I procedimenti penali e i dd.ll. dell’emergenza COVID-19

di Sergio Beltrani in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

SOMMARIO:   – 1. Il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020: a) la fase dal 9 marzo al 15 aprile 2020; b)  la fase dal 16 aprile al 30 giugno 2020; c) le disposizioni comuni.  – 2. I rapporti tra il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 ed il d.l. n. 11 dell’8 marzo 2020.  – 3. Il d.l. n. 19 del 25 marzo 2020: le disposizioni di immediato rilievo penale.

Questo contributo si propone di ricapitolare le disposizioni di rilievo penale dettate dai dd.ll. n. 18 e n. 19 del 2020 per fronteggiare l’emergenza COVID-19 negli uffici giudiziari, valutando le eventuali criticità già emerse o che potrebbero emergere.

Il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020

L’art. 83 del d.l. n. 18 del 17 marzo 2020,  pubblicato in GU – Serie generale – n. 70 del 17 marzo 2020, contiene “Nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia civile, penale, tributaria e militare”, e dispone contestualmente (nel comma 22 dello stesso articolo) l’abrogazione degli articoli 1 e 2 del decreto legge 8 marzo 2020, n. 11, che le disposizioni dell’art. 83 integralmente sostituiscono; le disposizioni di rilievo penale sono concentrate nell’art. 83.

a)  La fase dal 9 marzo al 15 aprile 2020.

Il comma 1 dell’art. 83 dispone che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020.

Salve le eccezioni previste dal comma 3, la disposizione riguarda tutte le udienze (camerali e pubbliche, partecipate e non) di ogni tipo di procedimento (cautelare, di cognizione – anche nel corso delle indagini preliminari – e di esecuzione), comprese le udienze camerali che in Cassazione è possibile celebrare de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p.

Trattasi di rinvio ex lege, che non deve essere disposto in udienza, ma necessariamente fuori udienza (depongono in tal senso anche le linee guida all’uopo diramate dal C.S.M.), poiché la ratio della disposizione mira ad evitare gli spostamenti necessari per raggiungere l’ufficio giudiziario interessato e gli assembramenti di persone in aula; proprio in considerazione di tale natura giuridica, oltre che del fatto che le sue conseguenze (quanto alla sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione) sono ugualmente previste ex lege, e non rimesse alla discrezionalità dell’organo giudicante (che, in caso contrario, avrebbe dovuto costituirsi nella sua composizione naturale), sembra ragionevole ritenere che il rinvio possa essere disposto anche con provvedimento del solo presidente del collegio o del capo dell’ufficio giudiziario (in Cassazione, stanno provvedendo i presidenti titolari delle sezioni penali); esso andrà naturalmente comunicato a tutte le parti. 

La disposizione non opera per i procedimenti indicati dal comma 3.

Il comma 2 dell’art. 83 dispone che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali, precisando che s’intendono, pertanto, sospesi, per la stessa durata, i termini stabiliti:

– per la fase delle indagini preliminari;

– per l’adozione di provvedimenti giudiziari

– per il deposito della motivazione dei provvedimenti giudiziari;

– per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio;

– per la proposizione dei procedimenti esecutivi;

– per la proposizione delle impugnazioni.

A prescindere dalla predetta elencazione, si ribadisce altresì, con disposizione di chiusura, di portata generale assolutamente superflua, che devono intendersi sospesi tutti i termini procedurali.

Le predette sospensioni non operano per i procedimenti indicati dal comma 3.

Per i processi nei quali le predette sospensioni operano, si prevede, quanto alle modalità di computo dei predetti termini, che:

– ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo;

– quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto o in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto.

In proposito, secondo la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 34/2020 sul d.l. n. 18 cit., «sembra (…) di poter dire che le udienze di rinvio dovranno essere fissate in una data che assicuri che il termine con computo a ritroso possa essere interamente sfruttato, tenendo conto a tal fine della porzione di esso eventualmente trascorsa al di fuori del periodo di sospensione».

Il comma 3 dell’art. 83 prevede (con elencazione tassativa) alcune eccezioni alle previsioni del rinvio di ufficio di tutte le udienze (comma 1) e della sospensione di tutti i termini (comma 2).

Con riferimento ai procedimenti penali, la lettera b) del comma stabilisce che:

  • il rinvio di ufficio di tutte le udienze (comma 1) e la sospensione di tutti i termini (comma 2) non operano MAI nei seguenti casi:

A) procedimenti (incidentali) di convalida dell’arresto o del fermo;

B) procedimenti (di cognizione) nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale;

C) procedimenti (di qualunque tipologia) in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive (sono state, in tal modo, superate le fondate perplessità suscitate dal d.l. n. 11 del 2020, che aveva fatto più ampio, ed ingiustificato, riferimento alle udienze nei “procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive”, ricomprendenti irragionevolmente anche i casi nei quali la richiesta era stata rigettata o la misura era nelle more cessata)

  • il rinvio di ufficio di tutte le udienze (comma 1) e la sospensione di tutti i termini (comma 2) non operano quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda, nei seguenti casi:

A) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;

B) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza;

C) procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione.

E’ caduto l’ulteriore riferimento (contenuto nel d.l. n. 11 del 2020) alle udienze in procedimenti a carico di imputati minorenni, anche se in status libertatis.

Inoltre, ai sensi della lettera c) del comma, il rinvio di ufficio di tutte le udienze (comma 1) e la sospensione di tutti i termini (comma 2) non operano MAI nei procedimenti che presentano carattere di urgenza, per la necessità di assumere prove indifferibili, nei casi di cui all’art. 392 c.p.p.: in tali casi, si prevede che la dichiarazione di urgenza sia fatta dal giudice o dal presidente del collegio, su richiesta di parte, con provvedimento motivato e non impugnabile.

La disposizione individua due tipologie di procedimenti urgenti:

– quelli che è possibile definire ad urgenza “assoluta”, da trattare sempre;

– quelli che è possibile definire ad urgenza “relativa”, da trattare soltanto a richiesta di parte.

Per entrambi,s’impongono alcune riflessioni.

Quanto ai primi:

A) il riferimento ai procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo, formalmente onnicomprensivo, rischia di risultare irragionevole se inteso nel senso di ricomprendere anche le convalide “a piede libero”, che si svolgono quando il P.M. abbia disposto l’immediata rimessione in libertà dell’arrestato o del fermato ex art. 121 disp. att. c.p.p., non ritenendo di dover chiedere l’applicazione di una misura cautelare coercitiva, e per le quali non è previsto il rispetto di termini perentori: in tali casi, sarebbe ben arduo rinvenire una giustificazione sistematica alla deroga alla regola generale, dettata dal comma 1 a tutela della salute pubblica (bene di primario rilievo costituzionale ex art. 32 Cost.), del rinvio di ogni udienza.

