuari,  ma sono un fenomeno costante, più o meno intenso, che ha costituito, come la storia dell’umanità  ci insegna, anche una risorsa ed una fonte di sviluppo e di progresso.

Non a caso Ban Ki-moon, Segretario Generale dell’ONU, in occasione della Giornata delle Nazioni Unite dedicata ai rifugiati, appena il 21 settembre scorso, dopo aver  ricordato di essere stato egli stesso rifugiato a seguito della guerra in Corea, ha affermato che quel vertice, dedicato in particolare ai  giovani rifugiati ,  celebrava anche  <i vantaggi della mobilità umana globale. Stiamo dimostrando – aggiungeva – che i rifugiati e migranti sono partner cruciali. È per questo che non vedo l’ora di sentire dai giovani rifugiati qui oggi: conoscono  le sfide e le opportunità meglio di chiunque altro>. Rifugiati e migranti, quindi, occasione di progresso.

La sfida è, quindi, quella che il Presidente Mattarella ci invita a raccogliere: politiche serie e lungimiranti, dicevamo, quindi anche politiche giudiziarie serie e scelte organizzative lungimiranti.

La magistratura sta facendo ed ancor più dovrà fare la sua parte.

Il fenomeno migratorio va affrontato con senso di realtà e di responsabilità, governandolo in maniera solidale ed intelligente, ma non senza garanzie per la sicurezza.

Consentitemi di chiudere ricordando  un evento storico avvenuto nel cuore dell’Europa, il 26 giugno 1963:  John F. Kennedy a Berlino , nel famoso discorso nel quale si diceva cittadino di Berlino, di fronte al muro eretto per dividere la città, aggiungeva:

 <La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri ….il muro è la più grande e vivida dimostrazione dei fallimenti del sistema comunista — tutto il mondo lo può vedere — ……. è (…) un’offesa non solo contro la storia, ma contro l’umanità, separa famiglie, divide i mariti dalle mogli, ed i fratelli dalle sorelle, divide un popolo che vorrebbe stare insieme.(…) La libertà è indivisibile e quando un solo uomo è reso schiavo, nessuno è libero>.  

Credo che quando sentiamo riecheggiare le intenzioni di costruire muri a Calais come in Austria e nell’est Europa, debbano tornare alla nostra mente queste parole: la libertà è indivisibile, se ad un sol uomo si nega con un muro la libertà di muoversi, nessuno sarà più libero.

Vorrei aprire questo confronto cedendo la parola alla Presidente della Camera, On. Boldrini, ringraziandola per la sua presenza e per il contributo certamente qualificato che saprà fornirci , ancor più perché vissuto in forza dell’esperienza avuta quale portavoce della Rappresentanza per il Sud Europa dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Le cedo la parola con l’auspicio che si apra il tempo della comunicazione e del dialogo tra i popoli dell’Unione e che il tempo dei muri sia quanto prima  sepolto per sempre nella nostra Europa. 

Video dell’intervento ( Radio Radicale)