SETTIMA COMMISSIONE
ordine del giorno
aggiunto

INDICE

  2) -172/IN/2015 – (relatore Consigliere ARDITURO)

Nota in data 29 luglio 20105 del Comitato Direttivo della Scuola Superiore della Magistratura-Collaborazione conla Scuola Superioredella Magistratura per un progetto di formazione nelle sedi distrettuali nelle materia dell’innovazione e dell’informatizzazione, organizzato in sinergia fra Referenti Informatici Distrettuali e Formatori Decentrati.

  1. PREMESSA

Con delibera plenaria sul PCT (Pratica num. 20/IN/2014 delibera del 12.6.2014)  il C.S.M. ha ritenuto necessario sollecitare una assunzione di impegno da parte del Ministero della Giustizia (anche attraverso la valorizzazione dell’esperienza dei C.S.I.A.) e della Scuola Superiore della Magistratura (attraverso le strutture della Formazione Decentrata)  a collaborare nelle iniziative di formazione/informazione tecnologica con i Referenti Informatici Distrettuali ed i Magistrati di Riferimento per l’informatica.

Con successiva delibera plenaria relativa all’organizzazione del corso annuale per i RID il CSM ha previsto  per i MagRif  un percorso di formazione ed informazione distrettuale (o interdistrettuale) la cui realizzazione va affidata agli stessi RID che dovranno curare la predisposizione di un progetto formativo a livello distrettuale e la trasmissione delle conoscenze da parte dei RID ai MagRif attraverso riunioni distrettuali ed incontri mirati (anche con sostegno economico del CSM ove necessario) secondo un modello di formazione a cascata che il CSM avvia con i RID e che questi proseguono distrettualmente (o interdistrettualmente) con i MagRif.         
Inoltre il CSM, ribadendo quanto già ritenuto nella delibera sul PCT, ha deliberato di verificare, in concreto, la disponibilità della Scuola Superiore della Magistratura alla redazione di un modello di formazione decentrata concordata fra RID e formatori attraverso un complessivo progetto formativo in materia informatica per MagRif e magistrati.

Sempre in tale delibera il CSM ha ritenuto di approfondire le modalità del percorso formativo per i MagRif  nell’ambito dell’incontro annuale con i RID.

Con tali delibere il CSM ha evidenziato due esigenze formative/informative (solo) in parte coincidenti:

a) l’esigenza di una specifica formazione per i MagRif accompagnata da un percorso di informazione mediante incontri periodici RID – MagRif

b) l’esigenza di una generale necessità di formazione per tutti i magistrati tra cui anche i MagRif.

2)        L’intesa con la Scuola Superioredella magistratura.

Fra i primi obiettivi della settima commissione in questo ambito, si è proceduto ad un costante e proficuo confronto conla Scuola Superioredella Magistratura volto, nella reciproca disponibilità e con le rispettive competenze e prerogative, a fare dell’innovazione e dell’informatizzazione una materia primaria nel programma di formazione di magistrati italiani.

Lo scambio di documenti di programma e la partecipazione di un componente della Scuola fra i relatori dell’annuale corso Rid del Consiglio Superiore della Magistratura, hanno consentito di raggiungere un’intesa sulla base delle linee programmatiche che saranno di seguito riportate per la realizzazione di un progetto di formazione su base distrettuale per Magrif e magistrati, con corsi organizzati in collaborazione fra Referenti Distrettuali per l’Informatica e Formatori decentrati.

Si è predisposto un format base che potrà essere sperimentato, arricchito ed implementato in via sperimentale in due grandi Distretti – Napoli e Milano – prima di essere generalizzato come modello formativo generale. 

  1. DEFINIZIONE DELLE ESIGENZE FORMATIVE

a.LE ESIGENZE DI FORMAZIONE  DEI MAGRIF

La circolare del Consiglio 11 novembre 2011, prot. 25382 attribuisce a RID e MagRif non solo un rapporto diretto con il CSM e specie la settima commissione, ma per quanto riguarda i compiti da svolgere nel territorio e presso gli uffici giudiziari assurge i RID e i MagRif a veri agenti e promotori dell’innovazione: in tale azione, che interessa più fronti (ad esempio l’Ufficio per il Processo o le Best Practices) fondamentale rimane il supporto ai progetti di informatizzazione civile e penale.

L’attuale fase di transizione dalla gestione cartacea del processo a quella telematica del PCT e il prossimo avvio di rilevanti iniziative in ordine alla digitalizzazione del processo penale e alla realizzazione di un processo penale telematico impongono di fornire ai MagRif sufficienti strumenti di conoscenza del funzionamento tecnologico e dell’impatto organizzativo dei nuovi strumenti informatici  messi a disposizione dal Ministero.

Occorre, cioè, creare un bagaglio di conoscenze di base dei MagRif, condividendo quello che il CSM intende fornire ai RID con i periodici incontri organizzati per questi ultimi.

Tale esigenza, specifica dei MagRif, è peraltro in parte propria di tutti i magistrati che, senza la necessità di acquisire conoscenze avanzate in tema di tecnologia, fruibilità e impatto organizzativo dei sistemi, hanno comunque necessità di una “alfabetizzazione informatica” esaustiva.

E’ invece comune a RID, MagRif e magistrati utenti dei sistemi la necessità di una conoscenza estesa sia dei presupposti normativi su cui si fonda l’utilizzo dell’IT (Information Tecnology) nell’ambito del sistema giustizia, sia delle applicazioni giurisprudenziali cui l’adozione di tali tecnologie ha dato luogo.

In concreto vanno articolati due momenti formativi:

  • Un momento formativo specifico per i MagRif i cui contenuti sono prevalentemente improntati alla trattazione di questioni tecnologiche, di usabilità e di impatto organizzativo dei sistemi di IT;
  • Un momento formativo condiviso con tutti i magistrati in ordine agli aspetti giuridici e normativi relativi all’adozione di sistemi di IT  nel mondo giustizia

b.         LE ESIGENZE DI INFORMAZIONE DEI MAGRIF

I MagRif condividono con i RID la necessità di un adeguato e costante aggiornamento sulle “novità” che derivano dall’aggiornamento tecnologico e funzionale dei sistemi informatici e sulle conseguenti ricadute organizzative sugli uffici giudiziari e sul lavoro degli utenti del sistema giustizia.

Come già deliberato dal CSM (cfr citata delibera sul PCT)  tale informazione richiede la pianificazione di una specifica procedura di rilascio e diffusione delle modifiche evolutive distinguendo tra quelle a basso impatto per cui potrebbe essere sufficiente la diffusione di una apposita nota informativa da quelle ad “alto impatto” per cui si rende  necessaria la pianificazione di apposite attività formative. Nel contempo occorre prevedere, in ogni caso, prima del rilascio, idonee procedure di pubblicazione delle modifiche evolutive e correttive in grado di rendere tempestivamente edotta tutta l’utenza della porta degli interventi e delle ripercussioni organizzative sul sistema.

In concreto vanno quindi articolati due momenti strutturalmente diversi nella attività di informazione dei Magrif:

  • un momento di periodico confronto con i RID e le strutture ministeriali nel quale
    • Rid e personale tecnico dei Cisia informano sulle strategie a breve e medio termine del CSM e del Ministero e sulle evoluzioni progettuali e tecnologiche in corso
    • I Magrif  informano sui problemi rilevati sul territorio, evidenziano le criticità rilevate e le soluzioni e best practices adottate nell’uso dell’IT
    • I risultati di tali periodici incontri vengono acquisiti sul sito del CSM, nella sezione dedicata al Processo Telematico, attraverso apposite schede di sintesi e l’organizzazione di apposite Faq, in modo da creare una “rete” con gli altri RID e MagRif sul territorio
    • Un momento periodico di informazione che accompagni la diffusione delle modifiche evolutive e correttive in grado di rendere edotti i MagRif della portata degli interventi e delle ripercussioni organizzative sul sistema per permettere agli stessi di fornire consulenza agli utenti finali su tali aspetti (utenti finali cui andrà comunque indirizzato tale tipo di informazione accompagnando la diffusione delle modifiche evolutive con schede illustrative ed istruzioni di carattere operativo come previsto dalla delibera del CSM sul pct)

E’ opportuno che in entrambe tali attività informative siano coinvolti anche i Referenti perla Formazione Decentrata, stanti le competenze formative della SSM, in modo che possano avere un quadro sempre aggiornato della situazione in fieri e coordinare con esse eventuali iniziative della SSM.

c.         LE ESIGENZE FORMATIVE DEI MAGISTRATI

Il CSM ha già definito, nella delibera sul pct, le esigenze primarie di formazione degli utenti interessati dall’introduzione dei nuovi sistemi di IT evidenziando che:

“è  indispensabile la programmazione di un consistente numero di iniziative formative che raggiungano tutti i giudici civili per creare un bagglio di conoscenze sul diritto processuale, come modificato in concreto per l’effetto delle comunicazioni e notificazioni telematiche, nonché per effetto della obbligatorietà del pct.. La formazione dovrà riguardare non solo le norme e la loro genesi ma anche  gli aspetti tecnici che le norme evocano. In definitiva è necessaria una formazione che unisca all’esame delle norme da interpretare, il contemporaneo esame critico degli applicativi rispetto ai quali si riscontra (anche dai dati dei monitoraggio) una insufficiente formazione  dei magistrati (che deve necessariamente estendersi anche al funzionamento della infrastruttura tecnologica). Nella stessa ottica dovrebbe essere oggetto di una attività specifica di formazione, destinata al personale di cancelleria, la evoluzione dei software, scaturente da continui aggiornamenti del sistema, allorché le modifiche evolutive o le patch incidano in maniera significativa sui programmi,  così da evitare errori conseguenti alla mancata conoscenza delle evolutive stesse.

