Il D.L. Ristori e la gestione delle udienze civili nella seconda era del Covid

di Antonella Stilo

§1. PREMESSA

In considerazione dell’aggravarsi della situazione di emergenza sanitaria in atto, a distanza di venti giorni dall’entrata in vigore del precedente, è stato pubblicato il 28 ottobre 2020 il d.l. n. 137/2020, noto come “Decreto Ristori”.

Il decreto, contenente, tra l’altro, “Ulteriori misure urgenti in materia di … giustizia …, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, costituisce – allo stato – con riferimento al settore civile l’ultimo degli interventi normativi volti a contemperare l’esigenza di ridurre i rischi per operatori ed utenti nell’esercizio della giurisdizione con quella di salvaguardare il contraddittorio e la partecipazione alle udienze delle parti e dei difensori.

In questa prospettiva, nel settore di interesse, le linee di azione prefigurate sono cinque:

-la proroga del regime delle udienze a trattazione scritta e da remoto (art. 23, comma 1);

-il potenziamento dell’udienza in videoconferenza, con la previsione della possibilità di tenerla anche in luogo diverso dall’ufficio giudiziario (art. 23, comma 7);

-l’espressa estensione della modalità di trattazione scritta ai procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto (art. 23, comma 6);

-la possibile celebrazione delle udienze pubbliche a porte chiuse, ai sensi dell’art. 128 c.p.c. (art. 23, comma 3);

-la “legittimazione” delle camere di consiglio collegiali da remoto (art. 23, comma 9).

In ordine agli ultimi due punti non si pongono particolari problemi, posto che l’art. 23, comma 3, replica le disposizioni già presenti nell’art. 2, comma 2, lett. e), D.L. n. 11/2020, e nell’art. 83, comma 7, lett. e), D.L. n. 18/2020 e che la previsione dello svolgimento delle camere di consiglio mediante collegamenti da remoto rispecchia un modello già efficacemente sperimentato nelle prime due fasi dell’emergenza epidemiologica, onde evitare la paralisi (o il rallentamento) delle decisioni collegiali.

Meritano invece qualche riflessione le ulteriori previsioni, sia per le questioni interpretative e applicative che possono sorgere, sia perché talune soluzioni, come si vedrà di qui a poco, si prestano ad essere impiegate anche una volta terminata l’emergenza sanitaria.

§2. LA PROROGA DEL RITO CIVILE DELL’EMERGENZA.

L’art. 23, comma 1, del d.l. n. 137/2020 dispone che “Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35 si applicano le disposizioni di cui ai commi da 2 a 9. Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 ove non espressamente derogate dalle disposizioni del presente articolo”.

La tecnica legislativa adoperata, basata sul rinvio per relationem ad altri testi normativi, non è delle più chiare, come dimostra il dibattito che è subito sorto in merito alla durata ed all’ambito oggettivo della prevista proroga.

E così, secondo una prima interpretazione, vi sarebbe una sorta di cesura tra la prima e la seconda parte del citato comma 1, di talché l’inciso “fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 …”, ossia (al momento) “fino al 31 gennaio 2021”, presente nel periodo inziale, concernerebbe solo i commi da 2 a 9 dell’art. 23 e non anche le disposizioni di cui all’art. 221 del d.l. n. 34/2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 77/2020, disposizioni menzionate nel secondo periodo.

Di conseguenza, i commi da 3 a 10 dell’art. 221[1] troverebbero applicazione soltanto fino al 31 dicembre 2020, atteso che l’art. 1, comma 3, lett. a) e lett. b) n. 7, del d.l. n. 125/2020, in vigore dall’8 ottobre 2020, (previa modifica del d.l. n. 83/2020, conv. in. L. 124/2020) ha prorogato al 31 dicembre 2020 il termine previsto dal suddetto art. 221, comma 2, per lo svolgimento dell’attività giudiziaria nelle modalità speciali dettate per l’emergenza sanitaria da Covid-19.

