In ricordo di Virginio Rognoni Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2002 al 2006 di Wladimiro de Nunzio

A nome degli ex Consiglieri di Unità della Costituzione nella Consiliatura 2002/2006 Nello Stabile, Leonida Primicerio, Gigi Riello, Giuseppe Meliadò, Lanfranco Tenaglia e mio personale, esprimo profondo cordoglio per la scomparsa di Virginio Rognoni.

Nel 2002 il Parlamento elesse, tra gli altri, Virginio Rognoni Consigliere del Consiglio Superiore della magistratura.

Primo atto della Consiliatura fu la nomina del Vice Presidente del CSM.

L’art 104 comma 5 Cost.  attribuisce il relativo potere di nomina al Consiglio medesimo. Un regime, quest’ultimo, coerente con la natura elettiva dell’organo e con l’esigenza di rispettarne l’autonomia, oltre che conforme al carattere democratico del medesimo, garantendo ai suoi membri una posizione di sostanziale parità.

I sei consiglieri di Unità per la Costituzione, fra i quali lo scrivente, con un atteggiamento connotato da rigorosa laicità rispetto alle posizioni partitiche dei laici, approfondirono le posizioni culturali dei consiglieri candidati alla Vice Presidenza, anche con audizioni e confronti diretti, maturando il convincimento che Rognoni, per la sua visione della giurisdizione, del ruolo della magistratura, delle competenze e della collocazione costituzionale del CSM, fosse in grado di svolgere al più alto livello il ruolo a lui affidato dalla Costituzione, garantendo tutte le posizioni culturali espresse in consiglio e con equidistanza dalle forze politiche.

Seguì la nomina di Rognoni a Vice Presidente del CSM.

I lavori consiliari dei quattro anni successivi confermarono che la scelta non era stata solo oculata ma vincente per il ruolo concretamente svolto con forza e autorevolezza da Rognoni a sostegno dei valori in cui si riconoscono tutti i magistrati, facendosi puntuale interprete della volontà consiliare, rispondendo in pieno all’atto di fiducia espresso dai consiglieri con la sua nomina.

Sarà sempre nella nostra mente e nei nostri ricordi per essersi costantemente posto come baluardo a tutela dei principi costituzionali di legalità e della giurisdizione indipendente e in particolare delle prerogative costituzionali del CSM.

A questo ultimo riguardo va ricordato il suo deciso sostegno a favore del diritto del CSM ad esprimere dei pareri sui disegni di legge attinenti alla giustizia, per superare l’opposizione espressa da una minoranza consiliare che negava con forza, già all’inizio della consiliatura, nel plenum del 24 sett 2002, la possibilità di esprimere pareri non richiesti dal Ministro, sul rilievo che essa non sarebbe prevista tra le prerogative costituzionali e neppure nella legge  n. 195 del 58.

La maggioranza del  CSM osservava, in contrario, che la possibilità di esprimere pareri trovava la sua ratio nel principio generale della collaborazione leale, paritetica tra organi costituzionali che consente di offrire contributi tecnicamente qualificati e politicamente neutri, non obbligatori, nè vincolanti,  nell’ambito di rapporti tra istituzioni chiamate ad avere cura di un medesimo interesse pubblico anche se su piani assolutamente diversi.

Va ricordato che la delibera di cui al plenum citato non fu approvata, perchè venne a mancare il numero legale per l’assenza di quattro consiglieri laici della maggioranza.

Il contrasto su tale possibilità di esprimere pareri d’iniziativa continuava nel corso della consiliatura fino a registrare anche l’intervento del Presidente del Senato che con missiva al Vice Presidente del 18 maggio 2005, in riferimento alla conversione in legge del dl n 35/05 sulla riforma del processo civile, affermava che “il CSM non si configura come organo istituzionale legittimato ad interloquire nel processo di formazione delle leggi” Per cui “ritengo – aggiungeva –  che la risoluzione sia non solo inopportuna, ma neppure riconducibile alle funzioni istituzionali del CSM, quali fissati dalla Costituzione”.

Il Vice Presidente Rognoni, nella risposta del 20 maggio 2005, sottolineava che secondo “ la prassi consolidata, già rilevata con delibera consiliare del 15 marzo 1990, il Consiglio Superiore, anche con riferimento all’art. 10 della Legge n. 195 del 1958, è pienamente legittimato ad esprimere il proprio parere sulle riforme in itinere, concernenti le note materie, quale che sia lo strumento prescelto per l’intervento legislativo e indipendentemente dal fatto che l’iniziativa sia parlamentare o del Ministro della Giustizia”. E aggiungeva che “questa prassi aveva anche  ricevuto il prezioso avallo del Presidente della Repubblica che, nel corso dell’intervento svolto in Consiglio Superiore il 26 maggio 1999, aveva ribadito che il CSM “può rappresentare un importante interlocutore sia del Parlamento che del Governo recando al dibattito un contributo tecnicamente qualificato e politicamente neutrale”.