Di pari passo occorre sviluppare delle iniziative  formative che, raccolte sul campo dal diritto vivente le maggiori criticità applicative e i contrasti di giurisprudenza circa la ricostruzione dell’impianto normativo del pct, formuli  opportune opzioni  interpretative anche propulsive di evoluzioni normative ricognitive e correttive di aspetti oscuri (es. la ammissibilità di produzioni cartacee nel corso dell’udienza, la sorte degli atti depositati in modo non conforme alle regole tecniche, l’ambito della rimessione in termini rispetto a profili tecnici di mancata consegna etc.).

Tale processo ermeneutico, proprio della formazione, è ineludibile per evitare che gli scopi del pct, di velocizzare e migliorare la gestione del processo civile, siano frustrati da interpretazioni variegate prodotte da norme e regole poco chiare, dovendosi invece favorire la consapevolezza delle questioni e delle interpretazioni ai fini della certezza e uniformità del diritto e della tutela del diritto di difesa. La formazione, in ogni caso, non può limitarsi alle sole categorie dei magistrati, anche onorari, e del personale, ma in maniera coordinata o quanto meno consapevole, dovrebbe includere tutti “gli attori del pct” estendendosi i moduli formativi alle altre categorie coinvolte, degli utenti abilitati esterni (avvocati, consulenti, curatori, notai e professionisti comunque abilitati nelle varie fasi e sedi processuali) nonché agli stagisti coinvolti nelle specifiche attività loro demandate, nell’uso della “consolle dell’assistente”.

E’ indubbio che tali obiettivi formativi riguardano sia i MagRif che gli utenti finali.

E che le stesse esigenze, mutatis mutandis, dovranno essere assolte nel settore penale, il cui processo di informatizzazione è in corso e la consapevolezza dei magistrati nel settore deve essere incrementata per la migliore riuscita della progressiva implementazione degli applicativi.

PROPOSTE DI FORMAT

a.        Le tematiche rilevanti per la formazione specifica dei MagRif: innovazione tecnologica e impatto organizzativo dell’IT

A) Nozioni di base su aspetti tecnologici e connesse problematiche giuridiche e organizzative relativamente a:

1)         Il documento elettronico: nozioni tecniche e giuridiche – Disciplina applicabile (CAD, normativa processuale specifica etc).

2)         La firma elettronica: nozioni tecniche e giuridiche – Validità e procedure di verifica della firma digitale. Le soluzioni adottate dal Ministero.

3)         La gestione documentale: i gestori documentali, l’archiviazione e la conservazione dei documenti. 

4)         La PEC: nozioni tecniche e  giuridiche. L’utilizzo all’interno del sistema giustizia.

5)         Sistemi di videoconferenza, telepresenza e forme di collaborazione a distanza

B) I sistemi informatici in uso presso gli uffici giudiziari: aspetti tecnologici, di utilizzabilità e di impatto organizzativo relativamente a:

6)  Settore Penale

 a. SICP

 b. Atti e documenti – Consolle

 c. Notifiche penali telematiche: l’applicativo SNT

7)      Settore civile

a. Applicativo consolle e sue interazioni con registri

b. Regime delle notifiche telematiche; la verifica delle notifiche su consolle

c. problematiche per il settore esecuzioni e fallimento; dimostrazioni concrete   su Consolle e SIECIC. Le necessità di migliorie evolutive.

d. Problematiche del settore appello; dimostrazioni su Consolle e SICID.    L’intervento del Pubblico Ministero nel PCT, esame della prassi.

Per ciascun argomento va fornito uno sguardo d’insieme sull’ architettura del sistema, gli obiettivi strategici perseguiti, i tempi di realizzazione e dispiegamento, e  va poi svolto un approfondimento particolare rispetto alle funzionalità che coinvolgono i magistrati (es. statini di udienza; agenda, ricerca indagati, redazione atti, statistiche) e una illustrazione delle principali funzionalità a supporto del lavoro di cancelleria.

b. Le tematiche rilevanti per la formazione generale di tutti i magistrati: presupposti normativi e questioni giuridiche derivanti dall’IT

A) Le principali questioni giuridiche connesse all’IT nel sistema giustizia:

8) I fondamenti normativi del processo telematico: ricostruzione e illustrazione della normativa applicabile nel civile e nel penale

9) Il documento elettronico e la firma elettronica: nozioni giuridiche e disciplina applicabile – Le principali questioni giurisprudenziali

10) Le notifiche telematiche: fondamento normativo e principali questioni giuridiche.

Gli argomenti di cui sopra sono da svolgersi in comune con i MagRif.

B) Modalità di utilizzo e funzionalità dei sistemi di IT adottati nell’ambito degli uffici giudiziari e relative problematiche

11) Settore Penale

a. Illustrazione dei sistemi informativi utilizzati in ambito penale e dei progetti ministeriali 

b. Le notifiche penali telematiche: principali questioni giuridiche ed utilizzo dell’applicativo SNT

12)  Settore civile

a. Applicativo Consolle e sue interazioni con i Registri degli uffici

b. Regime delle notifiche telematiche; la verifica delle notifiche su Consolle e la verifica delle notifiche telematiche degli avvocati 

c. Problematiche per il settore esecuzioni e fallimento; dimostrazioni concrete su Consolle e SIECIC. Le necessità di migliorie evolutive.

d. Problematiche per il settore volontaria giurisdizione: dimostrazioni concrete su Consolle. Le necessità di migliorie evolutive

e. Problematiche del settore appello; dimostrazioni su Consolle e SICID. L’intervento del PM nel PCT, esame della prassi. La trasmissione del fascicolo dal primo grado all’appello.

2.     CONCLUSIONI

Gli argomenti di cui sopra rappresentano uno schema “aperto” che può essere integrato in sede distrettuale. In particolare, si propone una interlocuzione, a livello distrettuale (o interdistrettuale) tra Formatori Decentrati e Rid sia per la raccolta dei bisogni formativi dei MagRif che per l’organizzazione degli incontri aperti alla formazione di tutti i magistrati interessati. Tale interlocuzione dovrebbe portare alla realizzazione di un progetto condiviso tra RID e Formatori Decentrati, sulla base delle linee programmatiche sopra indicate. Per quanto attiene all’organizzazione degli incontri si propone lo svolgimento di incontri tendenzialmente brevi ma reiterati nel corso dell’anno.

Le linee programmatiche sopra delineate, approvate dalla settima Commissione, anche su indicazione della Sto e presentate al corso RID, e citate nelle delibere sopra ricordate, possono rappresentare la base di un progetto comune fra CSM e Scuola Superiore della Magistratura individuata quale interlocutore del Consiglio per le sue prerogative istituzionali in ambito formativo.

Il Consiglio direttivo della Scuola superiore della Magistratura ha approvato il documento proposto dalla settima commissione in via istruttoria, che richiede di impartire le relative direttive ai RID (da parte del CSM) ed ai formatori decentrati (da parte della Scuola).

L’intesa potrà essere preliminarmente sperimentata, di concerto e congiuntamente, nei distretti pilota di Milano e Napoli, come modello da esportare.

Tanto premesso, il Consiglio

delibera

di invitare i Referenti Informatici Distrettuali (RID), unitamente alle ordinarie  attività di incontro periodico con i rispettivi Magrif,  a procedere in collaborazione con i Formatori Decentrati, sulla base dell’intesa conla Scuola Superioredella Magistratura indicata in premessa, alla realizzazione di un programma di formazione a livello distrettuale nella materia dell’innovazione e dell’informatizzazione secondo le linee programmatiche descritte nella presente delibera.