Nulla avrebbe pertanto innovato sotto tale profilo l’art. 23 d.l. Ristori, sia perché tale articolo, al di là delle deroghe espressamente previste, non incide sulle norme dell’art. 221, limitandosi a mantenerne “ferma l’applicazione”, sia perché il termine finale di operatività del relativo regime non è contenuto nell’art. 221, bensì (da ultimo) nell’art. 1, comma 3, lett. a) e lett. b) n. 7, del d.l. n. 125/2020.

Secondo una diversa impostazione, invece, il secondo periodo del primo comma dell’art. 23 (“Resta ferma l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 221 …”) andrebbe letto in stretta correlazione con il primo periodo (“Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19 …”) ed interpretato nel senso che il legislatore, dopo aver temporalmente delimitato il proprio intervento (fino al 31 gennaio 2021), nel mantenere ferma la disciplina di cui all’art. 221 (ove non derogata), ha inteso raccordarla alle nuove norme, ancorandola allo stesso termine finale, sicché tutte le misure processuali dettate dall’art. 221 ed ulteriormente definite (ed in parte per l’appunto derogate) dall’art. 23 sono destinate a rimanere in vigore fino al termine dell’emergenza epidemiologica.

Quest’ultima tesi appare preferibile, essendo più aderente al dato sistematico (senza obliterare quello letterale), nonché alla ratio legis, consistente nella previsione di ulteriori strumenti processuali tali da consentire, unitamente a quelli già esistenti ed espressamente richiamati, per quanto possibile, un esercizio della giurisdizione senza rischi per tutti gli operatori interessati.

Significativo è, del resto, che nella relazione illustrativa al D.L. n. 137/2020 si legga che con l’art. 23 “si è, in primo luogo, definito l’ambito temporale dell’intervento, raccordandolo a quello fissato dall’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, per lo stato di emergenza. Inoltre, nello stesso articolo 1 si è precisato che l’intervento in esame non sostituisce, ma si coordina con quello previsto dall’articolo 221, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77”.

A ciò deve aggiungersi che la diversa tesi prima riportata indurrebbe a concludere che le udienze si possano tenere con modalità cartolari fino al 31 gennaio 2021 nei soli procedimenti di separazione consensuale e divorzio congiunto, mentre per le altre controversie tali modalità cesserebbero il 31 dicembre 2020, il che sarebbe del tutto illogico.

Ed infatti, se le modalità di trattazione scritta, previste per le cause che “non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti”, fossero in vigore solo fino al 31 dicembre 2020, non avrebbe senso protrarre fino al 31 gennaio 2021 il relativo regime per dei procedimenti (di separazione consensuale e divorzio congiunto) in cui tali modalità sono adottate in deroga (trattandosi di giudizi in cui occorre la presenza anche di soggetti diversi dai difensori).

Sarebbe poi ancora più illogico ritenere che la disciplina dell’udienza da remoto si applichi fino al 31 dicembre 2020 e che tuttavia “sopravviva” fino alla fine del mese successivo la disposizione secondo la quale tale udienza può tenersi anche in luogo diverso dall’ufficio giudiziario.

Non si comprenderebbe, inoltre, perché nel settore civile l’arco temporale delle misure de quibus non dovrebbe coincidere con la “vigenza dell’emergenza epidemiologica” (v. rubrica dell’art. 23), mentre negli altri ambiti della giurisdizione le previsioni sarebbero di segno diverso ed uniforme.

Il riferimento è al comma 10 dell’art. 23, che estende le disposizioni dei commi precedenti, “nonché quelle di cui all’articolo 221 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34”, ai procedimenti inerenti agli arbitrati rituali e alla magistratura militare; al comma 1 del successivo art. 24, che stabilisce che il deposito telematico di memorie, documenti, richieste ed istanze indicate dall’art. 415-bis, comma 3, c.p.p., avvenga “In deroga a quanto previsto dall’articolo 221, comma 11, del decreto-legge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19”; agli artt. 25, 26 e 27, in tema rispettivamente di processo amministrativo, processo contabile e processo tributario, che sanciscono l’operatività delle “misure urgenti” previste fino al termine dell’emergenza epidemica in corso.

