I procedimenti in materia di immigrazione e protezione internazionale ai tempi del Coronavirus

Aggiornato al D.L. 18 del 17.03.2020

di Fabio Doro in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

1.Premessa.

Lo scopo del presente contributo è analizzare l’impatto sui procedimenti in materia di immigrazione e protezione internazionale del d.l. n. 18/2020, il quale prevede una serie di misure volte ad affrontare l’emergenza sanitaria determinatasi a seguito della diffusione del COVID-19, riprendendo i contenuti del previgente del d.l. n. 11/2020 e ponendo rimedio ad alcune imperfezioni contenute nel testo di quest’ultimo, abrogato.

2. La disciplina dell’emergenza.

L’art. 83, commi da 1 a 5, del d.l. regolano il periodo tra il 9.3.2020 e il 15.4.2020, e viene previsto il rinvio d’ufficio a data successiva al 15.4.2020 di tutte le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari e la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto di tali procedimenti (commi 1 e 2).

Il rinvio d’ufficio a data successiva al 15.4.2020 e la sospensione dei termini per il compimento degli atti processuali non trovano applicazione ad una serie di procedimenti, elencati dal comma 3, ossia, per quanto di interesse:

  1. le udienze nelle cause di competenza del Tribunale per i minorenni relative alle dichiarazioni di adottabilità, ai minori stranieri non accompagnati, ai minori allontanati dalla famiglia ed alle situazioni di grave pregiudizio;
  2. le cause relative ad alimenti o ad obbligazioni alimentari derivanti da rapporti di famiglia, di parentela, di matrimonio o di affinità;
  3. i procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona;
  4. i procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di tutela, di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione nei casi in cui viene dedotta una motivata situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l’esame diretto della persona del beneficiario, dell’interdicendo e dell’inabilitando non risulti incompatibile con le sue condizioni di età e salute;
  5. i procedimenti in materia di trattamento sanitario obbligatorio;
  6. i procedimenti in materia di interruzione volontaria della gravidanza;
  7. i procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari;
  8. i procedimenti di convalida dell’espulsione, allontanamento e trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea;
  9. i procedimenti ex artt. 283, 351 e 373 c.p.c.;
  10. i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti che siano dichiarati urgenti dal capo dell’ufficio giudiziario con decreto in calce alla citazione o al ricorso o, per le cause già iniziate, dal giudice istruttore o dal presidente del collegio.

Limitatamente ai procedimenti di cui al predetto elenco, i capi degli uffici giudiziari possono adottare apposite misure organizzative, tra cui spiccano – per quanto di interesse – l’indicazione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, la celebrazione a porte chiuse delle udienze, la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto o tramite scambio e deposito telematico di note scritte contenenti solamente istanze e conclusioni e adozione fuori udienza del provvedimento (comma 5).

I commi 6 e 7 disciplinano, invece, il periodo dal 16.4.2020 al 30.6.2020, demandando ai capi degli uffici giudiziari l’adozione di apposite misure organizzative volte ad evitare gli assembramenti all’interno degli uffici e i contatti ravvicinati tra le persone.

Si tratta, ancora una volta, dell’indicazione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze, la celebrazione a porte chiuse delle udienze, del rinvio delle udienze a data successiva al 30.6.2020 con le eccezioni di cui all’elenco riportato sopra, la previsione dello svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti mediante collegamenti da remoto o tramite scambio e deposito telematico di note scritte contenenti solamente istanze e conclusioni e adozione fuori udienza del provvedimento.

Il comma 8 prevede la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento di attività che siano precluse dai provvedimenti organizzativi adottati dai capi degli uffici giudiziari sia nel periodo dal 9.3.2020 al 15.4.2020 sia nel periodo dal 16.4.2020 al 30.6.2020, con particolare riferimento alla presentazione della domanda giudiziale.

Il comma 11 prevede l’obbligo di deposito telematico anche degli atti introduttivi dei giudizi, in deroga all’art. 16-bis, comma 1-bis, del d.l. n. 179/2012, ma solo negli uffici giudiziari che abbiano la disponibilità di tale servizio.