I RID comunicheranno i progetti formativi specifici alla settima commissione, anche per la richiesta di eventuali risorse necessarie alla buona riuscita del progetto, e per la presentazione, d’intesa con la Sto, all’annuale corso di formazione organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura.

Come d’intesa conla Scuola Superioredella Magistratura, i Distretti di Milano e Napoli sono individuati come distretti pilota per la prima sperimentazione.       

I RID comunicheranno i progetti formativi specifici alla settima commissione, anche per la richiesta di eventuali risorse necessarie alla buona riuscita del progetto, e per la presentazione, d’intesa con la Sto, all’annuale corso di formazione organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura.

Come d’intesa conla Scuola Superioredella Magistratura, i Distretti di Milano e Napoli sono individuati come distretti pilota per la prima sperimentazione.    

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DOG – Circolare 7 maggio 2004 – Siti Internet degli uffici giudiziari. Indicazioni sui requisiti minimi e inserimento nel sito giustizia.itCircolareProt. n. 6515/04 Uff. Sist. Com/GL

Ai Sigg. Presidenti delle Corti di Appello
Ai Sigg. Procuratori Generali
Ai Sigg. Magistrati referenti per l’informatica
Ai Sigg. Dirigenti C.I.S.I.A.LORO SED


OGGETTO: Siti Internet degli uffici giudiziari. Indicazioni sui requisiti minimi e inserimento nel sito giustizia.it.

Nell’ambito dei progetti e delle iniziative finalizzate a migliorare i rapporti tra l’Amministrazione ed i cittadini la realizzazione di siti web da parte degli Uffici Giudiziari riveste primaria importanza. E’ per tale motivo che questa Direzione Generale, in collaborazione con il Procuratore di Ivrea Giorgio Vitari, magistrato responsabile del Progetto “Innovazione e potenziamento tecnologico a supporto dei servizi interni dell’Amministrazione e dei servizi rivolti ai cittadini”, ha individuato una serie di requisiti minimi per la costruzione e/o il mantenimento in esercizio dei siti web degli uffici giudiziari. In particolare, la D.G.S.I.A., pur riconoscendo la massima autonomia alle singole iniziative, desidera fornire indicazioni utili e riferimenti normativi, sulla base delle leggi attualmente a disposizione in materia.Bisogna, tuttavia, evidenziare preliminarmente che le informazioni ed i servizi resi disponibili sul web sono utili se rispondono effettivamente alle esigenze ed alle aspettative dell’utenza e se le informazioni vengono costantemente aggiornate. Sotto questo profilo, quindi, è necessario che ogni ufficio giudiziario verifichi preliminarmente la propria disponibilità a impiegare le risorse necessarie allo svolgimento delle attività operative e redazionali finalizzate alla cura e all’aggiornamento costante e tempestivo delle informazioni sul web nonché alla verifica della rispondenza del sito ai requisiti tecnici previsti dalle disposizioni vigenti (per es. in materia di accessibilità e sicurezza informatica). Di seguito, sono elencati e illustrati brevemente alcuni degli elementi essenziali da rispettare:ACCESSIBILITÀ, cioè consultabilità dei contenuti web anche da parte di utenti con disabilità sensoriali e/o motorie, in ottemperanza a quanto disposto dalla legge n. 4/2004, “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, pubblicata sulla G.U. s.g. del 17 gennaio 2004. Particolare attenzione dovrebbe essere data ad alcune pagine critiche, ad esempio quelle che contengono tabelle di dati, form, mappe cliccabili, immagini con contenuto informativo, fac-simili di moduli o schemi, documenti Adobe PDF, documenti Microsoft Excel. Specifiche linee guida e dettagli tecnici sui requisiti di accessibilità saranno forniti dagli emanandi regolamenti previsti dagli artt. 10 e 11 della legge n. 4, citata. È, comunque, in fase di produzione presso questa Direzione (e sarà distribuito a chi ne facesse richiesta) un manuale pratico sul tema dell’accessibilità;USABILITÀ, ovvero facilità di navigazione e individuazione e organizzazione delle informazioni, in relazione alle caratteristiche culturali e tecnologiche degli utenti ai quali esse sono rivolte. È utile, in tal senso, la consultazione della Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri, 30 maggio 2002, e della Circolare 13 marzo 2001, n.3/2001 del Dipartimento della Funzione Pubblica “Linee Guida per l’organizzazione, l’usabilità e l’accessibilità dei siti web delle Pubbliche Amministrazioni” (reperibile alla pagina http://www.governo.it/Presidenza/web/circ13mar2001_FP.html), quest’ultima, anche se non troppo recente, particolarmente ricca di indicazioni pratiche;PRIVACY e SICUREZZA. I siti che offrono servizi interattivi e/o dispongono di dati personali (ad esempio, liste di indirizzi di posta elettronica), devono necessariamente conformarsi al Decreto legislativo n. 196/2003 (il nuovo Codice della Privacy). Inoltre, in ottemperanza a quanto previsto dalla Direttiva del presidente del Consiglio, 16 gennaio 2002, “Sicurezza informatica e delle Telecomunicazioni nelle Pubbliche Amministrazioni”, i siti devono garantire una “base minima di sicurezza”;MONITORAGGIO E SVILUPPI FUTURI. L’efficienza dei servizi e il grado di soddisfazione degli utenti dovrebbero essere costantemente monitorati con sistemi o procedure apposite.Per quanto riguarda le modalità di inserimento dei siti Internet degli Uffici Giudiziari all’interno di www.giustizia.it, con precedenti note questa Direzione ha prospettato tre diverse modalità di collegamento delle pagine “territoriali” al sito Ufficiale del MinisteroInserimento nel server del sito ufficiale;Autorizzazione al sottodominio www.ufficio.località.giustizia.it, nell’ottica della razionalizzazione dei nomi a dominio;Link agli indirizzi web locali.Queste modalità, che favoriscono il riconoscimento dell’ufficialità del sito da parte degli utenti, potranno essere poste in essere da questa Direzione Generale, su richiesta dei singoli uffici, a condizione che il progetto del sito sia rispondente ai requisiti minimi sin qui evidenziati.Per i CONTENUTI MINIMI che il sito dovrebbe fornire e le modalità di navigazione per organizzarli, si rimanda al documento in allegato, “Indicazioni sui contenuti e i servizi minimi dei siti web degli Uffici Giudiziari”, redatto, sulla base dell’esperienza pratica di alcuni Uffici Giudiziari già presenti sul web, dal consigliere Giorgio Vitari.Si segnala, infine, che la Direzione per i Sistemi Informativi Automatizzati può dare informazioni (e mettere a disposizione lo strumento a coloro che ne facessero richiesta) sul cosiddetto anonimizzatore delle sentenze, un software che consente di pubblicare sui siti le sentenze, omettendo automaticamente i dati sensibili delle parti (a norma del D.Lgs. n. 196/2003). Ulteriori informazioni possono essere richieste all’indirizzo di posta elettronica del Dirigente dell’Ufficio Sistemi di Comunicazione al Cittadino, loredana.guglielmetti@giustizia.it, o inviando un fax al numero: 06-6862.0303. Oppure è possibile scrivere al Responsabile del progetto: giorgio.vitari@giustizia.it.Roma, 7 maggio 2004

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Settore penale (giudicante e requirente) triennio 2014-2016

Premessa

A seguito delle recenti circolari del C.S.M. in materia di informatica giudiziaria e del nuovo disegno dei compiti della Struttura Tecnica Organizzativa (di seguito S.T.O.), dei Magistrati Referenti per l’Innovazione Distrettuale (di seguito R.I.D.) e dei Magistrati di Riferimento per l’Informatica (di seguito MagRif), nonché della proroga del Documento Organizzativo Generale (di seguito D.O.G.), nel quale l’attività di innovazione dei singoli di ufficio deve ora confluire, questo è il piano di coordinamento delle iniziative e dei progetti in materia di informatica giudiziaria per il settore penale (di seguito il Piano Triennale), tanto giudicante, quanto requirente, non essendo attualmente previste un R.I.D. per ciascun gruppo di uffici, pur sensibilmente diversi nelle loro necessità, quasi quanto i settori civile e penale.

A beneficio dei Capi degli Uffici del Distretto e del Consiglio Giudiziario ai quali il Piano Triennale è diretto, appare opportuno, prima di illustrarne i contenuti, rammentare che il Piano Triennale deve

“3. …individuare le linee complessive di intervento, tenuto conto della situazione esistente, delle risorse disponibili e delle eventuali criticità specifiche da affrontare.