B) il riferimento alla scadenza dei termini di cui all’art. 304 c.p.p., per la sua onnicomprensività, evoca, ad un tempo:

  • sia i termini massimi di fase, computati tenendo conto delle intervenute sospensioni (art. 304, commi da 1 a 5, c.p.p.);
  • sia i termini massimi complessivi (art. 304, commi 6 e 7, c.p.p.).

Trasparente la ratio della disposizione: il giudice titolare del procedimento deve curare che nessun soggetto sottoposto a custodia cautelare (in carcere oppure agli arresti domiciliari: solo a queste misure si riferisce l’art. 304 c.p.p.) riacquisti la libertà per decorrenza dei termini massimi, di fase o complessivi, oltre i quali, nonostante l’emergenza in atto, il legislatore dell’emergenza COVID-19 ha ritenuto che non si possa comunque andare.

In virtù del mancato richiamo dell’art. 308 c.p.p., al contrario presente nel comma 4 ad altri fini, deve ritenersi che non sia stata prevista l’urgenza assoluta di trattazione (anche a prescindere da una richiesta di parte) dei procedimenti nei quali sia in scadenza una misura cautelare non detentiva: con scelta discrezionale forse inopportuna, ma certo non illegittima, si è, quindi, ritenuto che, in tali casi, non risulti giustificata la deroga assoluta alla regola generale del differimento di tutte le udienze, fermo restando che l’applicazione pur sempre in atto di una misura cautelare legittimerà la formulazione della richiesta di trattazione.

Si pone il problema di stabilire quid iuris, soprattutto nei processi di cognizione con pluralità di parti, nel caso in cui i termini di cui all’art. 304 c.p.p. siano in scadenza per alcuni soltanto degli imputati: il problema, inscindibilmente connesso con l’individuazione degli effetti dell’eventuale mancata trattazione pur doverosa, sarà esaminato sub comma 4.

C) nessun problema pone il riferimento ai procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive, per individuare le quali soccorre l’elencazione tassativa dell’art. 215, comma 2, c.p.

Quanto ai secondi:

A) il riferimento ai procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 appare particolarmente problematico.

Una lettura formalistica della disposizione porterebbe a ritenerla applicabile anche nell’ambito dei procedimenti di cognizione, in favore dei soggetti che risultino per altra causa detenuti in esecuzione pena: se intesa in tal senso, tuttavia, la disposizione desterebbe, a nostro avviso, pesanti dubbi di costituzionalità, risultando irragionevole, poiché prevederebbe una deroga alla disposizione generale che stabilisce il rinvio di ogni attività processuale (posta a tutela del diritto alla salute di tutti i soggetti in essa coinvolti), anche in procedimenti penali aventi ad oggetto reati di rilievo minimo, a tutela di non si comprende quale diverso bene di rilievo costituzionale poziore (non certo la sicurezza pubblica, atteso che l’imputato, nei confronti del quale, nell’ambito del procedimento pendente a suo carico, non è stata ritenuta necessaria l’applicazione di misure cautelari, risulta per definizione contestualmente ristretto a titolo definitivo per altra causa). Per tale ragione, riteniamo che la disposizione, scritta troppo cripticamente, ma da interpretare necessariamente in chiave sistematica, vada riferita al solo procedimento di sorveglianza.

In proposito, anche secondo la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 34/2020 sul d.l. n. 18 cit., «deve escludersi che, nel riferirsi ai “procedimenti a carico di persone detenute” la norma possa essere estesa fino a ricomprendere coloro che sono detenuti “per altro”».

Non riteniamo, al contrario, condivisibile l’orientamento secondo il quale «il riferimento è ai procedimenti con imputati in stato di detenzione cautelare, ma anche a quelli con condannati, per pronuncia definitiva, in stato di detenzione per espiazione di pena», deponendo in tal senso «la previsione in deroga per i casi in cui il condannato, ammesso ad una delle misure alternative alla detenzione, sia raggiunto da un provvedimento di sospensione del magistrato di sorveglianza in ragione dell’apprezzamento di comportamenti tali da giustificare la revoca della misura alternativa” (così SANTALUCIA in www.giustiziainsieme): invero, dei procedimenti con imputati in stato di detenzione cautelare si occupa espressamente la successiva lettera b) e, d’altro canto, la eventuale detenzione (cautelare, ma anche a titolo definitivo) per altra causa non inciderebbe sullo status dell’imputato, che, nel procedimento in corso a suo carico, sarebbe comunque libero.

B) il riferimento ai procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza ricomprende quelli in cui siano applicate misure cautelari o di sicurezza non detentive (ed anche, rispettivamente, reali o patrimoniali), purché tuttora in corso d’applicazione: il riferimento impone, tra l’altro, la celebrazione a richiesta delle udienze in appello nei casi in cui in primo grado sia stata disposta una statuizione di confisca oggetto di gravame.

In virtù di tale riferimento, anche l’interrogatorio di garanzia (art. 294 c.p.p.) deve ritenersi assumibile soltanto a richiesta di parte, risultando in difetto il relativo termine sospeso.

Anche in ordine a tali procedimenti si pone il problema di stabilire quid iuris in presenza di una pluralità di parti e della richiesta di trattazione formulata soltanto da alcune di esse, che esamineremo sub comma 4.

Secondo la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 34/2020 sul d.l. n. 18 cit., il generico riferimento alle “misure cautelari” sembrerebbe non ricomprendere «i sequestri probatori (inseriti dal codice di rito tra i mezzi di ricerca della prova) e i D.a.s.p.o. di cui all’art. 6 l. n. 401 del 1989, formalmente non definiti e non definibili come misure cautelari o di sicurezza; peraltro non può non ricordarsi come la Corte costituzionale abbia definito tali misure come di tipo preventivo “idonee ad incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire”, facendole, pertanto rientrare a pieno titolo nelle previsioni di cui all’art. 13 Cost. (Corte cost., n. 193 del 2006; nel medesimo senso, Sez. U., n. 4443 del 29/11/2005, Spinelli, Rv. 232712), da qui derivando, del resto, la previsione di legge di modalità giurisdizionali di controllo sostanzialmente analoghe a quelle previste per la convalida dell’arresto o del fermo»: modalità giurisdizionali di controllo sostanzialmente analoghe a quelle previste per la convalida dell’arresto o del fermo previste, per la verità, anche per i sequestri probatori (art. 257 c.p.p.), che pure hanno pacificamente natura non cautelare, ma di “atto di indagine del P.M. o della P.G.” (Cass. III, n. 13605/15).

