Il nostro legislatore è da sempre generoso nell’elaborazione di riforme e/o interventi legislativi volti ad incentivare l’occupazione e la formazione giovanile, tuttavia con scarsità di risultati in merito al concreto riscontro degli stessi. Personalmente ritengo che discorso diverso valga per lo strumento creato con l’articolo73 del D.L. 69/2013 (convertito con legge 9 agosto 2013, n. 98), modificato dagli articoli 50 e 50-bis del D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), ovvero il “nuovo” tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari.
La norma prevede che possano accedere allo stage, presentando apposita domanda, per una sola volta, i giovani neolaureati in giurisprudenza (all’esito di un corso di durata almeno quadriennale), che non abbiano compiuto i trenta anni di età, che abbiano riportatouna media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo ovvero un punteggio di laurea non inferiore a 105/110, in possesso dei requisiti di onorabilità, ovvero di non aver riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o sicurezza.
I neolaureati in possesso di tali requisiti, se ammessi, potranno assistere e coadiuvare i magistrati delle Corti di appello, dei tribunali ordinari, degli uffici requirenti di primo e secondo grado, degli uffici e dei tribunali di sorveglianza, dei tribunali per i minorenni nonché i giudici amministrativi dei TAR e del Consiglio di Stato, per un periodo di diciotto mesi.
Quanto ai requisiti di ammissione, va immediatamente evidenziato un profilo importante, se si considera il punteggio di laurea ovvero la media particolarmente alta relativamente ad una serie di esami, tra i più impegnativi di un corso di laurea in giurisprudenza:la novella legislativasi rivolge ai giovani più meritevoli, incentivandoil giurista in erba (che voglia effettivamente affacciarsi al mondo del lavoro con serietà e professionalità) a costruire sin dagli inizi del proprio percorso universitario, mattoncino su mattoncino,una carriera quanto più proficua possibile.
Una volta ammesso, al giovane studente che ha appena lasciato i banchi dell’università, pieno di sogni e di aspettative, si aprono le tanto attese quanto sconosciute porte del tribunale.
Ecco, questo è il momento in cui si squarcia il velo di Maya e le “cose del diritto” cominciano ad apparire per quelle che sono.
La pratica, così diversa, così nuova, talvolta così confliggente con la teoria, si manifesta poco a poco, facendo comprendere al giovane le proprie attitudini.
Così almenoè stato per me, che ero appena laureata da sei mesi, all’inizio di questo splendido e inestimabile percorso.
Con il nuovo strumento del tirocinio pratico-teorico il legislatore ha voluto che lo stagista svolgesse diverse attività, sotto la direzione e il controllo del magistrato affidatario, con un impegno di due o tre giorni alla settimana, come: accedere ai fascicoli processuali, partecipare alle udienze e alle camere di consiglio (salvo il giudice ritenga di non ammetterli), raccogliere le prove, redigere bozze di provvedimenti (sentenze e ordinanze), gestire il ruolo d’udienza.
Questo secondo quanto prevede la legge. Ma, a mio avviso, ciò che consente la piena realizzazione di questo percorso di formazione post-universitaria è il rapporto tra stagista e magistrato affidatario.
In prima persona ho avuto il grande onore di essere affidata ad un magistrato professionalmente molto generoso che sin dai primi giorni mi ha guidato e fornito gli strumenti per poter approcciare al diritto,sia sostanziale che processuale, in maniera critica e pratica. Infatti, solo una reale collaborazione e un’attiva partecipazione,consente allo stagista di crescere professionalmente ed umanamente, di trarre così la massima utilità da questa insostituibile esperienza formativa, che altrimenti resterebbe priva di qualsivoglia contenuto.
Se svolto con tali presupposti il tirocinio permette al neolaureato di comprendere, da un’ottica privilegiata,le dinamiche e i meccanismi di svolgimento del processo e fornisce gli elementi essenziali per la redazione di atti e provvedimenti.
Ma il tutto non si esaurisce in questo.
Affiancare un magistrato nelle sue attività quotidiane insegna, a mio giudizio, un nuovo modo di relazionarsi fatto di riservatezza, neutralità, senso di responsabilità e insegna, talvolta, anche la difficoltà e la solitudine che si cela dietro ogni decisione.