4. Nella predisposizione del piano i RID individuano gli obiettivi e curano l’adozione di iniziative indirizzate ad assicurare condizioni di omogeneità del livello di informatizzazione del distretto e l’estrazione di dati statistici secondo modalità uniformi. Promuovono la diffusione di buone prassi, valorizzando le risorse locali, anche alla luce delle buone prassi già diffuse a livello nazionale, consultabili sulla banca dati dal sito del Consiglio Superiore della Magistratura.”  (art. 3 della circolare n. Prot. 25382 dell’11 novembre 2011, di seguito la Circolare).

È opportuno ricordare che l’altro compito del R.I.D. è quello di curare la qualità e completezza dei dati statistici. In particolare

“9. I RID curano all’interno della Commissione flussi, d’intesa con i magistrati di riferimento, la qualità e la completezza dei dati.

10. I RID, coadiuvati dai magistrati di riferimento, d’intesa con i dirigenti degli uffici giudiziari, i locali CISIA e i funzionari statistici, promuovono una verifica semestrale della pulizia delle banche dati e della corretta imputazione degli stessi dati. Sui risultati della verifica i RID relazionano tempestivamente ai dirigenti degli uffici qualora vengano rilevate criticità che incidano sulla qualità dei dati informatici e statistici, indicando rimedi e soluzioni da adottare.”  (art. 3 cit.).

In aggiunta al citato punto 10 va detto che ai R.I.D. vengono indirizzati tutti i programmi di gestione ex art. 37 legge n. 111 del 2011 in materia di gestione dei procedimenti civili per la definizione del “carico esigibile” di lavoro per i magistrati (di seguito il Programma di Gestione) elaborati dai vari uffici giudicanti del Distretto (punto 6.2. della delibera del 2 maggio 2012 del C.S.M.). Ancorché la delibera non precisi la ragione di questa trasmissione, deve ragionevolmente ritenersi che sia fatta allo scopo di assicurare un ulteriore momento di interlocuzione sulla qualità e completezza dei dati statistici sui quali si riposa l’efficacia della pianificazione dei carichi esigibili. Si nota, altresì, che il Programma di Gestione è espressamente previsto dalla legislatore per il solo settore civile, ma il C.S.M. lo ha opportunamente esteso anche al settore penale, in modo da poter avere un parametro oggettivo in base al quale distribuire le risorse di personale fra i due settori, oltre che per suddividere meglio il lavoro all’interno del solo settore civile. La previsione legislativa e consiliare sottolineano ancora una volta la particolare importanza che riveste il dato statistico nell’attività organizzativa e di innovazione e che deve certamente avere un rilievo prioritario nell’attività del R.I.D. e, dunque, nel Piano Triennale.

Se questi sono gli obiettivi da perseguire, nella stesura del Piano Triennale si è seguito, ove possibile, lo schema proposto nella Circolare per i Piani Triennali dell’Innovazione dei singoli uffici, così riassumibile:

  1. organizzazione dell’ufficio del R.I.D.
  2. situazione dell’hardware (di seguito HW) nel Distretto
  3. situazione del software (di seguito SW) nel Distretto
  4. struttura dei siti web del Distretto
  5. qualità e completezza dei dati statistici
  6. diffusione delle Buone Prassi ed attività di formazione
  7. obiettivi del Piano Triennale

1. Organizzazione dell’ufficio del R.I.D.

misura e le modalità dell’esonero dal lavoro giudiziario

L’Ufficio del R.I.D. è allocato nei locali siti nel

All’Ufficio sono stati applicati

Oltre alle normali dotazioni HW, deve segnalarsi la presenza di (un’aula informatica dotata di quindici postazioni, oltre a quella del docente, e uno schermo gigante)

La struttura dei MagRif settore penale è la seguente:

Corte d’Appello 
Procura Generale 
Tribunale di Sorveglianza 
Tribunale dei Minorenni 
Procura per i Minorenni 
Tribunale di 
Procura Repubblica di 
Tribunale di 
Procura Repubblica di 

         Per questa ragione, oltre alle riunioni periodiche presso l’ufficio del R.I.D., che sono state effettuate anche in passato, ritiene opportuno effettuare degli incontri nelle sedi dei vari uffici per:

  1. verificare la situazione SW
  2. verificare la qualità e completezza dei dati statistici
  3. discutere del D.O.G. e del Programma di gestione ex art. 37 anche con il Capo dell’Ufficio per i temi di competenza del R.I.D., come la qualità e completezza dei dati statistici, le possibili innovazioni legate all’Information & Communication Technology (di seguito I.C.T.), la diffusione di Buone Prassi
  4. diffondere le conoscenze acquisite dai R.I.D. sugli applicativi ministeriali in uso e programmare le iniziative di formazione più adeguate ai bisogni manifestati dai colleghi della singola sede in loco, nonché iniziative di formazione in sede distrettuale per i bisogni più diffusi
  5. promuovere lo strumento della Banca Dati delle Decisioni di Merito del Distretto (di seguito la Banca Dati)
  6. suggerire come popolare il sito web dell’ufficio, anzitutto individuando il comitato di redazione ed il protocollo per l’inserimento della modulistica, approfittando delle positive esperienze in tal senso degli uffici, alcune delle quali realizzate o in corso di realizzazione mediante apposite consulenze effettuate da ditte esterne nell’ambito del progetto nazionale per la diffusione delle Buone Prassi

Dal momento che continua lo scarso interesse manifestato dai colleghi del Distretto ad assumere le funzioni di MagRif già in precedenza segnalato (in nessun caso si è raggiunto il numero di tre nominativi indicati dalla recente circolare consiliare per l’espressione del parere del R.I.D., lo Scrivente è stato l’unico a presentare la domanda per R.I.D. ed ha dovuto abbandonare l’incarico di MagRif prima della scadenza del primo triennio), questi incontri negli uffici del Distretto potrebbero, per alcune tematiche, essere allargati ai colleghi interessati, in modo che possano comprendere attraverso queste esperienze quali siano i compiti del R.I.D. e dei MagRif e quale grande utilità rivestono in un momento di forte cambiamento del lavoro del magistrato a motivo della sempre più capillare diffusione dell’I.C.T.

2. La situazione HW del Distretto

3. La situazione SW del Distretto

a) applicativi ministeriali 

b) altri SW

4. Struttura dei siti web del Distretto. La Banca Dati

5. Qualità e completezza dei dati statistici

6. Diffusione delle Buone Prassi ed attività di formazione

7. Obiettivi del Piano Triennale

CITTA’, 4 gennaio 2016

Il Referente per l’Innovazione Distrettuale

Settore Penale

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Al Consiglio Superiore della Magistratura

Settima Commissione

ROMA

Il sottoscritto, dott. NOME COGNOME, nato a CITTA’ GG/MM/AA, magistrato in servizio presso il UFFICIO, in relazione all’interpello di cui alla

nota PROTOCOLLO DATA

OGGETTO: Pratica NUMERO Interpello per la nomina dei magistrati referenti distrettuali per l’informatica (RDI) – periodo 2013 – 2016 – distretti in scadenza

CHIEDE

di essere nominato Referente Distrettuale Informatico per il Distretto di CITTA’: SETTORE.

A tal fine allega:

  1. autorelazione
  2. dichiarazione sugli incarichi extragiudiziari in corso

Con riguardo al parere del Consiglio Giudiziario presso la Corte di CITTA’ (lo Scrivente rappresenta che lo stesso non potrà essere espresso entro la scadenza del bando, poiché non vi sono riunioni calendate entro tale data e che sarà direttamente trasmesso dal predetto Consiglio Giudiziario alla Settima Commissione di codesto Consiglio Superiore).

Con riguardo al parere del Presidente del Tribunale (lo stesso sarà direttamente inoltrato alla Settima Commissione di codesto Consiglio Superiore assieme alla presente domanda).

Ossequi

CITTA’, GG/MM/AA

FIRMA

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È sufficiente dare risposte sintetiche che ci consentano di avere un’idea di massima della situazione: basta anche un sì/no e magari qualche indicazione percentuale. È molto utile anche la risposta “non lo so” o, di converso, una risposta più ampia.

Al questionario sarebbe utile far seguire un incontro presso il singolo Ufficio giudiziario, nel quale entrare più nel dettaglio delle varie situazioni per identificare quali azioni di miglioramento del lavoro quotidiano si possano raggiungere con l’uso delle ICT.

Situazione hardware

I magistrati hanno un pc collegato in rete nella stanza?

E in camera di consiglio?

E un portatile dell’ufficio?

I magistrati sono tutti collegati alla Active Directory Nazionale ?

La rete dell’ufficio è in grado di supportare i sistemi ministeriali dell’area civile e penale?

