Il lockdown globalizzato dell’attività giudiziaria. Rischi e prospettive transnazionali

di Cristina Marzagalli

Sommario: -1. La globalizzazione delle regole emergenziali; -2. I riflessi mondiali delle regole emergenziali sulla magistratura; -3. Il progressivo indebolimento della rule of law in Europa: A) La Turchia; B) La Polonia; C) La Bulgaria; D) L’Ungheria; E) La Romania; – 4. Reazioni e misure messe in campo; – 5. Conclusioni . 

1.    La globalizzazione delle regole emergenziali

Il terribile periodo che stiamo vivendo, dovuto alla pandemia da coronavirus, presenta ardue sfide a coloro che lavorano nel sistema giudiziario. La dimensione mondiale della crisi sanitaria ci ha messi a confronto, ancora una volta nella storia, con la fragilità dell’uomo. Quasi tutti i Paesi del mondo hanno adottato, nei mesi tra marzo e aprile 2020, misure emergenziali eccezionali volte a salvaguardare la salute pubblica, aventi ad oggetto restrizioni delle libertà e dei diritti fondamentali onde assicurare il distanziamento sociale e così evitare il contagio tra individui. Le misure emergenziali hanno riguardato necessariamente anche il funzionamento e l’organizzazione dei sistemi giudiziari, da intendersi come l’insieme degli organi chiamati ad esercitare la giurisdizione, e dei luoghi in cui la giurisdizione viene esercitata.  Da un lato, lo svolgimento dell’attività giudiziaria è stato rimodulato secondo regole nuove e modalità innovative di esercizio della giurisdizione, improntate alla sicurezza sociale quale obiettivo preminente rispetto al fine di dispensare giustizia. Da altro lato, le regole restrittive adottate da alcuni Governi hanno fortemente limitato, se non addirittura derogato,  agli assetti costituzionali, con forte impatto sul sistema complessivo e sulle prerogative degli organi che esercitano la giurisdizione.    

Le regole  precauzionali adottate nei vari Paesi per prevenire la diffusione del Coronavirus in seno ai sistemi giudiziari sono molto simili, anzi uniformi quanto ai principi ad esse sottesi, con leggere differenziazioni su base nazionale. Si tratta di una combinazione di regole organizzative con misure di prevenzione in senso proprio:   

  • riduzione del numero di udienze
  • riduzione delle parti presenti in udienza
  • eliminazione delle udienze pubbliche
  • procedimenti in videoconferenza
  • distanziamento delle parti in udienza
  • riduzione del personale presente in ufficio e lavoro da casa
  • sanificazione degli ambienti di lavoro
  • utilizzo di dispositivi di prevenzione (mascherine, guanti, liquidi di disinfezione delle mani, pannelli protettivi in plexiglas)
  • digitalizzazione dei fascicoli
  • scelta di trattare solamente i casi prioritari
  • individuazione dei casi di priorità da trattare (processi a carico di detenuti, processi a carico di infermi di mente, casi di violenza domestica e ordini di protezione,  casi di perdita o lesione permanente di diritti)

Le regole assunte da Italia, Corea, Spagna e Stati Uniti sono state dettagliatamente illustrate nel webinar “Lessons learned from around the World about Managing Courts in a Pandemic” del 23 aprile u.s, organizzato dalla SSM in cooperazione con il National Judicial College. Il seminario ha appunto evidenziato la somiglianza delle misure precauzionali adottate dai quattro Paesi che vi hanno partecipato.

Analoghe misure sono invalse anche altrove e sono state via via prorogate per il diffuso peggioramento dell’emergenza sanitaria. In Centramerica e in Sudamerica i seguenti Stati hanno sospeso le udienze pubbliche e l’attività giudiziaria non urgente: Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Repubblica Dominicana,  Ecuador, Guatemala, Panama,  Paraguay, Peru, Portorico. Nei detti Stati si è disposto di tenere le udienze principalmente in videoconferenza o da remoto; se il giudice deve essere presente in udienza, è obbligato ad indossare dispositivi di protezione[1].    