Dall’intero impianto normativo si desume, quindi, chiaramente che il legislatore ha inteso agganciare l’applicazione delle modalità dettate allo scopo di far fronte agli effetti della pandemia da Covid-19 alla fine dell’emergenza nazionale in atto, il che non può non valere (per palesi ragioni di ordine sistematico) anche per il settore civile.

Quale che sia ad ogni modo l’opzione interpretativa da privilegiare, è bene ad ogni modo sottolineare che le misure delineate per tale settore potranno funzionare adeguatamente soltanto nel momento (e nella misura) in cui diverrà effettivo l’accesso ai registri SICID e SIECIC da remoto da parte del personale di cancelleria (nuovamente) in smart working.

Come è noto, nel corso della prima ondata di Covid, l’ammissione del personale amministrativo al lavoro agile (peraltro, in sé, assolutamente giustificata dalla finalità di contenere gli effetti dell’epidemia) ha scontato l’oggettivo limite costituito dall’impossibilità di accedere da remoto ai registri informatici SICID e SIECIC, limite che ha reso (e tuttora rende) oggettivamente difficile assicurare con tempestività gli adempimenti connessi allo svolgimento (soprattutto) delle udienze cartolari, in particolare nei contesti connotati da (più o meno gravi) carenze di organico.

Basti pensare alla sovrapposizione di decreti, note ed istanze, che può ad es. derivare da un numero elevato di richieste di trattazione orale (richieste che devono essere presentate entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento di fissazione dell’udienza a trattazione scritta e sulle quali il giudice deve provvedere nei cinque giorni successivi: v. art. 221, comma 4).

Ed invero, al di là della considerazione che già un lieve ritardo nell’accettazione di tali istanze finisce con il precludere il rispetto del successivo termine di cinque giorni per provvedere sulle medesime (con conseguente contrazione dei tempi per gli incombenti successivi delle parti), è di tutta evidenza che il sistema previsto può generare (principalmente nei ruoli di maggiore consistenza) concreti problemi di gestione dell’attività da parte non solo del personale di cancelleria, ma anche dei giudici, il cui potere di direzione del procedimento ex art. 175 c.p.c. non è (ed, in funzione del corretto e sollecito svolgimento del processo, è ragionevole che non sia) intaccato dal citato comma 4 dell’art. 221, in quanto, a differenza che per le udienze in videocollegamento (v. comma 6 e comma 7), per la trattazione scritta non occorre il consenso, né preventivo, né successivo, delle parti.

La segnalata problematica è destinata tuttavia ad attenuarsi (almeno per il personale amministrativo), in quanto il Ministero della Giustizia ha già attivato le procedure per consentire l’accesso da remoto ai registri suindicati, attraverso l’adozione di modifiche evolutive e la fornitura di personal computer abilitati all’accesso ai medesimi registri, il che dovrebbe assicurare il potenziamento dell’attività lavorativa a distanza, indispensabile per il corretto funzionamento del c.d. rito emergenziale.

§3. LE DISPOSIZIONI IN DEROGA: LA TRATTAZIONE SCRITTA DEI PROCEDIMENTI DI SEPARAZIONE CONSENSUALE E DIVORZIO CONGIUNTO.

Se con riguardo al regime delle udienze a trattazione scritta nessuna innovazione è stata apportata dal d.l. Ristori, una novità è invece intervenuta in ordine all’ambito di applicazione delle relative modalità, espressamente estese (mutatis mutandis) ai procedimenti di separazione consensuale e di divorzio congiunto.

