I giudici, anche sui migranti, sono soggetti solo alla Legge

Nella giurisprudenza nazionale e UE è principio pacifico che  la designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro deve estendersi a tutto il suo territorio ed a tutte le condizioni: il giudice nazionale che esamina la legittimità di una decisione amministrativa con cui si nega la concessione della protezione internazionale deve valutare se vi è la violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla designazione di un Paese terzo come Paese di origine sicuro.

Nel caso dei primi migranti trasportati in Albania sono  le stesse informazioni del Ministero degli Esteri, cioè del governo stesso, che escludono che Egitto e Bangladesh possano essere considerati “Paesi sicuri” nella loro interezza.

La mancata convalida del trattenimento ai fini del rimpatrio risulta motivata sulla base delle direttive UE e delle le decisioni della Corte di Giustizia UE, che sono vincolanti per i Paesi membri, nel senso che alle stesse devono adeguarsi non soltanto i giudici nazionali, ma anche Parlamenti e Governi.

Che il   diritto comunitario prevalga sul diritto interno è un concetto acquisito al diritto da decenni e il Giudice applica la legge, nazionale o sovranazionale non fa politica, si limita a fare il suo mestiere.

A ragionare diversamente si arriva a sostenere che  il Giudice dovrebbe  violare la legge, anche sovranazionale, per allineare l’azione giudiziaria all’indirizzo politico del Governo.
A fronte di questo lineare ragionamento tutte le polemiche di questi giorni appaiono strumentali e volte esclusivamente a distogliere l’attenzione dal punto nodale della questione: ogni legge deve rispettare i principi costituzionali ed internazionali volti a garantire la democrazia  e la tutela della vita e dignità  umana.

La magistratura tutta deve essere ferma e unita perché qualsiasi tentazione di divisione interna risulta estremamente pericolosa.


La Direzione Nazionale di Unicost.

Scarica il pdf