C) nessun problema pone il riferimento ai procedimenti per l’applicazione (in primo grado, od anche in sede d’impugnazione) di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione: non essendo prevista l’applicazione di misure di prevenzione nell’ambito dei procedimenti cautelari, di cognizione ed esecutivi, ques’ultimo riferimento sembra dover essere necessariamente inteso in relazione alla fase delle impugnazioni; inoltre, potendo la richiesta di trattazione essere formulata soltanto dalla parte privata, non anche dal P.M., saranno perlopiù rinviate d’ufficio le udienze che si celebrano a seguito di rigetto della richiesta di applicazione della misura ed appello o ricorso per cassazione del P.M.

Secondo la Relazione dell’Ufficio del Massimario n. 34/2020 sul d.l. n. 18 cit., «la richiesta per la trattazione del procedimento non pare presupporre che gli interessati devano essere informati di tale facoltà, trattandosi dell’esercizio di una facoltà di legge che il detenuto [più in generale, il soggetto interessaro] ed il suo difensore sono tenuti a conoscere».

In ordine all’insieme dei predetti procedimenti, si pone l’ulteriore problema di stabilire entro quale termine va formulata l’espressa richiesta di trattazione.

In proposito, il d.l. n. 18 (come il precedente d.l. n. 11, che conteneva analoga disposizione) non contiene alcuna previsione; in Cassazione, il Primo presidente, con provvedimento diffuso attraverso pubblicazione sul sito della Corte, ha accordato un termine di tre giorni (decorrente, per i processi da trattare a richiesta fino al 15 aprile 2020, dalla pubblicazione in Gazzetta del d.l. n. 11 prima, del d.l. n. 18 poi; per i processi da trattare a richiesta dal 16 aprile al 30 giugno 2020, dalla pubblicazione sul sito istituzionale della Corte – www.cortedicassazione.it – del decreto presidenziale n. 47 del 31 marzo 2020: il termine scade il 3 aprile 2020).     

In difetto di una disposizione che stabilisca un termine perentorio entro il quale formulare la richiesta di trattazione de qua, riteniamo che essa possa essere validamente formulata fino al giorno dell’udienza, salva la facoltà di differire la trattazione alla prima udienza successiva riservata ad hoc alla trattazione “accorpata” dei procedimenti urgenti della settimana (in linea di massima, gli avvisi di rito saranno stati già inoltrati, ed il termine a comparire eventualmente prescritto in relazione alla prima udienza già rispettato, e quindi il differimento anche ad uno o due giorni non comporterà problemi quanto all’esercizio del diritto di difesa): sarebbe, infatti, in contrasto con la ratio che ispira il d.l. n. 18 prevedere sempre e comunque la celebrazione di una udienza al giorno, poiché ciò comporterebbe assembramenti reiterati quanto meno di magistrati e personale amministrativo, per celebrare magari un solo procedimento che non comporta particolari difficoltà di trattazione. Se formulata dopo che sia già intervenuto il rinvio d’ufficio previsto dalla legge, la richiesta di trattazione potrà valere come istanza di anticipazione, da valutare questa volta discrezionalmente, considerando le addotte ragioni di urgenza, unitamente alle esigenze organizzative dell’ufficio.

Per quanto riguarda i procedimenti pendenti in primo e secondo grado nei quali sia prevista/necessaria l’audizione di testimoni, periti, consulenti et c., sarà opportuno accertarsi che essi (in ipotesi provenienti da altre regioni) abbiano effettivamente la possibilità (e la volontà …) viaggiare per essere presenti in aula, poiché, in caso contrario, nonostante la richiesta di trattazione, la celebrazione dell’udienza potrebbe esporre inutilmente a rischi i soggetti presenti in aula.   

Il comma 4 dell’art. 83 prevede che, nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi del comma 2, sono altresì sospesi, per lo stesso periodo:

– il corso della prescrizione;

– i termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. (rispettivamente riguardanti le misure cautelari detentive e non detentive).

Le predette sospensioni operano ex lege: non necessitano di un provvedimento avente efficacia costitutiva da parte del giudice: quella avente ad oggetto i termini di custodia cautelare non è, quindi, impugnabile ex art. 310 c.p.p.

La disposizione, nonostante il rinvio al solo comma 2 (sarebbe stato più corretto richiamare anche il comma 1), sembra poter essere comunque interpretata nel senso che il termine di prescrizione ed i termini di custodia cautelare previsti dagli artt. 303 e 308 c.p.p. sono sospesi in tutti i procedimenti interessati dalla sospensione dei termini processuali disposta dal comma 2, che sono quelli nei quali l’udienza (di qualunque tipologia) sia stata rinviata, ex lege (ai sensi del comma 1), ovvero in difetto della richiesta di trattazione della parte legittimata (ai sensi del comma 3).

Occorre, quindi distinguere:

– con riguardo ai processi che non è in alcun caso possibile trattare, il d.l. n. 18 prevede la sospensione del termine di prescrizione (non può, infatti, porsi questione di termini di custodia) dalla data dell’udienza al 15 aprile 2020 (salva ulteriore sospensione in dipendenza dei provvdimenti dei capi degli uffici giudiziari adottati ai sensi del successivo comma 7, lett. g);

– con riguardo ai processi che abbiamo definito “ad urgenza assoluta”, le predette sospensioni non operano mai;

– con riguardo ai processi che abbiamo definito “ad urgenza relativa”, le predette sospensioni operano soltanto nei casi in cui la parte legittimata non abbia formulato la prescritta richiesta di trattazione.

Le predette sospensioni operano, quindi, anche per i procedimenti od i processi nei quali non sia stata ancora fissata un’udienza (pubblica o camerale), e ciò, per effetto della sospensione di tutti i termini processuali (tra i quali rientrano anche quelli per comparire o per il deposito di memorie), non possa che avvenire dopo il 15 aprile 2020: questo vale, naturalmente, soltanto per i procedimenti che sarebbe assolutamente impossibile trattare nel periodo de quo, ovvero per quelli privi sia di urgenza assoluta che di urgenza relativa, e quindi con riferimento ai soli termini di prescrizione.