Su un piano generale, si deve rilevare che, come chiarito nella sua relazione illustrativa, il d.l. n. 18/2020 ha risolto una serie di dubbi interpretativi che si erano posti con riferimento all’ambito di applicazione della sospensione dei termini prevista dal previgente art. 1 del d.l. n. 11/2020.

In primo luogo si era formata un’interpretazione restrittiva che voleva circoscrivere la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio ai soli giudizi con udienza fissata nel periodo tra il 9.3.2020 e il 22.3.2020, ma ciò era in contrasto con la ratio dell’intervento normativo, che voleva introdurre una sospensione generalizzata.

Anche nella vigenza dell’art. 1 del d.l. n. 11/2020, dunque, era preferibile l’opinione che voleva sospesi i termini di tutti i procedimenti civili, a prescindere dal fatto che vi fosse un’udienza fissata nel periodo tra il 9.3.2020 e il 16.4.2020 [così Casi e questioni civili sul Decreto legge 11/2020 sull’emergenza da Coronavirus di Michele Ruvolo, Francesca Bellafiore e Francescamaria Piruzza (civile e tutelare), Paolo Scognamiglio (lavoro), Bruno Conca (fallimento e esecuzione), in www.unicost.eu/casi-e-questioni-civili-sul-decreto-legge-11-2020-sullemergenza-da-coronavirus/].

In secondo luogo, il previgente art. 1, comma 2, del d.l. n. 11/2020 faceva riferimento ai “termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti”, cosicché, aderendo ad un’interpretazione rigorosamente letterale del testo, nel periodo tra il 9.3.2020 e il 22.3.2020 sembrava fossero sospesi esclusivamente i termini per il compimento di atti processuali (ad es. quelli per il deposito di memorie), ma non invece i termini di decadenza per l’introduzione dei giudizi.

Tale interpretazione sembrava essere avallata da un confronto con il previgente art. 2, comma 3, del d.l. n. 11/2020, che con specifico riferimento al periodo dal 23.3.2020 al 31.5.2020 prevedeva la sospensione della “decorrenza dei termini di prescrizione e di decadenza dei diritti che [potessero] essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse” dai provvedimenti organizzativi del capo dell’ufficio che avessero impedito la presentazione della domanda giudiziale.

Si trattava di una disposizione che, non essendo richiamata dal previgente art. 1 del d.l. n. 11/2020, era applicabile solo al periodo dal 23.3.2020 al 31.5.2020 e sembrava riguardare anche o solo i termini sostanziali (“dei diritti”), e la cui diversa formulazione rispetto all’art. 1 confermava che quest’ultimo si riferiva ai soli termini del procedimento, e non anche a quelli per la proposizione della domanda, che dunque continuavano a decorrere e non restavano sospesi.

Il d.l. n. 18/2020 è opportunamente intervenuto per eliminare tale incongruenza, specificando da un lato che la sospensione dei termini nel periodo dal 9.3.2020 al 15.4.2020 si applica a “tutti i termini procedurali” e in particolare anche a quelli “per la proposizione degli atti introduttivi dei giudizie dall’altro che la sospensione della decorrenza dei termini di prescrizione di decadenza dei diritti che possono essere esercitati esclusivamente mediante il compimento delle attività precluse dai provvedimenti organizzativi del capo dell’ufficio che avessero impedito la presentazione della domanda giudiziale si applica sia nel periodo dal 9.3.2020 al 15.4.2020 sia nel periodo dal 16.4.2020 al 30.6.2020.

Non vi è più alcun dubbio, pertanto, che, salvo non si rientri in taluna delle ipotesi escluse dalla sospensione, eventuali termini di decadenza per l’impugnazione di provvedimenti nel periodo tra il 9.3.2020 e il 15.4.2020 devono ritenersi sospesi in quanto essi sono proprio dei termini “per la proposizione degli atti introduttivi dei giudizi”.

3. Minori stranieri non accompagnati.

Così riassunta la normativa rilevante, ci si deve chiedere come essa interferisca con il settore dell’immigrazione e della protezione internazionale.

Una prima, rilevante, risposta è data dal legislatore stesso, e dalla lettura dell’elenco delle cause escluse dal regime eccezionale di cui al d.l. n. 18/2020.