L’ufficio è in grado di affrontare la digitalizzazione degli atti del procedimento penale e il sistema di notifiche telematiche agli avvocati (ci sono scanner adeguati a sufficienza)?

Solo per le Procure: ci sono problemi nell’attuazione del provvedimento del Garante della Privacy sui Centri di Intercettazione Telecomunicazioni?

Situazione software

Ci sono richieste di formazione da parte dei colleghi su software commerciale (es. applicativi del pacchetto Office, Dragon)?

Ci sono richieste di formazione da parte dei colleghi su banche dati e novità informatiche (digitalizzazione del procedimento, notifiche telematiche, uso della PEC)?

Situazione software ministeriale area civile

Dare conto dell’uso del PCT da parte dei magistrati, della cancelleria, degli avvocati

Soli per le Procure: come avviene la consultazione dei fascicoli informatizzati da parte dei sostituti addetti all’area civile

Situazione software ministeriale area penale

Quale applicativo è attualmente in uso per il registro generale?

Quando è previsto l’avvio di SICP?

Si usano o è previsto l’avvio di altri applicativi collegati al SICP (Portale NDR, Consolle, Atti e Documenti, T.I.A.P., etc.)?

Statistiche

Le statistiche dell’ufficio sono attendibili?

Solo per Tribunali: il MagRif ha fatto osservazioni al programma sui carichi esigibili nell’ultimo anno? Se sì, quali?

Relazione fra uffici, Buone Prassi, sito web

Ci sono forme di condivisione di files fra colleghi all’interno dell’ufficio o con fra Procura/Tribunale o con altri uffici Tribunale Libertà/Appello (es. trasmissione sentenze o richieste cautelari)?

Esistono Buone Prassi nell’ufficio diverse da quelle già censite sul sito del C.S.M.?

L’ufficio ha già aderito o programma di aderire al progetto Buone Prassi del Ministero della Giustizia?

L’ufficio ha un proprio sito web?

Esistono dei progetti non ancora realizzati per usare meglio il sito web dell’ufficio?

Relazione con i RID

Il MagRif ha bisogno di aiuto per la redazione del Piano per l’Innovazione Triennale dell’ufficio?

Punti di forza o criticità ulteriori da segnalare?

Richieste da fare all’ufficio del RID?

Si prega di inviare l’ultima versione del Piano per l’Innovazione Triennale contenuto nel Documento Organizzativo Triennale dell’ufficio

CITTA’, 4 gennaio 2016

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Il sottoscritto —, nominato uditore giudiziario con decreto ministeriale del —, attualmente in servizio presso il — con funzione di —, con l’occasione della domanda di partecipazione all’interpello di cui alla nota — con oggetto: — presenta la propria

AUTORELAZIONE

relativa alla seguente funzione ricoperta dopo (ULTIMA VALUTAZIONE UTILE):

  • DAL — AL — FUNZIONI

Lo Scrivente intende solamente integrare i positivi pareri sulla propria attività professionale espressi dagli organi competenti in occasione della ULTIMA valutazione di professionalità ed i dati contenuti nella detta autorelazione con qualche informazione sulla qualità dei processi trattati e le specifiche competenze in materia informatica e formativa.

Quanto al primo aspetto

Quanto al secondo aspetto si segnala che dal — lo Scrivente è stato nominato Magistrato di Riferimento per l’Informatica del Tribunale per il settore —. Si ricordano le seguenti attività di maggior rilievo realizzate o in corso di realizzazione:

  • redazione dell’inventario delle dotazione hardware dell’ufficio
  • diffusione dell’applicativo che consente la creazione di una banca dati delle decisioni del distretto fra i colleghi delle sezioni penali (in cinque sessioni formative mirate sulle Sezioni che hanno finora aderito a questa attività formativa svolte nel 2012)
  • presentazione dell’applicativo Atti e Documenti per la redazione dei decreti penali di condanna per i colleghi dell’ufficio GIP
  • distribuzione fra i colleghi di circa 50 portatili acquistati dalla Regione siciliana

Si ricordano, altresì, le attività salienti svolte come magistrato di riferimento per l’informatica del — (precedenti al periodo in valutazione summenzionato):

  • redazione del primo documento sulla sicurezza dei dati del Tribunale per i Minorenni
  • avviamento e gestione del programma Valeria
  • avviamento e gestione del programma Sicam (applicativo per la gestione informatizzata delle cancellerie civili)
  • elaborazione di file di utilità sull’applicativo Excel per la liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice ed ai difensori di ufficio o ammessi al patrocinio
  • referente operativo del Tribunale nell’ambito del protocollo d’intesa fra Regione, Tribunale e Istituto degli Innocenti di Firenze per la realizzazione di uno studio sugli aspiranti all’adozione nazionale ed internazionale

Su incarico della Formazione Decentrata e dei Magistrati di Riferimento per l’Informatica si ricorda la presentazione nel 2011 l’applicativo Dragon in occasione della diffusione dei programmi comprati dal Ministero ai colleghi del Distretto.

Su incarico dei Magistrati collaboratori della Scuola della Magistratura si ricorda nel 2013 la presentazione degli applicativi SICP ed Atti e Documenti durante la settimana dedicata alla formazione informatica dei M.O.T. in sede decentrata.

Su incarico del Presidente si ricorda la partecipazione al comitato guida del progetto di Buone Prassi vinto dal Tribunale di Palermo dal 2013.

Pubblicazioni

Relazioni al C.S.M. o alla S.S.M.

Partecipazioni a corsi C.S.M. o S.S.M.

Si elencano di seguito le conoscenze informatiche dello Scrivente applicate alla redazione dei provvedimenti ed alla efficace gestione dell’attività giudiziaria:

  • ottima conoscenza dei prodotti Microsoft (sistemi operativi, posta elettronica, browser e suite Office, anche nelle ultime versioni)
  • ottima conoscenza delle risorse intranet ed internet di interesse per il lavoro del giudice
  • ottima conoscenza di tutte le banche dati giurisprudenziali in commercio
  • buona conoscenza della suite Open Office
  • ottima conoscenza dei programmi di gestione delle cancellerie civili e penali (SICP)
  • buona conoscenza dell’applicativo “Atti e Documenti” (componente aggiuntivo di Word 2007 per l’interazione con il sistema SICP)

CITTA’, 25 gennaio 2016

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Circolare in materia di magistrati referenti distrettuali e magistrati di riferimento per l’informatica.

(Circolare n. Prot. 25382 dell’11 novembre 2011 – Delibera del 9 novembre 2011 e succ. mod., al 30 novembre 2011)

Relazione illustrativa I – Premessa. La figura del magistrato referente distrettuale per l’informatica (d’ora in poi indicato con l’acronimo RID) ha seguito sin dalla sua istituzione (con le prime nomine, fatte con delibera del 21 luglio 1995) un processo di sviluppo in linea con i principali mutamenti normativi che hanno contrassegnato l’evoluzione della cultura informatica del Ministero della giustizia e degli uffici giudiziari. Infatti, se nella delibera consiliare n.15849 del 10 novembre 1995 l’istituzione del RID è stata rapportata alla introduzione della figura del responsabile dei sistemi informativi dell’Amministrazione, prevista dal D.lgs. 39 del 1993, così come integrato dal D.P.R. n. 748 del 1994, per la necessità di introdurre elementi di raccordo tra gli uffici giudiziari e la nuova struttura ministeriale, già nella successiva risoluzione del 7 giugno 2000, in relazione all’accresciuta funzionalità degli uffici ministeriali deputati ai problemi informatici e all’istituzione dei CISIA, i compiti dei referenti sono stati ridefiniti, enfatizzando piuttosto il ruolo di “collettore tra la funzione di giurisdizione e quella di amministrazione” e declinando, di conseguenza, competenze specifiche nel campo della diffusione della cultura informatica, della partecipazione alla progettazione, allo sviluppo ed alla utilizzazione dei progetti informatici, con particolare riferimento a quelli destinati a coadiuvare l’emissione del provvedimento giudiziario, ovvero ad incidere sull’organizzazione della giurisdizione o, ancora, a ricercare il precedente e, più in generale, il dato di riferimento. La consapevolezza dell’esigenza di un’ulteriore tappa evolutiva emerge con chiarezza nella delibera consiliare del 3 luglio 2003, emanata a seguito dell’incontro con i referenti tenutosi il precedente 4 aprile, nel cui ambito è stata sottolineata la necessità di coniugare le potenzialità, in termini di rilancio dell’efficienza e della funzionalità, offerte dall’innovazione tecnologica con l’adozione di opportune iniziative sul piano organizzativo, con ciò interrogandosi sul difficile tema delle prerogative e dei doveri dei capi degli uffici, oltre che sottolineando l’imprescindibile esigenza di una adeguata e diffusa formazione di tutti gli interessati. Emblematico, in tal senso, il passaggio della citata delibera nel quale si afferma espressamente che: “L’innovazione tecnologica deve costituire un momento di ripensamento complessivo dell’organizzazione, del lavoro, delle relazioni fra uffici e avvocatura. Spetta certamente al Consiglio procedere ad un’opera di sostegno della dimensione culturale sottesa all’utilizzo delle tecnologie informatiche, avendo presente che non vi può essere governo degli uffici che non passi attraverso il governo dei processi, delle informazioni prodotte, delle relazioni instaurate con il foro.”, giungendo a prospettare l’opportunità che “il progetto organizzativo contenga un’apposita sezione dedicata allo stato dell’automazione interna all’ufficio (nei diversi settori e con riferimento ai diversi applicativi forniti dal Ministero) e alle ricadute che l’automazione ha avuto sui modelli organizzativi dell’ufficio e sui rapporti con gli altri uffici giudiziari collegati [si pensi ai rapporti fra la Procura della Repubblica e le diverse articolazioni del tribunale o, ancora, fra la procura e gli uffici che si occupano della fase esecutiva penale]. Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata poi alle forme di innovazione organizzativa adottate ed ai recuperi di efficienza che esse hanno consentito e ci si attende che consentiranno nell’immediato futuro.”, non senza suggerire di riservare “una specifica attenzione ai temi dell’automazione nel distretto, e presso ciascun ufficio, in sede di cerimonia per l’inaugurazione dell’anno giudiziario.”.