Il sistema (per la verità confusamente e con eccessiva prolissità) costruito dal legislatore dell’urgenza prevede, infatti:

– attività procedimentali e processuali che, tra il 9 marzo ed il 15 aprile 2020, non possono mai essere svolte: in relazione ad esse, le udienza sono rinviate d’ufficio (comma 1), i termini procedurali previsti per qualunque atto od attività sospesi (comma 2), il corso della prescrizione sospeso, in tutti i casi fino al 15 aprile 2020 [salva proroga – al massimo fino al 30 giugno 2020 – in presenza di provvedimenti dei capi giudiziari ai sensi del comma 7, lett. g), conformi alle previsioni del d.l.];

–   attività procedimentali e processuali ad urgenza assoluta che, tra il 9 marzo ed il 15 aprile 2020, devono essere svolte: in relazione ad esse, le udienza non sono rinviate d’ufficio (comma 1), i termini procedurali previsti per qualunque atto od attività non sono sospesi (comma 2), il corso della prescrizione ed termini di custodia cautelare di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. non sono sospesi, i capi giudiziari ai sensi del comma 7, lett. g), non possono prevedere rinvii o sospensioni;

–   attività procedimentali e processuali ad urgenza relativa che, tra il 9 marzo ed il 15 aprile 2020, devono essere svolte se ve ne è richiesta della parte legittimata [ed in tal caso, le udienza non sono rinviate d’ufficio (comma 1), i termini procedurali previsti per qualunque atto od attività non sono sospesi (comma 2), il corso della prescrizione ed termini di custodia cautelare di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. non sono sospesi, i capi giudiziari ai sensi del comma 7, lett. g), non possono prevedere rinvii o sospensioni], e non devono essere svolte se non ve ne è richiesta della parte legittimata [ed in tal caso le udienza sono rinviate d’ufficio (comma 1), i termini procedurali previsti per qualunque atto od attività sospesi (comma 2), il corso della prescrizione ed termini di custodia cautelare di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p. sospesi, in tutti i casi fino al 15 aprile 2020, salva proroga – al massimo fino al 30 giugno 2020 – in presenza di provvedimenti dei capi giudiziari ai sensi del comma 7, lett. g), conformi alle previsioni del d.l.].

Come anticipato, si pone il problema di valutare quid iuris, nei processi con pluralità di parti, in caso di richiesta di trattazione formulata soltanto da alcune di esse.

Deve premettersi che, ai sensi di quanto stabilito espressamente dal comma 3, legittimati a formulare la richiesta di trattazione dei procedimenti ad urgenza che abbiamo definito “relativa” sono soltanto:

A) in riferimento ai procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, i detenuti;

B) in riferimento ai procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza anche non detentive in corso d’applicazione, gli imputati, deve ritenersi – in ossequio alla ratio della disposizione, che rimette al singolo soggetto interessato la comparazione tra l’esigenza di celere trattazione e la tutela della salute – non tutti, ma soltanto quelli nei cui confronti siano applicate le predette misure;

C) in riferimento ai procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione, i soli proposti, non quindi anche i terzi eventualmente interessati all’applicazione delle misure di prevenzione patrimoniali.

Oltre a tali categorie di soggetti processuali, il comma 3 legittima anche i difensori dei predetti soggetti (ai quali all’uopo non occorre, quindi, essere muniti di procura speciale).

Non sono mai legittimati a formulare la richiesta di trattazione:

il P.M. (od il P.G.);

le parti civili.

Ciò premesso, riteniamo che, in presenza della richiesta di trattazione formulata da alcune soltanto tra le parti legittimate, il giudice sia chiamato a valutazioni un tempo

[ovvero prima di Corte cost. n. 180 del 2018, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli art. 13, comma 5, Cost., l’art. 2-bis della legge n. 146 del 1990, nella parte in cui consente che il codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati – adottato in data 4 aprile 2007 dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA) e da altre associazioni categoriali (UCPI, ANF, AIGA, UNCC), valutato idoneo dalla Commissione di garanzia per lo sciopero nei servizi pubblici essenziali con delibera n. 07/749 del 13 dicembre 2007 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3 del 2008 -, nel regolare, all’art. 4, comma 1, lett. b), l’astensione degli avvocati nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato]

abituali in riferimento al caso in cui solo alcune parti avessero aderito ad un’astensione forense, tenendo, peraltro, conto del fatto che i valori costituzionali in gioco sono diversi:

– nessun problema riteniamo si ponga quando risulti non indispensabile il simultaneus processus: il giudice  provvederà alla separazione ex art. 18, comma 1, lett. B), c.p.p., della posizione processuale del soggetto che chiede la trattazione, e differirà la trattazione nei confronti dei coimputati;

– diversamente, nell’ipotesi in cui risulti indispensabile il simultaneus processus e gli imputati detenuti, con posizioni processuali tra loro connesse e non separabili, assumano divergenti determinazioni, il giudice sarà chiamato a comparare gli interessi in gioco: a nostro avviso, se, nei casi di astensione forense, si era ritenuto che dovesse prevalere la volontà di non aderire all’astensione, con il conseguente obbligo, per il giudice, di procedere alla trattazione del procedimento nei confronti di tutti gli imputati, compresi quelli che non avevano manifestato alcuna volontà di trattazione, anche se liberi, dovendo le ragioni della libertà personale prevalere su quelle della libertà di scelta espressione (Cass. V, n. 54509/18), a conclusioni diverse può giungersi in riferimento all’attuale evenienza, poiché la tutela del diritto alla salute deve prevalere sulle ragioni della libertà personale, pur se nel rispetto dei termini massimi previsti dall’art. 304 c.p.p.

Riteniamo, in sostanza, che, nonostante la richiesta di trattazione dei processi che abbiamo definito “ad urgenza relativa” formulata soltanto da parte degli imputati legittimati, il giudice, se ritenga la necessità del simultaneus processus, ben possa differire per tutti la trattazione, ma:

non dichiarando nei confronti degli imputati che avevano formulato la richiesta di trattazione alcuna sospensione di termini (che il d.l. prevede solo in caso di mancata richiesta di trattazione);

e soltanto fino a quando si prospetti la scadenza dei termini massimi di cui all’art. 304 c.p.p.: in tal caso, il processo assumerebbe le connotazioni che abbiamo definito di “urgenza assoluta” e la sua trattazione sarebbe ulteriormente indifferibile; potrà, in particolare, accadere che, per effetto del differimento disposto nonostante la richiesta di trattazione dell’imputato sottoposto a cautela (consentito dal fatto che entro il 15 aprile 2020 non fossero in scadenza i termini di cui all’art. 304 c.p.p.), si profili la scadenza di tali ultimi termini tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020: in tale ultimo periodo, la trattazione del processo risulterà indifferibile.    