In particolare, dovranno essere trattati dal Tribunale per i minorenni i procedimenti relativi ai minori stranieri non accompagnati, e quindi l’espulsione (art. 31, comma 4, del D. Lgs. n. 286/1998), la ratifica delle misure di accoglienza predisposte (art. 19 del D. Lgs. n. 142/2015), l’accertamento dell’età della persona tramite esami socio-sanitari e gli eventuali reclami (art. 19-bis del D. Lgs. n. 142/2015) e il rimpatrio ai fini del ricongiungimento con la famiglia d’origine (art. 33 del D. Lgs. n. 286/1998).

Non viene, invece, previsto l’obbligo per il Tribunale ordinario (giudice tutelare) di trattare i procedimenti relativi all’apertura della tutela e la nomina del tutore al minore straniero non accompagnato, che saranno sottoposti allora al regime generale previsto dal d.l. n. 18/2020 per tutti i procedimenti relativi alla tutela dei minori e degli incapaci.

Essi, dunque, saranno trattati soltanto laddove sia dedotta una situazione di indifferibilità incompatibile anche con l’adozione di provvedimenti provvisori, e sempre che l’ascolto del minore non possa rivelarsi pregiudizievole per le sue condizioni di salute.

4. I procedimenti di convalida e cautelari.

Altrettanto chiaro è l’obbligo di trattare i procedimenti di convalida dell’espulsione, dell’allontanamento e del trattenimento di cittadini di paesi terzi e dell’Unione europea.

Si tratta, nello specifico, dei procedimenti che rinvengono la loro disciplina:

  1. nell’art. 10-ter, comma 3, del D. Lgs. n. 286/1998 per quanto riguarda il trattenimento nel centro di permanenza per rimpatri di cittadino extracomunitario che si sia ripetutamente rifiutato di sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici e segnaletici, da convalidarsi a cura del Tribunale o del giudice di pace, a seconda del fatto che lo straniero sia o meno un richiedente protezione internazionale;
  2. nell’art. 13, comma 5-bis del D. Lgs. n. 286/1998, per quanto riguarda l’accompagnamento alla frontiera del cittadino extracomunitario espulso, da convalidarsi a cura del giudice di pace;
  3. nell’art. 14, comma 4, del D. Lgs. n. 286/1998, per quanto riguarda il trattenimento nel centro di permanenza per rimpatri del cittadino extracomunitario espulso, da convalidarsi a cura del giudice di pace;
  4. nell’art. 6, comma 5, del D. Lgs. n. 142/2015, per quanto riguarda il trattenimento nel centro di permanenza per rimpatri di straniero che abbia formulato domanda di protezione internazionale, da convalidarsi a cura del Tribunale;
  5. negli artt. 20, 20-bis e 21 del D. Lgs. n. 30/2007, per quanto concerne il provvedimento del Questore che dispone l’immediata esecutività dell’allontanamento dal territorio italiano del cittadino comunitario o del suo familiare, da convalidarsi a cura del Tribunale.

Il legislatore, per converso, non ha dettato alcuna disposizione per gli altri procedimenti di convalida, non emendando l’omissione in cui era incorso già nell’art. 2 del previgente d.l. n. 11/2020.

In particolare, non sono stati oggetto di considerazione le convalide:

  1. del respingimento con accompagnamento alla frontiera (art. 10, comma 2-bis, del D. Lgs. n. 286/1998), da convalidarsi a cura del giudice di pace;
  2. delle misure di consegna del passaporto o di documento equipollente, dell’obbligo di dimora in luogo preventivamente individuato e dell’obbligo di presentazione presso la forza pubblica disposte dal Questore nei confronti dello straniero espulso a cui sia assegnato termine per la partenza volontaria (art. 13, comma 5.2., del D. Lgs. n. 286/1998), da convalidarsi a cura del giudice di pace;
  3. delle misure di consegna del passaporto o di documento equipollente, dell’obbligo di dimora in luogo preventivamente individuato e dell’obbligo di presentazione presso la forza pubblica disposte dal Questore nei confronti dello straniero espulso in luogo del provvedimento di trattenimento presso il centro di permanenza per rimpatri (art. 14, comma 1-bis, del D. Lgs. n. 286/1998), da convalidarsi a cura del giudice di pace;
  4. delle misure di consegna del passaporto o di documento equipollente, dell’obbligo di dimora in luogo preventivamente individuato e dell’obbligo di presentazione presso la forza pubblica disposte dal Questore nei confronti del richiedente protezione internazionale (art. 14, comma 6, del D. Lgs. n. 142/2015), da convalidarsi a cura del Tribunale;
  5. della proroga del trattenimento nel centro di permanenza per rimpatri (art. 14, comma 5, del D. Lgs. n. 286/1998 e art. 6, comma 5, del D. Lgs. n. 142/2015), da convalidarsi a cura del Tribunale o del giudice di pace, a seconda del fatto che lo straniero sia o meno un richiedente protezione internazionale.