2.    I riflessi mondiali delle regole emergenziali sulla magistratura

La situazione eccezionale che stiamo vivendo mette a dura prova la magistratura in ordine al suo ruolo di garante dei diritti, sia sotto il profilo dell’etica professionale per il rischio di produrre denegata giustizia, sia per la possibilità di subire limitazioni delle prerogative che le pertengono in qualità di potere dello Stato, a vantaggio di altri poteri statali.  Va detto chiaramente che la quarantena e le restrizioni indotte dal COVID 19 hanno comportato ripercussioni pregiudizievoli per l’attività giudiziaria. Come abbiamo visto, in tutti i Paesi gli sforzi per rallentare la diffusione del COVID 19 hanno inciso pesantemente sul funzionamento del sistema giudiziario, per non dire che l’hanno sostanzialmente paralizzato. La maggior parte dei procedimenti è stata, o sarà, rinviata.

Sotto il profilo dell’etica giudiziaria, vanno richiamati i principi di Bangalore, che sanciscono a livello internazionale che “il giudice deve accettare solo quelle limitazioni che potrebbero essere viste come opprimenti dal cittadino comune e dovrebbe farlo liberamente e volontariamente[2]. Attualizzando questo assunto all’epoca del COVID-19, ne discende che spetta al Giudice vigilare sulla correttezza delle leggi emergenziali restrittive e verificare che le limitazioni da esse imposte corrispondano ai principi internazionali di necessità e proporzionalità. Il magistrato deve esercitare la giurisdizione con spirito di servizio in favore dei cittadini ogni qualvolta una misura urgente si renda necessaria. L’attività giudiziaria, dunque, deve essere garantita anche in tempo di lockdown per la protezione dei diritti umani e dei soggetti deboli.  E’ compito dei giudici  vigilare perché non si verifichino casi di denegata giustizia dovuti alle restrizioni d’emergenza.

Sul piano strutturale, l’applicazione delle leggi emergenziali adottate dalle Autorità nazionali deve essere attentamente controllata dalla magistratura. Le risposte normative emergenziali andranno confrontate con gli ordinari principi di governo democratico, con i diritti umani e con lo stato di diritto. In tutti i Paesi che decidono di adottare limitazioni all’ordine costituzionale emergerà inevitabilmente il rischio  di minare il ruolo della magistratura.

The price of liberty is eternal vigilance” – “Il prezzo della libertà è la sorveglianza perenne”: la famosa frase di Thomas Jefferson ha acquisito in quest’epoca un senso rinnovato. Ecco perché i Governi non dovrebbero cadere nella tentazione di approfittare di questa crisi per scavalcare il ruolo essenziale attribuito alle giurisdizioni indipendenti; quello di guardiani dei diritti umani e delle libertà civili.

Il monito a vigilare sui principi di governo democratico, sullo stato di diritto, sui diritti umani e sull’indipendenza della magistratura proviene da plurime fonti, tra le quali l’Unione Internazionale dei Magistrati [3] . In una lettera alle associazioni nazionali aderenti alla UIM, il Presidente Tony Pagone – alto magistrato australiano – ha sollecitato una riflessione sul ruolo della magistratura in questo periodo di pandemia, dopo avere espresso le seguenti osservazioni : “Le attuali circostanze stanno indubbiamente causando tensioni e difficoltà in seno a molte delle vostre giurisdizioni. In questo periodo lo Stato di Diritto e l’indipendenza della magistratura saranno messe a dura prova sotto molti aspetti in ogni Paese[4].

Per quanto riguarda l’Unione Europea, i valori fondanti di libertà, democrazia e rispetto della dignità umana sono previsti come vincolanti dai Trattati. La lotta al Covid-19 richiede senz’altro l’adozione di misure restrittive, ma non può legittimare l’estensione dello stato di emergenza a tempo indefinito per superare i meccanismi di controllo (“checks and balances”) che caratterizzano lo stato di diritto.   