Un indubbio punto di forza è rappresentato, inoltre, dall’impegno settimanale, previsto per due o tre giornate. Allo stagista così, non è preclusa la possibilità di potersi dedicare anche ad altre attività, quali il dottorato di ricerca, il tirocinio forense, la frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali e/o di corsi di preparazione al concorso in magistratura.
Strepitosi, poi, i vantaggi che derivano dall’esito positivo dello stage:
- costituisce titolo per l’accesso al concorso per magistrato ordinario;
- è valutato per un periodo pari ad un anno di tirocinio forense e notarile;
- è valutato per un periodo pari ad un anno di frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali;
- costituisce titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario;
- costituisce titolo di preferenza, a parità di merito, nei concorsi indetti dall’amministrazione della giustizia, dall’amministrazione della giustizia amministrativa e dall’Avvocatura dello Stato;
- costituisce titolo di preferenza, a parità di titoli e di merito, nei concorsi indetti da altre amministrazioni dello Stato.
Dunque, per come è stato studiato il tirocinio previsto dall’art. 73 del d.l. 69/2013, sembra essere uno strumento formativo innovativo e vincente, avulso da punti di debolezza.
Eppure, c’è un profilo che viene sistematicamente ignorato e che rappresenta sicuramente una criticità dello stage: la retribuzione, nonché la mancanza di una copertura assicurativa contro gli infortuni.
Infatti, per espressa previsione dell’art.73 comma 8 del D.L. 21/6/2013 n. 69 (convertito dalla legge 9/8/2013 n. 98),”lo svolgimento dello stage non dà diritto ad alcun compenso e non determina il sorgere di alcun rapporto di lavoro subordinato o autonomo né di obblighi previdenziali e assicurativi“.
Oggi, nonostante l’art. 50 bis L. 90/2014, abbia inserito l’art. 8 bis nel testo previgente dell’art. 73 L.98/2013, prevedendo “l’attribuzione agli ammessi allo stage di una borsa di studio” determinata in misura non superiore ad euro 400 mensili, il Ministero della Giustizia di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, non ha determinato ancora l’ammontare delle risorse destinate all’attuazione degli interventi di cui al co. 8 bis art. 50 L.90/2014. In sostanza, quindi, si tratta di una previsione legislativa non attuata e, stante il complesso iter di stanziamento delle risorse, lo sarà ancora per molto tempo.
In definitiva, se appare troppo pretenzioso ricevere una sorta di retribuzione a fronte dell’apporto culturale e formativo ricevuto, almeno un’indennità consentirebbe a noi giovani di coprire quantomeno le spese necessarie per poter affrontare, con maggiore motivazione, questo percorso.
Ebbene, il punto dolente resta sempre lo stesso.
Chi decide di studiare giurisprudenza, deve avere la consapevolezza che si tratta di un percorso lungo e faticoso.
Bisogna avere la pazienza e l’umiltà di seminare con costanza e sacrificio, sperando di raccogliere i frutti del proprio lavoro. Spesso bisogna fare i conti con la frustrazione e con l’incapacità di provvedere economicamente a se stessi, ma investendo quotidianamente nel proprio futuro.
La possibilità di svolgere il tirocinio presso un ufficio giudiziario accresce la passione, se è già sbocciata e, per quanto mi riguarda, dà la possibilità di capire per cosa vale la pena lavorare e quale sogno inseguire con tutte le proprie forze, ricordandoti, tuttavia, che il sentiero è lungo e tortuoso.
La mia esperienza non è solo da stagista, ma anche da neomamma che, durante tutta la gravidanza, ha conciliato l’attesa con il tirocinio, a dimostrazione del fatto che la propria realizzazione personale può essere perseguita senza sacrificare la possibilità di costruirsi una famiglia.
Con forza, impegno e dedizione si può essere mamme senza smettere di sognare e lavorare per diventare magistrato.
L’esperienza in tribunale mi ha insegnato anche questo.
Ma, soprattutto che, l’equilibrio tra pratica e teoria, tra astratto e concreto dovrebbe regnare sovrano, non solo nelle aule dei tribunali, ma nella vita e… probabilmente di ciò dovrebbe tenere conto il legislatore al tavolo delle riforme.
Carmen Veronica Taiano
Magistrato affidatario
Dott.ssa Silvia Blasi