L’omissione può essere risolta in via interpretativa per quanto riguarda le ipotesi della convalida del respingimento e della proroga del trattenimento, in quanto sono procedimenti che hanno la stessa sostanza di quelli espressamente contemplati dal legislatore.

Nel primo caso, infatti, l’art. 10, comma 2-bis, rinvia per relationem alla disciplina della convalida dell’accompagnamento coattivo in caso di espulsione, dimostrando di assimilare sostanzialmente le due misure; sul piano logico, se l’urgenza di provvedere sussiste per uno straniero già entrato nel territorio nazionale, a maggior ragione sussisterà con riferimento allo straniero che non si sia già stabilizzato in Italia.

Per quanto concerne la proroga del trattenimento, è sufficiente osservare che l’effetto pratico è il medesimo della misura adottata ab origine, per cui non vi è ragione di applicare una disciplina diversa.

Problemi ben più gravi, invece, si pongono con riferimento alla convalida delle altre misure che si sono sopra elencate, che hanno natura diversa dall’accompagnamento alla frontiera e dal trattenimento nel centro di permanenza per rimpatri.

Il legislatore non ha contemplato questa tipologia di procedimenti probabilmente perché non prevedono un’udienza di convalida, ma il d.l. n. 18/2020, come si è visto nella ricognizione generale della normativa effettuata in premessa, si applica a tutti i procedimenti civili pendenti, a prescindere dal fatto che per essi vi sia una udienza fissata nel periodo tra il 9.3.2020 e il 16.4.2020.

Se così è, tuttavia, la sospensione dei termini processuali dovrebbe trovare applicazione anche al termine di 48 ore per la convalida delle misure di consegna del passaporto o di documento equipollente, dell’obbligo di dimora in luogo preventivamente individuato e dell’obbligo di presentazione presso la forza pubblica, e si potrebbe pensare che le stesse in attesa della convalida, così come prorogata, mantengano la loro efficacia.

È evidente che ciò provocherebbe seri dubbi sul piano della costituzionalità della norma, che consentirebbe di tenere in vita delle misure amministrative di limitazione di libertà fondamentali in assenza di convalida giurisdizionale e oltre i termini previsti dall’art. 13 Cost..

La problematica può essere risolta considerando le convalide in esame come dei procedimenti “la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti e che il giudice competente per la convalida sarà tenuto a considerare urgente, pena la perdita di efficacia della misura; in ogni caso, sarebbe auspicabile che in sede di conversione il legislatore intervenga dettando una disciplina unitaria per tutte le tipologie di convalida che si sono passate in rassegna, onde evitare dubbi interpretativi.

Dai procedimenti di convalida vanno distinti i procedimenti di impugnazione dei provvedimenti di espulsione (art. 13, comma 8, del D. Lgs. n. 286/1998 e art. 18 del D. Lgs. n. 150/2011) e di allontanamento (art. 22 del D. Lgs. n. 30/2007 e art. 17 del D. Lgs. n. 150/2011), che, essendo giudizi ordinari e non di convalida, sono sottoposti al rinvio delle udienze (d’ufficio o a seguito dei provvedimenti organizzativi del capo dell’ufficio) e alla sospensione dei termini (anche a quelli di decadenza per l’introduzione del giudizio).

È da credere, tuttavia, che ciò non accada qualora l’interessato abbia chiesto la sospensione del provvedimento, giacché in questo caso vi è una domanda cautelare che riguarda un diritto fondamentale della persona, con conseguente applicazione dell’eccezione prevista dall’art. 83, comma 3, lett. a), del d.l..

Quanto si è appena detto consente di immaginare ulteriori ipotesi pratiche in cui il rinvio e la sospensione dei termini non trova applicazione, in quanto la materia dell’immigrazione riguarda i diritti fondamentali della persona.