3.    Il progressivo indebolimento della rule of law in Europa

A livello europeo, fra gli organismi attivi nella tutela della Rule of Law e dell’indipendenza della magistratura si annoverano in particolare il CCJE- Consiglio Consultivo dei Giudici Europei[5], e le quattro associazioni europee di giudici:

  • AEM (Associazione Europea dei Magistrati, altrimenti detta EAJ – European Association of Judges secondo l’acronimo inglese),
  • MEDEL (Magistrats européens pour la Démocratie et les Libertés),
  • RECHTERS VOOR RECHTERS (Judges for judges)
  • AEAJ (Association of European Administrative Judges).

Sin dalla sua creazione, avvenuta nel 2000, il CCJE si è adoperato per proteggere e consolidare l’indipendenza della magistratura quale fattore essenziale per l’affermazione dello Stato di Diritto, la protezione dei diritti umani e per il buon funzionamento della democrazia. Quanto all’’AEM, essa riveste lo status di osservatore nel Consiglio Consultivo dei Giudici Europei. In tale veste, l’AEM ha identificato vari problemi nel corso degli ultimi anni in seno ad alcuni Paesi membri del Consiglio d’Europa, e ne ha riferito l’esistenza al CCJE in maniera collaborativa, atteso che i pareri di detto organo costituiscono standard di garanzia della rule of law in Europa.

L’AEM ha da tempo rilevato che il problema dell’indipendenza della magistratura è molto serio e preoccupante in vari Paesi d’Europa, nei quali si sono manifestate evidenze di una volontà di indebolire tale indipendenza anziché rafforzarla. Significativo risulta l’esito di una procedura di controllo (monitoring procedure) intrapresa dall’AEM mediante sottoposizione di un questionario alle Associazioni nazionali aderenti. Alla domanda: “La situazione della magistratura negli ultimi 5 anni è migliorata, peggiorata o rimasta uguale?”  ben 18 associazioni di Paesi Europei hanno risposto che la situazione era peggiorata; hanno indicato quali elementi sintomatici del peggioramento le restrizioni di stanziamenti per la giustizia, il carico di lavoro eccessivo, le pressioni esercitate da politici.

Altri due segnali di indebolimento della indipendenza della magistratura, individuati dall’AEM, risiedono nella mancanza di volontà dei governi di conformarsi alla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo e nello strumento della critica illegittima nei confronti della magistratura; quest’ultima è risultata essere una pratica esercitata sistematicamente dagli uomini politici, in modo da annientare la fiducia dei cittadini nel potere giudiziario[6].

Le violazioni più gravi, denunciate in particolare dall’AEM e dalle altre associazioni europee in tutte le sedi, si sono verificate in cinque Paesi membri del Consiglio d’Europa: Turchia, Polonia, Bulgaria, Romania e Ungheria.

A) La Turchia

La situazione della magistratura in Turchia è andata peggiorando nel corso dell’ultimo decennio. A partire dal 2010, l’Associazione Europea dei Magistrati è intervenuta in maniera ricorrente a tutela della magistratura turca, adottando risoluzioni oppure altre forme di sostegno, in seguito alle plurime aggressioni dell’indipendenza dell’ordine giudiziario da parte del Governo nazionale. Nell’estate del 2016 si è verificato nel Paese un tentativo di colpo di Stato, sventato da Erdogan. Questi, col pretesto di difendere la Nazione dai gulenisti, ha trasformato la Turchia in uno Stato totalitario. Egli si è sbarazzato dei funzionari pubblici, dei giornalisti, degli avvocati, dei magistrati indipendenti e di tutti coloro che non gli erano fedeli. Migliaia di persone sono state licenziate, poste sotto procedimento disciplinare, incriminate e messe in carcere con addebiti pretestuosi.  Pochi giorni dopo il colpo di Stato, Yarsav- l’Associazione nazionale di giudici turchi aderente alla UIM-  viene disciolta con decreto emergenziale del Governo. Il 19 ottobre 2016 Murat Arslan, presidente di YARSAV, viene arrestato con l’accusa di essere membro dell’associazione armata terroristica FETO. Il 18 gennaio 2019 una Corte speciale, composta da giudici fedeli a Erdogan, ha condannato Murat Arslan a 10 anni di prigione. Il processo è stato celebrato in violazione di numerose norme del codice di procedura penale della Turchia ed ignorando i principi fondamentali del fair trial, come hanno testimoniato gli osservatori europei che hanno presenziato alle udienze. La prova decisiva per la condanna di Murat Arslan consiste nella circostanza di avere scaricato sul proprio cellulare l’applicazione ByLock, vale a dire la medesima applicazione utilizzata dai Gulenisti per il colpo di Stato.