Anche in ordine ai procedimenti nei quali siano in scadenza i termini di cui all’art. 304 c.p.p., si pone il problema di stabilire quid iuris, nei processi di cognizione con pluralità di parti, nel caso in cui i predetti termini siano in scadenza per alcuni soltanto degli imputati.

Se continua a non porsi alcun problema nel caso in cui risulti non indispensabile il simultaneus processus (anche in questo caso il giudice disporrà la separazione processuale dela posizione del soggetto nei confronti del quale sia in scadenza il predetto termine e differirà la trattazione nei confronti dei coimputati), al contrario, nel caso in cui il simultaneus processus risulti indispensabile, non sarà possibile differire la trattazione nei confronti di tutti gli imputati: in questo caso, dovendo le ragioni della sicurezza pubblica (che impongono il rispetto dei termini di custodia cautelare) prevalere su quelle processuali (che imporrebbero il simultaneus processus), ma non anche sul diritto alla salute dei coimputati non interessati dalla scadenza dei predetti termini, riteniamo che il giudice – nonostante l’esigenza del simultaneus processus – debba disporre la separazione processuale della posizione del soggetto nei confronti del quale sia in scadenza il predetto termine e differire la trattazione nei confronti dei coimputati. E’ pur vero che l’art. 18 c.p.p. legittima la separazione processuale solo quando il giudice non ritenga la riunione assolutamente necessaria per l’accertamento dei fatti: tuttavia, la proposta interpretazione estensiva della disposizione (che finisce con l’enucleare un caso di separazione processuale non espressamente previsto dall’art. 18 c.p.p., ma implicitamente desunto dal complesso delle disposizioni di cui al d.l. n. 18 del 2020) fonda sull’ineludibile necessità di rispettare la garanzia prevista dall’art. 32 Cost. nei confronti dei coimputati liberi nell’ambito del procedimento, o comunque nei confronti dei quali non siano in scadenza, nel periodo indicato dal d.l., i termini di custodia cautelare di cui all’art. 304 c.p.p.  

Naturalmente, andranno successivamente valutati gli eventuali problemi d’incompatibilità originati dalle disposte separazioni processuali, che il giudice, cum grano salis, potrebbe essere tuttavia in grado di non determinare, non occupandosi in motivazione, ove non strettamente ed ineludibilmente necessario (come accade nei reati a concorso neecssario, ad esempio ai fini dell’integrazione del numero minimo degli associati) dei soggetti non ancora giudicati.

Il comma 5 dell’art. 83 prevede che,nel periodo di sospensione dei termini, e limitatamente all’attività giudiziaria non sospesa, i capi degli uffici giudiziari possono adottare le misure di cui al comma 7, lettere da a) ad e), poste a tutela dei soggetti che alla predetta attività giudiziaria non sospesa siano chiamati, a qualsiasi titolo, a partecipare.

Non viene richiamata le lettera g) del comma 7, per evidente incompatibilità logica (essa prevede, infatti, un’ulteriore facoltà di rinvio delle udienze fissate tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020 a data successiva al 30 giugno 2020, con le eccezioni indicate al comma 3); le misure di cui alle lettere f) ed h) riguardano il settore civile.

b)  La fase dal 16 aprile al 30 giugno 2020.

Il comma 6 dell’art. 83 prevede che,per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria, per il periodo compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020 i capi degli uffici giudiziari, sentiti l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell’ordine degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero della salute, anche d’intesa con le Regioni, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone.

Per gli uffici diversi dalla Corte suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di cassazione, le misure sono adottate d’intesa con il Presidente della Corte d’appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello dei rispettivi distretti.

Il comma 7 dell’art. 83 prevede che,per assicurare le finalità di cui al comma 6, i capi degli uffici giudiziari possono adottare, per quanto riguarda i procedimenti penali, le seguenti misure:

a) la limitazione dell’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, garantendo comunque l’accesso alle persone che debbono svolgervi attività urgenti;

b) la limitazione, sentito il dirigente amministrativo, dell’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga a quanto disposto dall’articolo 162 della legge 23 ottobre 1960, n. 1196 ovvero, in via residuale e solo per gli uffici che non erogano servizi urgenti, la chiusura al pubblico;

c) la regolamentazione dell’accesso ai servizi, previa prenotazione, anche tramite mezzi di comunicazione telefonica o telematica, curando che la convocazione degli utenti sia scaglionata per orari fissi, nonché l’adozione di ogni misura ritenuta necessaria per evitare forme di assembramento;

d) l’adozione di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze;

e) la celebrazione a porte chiuse, ai sensi dell’art. 472, comma 3, c.p.p., di tutte le udienze penali pubbliche o di singole udienze;

g) la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020, con le eccezioni indicate al comma 3.

Le misure di cui alle lettere f) ed h) riguardano il settore civile.

L’art. 84, comma 6, del d.l., in materia di giustizia amministrativa, prevede la possibilità di avvalersi, ai fini della celebrazione delle udienze, di collegamenti da remoto, previa espressa equiparazione, a tutti gli effetti di legge, del luogo da cui si collegano i magistrati ed il personale addetto alla “camera di consiglio; diversamente, in materia di giustizia penale, l’art. 83, comma 8, è del tutto silente sul punto.

Cionondimeno, il Primo presidente della Corte di cassazione, con decreto n. 44 del 23 marzo 2020 (in www.cortedicassazione.it), richiamato dal decreto n. 47 del 31 marzo 2020 (in www.cortedicassazione.it),

premesso che, per contrastare l’emergenza epidemiologica e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attivìtà giudiziaria, il capo dell’ufficio è legittimato ad adottare le misure organizzative, anche relative alla trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dalle competenti autorità, al fine di evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone, e che, per assicurare le suddette finalità, possono essere fra l’altro, adottate, per la fissazione e la trattazione delle udienze, delle linee-guida vincolanti fra le quali l’art. 83, comma 7, del d.l. n. 18 ha ricordato la celebrazione a porte chiuse, ex art. 472, comma 3, c.p.p. (e 128 c.p.c.), ovvero mediante collegamento da remoto per le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori e dalle parti, oppure mediante il solo scambio e deposito telematico di note scritte e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice per quelle che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti,

ha ritenuto che la mancata menzione delle adunanze camerali non partecipate non può essere riguardata come la prova di una loro esclusione (difficilmente giustificabile) dal novero delle “udienze“ regolabili, ma come l’espressione della volontà del legislatore di riservarne alla potestà organizzativa del capo dell’ufficio la determinazione delle modalità di svolgimento, ed ha conseguentemente autorizzato, quale misura organizzativa ex art. 83, comma 6, d.l. n. 18 del 2020, fino al 30 giugno 2020, l’utilizzazione degli strumenti di collegamento sicuro da remoto già resi disponibili dall’amministrazione per la celebrazione delle camere di consiglio non partecipate e de plano.