Si tratta, ad esempio, dei procedimenti ex art. 700 c.p.c. con i quali lo straniero chiede in via urgente la tutela di alcuni suoi diritti, come l’accesso alla procedura di protezione internazionale, al sistema di accoglienza o l’iscrizione alle liste anagrafiche, che talvolta sono posti in discussione dalla prassi delle autorità di pubblica sicurezza o dei Comuni di residenza.

Un altro esempio può essere l’impugnazione del diniego di nullaosta al ricongiungimento familiare e degli altri provvedimenti dell’autorità amministrativa in materia di diritto all’unità familiare (art. 30, comma 6, del D. Lgs. n. 286/1998 e art. 20 del D. Lgs. n. 150/2011) o i ricorsi avverso i provvedimenti di rifiuto e revoca del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore di cittadini comunitari o dei loro familiari (art. 8 del D. Lgs. n. 30/2007 e art. 16 del D. Lgs. n. 150/2011) che siano accompagnati da istanza cautelare.

5. La protezione internazionale.

Per quanto concerne, invece, i ricorsi avverso i provvedimenti di diniego o di revoca della protezione internazionale, la sospensione dei termini e il rinvio delle udienze potrà di regola trovare applicazione, nonostante tali procedimenti siano sottratti all’applicazione della legge n. 742/1969.

Il legislatore, infatti, non ha previsto tale materia tra quelle sottratte al regime eccezionale introdotto dal d.l. n. 18/2020, cosicché, in assenza di una previsione analoga a quella prevista per la convalida dei trattenimenti, delle espulsioni e degli allontanamenti, non si potrà far altro che applicare il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini, e ciò anche con riferimento al termine decadenziale per l’impugnazione (in caso di richiedente residente in Italia trenta giorni o quindici in casi particolari, mentre in caso di ricorrente residente all’estero rispettivamente sessanta o trenta giorni).

Ciò, va osservato, è in perfetta consonanza con le caratteristiche del procedimento disciplinato dall’art. 35-bis del D. Lgs. n. 25/2008, il quale prevede che di regola il ricorso avverso il provvedimento di diniego o di revoca della protezione internazionale abbia effetti automaticamente sospensivi.

Di norma, dunque, il ricorrente non ha nemmeno bisogno di formulare espressa istanza cautelare, perché proponendo il ricorso evita automaticamente che sulla base del diniego della sua domanda di protezione possa essere disposta o eseguita l’espulsione, cosicché non vi è alcun diritto fondamentale da tutelare in via urgente.

Un’ulteriore precisazione che deve essere fatta deriva dal fatto che vi sono delle ipotesi in cui il ricorso ex art. 35-bis del D. Lgs. n. 25/2008 non ha effetto automaticamente sospensivo, e ciò accade quando l’impugnazione sia proposta:

  1. da un richiedente protezione internazionale destinatario di provvedimento di trattenimento;
  2. avverso un provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di protezione internazionale;
  3. avverso un provvedimento che rigetta la domanda di protezione internazionale per manifesta infondatezza;
  4. avverso un provvedimento adottato nei confronti di soggetto che abbia presentato la domanda direttamente alla frontiera o nelle zone di transito dopo essere stato fermato per aver eluso o tentato di eludere i relativi controlli;
  5. avverso un provvedimento adottato nei confronti di soggetto che abbia presentato la domanda dopo essere stato fermato in condizioni di soggiorno irregolare, al solo scopo di ritardare o impedire l’adozione o l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento.

In questi casi, il ricorrente ha l’onere di presentare un’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento impugnato e nei procedimenti in cui ciò sia accaduto e sia necessario provvedere su tale istanza, nel relativo subprocedimento di sospensione non si applicherà la sospensione dei termini prevista dal d.l. n. 18/2020, giacché si è al cospetto di una domanda cautelare inerente i diritti fondamentali della persona.

Non dovrebbe porsi, invece, il problema del rinvio dell’udienza, perché il subprocedimento cautelare prevede un contraddittorio cartolare; fa eccezione l’ipotesi in cui il giudice designato o il Collegio abbiano fissato un’udienza per assumere sommarie informazioni al solo fine di decidere sull’istanza cautelare, ma si tratta di un’eventualità che si verifica assolutamente di rado nella prassi delle sezioni specializzate.