A mente del comma 6 dell’art. 23, precisamente, “Il giudice può disporre che le udienze civili in materia di separazione consensuale di cui all’articolo 711 del codice di procedura civile e di divorzio congiunto di cui all’articolo 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 siano sostituite dal deposito telematico di note scritte di cui all’articolo 221, comma 4, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con  modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel caso in cui tutte le parti che avrebbero diritto a partecipare all’udienza vi rinuncino espressamente con comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza, nella quale dichiarano di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e, nei giudizi di separazione e divorzio, di non volersi conciliare”.

Si tratta di una norma che nella sostanza recepisce quanto già previsto in diversi provvedimenti adottati dai dirigenti degli uffici ai sensi dell’art. 83 d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con modificazioni in legge 24 aprile 2020 n. 27, provvedimenti aventi ad oggetto le misure organizzative per la c.d. fase due dell’emergenza epidemiologica.

E infatti, ora anche il legislatore, in deroga alla disciplina generale (contenuta nell’art. 221 d.l. n. 34/2020), che consente di far ricorso alla trattazione scritta solo per le cause che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori, dispone che anche le udienze in tema di separazioni consensuali e divorzi congiunti si possono svolgere con modalità cartolari in presenza dei seguenti presupposti:

-la rinuncia espressa a partecipare all’udienza di tutte le parti che vi avrebbero diritto con apposita comunicazione, depositata almeno quindici giorni prima dell’udienza;

-la dichiarazione, contenuta nella medesima comunicazione, di essere a conoscenza delle norme processuali che prevedono la partecipazione all’udienza, di aver aderito liberamente alla possibilità di rinunciare alla partecipazione all’udienza, di confermare le conclusioni rassegnate nel ricorso e di non volersi conciliare.

Sebbene il legislatore faccia esplicito riferimento ad una comunicazione successiva al ricorso, è da ritenere peraltro che per i nuovi procedimenti la comunicazione possa essere contenuta anche nell’atto introduttivo del procedimento, nel qual caso sarebbe possibile fissare direttamente la trattazione scritta.

Inoltre, se in effetti il comma 6 richiede che la comunicazione sia presentata quindici giorni prima dell’udienza, tuttavia, in ipotesi di omessa osservanza di tale termine (che non è perentorio e che è stato previsto per evidenti ragioni organizzative), non potrebbe verificarsi alcuna decadenza ed all’occorrenza l’udienza andrebbe semplicemente differita (entro il 31 gennaio 2021), onde consentirne la trattazione cartolare.

In ogni caso, non è ravvisabile alcun automatismo tra la comunicazione di che trattasi ed il decreto di fissazione dell’udienza a trattazione scritta, nel senso che resta ferma la valutazione da parte del giudice (Presidente del Tribunale o giudice dallo stesso delegato, in caso di separazioni consensuali, Presidente del collegio, in ipotesi di divorzi congiunti) dell’opportunità di procedere con tale modalità (“può disporre”).

E così, ad esempio, è bene mantenere ferma l’udienza in presenza laddove le condizioni concordate dalle parti non appaiano conformi all’interesse della prole, onde verificare se sia possibile raggiungere un nuovo accordo idoneo ad essere recepito (nel decreto di omologa o nella sentenza di divorzio congiunto) dal Collegio.

Nulla osta, invece, alla trattazione scritta, qualora la documentazione depositata sia carente (ad es. perché difetta l’estratto di matrimonio del Comune in cui è stato celebrato), essendo possibile assegnare un termine per l’integrazione documentale già nel decreto di fissazione dell’udienza ex art. 221, ovvero procedere in tal senso all’esito dell’udienza cartolare, provvedendo alla fissazione di altra udienza con le medesime modalità.