B) La Polonia

In Polonia si registra una infinita serie di tentativi del PIS, il partito maggioritario di governo, di ottenere il controllo della magistratura. L’emergenza costituzionale polacca è iniziata nel novembre 2016, subito dopo che il partito Prawo I Sprawiedliwosc – PIS (che, tradotto, significa Legge e Giustizia) ha vinto le elezioni parlamentari. La crisi ha avuto luogo in due fasi. Nella prima fase gli organi preposti, tutti controllati dal PIS, hanno annullato la precedente nomina  dei 5 giudici costituzionali e li hanno sostituiti con un pacchetto di nuovi 5 giudici. Al contempo, sono stati approvati sei disegni di legge che, di fatto, hanno paralizzato il funzionamento del Tribunale Costituzionale, nell’intento di manipolarne l’attività. Questa prima fase si è conclusa nel dicembre 2016 con la nomina del vertice del Tribunale Costituzionale da parte del  Presidente della Repubblica.

Nella seconda fase, iniziata nel 2017, il CSM e la Suprema Corte sono stati sottoposti al controllo politico grazie alla modifica delle regole per la nomina dei rispettivi componenti. Per quanto riguarda la Suprema Corte, con legge entrata in vigore il 3 giugno 2018 è stata individuata una diversa età pensionabile (abbassata da 70 a 65 anni di età anagrafica) che ha determinato il pensionamento di 27 giudici su 72.  Per quanto riguarda il CSM, ben 15 dei 18 componenti sono di nomina o provenienza governativa.

L’incostituzionalità di siffatte leggi ha suscitato proteste in tutto il Paese, dove la gente è scesa in piazza in massa per manifestare contro le modifiche adottate. (M. Matczak, Poland’s Contitutional crisis: facts and interpretations, in Foundation for Law, Justice and Society, www.fljs.org). La magistratura polacca ha reagito coraggiosamente. Nel 2018 i magistrati hanno boicottato le elezioni del Consiglio Superiore della Magistratura, astenendosi dalle votazioni. Si sono rivolti alle Istituzioni e alle Corti Europee, al rapporteur speciale dell’ONU Diego Garcia-Sayàna, all’OCSE, alla Commissione di Venezia, provocando numerose reazioni in loro favore a sostegno dell’indipendenza. [7] La Commissione Europea ha presentato ricorso innanzi alla Corte di Giustizia avverso la  legge sull’abbassamento dell’età pensionabile,  con esito favorevole. Con sentenza in data 24 giugno 2019, la Corte di Giustizia ha dichiarato la contrarietà al diritto dell’Unione della legge polacca, ancorchè nel frattempo emendata dal Parlamento polacco; la Corte ha sancito che l’applicazione immediata della legge ai giudici in carica presso la Corte Suprema non è giustificata da una finalità legittima e lede il principio di inamovibilità dei giudici intrinsecamente connesso alla loro indipendenza.

Nell’impossibilità di riassumere in poche righe tutto quanto accaduto in Polonia, ci si limita a rilevare che sono tuttora in corso numerose azioni volte a sottomettere la magistratura all’esecutivo, realizzate attraverso procedimenti disciplinari illegittimi, campagne di stampa diffamatorie nei confronti dei magistrati non graditi, leggi che assicurano la presenza di magistrati controllabili dal PIS nei posti chiave.             

C) La Bulgaria

In Bulgaria è di recente divenuto obbligatorio per ogni magistrato presentare una dichiarazione al Consiglio Superiore della Magistratura in ordine alla sua appartenenza ad un’associazione di magistrati. L’introduzione di un siffatto obbligo cela la volontà di indebolire le associazioni di magistrati; la necessità di un’aperta dichiarazione di appartenenza funge infatti da deterrente all’iscrizione ad una associazione.