Laddove il Tribunale abbia già deciso sull’istanza cautelare e sia stata fissata l’udienza per l’audizione del ricorrente o la discussione della causa, queste ultime vanno rinviate e i termini devono ritenersi sospesi.

Oltre all’eccezione che si è appena visto – in cui la sospensione peraltro opera con riferimento alla sola fase cautelare – un’altra ipotesi in cui il regime del d.l. n. 18/2020 troverà applicazione è la dichiarazione di urgenza della procedura nell’ipotesi in cui la ritardata trattazione può arrecare pregiudizio alle parti.

Si tratta di tutte quelle situazioni in cui è urgente definire la posizione del ricorrente sul territorio nazionale, come nel caso di soggetto segnalato come pericoloso dalle autorità di pubblica sicurezza o particolarmente vulnerabile.

Peraltro, si tratterà di ipotesi residuali laddove l’efficacia del provvedimento di rigetto sia stata sospesa ex lege o per effetto dell’accoglimento dell’istanza del ricorrente.

Altra tipologia di procedimento da prendere in considerazione quello previsto dall’art. 19-ter del D. Lgs. n. 150/2011, ossia l’impugnazione dei provvedimenti di diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per motivi umanitari o di protezione speciale.

In questi casi il ricorso non ha effetto automaticamente sospensivo, cosicché, laddove sia proposta istanza cautelare ai sensi dell’art. 5 del D. Lgs. n. 150/2011, non si applicherà la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio dell’udienza fissata per la trattazione della domanda di sospensione degli effetti del diniego di rinnovo o della revoca oggetto di impugnazione, giacché si rientra, ancora una volta, in un procedimento cautelare preordinato alla tutela di un diritto fondamentale della persona.

Nel caso in cui, invece, l’istanza non sia stata proposta, si seguirà il regime previsto dal d.l. n. 18/2020, salva la dichiarazione di urgenza della procedura, immaginabile qualora, ad esempio, si tratti di definire la posizione di un ricorrente con figli minori o a rischio di immediata espulsione.

Infine, vanno esaminati i procedimenti in cui si discute della legittimità dei provvedimenti di trasferimento adottati dall’Unità Dublino (art. 3, commi 3-bis e ss., del D. Lgs. n. 25/2008).

Il ricorso, in questo caso, non ha effetto automaticamente sospensivo, ma la proposizione dell’istanza cautelare determina la sospensione dell’esecuzione della misura finché il giudice non si pronuncia sulla domanda.

L’istanza di sospensione degli effetti del provvedimento di trasferimento rientra nella tipologia dei procedimenti cautelari in materia di tutela dei diritti fondamentali della persona, cosicché i termini per il deposito delle memorie relative a tale subprocedimento non saranno sospesi; anche in questa ipotesi, come nei procedimenti ex art. 35-bis del D. Lgs. n. 25/2008, è previsto esclusivamente un contraddittorio scritto, cosicché non si porrà un problema di rinvio dell’udienza.

I termini del contraddittorio scritto del procedimento principale, invece, sono assoggettati a sospensione, in quanto tale tipologia di procedimenti non è contemplata tra quelle di cui all’art. 83, comma 3, lett. a), del d.l.; resta, salva, ovviamente l’ipotesi di dichiarazione di urgenza, ovviamente difficile da ipotizzare nell’ipotesi in cui gli effetti del provvedimento di trasferimento siano stati sospesi, perché in tal caso il rinvio della trattazione del procedimento non arreca alcun danno.

Sempre per quel che concerne l’ambito applicativo della sospensione e del rinvio dell’udienza, va osservato che il richiamo all’art. 373 c.p.c. per quanto concerne i procedimenti in materia di impugnazione del diniego e della revoca della protezione internazionale non è pienamente conferente: il rito ex art. 35-bis del D. Lgs. n. 25/2008, infatti, prevede uno specifico procedimento di sospensione degli effetti del provvedimento di primo grado impugnato con ricorso per cassazione che, a differenza di quello previsto dall’art. 373 c.p.c., non si limita ad analizzare il periculum in mora, ma prevede una valutazione anche del fumus boni juris.