Infine, può essere utile, avvalendosi dell’indicazione presente nelle linee guida relative all’emergenza da Covid-19 approvate dal CSM con delibera in data 4 novembre 2020, specificare (in sede di redazione di nuovi protocolli con il COA o di integrazione/modifica dei protocolli preesistenti), mutuando l’esperienza già maturata in proposito, che agli effetti di cui al comma 6 dell’art. 23 i difensori potranno acquisire le dichiarazioni previste, sottoscritte dai propri assistiti, con qualsiasi mezzo, purché con garanzia della provenienza, e che le parti, all’atto della comunicazione, potranno anche modificare le condizioni concordate nell’atto introduttivo del procedimento.

§3.1 SEGUE: L’UDIENZA IN VIDEOCONFERENZA.

L’art. 23, al comma 7, prevede espressamente che, in deroga al disposto dell’art. 221, comma 7, del d.l. n. 34/2020, il giudice possa partecipare all’udienza con collegamento a distanza (cd. “udienza Teams”) anche da un luogo diverso dall’ufficio giudiziario.

Tale disposizione va accolta con particolare favore, in quanto la norma precedente, oltre ad essere distonica rispetto sia al regime dell’udienza cartolare, sia alla disciplina dettata per altri settori della giurisdizione, non essendo previsto analogo obbligo per l’udienza da remoto nel processo amministrativo[2], aveva segnato la “fine” delle udienze in videocollegamento in diversi uffici giudiziari, in cui la lentezza della rete internet aveva reso concretamente impossibile lo svolgimento delle udienze con tale modalità.

Peraltro, una volta consentita la celebrazione dell’udienza da remoto anche in un luogo diverso dall’ufficio, c’è da chiedersi se non sia possibile (ed auspicabile) l’adozione di tale modalità pure per talune udienze nelle quali è necessaria la comparizione personale delle parti.

Si pensi, in particolare, alle udienze presidenziali di comparizione dei coniugi nei giudizi di separazione e divorzio contenziosi, che, con il consenso espresso di entrambe le parti (costituite), manifestato entro un congruo termine anteriore all’udienza, ben potrebbero svolgersi in videocollegamento, ad es. qualora uno dei coniugi ed il suo difensore risiedano in una “zona rossa”, ovvero uno dei coniugi sia detenuto, onde evitare lo spostamento o la traduzione.

Del resto, in tali ipotesi, nessuna nullità sarebbe in concreto ravvisabile, in considerazione, da un lato, del consenso delle parti e, dall’altro, dell’assenza di un effettivo pregiudizio per il diritto di difesa.

§4. PROSPETTIVE DI “STABILIZZAZIONE” DELLA NORMATIVA EMERGENZIALE.

Non è dato al momento prevedere quale sarà la concreta incidenza sulla giustizia civile del potenziamento, conseguente al decreto Ristori, delle misure processuali volte a contenere gli effetti della pandemia in corso, ma non può sottacersi che l’ulteriore spinta verso la digitalizzazione del processo impressa da ultimo dal d.l. in esame presenta degli aspetti di positività che trascendono l’attuale contesto emergenziale.

In particolare, l’adozione di modalità cartolari per la trattazione di talune udienze potrebbe essere utile anche al termine dell’emergenza in corso, potendo tali modalità, che, tra l’altro, annullano le distanze, giovare ai fini del contenimento dei tempi del processo senza compromettere l’effettività del contraddittorio tra le parti.

Il riferimento è alle udienze in cui si deve decidere sulle istanze istruttorie, a quelle fissate per il giuramento del CTU, a quelle successive al deposito di consulenze tecniche di ufficio ed a quelle di precisazione delle conclusioni, che ben potrebbero continuare a formare oggetto di trattazione scritta.

Ovviamente, le modalità cartolari dovrebbero essere pur sempre alternative (e non necessariamente sostitutive di quelle tradizionali) e rimesse alla prudente valutazione del giudice, chiamato a valutarne l’opportunità nell’ambito del suo potere di direzione del processo, alla luce della natura e della complessità della controversia e dell’esigenza di assicurare la piena esplicazione del diritto di difesa delle parti, con la consapevolezza comunque che deroghe al principio dell’oralità e della “immediatezza” del processo civile possono essere giustificate e “compensate” dal contenimento dei rinvii e dalla riduzione dei “costi” del processo.

