a cura di Roberta Zizanovich
La II Sezione penale, con decisione assunta all’udienza camerale del 4 novembre 2015 (dep. 13.11.2015), n. 45341, De Petrillo, Rv. 264872, ha affermato il principio di diritto così massimato:
“In tema di riesame delle misure cautelari reali, il rinvio contenuto nell’art. 324, comma secondo, cod. proc. pen. alle forme previste dall’art. 582, comma secondo, cod. proc. pen., secondo cui le parti private e i difensori possono presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, pur se questo è diverso da quello in cui è stato emesso il provvedimento, implica che, una volta avvenuta la presentazione della richiesta di riesame in tali uffici entro il termine di dieci giorni dalla data di esecuzione del sequestro, è del tutto irrilevante, ai fini della tempestività del gravame, che l’atto pervenga o meno entro lo stesso termine al tribunale competente del capoluogo di provincia nel quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato”.
In motivazione è evidenziato che la formulazione letterale dell’art. 324 cod. proc. pen. è analoga a quella del richiamato art. 309 cod. proc. pen., atteso che al primo comma è previsto che la richiesta di riesame va presentata alla cancelleria del tribunale indicato al comma 5, vale a dire il tribunale capoluogo di provincia nel quale ha sede l’ufficio che emesso il provvedimento; il secondo comma dispone, poi, che “la richiesta è presentata con le forme previste dall’art. 582”.
Il collegio decidente osserva, conseguentemente, che non vi è alcun motivo per adottare, per le misure cautelari reali, una diversa interpretazione rispetto a quella consolidatasi per le misure cautelari personali, come compiutamente esposta nella pronuncia delle Sezioni Unite 18 giugno 1991, n. 11, D’Alfonso e altro, Rv. 187922.
Ritiene, infatti, che anche per l’art. 324 cod. proc. pen. il rinvio all’art. 582 (le “forme”) sia a tutto l’articolo e non solo al primo comma, perché l’art. 582 è la norma generale in materia di impugnazioni. Di conseguenza, non vi è ragione, in mancanza di una deroga espressa prevista nell’art. 324 ed in conformità al principio generale delfavor impugnationis,di non applicarla integralmente. Quello che rileva, quindi, è che il termine di decadenza (nella specie di dieci giorni) sia rispettato al momento del deposito dell’istanza sicché diventa irrilevante, ai fini della tempestività del gravame, che l’atto pervenga o meno entro lo stesso termine al tribunale competente del capoluogo di provincia nel quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato.
A medesime conclusioni era già giunta anche Sez. III, 25 settembre 2014, n. 47264, Tucci, Rv. 261214.
In base, invece, ad un diverso indirizzo interpretativo, affermato da: Sez. VI, 6 dicembre 1990, n. 3539/91, Messora, Rv. 187018;Sez. I, 3 novembre 1992, n. 4486/93, Fedele, Rv. 194278; Sez. IV, 27 novembre 1996, n. 2921, , Rv. 206612; Sez. V, 22 maggio 2000, n. 2915, Fontana e altro, Rv. 216655; Sez. IV, 10 luglio 2002, n. 33337, Cannavacciuolo, Rv. 222663; Sez. II, 29 gennaio 2013, n. 18281, Bachar, Rv. 255753 e Sez. III, 2 luglio 2015, n. 31961, Borghi, Rv. 264189, la richiesta di riesame deve essere presentata, anche per via telegrafica o postale, nella cancelleria del tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che emesso il provvedimento ed è, pertanto, inammissibile il gravame presentato nella cancelleria di altro tribunale.
Nelle riportate pronunce è affermato che l’art. 582, comma 2, cod. proc. pen., prevede, in via generale, che le parti private e i loro difensori possono presentare l’atto di impugnazione, in luogo della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento, presso la cancelleria del tribunale del luogo in cui si trovano se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento impugnato. È, quindi, considerato che tale regola non trova applicazione nel procedimento di riesame delle misure cautelari reali e del provvedimento di convalida del sequestro, giacché l’art. 324 cod. proc. pen. (cui l’art. 355, comma 3, cod. proc. pen. fa richiamo), dispone che la richiesta di riesame sia presentata direttamente nella cancelleria del capoluogo della provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento. Né a diversa conclusione può pervenirsi in virtù del richiamo che il menzionato art. 324 opera al successivo art. 582, trattandosi di riferimento concernente esclusivamente le “forme” con le quali la richiesta va proposta e non già le modalità del suo deposito.
L’orientamento in esame considera, altresì, che l’illustrata interpretazione non confligge con il principio delfavor impugnationis. Invero, le modalità con cui ogni principio viene concretizzato nel dettato delle norme specifiche sono determinate – salvo, ovviamente, il limite delle superiori fonti costituzionali e sovranazionali – dal legislatore ordinario, il quale, nel caso in esame, lo ha conformato in modo inequivoco al punto che, qualora si ritenesse che l’art. 582 fosse applicabile anche per quanto concerne l’individuazione del tribunale ove depositare la richiesta, si incorrerebbe in un chiaro contrasto con l’ulteriore principio della conservazione di un significato alla normativa. Invero, si priverebbe di ogni incidenza il combinato disposto dell’art. 324, commi 1 e 5, il cui tenore letterale non lascia spazio per alcuna interpretazione diversa quanto alla identificazione del tribunale competente a decidere l’impugnazione quale unico ufficio ove depositare l’atto impugnatorio. D’altronde, la scelta legislativa di obbligo al deposito presso l’ufficio competente è anche ragionevolmente ben sostenibile, in relazione alla natura cautelare del procedimento, e dunque alle necessità di semplificazione e di accelerazione che lo connotano.