Il ruolo strategico dell’automazione è stato, altresì, sottolineato nella sua dimensione di necessario sostegno alla attività statistico-conoscitiva. Lungo questa direttrice si collocano le ulteriori iniziative assunte anche di recente dal Consiglio, a partire dalla previsione della Commissione per l’analisi dei flussi, in sede di circolare sulla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari già dal biennio 2006-2007, per passare all’istituzione della Struttura Tecnica per l’Organizzazione, coordinata e diretta dalla Settima Commissione, con specifiche competenze sull’analisi dei flussi e delle pendenze, sulle buone prassi e sull’informatica, attraverso il contributo offerto dall’esperienza maturata dal Gruppo nominato per la definizione degli standard di rendimento, con particolare riferimento alla ineludibile esigenza di assicurare al Consiglio la necessaria autonomia nella elaborazione dei dati di interesse, sino alla stipula del protocollo di intesa con il Ministro della pubblica amministrazione ed innovazione, autorizzata con delibera del 15 dicembre 2010, oltre che alla progressiva affermazione della tematica delle buone prassi negli uffici giudiziari, che ha indotto il Consiglio, da ultimo, alla istituzione di una apposita banca dati. Tuttavia, se questo è il quadro di riferimento, da completare con il richiamo alla previsione, introdotta dall’art. 3 ter della legge n. 24/2010, di una specifica responsabilità del magistrato capo dell’ufficio giudiziario in ordine alla tempestiva adozione dei programmi per l’informatizzazione predisposti dal Ministero della giustizia per l’organizzazione dei servizi giudiziari, “in modo da garantire l’uniformità delle procedure di gestione nonché le attività di monitoraggio e di verifica della qualità e dell’efficienza del servizio”, occorre rilevare che, nel corso dell’ultimo incontro promosso da questo Consiglio con i RID e con alcuni magistrati di riferimento, tenutosi dal 29 febbraio al 2 marzo 2011, sono state evidenziate criticità tali da condizionare l’operatività e l’effettività del ruolo, nei rapporti con la struttura ministeriale, con i dirigenti degli uffici e con gli stessi organi consiliari di riferimento. Si impone, dunque, un ripensamento del ruolo complessivo dei RID, in linea con le ulteriori evoluzioni maturate nel sistema, in modo da consentire a tale figura, che tanti risultati ha finora portato sul piano della diffusione dell’informatica negli uffici giudiziari, di operare con maggiore incisività nell’ambito della complessiva strategia posta in essere dal Consiglio con le iniziative sopra riportate.

II -Ruolo del RID: dall’informatica all’innovazione.

Il trend evolutivo dimostra che la tecnologia e l’informatica non riescono di per sé ad innescare un esito virtuoso presso gli uffici. L’informatica che non si associa ad un progetto di riorganizzazione delle competenze dell’ufficio è destinata al fallimento, o perché i programmi non vengono utilizzati o perché si limitano, nel migliore dei casi, ad essere applicati senza attingere maggiore efficienza nell’utilizzazione delle risorse disponibili. Inoltre, qualsiasi riflessione di tipo statistico-conoscitivo (e delle tematiche collegate: analisi flussi e pendenze lavoro giudiziario, standard di rendimento degli uffici e dei magistrati, progetti tabellari, piante organiche, applicazioni, etc.) non può prescindere dalla disponibilità dei dati senza necessità di elaborazioni manuali. L’informatica, dunque, si pone, da un lato, come strumento imprescindibile per attualizzare la conoscenza e, dall’altro, come una delle principali leve organizzative: in sintesi, per organizzare occorre conoscere, per conoscere è necessario assicurare un adeguato trattamento automatizzato delle informazioni, per attingere maggiori efficienze occorre riorganizzare i processi tenendo conto delle potenzialità offerte dall’innovazione tecnologica. Pertanto occorre fare evolvere la figura del RID, da referente per l’informatica a referente per l’innovazione, figura che, seppure incentrata sulle già acquisite competenze in materia informatica, sia chiamata a utilizzare il supporto tecnologico anche ai fini della estrazione dei dati di interesse nell’ambito delle commissioni flussi. Inoltre, sullo specifico fronte organizzativo, tale figura deve promuovere e diffondere le buone prassi censite dal Consiglio, nella consapevolezza che le progettualità in grado di incrementare l’efficienza degli uffici e la qualità del servizio giustizia presuppongono assai spesso un consapevole uso delle risorse che possono essere liberate attraverso il ricorso alla innovazione tecnologica.

Occorre dunque aggiornare il ruolo della figura del RID, chiarendo i compiti dello stesso in modo tale da garantire l’effettività dei suoi interventi, in un’ottica di ausilio anche dei dirigenti degli uffici e dei Consigli Giudiziari.

III -Strumenti per rilanciare il ruolo RID come innovatori.

La richiamata delibera del 1995, come ridefinita con la risoluzione del 2000, continua a costituire la cornice di riferimento, nel cui ambito occorre tuttavia inserire alcuni passaggi, resi necessari dall’esperienza sinora maturata. La questione relativa alla necessaria interazione con le competenti strutture ministeriali deve essere riservata ad un momento di opportuna interlocuzione istituzionale, nel quadro di leale collaborazione già proficuamente delineato nella richiamata delibera del 2003; invece in tale sede va affrontata la tematica relativa ai rapporti con i vertici degli uffici e con la struttura consiliare.

a) Rapporto con i dirigenti degli uffici. Valorizzazione della figura dei magistrati di riferimento. L’adozione di un piano triennale di innovazione distrettuale.

E’ stata, da un lato, manifestata la difficoltà ad incidere efficacemente sulla realtà degli uffici, dall’altra rilevata una allarmante disomogeneità sul territorio, anche all’interno del medesimo distretto, quanto al grado di diffusione ed utilizzazione degli strumenti informatici, ciò che, fra l’altro, pregiudica in radice ogni sistema inteso ad una rilevazione statistico-conoscitiva affidabile, in quanto fondato sull’adozione di procedure e prassi omogenee negli ambiti di riferimento. Per superare l’attuale situazione è essenziale puntare su un maggiore coinvolgimento, anche in termini di responsabilizzazione, dei dirigenti degli uffici, i quali nel progetto organizzativo devono tener conto dell’attuazione dei progetti informatici ministeriali, delle iniziative assunte per assicurare la qualità e l’aggiornamento dell’inserimento dei dati, delle risorse rese disponibili al magistrato di riferimento per l’informatica per lo svolgimento del suo ruolo, nonché delle ricadute che l’automazione ha avuto ed avrà sui modelli organizzativi dell’ufficio e sui rapporti con gli altri uffici giudiziari collegati e con il foro, oltre che l’eventuale indicazione di progetti di diffusione di buone prassi fra quelle censite dal Consiglio e quelle di nuova realizzazione. In tale ottica assume un ruolo centrale il magistrato di riferimento interno al singolo ufficio, che dovrà predisporre un documento contenente tutte le suindicate indicazioni. Sul punto, infatti, occorre considerare che il magistrato di riferimento, proprio per la posizione di contiguità con la realtà dell’ufficio, assicura la precondizione necessaria per l’effettiva conoscenza dei problemi e per la concreta individuazione delle soluzioni più idonee. In questo senso, occorre valorizzare la figura del magistrato di riferimento, quale unità terminale del processo di innovazione, in senso ascendente (rilevazione della situazione e del fabbisogno) e discendente (attuazione).