In altre parole, il rito civile del futuro (non lontano, ma prossimo) ben potrebbe diventare un contenitore flessibile, in cui si alternino udienze in presenza (la prima udienza di comparizione e trattazione, l’udienza appositamente fissata per la comparizione personale delle parti, l’udienza di assunzione delle prove orali) ed udienze cartolari (o all’occorrenza anche da remoto), nella già segnalata prospettiva di efficienza e “competitività” del processo, non disgiunta dal rispetto delle garanzie difensive.


[1] Ai sensi dell’art. 221 d.l. n. 34/2020, nella parte che interessa in questa sede, “3. Negli uffici che hanno la disponibilità del servizio di deposito telematico, anche gli atti e i documenti di cui all’articolo 16-bis, comma 1-bis, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono depositati esclusivamente con le modalità previste dal comma 1 del medesimo articolo. Gli obblighi di pagamento del contributo unificato previsto dall’articolo 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nonché l’anticipazione forfettaria di cui all’articolo 30 del medesimo testo unico, connessi al deposito degli atti con le modalità previste dal primo periodo del presente comma, sono assolti con sistemi telematici di pagamento anche tramite la piattaforma tecnologica prevista dall’articolo 5, comma 2, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Quando i sistemi informatici del dominio giustizia non sono funzionanti e sussiste un’indifferibile urgenza, il capo dell’ufficio autorizza il deposito con modalità non telematica. 4. Il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa è sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Ciascuna delle parti può presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni. Se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell’articolo 181 del codice di procedura civile. … 6. La partecipazione alle udienze civili di una o più parti o di uno o più difensori può avvenire, su istanza dell’interessato, mediante collegamenti audiovisivi a distanza, individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. La parte può partecipare all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. Lo svolgimento dell’udienza deve in ogni caso avvenire con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione. L’istanza di partecipazione mediante collegamento a distanza è depositata almeno quindici giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell’udienza. Il giudice dispone la comunicazione alle parti dell’istanza, dell’ora e delle modalità del collegamento almeno cinque giorni prima dell’udienza. All’udienza il giudice dà atto a verbale delle modalità con cui accerta l’identità dei soggetti partecipanti a distanza e, ove si tratta delle parti, la loro libera volontà. Di tutte le ulteriori operazioni è dato atto nel processo verbale. 7. Il giudice, con il consenso preventivo delle parti, puo’ disporre che l’udienza civile che non richieda la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti e dagli ausiliari del giudice, anche se finalizzata all’assunzione di informazioni presso la pubblica amministrazione, si svolga mediante collegamenti audiovisivi a distanza individuati e regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. L’udienza è tenuta … con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l’effettiva partecipazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice dispone la comunicazione ai procuratori delle parti e al pubblico ministero, se è prevista la sua partecipazione, del giorno, dell’ora e delle modalità del collegamento. All’udienza il giudice dà atto delle modalità con cui accerta l’identità dei soggetti partecipanti e, ove si tratta delle parti, la loro libera volontà. Di questa e di tutte le ulteriori operazioni e’ dato atto nel processo verbale. 8. In luogo dell’udienza fissata per il giuramento del consulente tecnico d’ufficio ai sensi dell’articolo 193 del codice di procedura civile, il giudice può disporre che il consulente, prima di procedere all’inizio delle operazioni peritali, presti giuramento di bene e fedelmente adempiere alle funzioni affidate con dichiarazione sottoscritta con firma digitale da depositare nel fascicolo telematico. …”.

[2] V. art. 4, comma 1, d.l. n. 28/2020, prorogato dal decreto Ristori, secondo cui “Il luogo da cui si collegano i magistrati, gli avvocati e il personale addetto è considerato udienza a tutti gli effetti di legge”.

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