Ci si potrebbe chiedere se le misure eccezionali previste dal d.l. n. 18/2020 si applichino anche a questa peculiare ipotesi di sospensione degli effetti del provvedimento oggetto di ricorso per cassazione, disciplinata dall’art. 35-bis, comma 13, del D. Lgs. n. 25/2008, e si ritiene di dover rispondere negativamente, in quanto tale tipologia di procedimento ha la stessa funzione di quello previsto dall’art. 373 c.p.c. e la stessa urgenza: i termini per il contraddittorio scritto, dunque, non saranno sospesi nel periodo tra il 9.3.2020 e il 15.4.2020, mentre non si porranno problemi di rinvio per quel che concerne l’udienza, in quanto non prevista.

Quanto ai procedimenti ex artt. 283 e 351 c.p.c., nel settore della protezione internazionale è immaginabile uno spazio di applicazione piuttosto circoscritto.

Si tratta, in particolare, dei procedimenti di appello avverso le ordinanze ex art. 702-bis c.p.c. che avevano definito i procedimenti anteriore all’entrata in vigore del d.l. n. 13/2007 in cui viene chiesta la sospensione degli effetti dell’ordinanza appellata.

Peraltro, la giurisprudenza maggioritaria delle Corti d’appello ritiene inammissibili per difetto di interesse le istanze di sospensione dei provvedimenti del Tribunale presentate ai sensi dell’art. 283 c.p.c., in quanto anche nel rito previgente all’entrata in vigore del d.l. n. 13/2017 la proposizione del ricorso avverso il diniego di protezione internazionale aveva effetto sospensivo (cfr. App. Torino, 26 settembre 2017; App. Bologna ord. 27 settembre 2016; App. Brescia ord. 17 febbraio 2016), e ciò – a differenza di quanto accade nel rito attualmente vigente – fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (cfr. Cass. n. 18737/2017 e n. 699/2018).

Sul piano pratico, dunque, l’inapplicabilità della sospensione e del rinvio d’ufficio e la conseguente necessità di trattare il procedimento saranno di qualche rilevanza esclusivamente in quei procedimenti ex art. 283 c.p.c. in cui si chiede la sospensione degli effetti di un’ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. che ha rigettato un ricorso per il quale eccezionalmente non operava l’effetto sospensivo (ossia, facendo riferimento al previgente testo dell’art. 19, comma 4, del D. Lgs. n. 150/2011: richiedente asilo trattenuto in un centro; impugnazione di rigetto per inammissibilità o manifesta infondatezza o di domanda presentata da soggetto dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera ovvero in condizioni di soggiorno irregolare e al solo scopo di ritardare o impedire l’adozione o l’esecuzione di un provvedimento di espulsione o respingimento).

L’ipotesi, invece, non ha alcun rilievo pratico per le cause di protezione internazionale sottoposte al rito introdotto dal d.l. n. 13/2007, dal momento che il decreto che definisce il giudizio non è appellabile ma soltanto a ricorso per cassazione, con le implicazioni che si sono viste sopra in caso di richiesta di sospensione degli effetti del provvedimento di primo grado ex art. 35-bis, comma 13, del D. Lgs. n. 25/2008.

6. Le modalità alternative di trattazione dell’udienza.

Un’ultima riflessione meritano le modalità alternative di trattazione dell’udienza che possono essere previste con il provvedimento organizzativo del capo dell’ufficio, ossia l’udienza da remoto, che secondo il provvedimento del D.G.S.I.A. del 10.3.2020 può avvenire tramite i programmi Skype e Teams, e la trattazione con note scritte e provvedimento riservato da parte del giudice.

L’udienza da remoto può bene addirsi, in particolare, all’udienza di audizione del ricorrente, anche se occorrerà prestare particolare attenzione all’identificazione dell’interessato e dell’interprete.

L’udienza con trattazione scritta e riserva di provvedimento, invece, può addirsi all’udienza di discussione, alla quale molto spesso il procuratore del ricorrente si limita a produrre ulteriore documentazione e a riportarsi agli atti del procedimento.

Va precisato, peraltro, che tali moduli alternativi di conduzione dell’udienza possono essere adottati soltanto in presenza di un provvedimento del capo dell’ufficio che li preveda, mentre, diversamente, non è possibile procedere in tal senso.

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