Tuttavia, affinché tale figura sia posta nelle condizioni di operare in termini di effettività, è necessario che il magistrato di riferimento sia nominato attraverso una selezione attivata dal dirigente dell’ufficio attraverso un interpello che richieda la presentazione di domande corredate da specifici curricula: la nomina verrà poi effettuata direttamente dal dirigente dell’ufficio, previo concerto del RID, che potrà segnalare una rosa di tre nomi. Va, pertanto, invertito il procedimento di nomina rispetto all’attuale normativa -che assegna la nomina al RID, di concerto con i dirigenti degli uffici -al fine di istituire un apposito percorso selettivo che, ferma restando la verifica sul possesso delle necessarie competenze ­da riservare soprattutto all’espressione del concerto da parte del RID -sia idoneo a creare le premesse per lo svolgersi di una necessaria e proficua collaborazione fra il dirigente dell’ufficio ed il magistrato di riferimento. Ciò, consentirà al magistrato di riferimento di agire in virtù di un rapporto anche fiduciario con il diretto dirigente dell’ufficio, ma consentirà anche al RID di concentrarsi sull’impostazione della programmazione e sul coordinamento a livello distrettuale, avvalendosi sul territorio di un’effettiva figura di riferimento, prevenendo il rischio di nomine concorrenti o alternative. Il magistrato di riferimento, dal canto suo, è chiamato a collaborare strettamente con il RID per lo svolgimento di tutte le iniziative di rilevazione e verifica sul territorio. L’interpello per la nomina dei magistrati di riferimento va disposto senza ritardo dai dirigenti degli uffici, dovendosi escludere espressamente che a siffatto interpello possano rispondere magistrati con funzioni direttive o semidirettive. Negli uffici più grandi l’interpello potrà prevedere la nomina di uno o più magistrati di riferimento, in base alla suddivisione fra funzioni civili (eventualmente ulteriormente distinguendo i settori speciali) e penali. Per quel che concerne gli uffici requirenti, ferma restando la piena applicabilità della procedura di nomina del magistrato di riferimento nei termini già indicati, un apposito spazio destinato alla progettualità in tema di innovazione, da predisporre sempre a cura del magistrato di riferimento previo concerto con i RID, potrà essere presente nei provvedimenti organizzativi adottati dai Procuratori della Repubblica (si veda la risoluzione consiliare del 12 luglio 2007). La nomina dei magistrati di riferimento e la previsione di una apposita indicazione delle iniziative da condurre sul piano della innovazione è pienamente applicabile anche per gli uffici di secondo grado, Corte di appello e Procura Generale. Tuttavia, i dirigenti di tali uffici sono direttamente impegnati anche nell’attuazione della programmazione triennale, concernente l’intero distretto, da predisporre a cura dei RID. Infatti, i RID, dopo aver concertato con i magistrati di riferimento il progetto di innovazione relativo ai singoli uffici nel distretto, dovranno predisporre un piano triennale di innovazione distrettuale, nel quale dovranno essere evidenziate le linee complessive di intervento, tenuto conto della situazione esistente, delle risorse disponibili e delle eventuali criticità specifiche da affrontare o punte di eccellenza da diffondere. Il piano triennale costituisce un atto complesso, adottato congiuntamente dai RID e dai singoli magistrati di riferimento, per quel che concerne l’attuazione delle progettualità concertate a livello locale. Nella predisposizione del piano i RID dovranno curare l’adozione di iniziative specificamente indirizzate ad assicurare condizioni di omogeneità del livello di informatizzazione del distretto, anche al fine di garantire la possibilità di estrazioni dati secondo modalità uniformi, per consentire la comparabilità delle relative rilevazioni; d’altro canto, i RID, facendo leva soprattutto sulla conoscenza del territorio veicolata dai magistrati di riferimento, dovranno promuovere l’adozione di progetti organizzativi e la diffusione di buone prassi confacenti alla specifica realtà locale, al fine di promuovere l’efficienza e la funzionalità degli uffici ottimizzando le risorse disponibili ed intercettando le differenti criticità rilevate. Il piano triennale di innovazione distrettuale così predisposto, dovrà essere inviato per presa d’atto ed eventuali osservazioni al Procuratore Generale. Quindi, sarà allegato, con la presa d’atto ed eventuali osservazioni del Presidente della Corte d’appello, alle tabelle della Corte di appello, quale collocazione tabellare autonoma nell’ambito della Corte di Appello. Le eventuali osservazioni formulate dai dirigenti degli uffici, corredate del parere del Consiglio Giudiziario, saranno esaminate dalla Settima Commissione Referente del Consiglio Superiore della Magistratura e potranno tradursi in apposite delibere plenarie ove sia necessario. Il piano triennale di innovazione distrettuale costituisce, dunque, il documento strategico centrale la cui predisposizione, per quel che concerne l’impostazione, l’individuazione delle linee guida e degli obiettivi, declinati nelle singole realtà territoriali, è rimessa ai RID ed ai magistrati di riferimento, ma la cui attuazione impegna direttamente anche i dirigenti degli uffici, soprattutto per quel che concerne l’adozione di politiche che richiedono il coinvolgimento dell’intero distretto, il Capo di Corte ed il Procuratore generale. In tale nuova prospettiva il RID è destinato, soprattutto, alla impostazione della programmazione a livello distrettuale, alla individuazione, unitamente al magistrato di riferimento, delle soluzioni più appropriate per i singoli uffici, al coordinamento delle iniziative, alla promozione di progettualità congiunte fra uffici, al raccordo diretto fra il distretto e la struttura consiliare di riferimento. La complessità di tali nuovi compiti suggeriscono di sganciare la figura del RID da quella del magistrato di riferimento, costituendo la prima una diretta emanazione della struttura consiliare, volta a promuovere e diffondere l’innovazione nel distretto, la seconda l’espressione di un rappresentante tecnicamente qualificato dei singoli uffici, chiamato a relazionarsi con il RID sullo specifico tema dell’innovazione per l’attuazione effettiva delle iniziative sul territorio. Va, comunque, mantenuta la distinzione dei RID per le funzioni civile-penale, perché ciascun settore è caratterizzato da proprie peculiarità ed è importante che il referente abbia la competenza per comprendere le specifiche esigenze e problematiche. Va, invece, rafforzata la collegialità dell’organo, attraverso la previsione di una programmazione sinergica e congiunta (e quindi di un documento unitario che preveda azioni comuni sui temi trasversali) e l’assunzione di una responsabilità collegiale per l’attuazione del piano.

b) Rapporto con il CSM. In primo luogo, occorre ribadire che il RID è chiamato a giocare un ruolo fondamentale come avamposto del Consiglio a livello locale per l’innovazione. Infatti, in coerenza con la linea evolutiva tracciata in premessa, è necessario che il ruolo che i RID hanno molto efficacemente svolto per colmare la distanza fra la struttura centrale dell’U.R.S.I.A. ed il territorio venga ora assicurato per l’attuazione delle specifiche iniziative che il CSM sta assumendo in questo settore. Occorre, dunque, tracciare una linea di coerenza che accentui l’impegno dei RID sul tema complessivo dell’innovazione, promuovendo l’istituzione di una rete diretta -anche attraverso la costituzione di una apposita mailing list -fra i RID e la Settima Commissione, con il supporto della S.T.O., al fine di assicurare il diretto e tempestivo coinvolgimento dei RID nelle tematiche di riferimento, oltre che di facilitare il contributo professionale che gli stessi potrebbero assicurare in sede di consultazione per la risoluzione di specifiche questioni tecniche ovvero nella disponibilità di un quadro aggiornato di riferimento sulla realtà degli uffici.