Ha, pertanto, disposto, con variazione tabellare immediatamente esecutiva, che:

fino al 15 aprile 2020, per la celebrazione delle udienze penali non partecipate (ex art. 611 c.p.p.) e de plano (ex art. 610, comma 5-bis, c.p.p.), nei casi previsti dall’art. 83, comma 3, d.l. n. 18 dei 2020, è consentito l’utilizzo degli strumenti di collegamento sicuro da remoto già resi disponibili dall’amministrazione (il Presidente del collegio o un consigliere da lui delegato dovrà assicurare la sua presenza nella camera di consiglio in Corte, redigere il ruolo informatico mediante il sistema informativo SIC e consegnarlo, una volta sottoscritto, alla cancelleria perché sia accluso al verbale delle predette udienze nel quale si darà atto della presenza dei magistrati collegati da remoto e della disponibilità degli atti attraverso la stessa piattaforma);

per il periodo successivo al 16 aprile 2020 (e fino al 30 giugno 2020), si procede con le stesse modalità per la trattazione dei procedimenti camerali penali non partecipati e de plano, che saranno individuati con le misure organizzative da adottarsi ai sensi dell’art. 83, comma 6 e 7, del citato d.l. (e sono stati, in concreto, individuati con il già citato decreto presidenziale n. 47 del 2020).

Le linee guida all’uopo diramate dal C.S.M. raccomandano ai magistrati, durante la fase dell’emergenza, di promuovere lo svolgimento delle udienze penali non rinviate ricorrendo a collegamenti da remoto, utilizzando gli applicativi messi a diposizione dalla DGSIA; per le Corti di assise, anche i giudici popolari potranno essere invitati (a mezzo posta elettronica ordinaria contenente apposito link) a partecipare all’udienza ed alla camera di consiglio utilizzando i predetti applicativi.

Il comma 9 dell’art. 83 prevede che,nei procedimenti penali, rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), ovvero a partire dal 16 aprile, ed, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020:

– il corso della prescrizione;

– i termini di cui agli articoli:

— 303 c.p.p.;

— 308 c.p.p.;

— 309, comma 9, c.p.p.;

— 311, commi 5 e 5-bis, c.p.p.;

– 324, comma 7, c.p.p.

Non è, al contrario, prevista la sospensione di tutti gli altri termini procedurali disposta dal comma 2 solo fino al 15 aprile 2020.

Ne consegue che, con riguardo agli imputati in processi le cui udienze (di qualunque tipologia) sono fissate tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, i capi degli uffici giudiziari (non necessariamente il presidente della Corte di appello: riteniamo, tuttavia, che il presidente del Tribunale possa dettare disposizioni solo in assenza di disposizioni del Presidente della Corte di appello, e mai in contrasto con esse) potranno prevedere il differimento della trattazione a data successiva al 30 giugno 2020, salvo che con riferimento ai procedimenti/processi indicati dall’art. 83, comma 3; questa “salvezza” va intesa nel senso che:

– andranno trattati sempre, senza la possibilità di imporne il differimento, i procedimenti/processi che abbiamo definito ad “urgenza assoluta”;

– andranno trattati sempre, in presenza della richiesta di trattazione della parte legittimata, i procedimenti/processi che abbiamo definito ad “urgenza relativa”, ma i capi degli uffici giudiziari potrebbero in astratto prevederne anche la trattazione in difetto della richiesta di trattazione;

– sempre in astratto, i capi degli uffici giudiziari potrebbero prevedere la trattazione di procedimenti/processi ulteriori, in ogni caso ovvero soltanto a richiesta della parte legittimata.

La possibilità di assumere determinazioni disomogenee (che, a nostro avviso, pur se legittima, andrebbe, quantomeno su base distrettuale, evitata, per evitare disorientamenti nella collettività) mira a consentire la considerazione delle peculiari esigenze locali di tutela della salute pubblica.

A mo’ di esempio, ricordiamo che il Primo presidente della Corte di cassazione, con il già citato decreto n. 47 del 31 marzo 2020, ha disposto che, tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, siano trattati anche i procedimenti relativi a ricorsi in cui si debba:

– dichiarare ictu oculi l’estinzione del reato o della pena, se non vi sia costituzione di parte civile;

– procedere de plano nei confronti di internati e imputati detenuti o sottoposti alla misura cautelare della custodia in carcere e degli arresti domiciliari (nei quali, per il fatto che si procede senza formalità, e quindi senza previa fissazione dell’udienza, la parte non può formulare richiesta di trattazione).  

Per quanto riguarda i processi non ancora fissati, se essi rientrano tra quelli che abbiamo definito “ad urgenza assoluta” nulla quaestio: dovranno essere fissati e trattati secondo le regole ordinarie.

Se, al contrario, essi non rientrano tra quelli che sarebbe possibile trattare secondo i provvedimenti in ipotesi emanati dai capi degli uffici giudiziari, riteniamo inutile, ai fini della sospensione del termine di prescrizione (il problema non si pone per il termine di custodia cautelare, in prendenza della quale il processo potrebbe essere, quanto meno a richiesta di parte, trattato), la fissazione nel periodo 16 aprile – 30 giugno 2020 di un’udienza che comunque non potrebbe essere celebrata: in tali casi, anche se la prima udienza venga direttamente fissata dopo il 30 giugno 2020, riteniamo che operi comunque la sospensione del termine di prescrizione fino al 30 giugno. La sospensione del termine di prescrizione opera, in tal caso, per l’intero periodo, ovvero dal 16 aprile al 30 giugno 2020.