E su questa linea, coerentemente, il Presidente Ciampi continuava ad autorizzare l’inserimento nell’ordine del giorno del plenum delle pratiche concernenti i pareri in questione e  riteneva di dover ribadire, nel suo saluto di commiato al CSM, che  aveva sempre ritenuto che  “la facoltà di esprimere pareri e di formulare proposte all’interlocutore naturale, che è il Ministro della Giustizia” sia “connaturata alle funzioni essenziali dell’organo di autogoverno” e che “tale facoltà è da esercitare con profondo, leale spirito collaborativo e nella consapevolezza del suo limite consultivo”.

Queste parole sono state per i consiglieri   di Unicost di sicuro conforto perchè in tutto il corso della consiliatura essi sono stati strenui assertori dei poteri consiliari contestati dalla maggioranza laica ma vigili ed attenti   a che la deliberazione rimanesse sempre nei limiti di un atto tecnico con finalità collaborativa e non politica, da destinare in ogni caso al Ministro che, come è noto, anche nel corso dei lavori parlamentari, ha la possibilità di proporre emendamenti.

L’altro versante che ha visto esposta l’indipendenza della magistratura a seri pericoli e che ha trovato il costante sostegno del Vice Presidente Rognoni è quello rappresentato dagli inusitati, reiterati, talora violenti e delegittimanti attacchi a singoli magistrati e in genere alla magistratura da parte di uomini politici e da rappresentanti delle istituzioni.  Il CSM riteneva  di dover esercitare con fermezza, seppur con pacatezza e senso istituzionale, quel potere di tutela che in passato, del resto, era stato costantemente riconosciuto. Ma va ricordato che, sin dall’inizio dei lavori consiliari, era stata espressa una forte opposizione da una parte dei consiglieri laici a tale esternazione consiliare sull’assunto che essa non sarebbe espressamente prevista dalla Costituzione e dalla legge ordinaria. Ma si opponeva dalla maggioranza consiliare che la stessa previsione costituzionale dell’autogoverno trovava la sua ratio nell’esigenza di garantire l’indipendente esercizio della giurisdizione, anche attraverso una difesa non corporativa ma istituzionale della magistratura nell’esercizio delle funzioni, da attacchi e condizionamenti indebiti, da qualunque parte essi provengano e in qualunque modo essi vengano attuati.

Era per noi evidente che l’art 105 cost non può rappresentare un limite per altre competenze di rilievo costituzionale come quella di tutela dell’indipendente esercizio della giurisdizione che trova la sua legittimazione e il suo fondamento nel coordinamento degli art. 101,104,107, 108,112 cost.

Ora, se questo dovere di tutela è una delle funzioni fondamentali del CSM, non poteva non ammettersi il connesso potere di esternazione quale manifestazione strumentale destinata a salvaguardare la giurisdizione.

Del resto la stessa Commissione Paladin del 31.1.91 costituita da Cossiga per accertare i poteri del CSM, riconobbe l’esistenza, la legittimità di attribuzioni consiliari strumentali ed implicite in presenza di attività “che potrebbero essere chiamate libere” ma agganciate alle funzioni fondamentali che qualificano il ruolo consiliare previsto in Costituzione.

L’atteggiamento della maggioranza consiliare era stato fermo sul punto, trovando sempre conforto e sostegno, oltre che in Rognoni, nel Capo dello Stato che ancora nel saluto al plenum del 26.4.06 aveva voluto ribadire che è fondamentale per la tutela del prestigio e della dignità dei magistrati, che sono corollari dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario, anche “l’esercizio consapevole delle funzioni di tutela”.

Ma non posso nascondere che talora questo percorso di tutela, peraltro obbligato, era apparso, col reiterarsi degli attacchi, insoddisfacente. Agli interventi, pur pacati, del CSM sono seguite reazioni spesso scomposte di contestazione dello stesso ruolo del CSM accusato sovente di corporativismo. La stessa ripetizione, purtroppo cadenzata e ravvicinata, degli interventi a tutela hanno rischiato di far apparire l’iniziativa consiliare come un adempimento ormai formale, rituale, sterile, quindi privo di capacità incisiva. Da qui il suggerimento del Vice Presidente Rognoni che “occorre andare oltre”, e la riflessione del Capo dello Stato, nel suo saluto di commiato al CSM del 26.4.06, secondo cui “Il Paese deve poter contare sulla serenità, sulla riservatezza e sul superiore equilibrio del magistrato. Per questo è necessaria una particolare attenzione alla necessità di non alimentare tensioni, evitando reazioni emotive anche davanti ad attacchi ritenuti ingiusti, diretti sia a singoli magistrati sia all’intero Ordine giudiziario”.

Con questi ricordi dell’attività consiliare e del ruolo fondamentale svolto da Virginio Rognoni a tutela della giustizia, partecipo, con gli altri ex consiglieri di Unicost, al dolore dei suoi familiari.

Wladimiro De Nunzio