D) L’Ungheria

La situazione di emergenza sanitaria ha costituito il pretesto per la presa di potere del Governo in Ungheria, Paese in cui l’indipendenza della magistratura era già a rischio. Nell’aprile del 2019 l’AEM, dopo una visita a scopo d’indagine in Ungheria dietro invito dell’associazione di giudici ungheresi “MABIE”, aveva confermato le criticità denunciate dall’Associazione nazionale: 1) il mancato funzionamento del National Judicial Council (NJC) per mancata elezione dei membri mancanti dovuta alla non collaborazione tra il National Office for the Judiciary (NPJ) e lo stesso NJC; 2) la prassi di nominare giudici e capi di corte sotto il controllo del Presidente del NJC; 3) l’inosservanza del diritto di partecipazione dell’Associazione di Giudici alle assemblee rappresentative. Nel suo rapporto finale, l’AEM ha sottolineato l’inusualità e la pericolosità della mancanza di collaborazione tra i due organi di autogoverno, NOJ e NJC. Ha individuato, quale causa del problema, la eccessiva concentrazione di competenze in capo al Presidente dell’NJO, che è stata rilevata anche dalla commissione GRECO in un recente rapporto. A ciò si aggiunga che la CEDU nel 2016  ha censurato la rimozione dall’incarico del Presidente della Corte Suprema ungherese Andras Baka, voluta dal governo; la Corte ha ritenuto che la rimozione fosse la conseguenza delle opinioni espresse dall’interessato in ordine ad alcune riforme legislative, ritenute nocive per l’indipendenza della magistratura [8].   

L’11 marzo 2020 il Governo ungherese ha dichiarato lo stato d’emergenza, contestualmente attribuendosi per un periodo di 15 giorni il potere di emanare decreti, di sospendere leggi e di assumere ogni altra straordinaria misura ritenuta necessaria. Il 30 marzo il Governo ha ottenuto dal Parlamento una proroga a tempo indeterminato dei poteri straordinari “finchè la situazione di pericolo cessi di esistere”.   E’ indubbio che questa dizione conceda ampi poteri al governo senza una scadenza definita.

Questa nuova disposizione normativa presenta due seri rischi nei confronti della Rule of Law. In primo luogo, essa attribuisce al governo un inaccettabile potere di decidere liberamente attraverso lo strumento del decreto, senza alcun limite di tempo. Nessuna norma della nuova legge assicura che il Parlamento e le giurisdizioni possano esercitare il loro ruolo di effettivo controllo. Inoltre, la legge ha introdotto nuove fattispecie penali; in particolare è stato previsto il reato di diffusione di informazioni false o distorte che interferiscano con l’efficace tutela dei cittadini, punito con la reclusione fino a 5 anni. Detta previsione rafforza il rischio di violazione della libertà di espressione quale diritto fondamentale della persona.

La legge emergenziale approvata in Ungheria causa un irrimediabile vulnus alle basilari regole della democrazia in Ungheria, anche quale Stato membro dell’UE. Il retaggio negativo lasciato dalle autorità politiche ungheresi negli ultimi anni è indicativo dei reali propositi celati da questa legge. Pochi giorni fa il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen ha dichiarato di essere preoccupata dall’adozione di certe misure eccessive in Europa, e di esserlo in particolare per l’Ungheria.              

E) La Romania

Il 19 febbraio 2019 la Romania ha adottato due leggi emergenziali di dubbia costituzionalità nel settore della giustizia (emergency ordinances in the justice sector.). La prima ordinanza governativa ha modificato le regole per la selezione dei candidati nazionali alla Procura Europea, tra i quali figura l’ex capo della DNA romena Laura Codruta Kovesi, sgradita al governo nazionale per le inchieste condotte a carico di esponenti politici. La seconda ordinanza ha modificato le regole per la nomina del Procuratore Generale di Romania e degli altri vertici delle Unità Investigative Speciali, quali la Direzione Nazionale Anticorruzione e il Direttorato contro il Crimine Organizzato. La seconda ordinanza ha fatto seguito alla rimozione di Laura Kovesi –in lizza per posto di Procuratore Europeo- dall’incarico di procuratore capo della DNA, avvenuta nel luglio del 2018, nel malcelato scopo di assegnare al governo il controllo della nomina dei vertici investigativi .