Non così per i procedimenti che abbiamo definito “ad urgenza relativa”, ovvero che sarebbe possibile trattare in presenza della richiesta di trattazione della parte legittimata: per essi, ai fini della sospensione dei termini di custodia cautelare e di prescrizione saranno necessarie la previa fissazione nell’ambito del periodo de quo e la successiva inerzia della parte legittimata a formula la richiesta di trattazione. Le sospensioni dei termini di custodia cautelare e di prescrizione operano, in tal caso, dalla data di udienza al 30 giugno 2020, anche se, per esigenze di ruolo, la nuova udienza venga fissata in data successiva.

Ragionando nei medesimi termini, per i processi privi di urgenza inizialmente fissati tra il 9 marzo ed il 16 aprile 2020, per i quali sia stata legittimamente rinviata d’ufficio l’udienza, per poter computare la sospensione del termine di prescrizione non appare necessario procedere alla rifissazione tra il 16 aprile ed il 30 giugno, poiché in tale periodo essi non potrebbero comunque essere trattati; accogliendo la tesi contraria (del tutto irragionevole, poiché la ratio della sospensione risiede proprio e soltanto nell’impossibilità di trattazione del processo, prevista inderogabilmente ex lege, della quale il giudice è consapevole al momento della rifissazione, di tal che la rifissazione intermedia sarebbe del tutto inutile), si finirebbe con il legittimare il facile escamotage di procedere ad una sorta di “rifissazione apparente” tra il 16 aprile ed il 30 giugno, senza disporre alcun adempimento successivo, al solo fine di provvedere successivamente all’ulteriore differimento dell’udienza a data successiva al 30 giugno onde poter computare la sospensione de qua.

D’altro canto, depongono nel senso da noi indicato anche le linee guida all’uopo diramate dal C.S.M., che raccomandano di valutare l’opportunità di rinviare le udienze a date successive al 30 giugno 2020 (salvo comprovate ragioni di urgenza), al fine di evitare ulteriori rinvii nel medesimo procedimento.

Nella medesima fattispecie, con riferimento ai procedimenti che abbiamo definito “ad urgenza relativa” inizialmente fissati tra il 9 marzo (cfr. d.l. n. 11 del 2020) ed il 16 aprile 2020, per i quali non sia stata formulata la richiesta di trattazione, riteniamo che non sia dovuta la rifissazione intermedia tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, avendo già la parte palesato il proprio non ritrattabile disinteresse alla trattazione immediata (salva la facoltà di presentare successivamente richiesta di anticipazione, questa volta, peraltro, solo discrezionalmente valutabile, senza mettere in discussione l’operatività delle sospensioni dei termini de quibus), salvo il caso che nelle more si approssimi, nel periodo intercorente tra il 16 aprile ed il 30 giugno 2020, la scadenza dei termini massimi di custodia cautelare ex art. 304 c.p.p. 

La già citata Relazione dell’Ufficio del Massimario al d.l. n. 18 cit. così riepiloga il regime che sembrerebbe scaturire dalla lettura combinata dei commi 4, 7 lett. g) e 9 dell’art. 83:

1. fino al 15 aprile 2020, in forza dell’art. 83, comma 4, opererebbe la sospensione della prescrizione e dei termini dl cui all’art. 303 e 308 cod. proc. pen., mentre non è sospeso il solo termine massimo di cui all’art.304, comma 6, cod. proc.pen.;

2. nel periodo tra il 15 aprile ed ll 30 giugno 2020 permarrebbe la sospensione della prescrizione e dei termini di cui all’art. 83, comma 9 (tra di essi ancora una volta non compresi quelli dl cui all’art. 304 cit.), che espressamente stabilisce che tale regime non opera “oltre il 30 giugno 2020″;

3. dopo il 30 giugno 2020 – a prescindere dalla verifica in ordine alla possibilità ed alle condizioni per il rinvio dei procedimenti ai sensi dell’art.83, comma 7, lett. g) – riprenderebbe l’ordinaria decorrenza sia della prescrizione che dei termini di fase per le misure cautelari e dei termini processuali per le decisioni ad essere relative”.

c)  Le disposizioni comuni.

Il comma 12 dell’art. 83 prevede che, ferma l’applicazione dell’art. 472, comma 3, c.p.p., dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020 la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 146-bis del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271: la disposizione non trova applicazione in sede di legittimità, nella quale la partecipazione dei predetti soggetti non è prevista.

I commi 13, 14 e 15 dell’art. 83 contengono disposizioni in tema di comunicazioni e notificazioni che ci limitiamo a ricapitolare.

Il comma 13 prevede che le comunicazioni e le notificazioni relative agli avvisi e ai provvedimenti adottati nei procedimenti penali ai sensi del presente articolo, nonché dell’articolo 10 del decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, sono effettuate attraverso il Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali ai sensi dell’articolo 16 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o attraverso sistemi telematici individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia.

Il comma 14 prevede che le comunicazioni e le notificazioni degli avvisi e dei provvedimenti indicati al comma 13 agli imputati e alle altre parti sono eseguite mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio.

Il comma 15 prevede che tutti gli uffici giudiziari sono autorizzati all’utilizzo del Sistema di notificazioni e comunicazioni telematiche penali per le comunicazioni e le notificazioni di avvisi e provvedimenti indicati ai commi 13 e 14, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento di cui all’articolo 16, comma 10, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

Il comma 18 dell’art. 83 prevede che le sessioni delle Corti di assise e delle Corti di assise di appello di cui all’art. 7 legge 10 aprile 1951, n. 287, in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono prorogate fino alla data del 30 giugno 2020.

Il rapporti tra il d.l. n. 18 del 17 marzo 2020 ed il d.l. n. 11 dell’8 marzo 2020

Il d.l. n. 18, nel regolare la sorte di procedimenti e processi penali a partire dal 9 marzo 2020, e nel disporre espressamente l’abrogazione degli artt. 1 e 2 del d.l. n. 11, palesa la evidente intenzione di ridisciplinare – apportando alcune semplificazioni – le materie in precedenza disciplinate dal primo d.l. dell’emergenza; condividiamo, pertanto, l’opinione di quanti ritengono che il d.l. n. 18 avrebbe integralmente novato il d.l. n. 11 (SANTALUCIA, op cit.).

Né si pongono problemi per i rinvii già disposti in forza del d.l. n. 11 (di necessità non riguardanti i procedimenti/processi che abbiamo definito ad urgenza assoluta, i quali dovevano essere trattati in forza del d.l. n. 11 e devono ugualmente essere trattati in forza del d.l. n. 18) e per le relative sospensioni, in quanto, per i procedimenti sempre privi di urgenza, e per quelli che abbiamo definito ad urgenza relativa, che vanno trattati solo in presenza della richiesta di parte, il d.l. ha introdotto più ampie possibilità di rinvio, e conseguenti sospensioni dei termini di prescrizione (per entrambe le tipologie di procedimenti) e di custodia cautelare (di necessità, soltanto per la seconda tipologia di procedimenti), ovvero, in prima battuta, fino al 15 aprile 2020 (in luogo che fino al 22 marzo 2020), ed in seconda battuta [ove sopravvengano ulteriori differimenti in forza di provvedimenti adottati dai capi degli uffici ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. g)] fino al 30 giugno 2020 (in luogo che fino al 31 maggio 2020).

D’altro canto, esaminando alcuni casi teorici che stanno appassionando i dibattiti su alcune mailing lists, può dirsi che

– se una udienza di un processo con imputato detenuto è stata rinviata ex d.l. n. 11 dal 15 marzo al 15 maggio 2020, confidando nella sospensione del termine di durata dalla misura cautelare fino allo stesso 15 maggio,

– e se una udienza di riesame è stata rinviata dal 15 marzo al 20 aprile 2020, confidando nella sospensione del termini per la decisione di cui al comma 9 dell’art. 309 fino allo stesso 20 aprile,

ciò è potuto avvenire solamente perché la parte legittimata non aveva formulato la richiesta di trattazione (cfr. art. 83, comma 3, d.l. n. 20: casi che abbiamo definito “ad urgenza relativa”), e, pertanto, per effetto del rinvio, operano, per quanto rispettivamente rileva, sospensioni dei termini di custodia cautelare (primo caso), e di tutti i termini procedurali, compreso, quindi, quello di cui all’art. 309 c.p.p. (secondo caso), fino al 15 aprile 2020.

Inoltre, ove il capo dell’ufficio giudiziario interessato confermi ex comma 7, lett. g), dell’art. 83, che la trattazione è condizionata alla già non pervenuta richiesta, i termini sono sospesi, secondo la nostra ricostruzione (cfr. sub comma 9), fino al 30 giugno 2020.

Resta salva, nel primo caso, l’evenienza che dal 16 aprile al 30 giugno vengano a scadenza i termini di cui all’art. 304 c.p.p.

Secondo questa interpretazione, inoltre, appaiono meno drammatici i problemi organizzativi dei  Tribunali del Riesame, assolutamente non costretti a concentrare la trattazione delle procedure in origine fissate tra il 9 marzo al 15 aprile 2020 e differite (ma necessariamente in difetto della prescritta richiesta di trattazione, essendo altrimenti non differibili) in data immediatamente successiva al 15 aprile 2020.

Il d.l. n. 19 del 25 marzo 2020: le disposizioni di immediato rilievo penale.

Il d.l. n. 19 del 25 marzo 2020, pubblicato in GU – Serie generale – n. 79 del 25 marzo 2020, contiene ulteriori “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Le disposizioni di immediato rilievo penale, che ancora una volta ci limitiamo a ricapitolare, sono contenute nell’art. 4:

– il comma 1 dispone che, salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto  delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate  e applicate con i provvedimenti  adottati  ai  sensi  dell’articolo  2, comma  1,  ovvero  dell’articolo  3, non è punito con le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650  del  codice  penale  (o  da  ogni  altra  disposizione  di  legge attributiva di poteri per ragioni di sanita’, di cui all’articolo  3, comma 3), ma con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000; se il  mancato  rispetto  delle  predette  misure  avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate  fino  a un terzo;

il comma 2 dispone che, nei casi di cui all’articolo 1, comma 2, lettere i), m), p), u), v),  z)  e  aa),  si  applica  altresi’  la  sanzione  amministrativa accessoria della chiusura dell’esercizio o dell’attivita’ da 5  a  30 giorni;  

– il comma 3 disciplina il procedimento di accertamento, in sede amministrativa, delle violazioni di cui ai commi che precedono;

il comma 4 prevede che, all’atto dell’accertamento delle violazioni di cui al  comma  2, ove necessario per impedire la prosecuzione o la  reiterazione  della violazione,  l’autorita’  procedente  puo’   disporre   la   chiusura provvisoria  dell’attivita’  o  dell’esercizio  per  una  durata  non superiore  a  5  giorni.  Il  periodo  di  chiusura  provvisoria   e’ scomputato dalla corrispondente sanzione  accessoria  definitivamente irrogata, in sede di sua esecuzione;

il comma 5 dispone  che, in caso di reiterata violazione della medesima  disposizione,  la sanzione  amministrativa  e’  raddoppiata  e  quella  accessoria   e’ applicata nella misura massima;

– il comma 6 dispone che, salvo che il fatto costituisca violazione dell’articolo 452  del codice penale o comunque piu’ grave reato, la violazione della misura di cui all’articolo 1, comma  2,  lettera  e) (“divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misiura della quarantena perché risultate positive al virus”), è punita ex art. 260 R.D. n. 1265 del 1943 (TU leggi sanitarie), il cui trattamento sanzionatorio è stato inasprito dal successivo comma 7 (le parole «con  l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a lire  800.000»  sono state, infatti, sostituite dalle seguenti: «con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi  e  con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000»);

il comma 8, in tema di successione di leggi nel tempo,  dispone  che le disposizioni dell’art. 4 del decreto che sostituiscono sanzioni penali con sanzioni amministrative si applicano anche alle violazioni commesse anteriormente alla data di entrata in  vigore  del decreto stesso, ma in tali casi le sanzioni  amministrative  sono  applicate nella misura minima  ridotta  alla  meta’; inoltre, si  applicano,  in  quanto compatibili, le disposizioni degli articoli  101  e  102  del  decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507;

– il comma 9 dispone, infine, che il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle  misure  avvalendosi  delle Forze di polizia e,  ove  occorra,  delle  Forze  armate,  sentiti  i competenti comandi territoriali.  Al  personale  delle  Forze  armate impiegato,  previo  provvedimento  del   Prefetto   competente,   per assicurare l’esecuzione delle misure  di  contenimento  di  cui  agli articoli 1 e 2 e’ attribuita  la  qualifica  di  agente  di  pubblica sicurezza, e, conseguentemente, di pubblico ufficiale ex art. 357 c.p. (cfr. Cass. VI, n. 1658/20: “In tema di reati contro la pubblica amministrazione, riveste la qualifica di pubblico ufficiale il militare dell’esercito in servizio di pattugliamento urbano, in quanto agente di pubblica sicurezza, privo delle funzioni di polizia giudiziaria”).

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