Il primo provvedimento non ha raggiunto la finalità che si prefiggeva: nell’autunno del 2019 Laura Kovesi  è stata nominata al vertice dell’Ufficio di Procura Europea. Quanto al provvedimento che aveva decretato la sua rimozione dalla posizione di procuratore capo della DNA, esso è stato censurato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, innanzi a cui era stato presentato ricorso dall’interessata. Con decisione resa il 5 maggio 2020, la CEDU ha dichiarato l’illegittimità della rimozione di Laura Kovesi dalla posizione di procuratore capo della DNA per mancanza di uno scopo legittimo dell’atto[9].   

4. Reazioni e misure messe in campo

Le aggressioni alla Rule of Law e all’indipendenza della magistratura, accresciutesi nel periodo di pandemia, sono state oggetto di plurime iniziative di contrasto da parte degli enti impegnati nella loro difesa. Si sono avuti interventi delle istituzioni Europee –spesso dietro sollecito delle associazioni europee di giudici-, ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, manifestazioni di protesta, contestazioni popolari, comunicati stampa, reazioni politiche. Il recentissimo episodio occorso in Ungheria ha spinto tredici partiti politici europei di centro-destra, appartenenti al Partito Popolare Europeo (EPP), a reagire vigorosamente e pubblicamente, chiedendo l’espulsione dall’EPP di FIDESZ, il partito politico che governa l’Ungheria.  Il Primo Ministro ungherese ha formalmente risposto alla richiesta del Segretario Generale dell’EPP con una lettera raggelante: “Con il dovuto rispetto, non ho tempo per questo”.

Anche Amnesty International ha denunciato un’erosione dell’indipendenza della magistratura in Europa finalizzata a minarne l’affidabilità. In occasione della pubblicazione annuale della relazione sui diritti umani, avvenuta il 16 aprile 2020, la direttrice europea di Amnesty International Marie Struthers ha richiamato gli accadimenti lesivi dell’indipendenza della magistratura e della democrazia avvenute in Polonia, Romania e Turchia, che si traducono anche in violazioni dei diritti fondamentali. Va infatti considerato che  i giudici illegittimamente imprigionati, messi sotto processo o sotto procedimento disciplinare subiscono un’indebita compressione della libertà di espressione in quanto puniti per avere manifestato la loro opinione in difesa della magistratura, del diritto di proprietà perchè spesso spogliati dei loro beni, infine della libertà personale essendo incarcerati per accuse infamanti e pretestuose[10]. Abbiamo visto che molti magistrati turchi sono stati condannati col pretesto di avere partecipato al tentativo di colpo di stato del 2016. In ragione di tali accuse, essi non potranno beneficiare della scarcerazione per motivi di salute decisa in Turchia per contrastare il diffondersi del Coronavirus.  Difatti lunedì 13 aprile il parlamento turco ha approvato una sorta di amnistia volta a rilasciare circa 90.000 detenuti e decongestionare il sistema carcerario turco per paura che il Covid-19 possa diffondersi nelle sue prigioni. Il problema, lamentano le organizzazioni dell’opposizione e dei diritti umani, è che decine di migliaia di persone condannate politicamente, tra cui  magistrati e giornalisti , sono esclusi da questi benefici. Secondo Emma Sinclair-Webb, direttrice di HRW- Human Right Watch, è che “la Turchia abusa delle leggi antiterrorismo. Chiunque critica il governo può essere condannato da queste leggi “. Tra loro ci sono almeno un centinaio di giornalisti; centinaia di sindaci, consiglieri, funzionari locali ed ex parlamentari del partito pro-curdo HDP e migliaia di insegnanti, giudici, polizia e funzionari di varie categorie di appartenenza di sinistra o legati alla fratellanza del predicatore islamista Fethullah Gülen, accusato di essere il promotore del tentativo di colpo di stato del 2016. “La Turchia è probabilmente il paese con il più alto numero di condannati per terrorismo al mondo. E alcune di queste persone soffrono di gravi malattie e non hanno accesso alle cure nelle carceri “[11].

5.    Conclusioni

Intanto il tempo è trascorso e l’emergenza mondiale dovuta alla pandemia è in fase di recessione. E’ già ora di mettere in atto le misure della fase 2, con riavvio parziale dell’attività giudiziaria tradizionale e riduzione delle misure restrittive in generale.

Resta la preoccupazione per le magistrature degli Stati europei in cui la Rule of Law è già stata violata perchè il buon esito delle reazioni e delle iniziative intraprese non può prescindere dalla collaborazione dei Governi nazionali. Se questi non mettono in esecuzione le decisioni delle Corti Sovranazionali, se non si rendono disponibili all’opera di moral suasion delle Istituzioni Europee, se non scelgono di rispettare i vincoli dei Trattati –anche solo per motivi di convenienza politica- nessuna reazione di tipo democratico sarà in grado di fermare le azioni antidemocratiche poste in essere da questi governi.


[1] I dati sono aggiornati all’11 aprile 2020. Sono stati raccolti presso le associazioni nazionali di giudici iberoamericani con questionario  inoltrato on-line dal gruppo IBA (iberoamericano) della UIM (Unione Internazionale Magistrati)

[2] “I Principi di condotta giudiziaria di Bangalore” è il testo di etica giudiziaria adottato dalle Nazioni Unite nel 2002 sulla base del lavoro di un gruppo composto da alti rappresentanti delle magistrature di tutto il mondo.  

[3] La UIM – Union Internationale des Magistrats, è l’organismo nato nel 1953 a Salisburgo che riunisce le associazioni nazionali di magistrati di vari Paesi del mondo. Il fine principale dell’Unione, sancito dallo statuto, è la salvaguardia dell’indipendenza dell’ordine giudiziario quale condizione essenziale della funzione giurisdizionale e garanzia dei diritti umani e delle libertà. L’Associazione Nazionale Magistrati ne è membro fondatore.

[4] “The current circumstances are no doubt causing many tensions and difficulties within many of your jurisdictions. The Rule of Law and the Independence of the Judiciary in each country will undoubtedly be tested in many ways during this period”, lettera in data 17 aprile 2020 del Presidente Tony Pagone,  https://www.iaj-uim.org/it/news/letter-of-the-president-of-the-iaj-to-all-the-members/

[5] Il CCJE è un organo interno al Comitato dei Ministri d’Europa, composto esclusivamente da Giudici, con il compito di formulare proposte e pareri all’attenzione del Comitato dei Ministri d’Europa in materia di indipendenza, imparzialità e ruolo dei giudici negli stati membri .

[6] La raccomandazione 2010/12 del Consiglio dei Ministri d’Europa ribadisce che “il potere esecutivo e il potere legislativo dovrebbero evitare critiche in grado di indebolire la fiducia dei cittadini nella magistratura. Dovrebbero altresì evitare azioni che mettano in discussione la loro volontà di conformarsi alle decisioni giudiziarie”.

[7] Si cita anche, a titolo d’esempio, la Risoluzione 2188 adottata dal Parlamento Europeo l’11 ottobre 2017, che identifica la Polonia come una delle nazioni esempio di una nuova minaccia alla rule of law in ragione dell’attacco alla indipendenza del potere giudiziario derivante modifica della legge che regolamenta il CSM. Nel settembre 2018 la rete europea dei CSM, l’ENCJ, ha sospeso il Polish National Judicial Council dalla partecipazione alle attività dell’ENCJ perché ritenuto privo del requisito dell’indipendenza dal potere esecutivo.

[8] Baka vs Hungary, 20261/2012, 23.06.2016, CEDU, Grand Chamber

[9] Kovesi vs Romania – 3594/19, 05.05.2020, CEDU, section IV.

[10] https://www.amnesty.org/en/latest/news/2020/04/europe-mass-protests-provide-hope-as-rights-and-judicial-independence-eroded/

[11] https://elpais.com/internacional/2020-04-14/turquia-liberara-a-90000-reos-debido-al-coronavirus-pero-no-a-los-presos-por-motivos-politicos.html

Scarica il pdf