Tale approccio, dunque, deve sfociare in un rapporto effettivo e costante con la Settima Commissione, stimolato attraverso la previsione di un incontro annuale periodico, da tenere preferibilmente ad inizio anno (entro il mese di febbraio). In vista di tale incontro, i RID faranno pervenire alla Settima Commissione una relazione articolata, predisposta insieme ai magistrati di riferimento dei singoli uffici. La relazione annuale conterrà la descrizione dello stato di attuazione del programma triennale di innovazione distrettuale, esponendo le eventuali criticità incontrate o i vincoli da rimuovere. Prima dell’incontro verrà predisposta a cura della S.T.O. una relazione di sintesi, redatta in base alle relazioni pervenute, che identifichi le linee di indirizzo comune, il livello complessivamente raggiunto, le criticità più ricorrenti, le soluzioni adottate, l’emersione di buone prassi da segnalare. Sulla base delle relazioni e della relazione di sintesi, la Settima Commissione all’esito dell’incontro proporrà l’adozione di una delibera ricognitiva dello stato dell’innovazione degli uffici e potrà proporre temi al Ministero (se si rileva qualche criticità sugli applicativi), interazioni con gli uffici sulla diffusione buone prassi, iniziative sulla formazione, etc. L’incontro periodico sarà finalizzato a concretizzare il collegamento diretto dei RID con il Consiglio Superiore della Magistratura. La relazione periodica da predisporre prima dell’incontro costituirà l’occasione per verificare lo stato di attuazione della programmazione e per rimuovere eventuali criticità ovvero adottare correttivi.

c) Competenze all’interno della Commissione flussi. In relazione alle mutate competenze del RID, occorre prevedere un ruolo più specifico, in termini di responsabilità, all’interno della commissione flussi, congiuntamente al magistrato di riferimento, per l’estrazione, la qualità e completezza dei dati. Inoltre, per segnalare eventuali criticità nei lavori della Commissione flussi, occorre prevedere una interlocuzione diretta fra i RID e la Settima Commissione Referente (che potrà investire delle questioni la STO, tenuto conto delle specifiche competenze di tale organo ausiliario).

d) Buone prassi In relazione alla recente istituzione della banca dati sulle buone prassi, i RID sono qualificati per essere i principali agenti del cambiamento, nel senso che rientra fra le loro competenze lo studio di progetti di diffusione da applicare al territorio in relazione alle specifiche caratteristiche rilevate anche grazie ai magistrati di riferimento. Tali iniziative confluiranno nell’elaborazione di progettualità da inserire nel documento programmatico triennale e, per la parte di competenza, nel documento organizzativo del singolo ufficio interessato.

III -Formazione.

Come già rilevato nella citata delibera del 2003, un ruolo fondamentale nella diffusione della innovazione è quello della adeguata formazione, sia per sviluppare ed accrescere la professionalità specifica dei RID, sia per contribuire alla diffusione di un approccio più generalizzato all’uso degli strumenti informatici ed alla consapevolezza delle loro potenzialità sul piano organizzativo.

a) Formazione dei RID e dei magistrati di riferimento. Le specifiche esigenze formative dei RID giustificano il mantenimento della speciale competenza già attribuita alla Settima Commissione, dovendosi necessariamente ricomprendere in tale ambito i magistrati di riferimento, in virtù della nuova complessiva configurazione del loro ruolo. Un’occasione strutturata, in tal senso, è quella offerta dalla previsione dell’incontro periodico con la Settima Commissione. Ulteriori sessioni potrebbero concernere, ad esempio, il coinvolgimento dei RID in occasione degli incontri di formazione dei capi degli uffici sul tema della organizzazione.

b) Formazione su innovazione Nella relazione annuale da predisporre in vista dell’incontro periodico i RID debbono individuare i temi della formazione locale, in base ad una rilevazione del fabbisogno sul territorio, grazie al supporto dei magistrati di riferimento (magari anche con l’ausilio di questionari). All’esito dell’incontro la Settima Commissione individuerà il fabbisogno formativo sul tema della innovazione, nelle sue ricadute informatiche, organizzative, statistico-conoscitive, buone prassi ed avvierà, sul punto, una interlocuzione con la Nona Commissione, perché poi siano fornite linee guida anche in sede di formazione decentrata.

4. Esonero.

Viene ridisegnata la disciplina dell’esonero dei RID, mutuata dalla disciplina prevista dal paragrafo 67 della nuova Circolare in materia di tabelle, di cui va prevista l’abrogazione in ordine a tale specifico profilo. Per la prima volta viene introdotta una previsione di esonero parziale anche per i magistrati di riferimento degli uffici giudiziari più grandi, modulato sulla base dell’ampiezza del singolo ufficio e dell’impegno dello stesso magistrato nel settore di riferimento.

IV. Entrata in vigore e disposizioni transitorie.

Le modifiche disposte entrano in vigore immediatamente. Tenuto conto della modifica dei criteri di nomina dei magistrati di riferimento, si prevede che quelli attualmente in carica sono confermati se il dirigente dell’ufficio non avvii l’apposita procedura di interpello entro un mese dall’entrata in vigore della nuova circolare. Si è previsto che i RID e i magistrati di riferimento in carica alla data di entrata in vigore della nuova circolare ricoprono l’incarico sino al decorso del termine triennale dalla data di nomina. L’incarico è rinnovabile secondo la disciplina prevista rispettivamente dall’art. 1 comma 4 e dall’art. 2 comma 2 della circolare. La previsione di una nuova normativa in materia di nomina, esonero e competenze dei RID e dei magistrati di riferimento rende necessario sostituire quella di cui al Capo IX paragrafo 67 della Circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2012/2014. Tale norma va modificata, dovendo residuare nella Circolare in materia di organizzazione degli uffici la disposizione secondo la quale nella proposta tabellare devono essere indicati i magistrati ai quali sono state assegnate le funzioni di referenti informatici e di magistrati di riferimento per l’informatica, con la specificazione della loro posizione tabellare all’interno dell’ufficio.

CIRCOLARE IN MATERIA DI MAGISTRATI REFERENTI DISTRETTUALI E MAGISTRATI DI RIFERIMENTO PER L’INFORMATICA

Art. 1 – Nomina e conferma dei magistrati referenti distrettuali

  1. I magistrati referenti distrettuali per l’informatica (RID) sono nominati con delibera plenaria, su proposta della Settima Commissione Referente del Consiglio Superiore della Magistratura, previo interpello tra i magistrati esperti nel settore provenienti dagli uffici giudicanti e requirenti del distretto.
  2. Non possono essere nominati RID i magistrati che svolgono funzioni direttive e semidirettive, i magistrati che fanno parte del Consiglio Giudiziario o del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, delle Commissioni Flussi, della Struttura Tecnica Organizzativa del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché i magistrati referenti per la formazione.
  3. I titoli per la valutazione delle domande sono fissati nei bandi di concorso. Nella valutazione dei titoli si darà preferenza a spiccate attitudini dell’aspirante in materia di informatica giudiziaria, desunte anche dalla partecipazione a corsi di studio e da pubblicazioni.
  4. I magistrati referenti distrettuali ricoprono l’incarico per tre anni, rinnovabile per altri tre anni, previa dichiarazione di disponibilità.
  5. Al termine del primo periodo triennale i RID devono predisporre un resoconto dell’attività svolta, dando atto delle innovazioni portate a termine e di quelle ancora in corso, nonché delle attività poste in essere dai magistrati di riferimento. Ai fini del rinnovo dell’incarico il resoconto deve essere inviato alla Settima Commissione almeno sei mesi prima della scadenza del primo triennio, con il parere del Consiglio Giudiziario, e solo in caso di approvazione si potrà procedere alla conferma. La delibera di mancata conferma è inserita nel fascicolo personale del magistrato.
  6. Alla cessazione dell’incarico i RID devono presentare un resoconto riepilogativo di tutta l’attività svolta, anche al fine di consentire ai referenti di nuova nomina la conoscenza delle innovazioni attuate e dei progetti in corso. Copia del resoconto è inserito nel fascicolo personale del magistrato, con il parere del Consiglio Giudiziario.

Art. 2 – Nomina e conferma dei magistrati di riferimento per l’informatica.

  1. I magistrati di riferimento per l’informatica presso tutti gli uffici giudicanti e requirenti di primo e di secondo grado vengono nominati, previo interpello, dai dirigenti degli uffici.
  2. La nomina deve essere fatta di concerto con i RID, i quali devono indicare una rosa di almeno tre magistrati da sottoporre al vaglio dei dirigenti.
  3. I magistrati di riferimento durano in carica tre anni, rinnovabili per altri due, previa dichiarazione di disponibilità.
  4. Negli uffici con organico superiore a quaranta magistrati possono essere nominati più magistrati di riferimento, sino ad un numero massimo di sei. Il dirigente deve, con provvedimento motivato, illustrare la scelta del numero dei magistrati in relazione alle esigenze dei vari settori o sulla base di progetti specifici.
  5. I dirigenti degli uffici devono provvedere senza ritardo alla nomina dei magistrati di riferimento; il relativo decreto deve essere adottato con la procedura della variazione tabellare e trasmesso al Consiglio Superiore della Magistratura.
  6. Non possono essere nominati i magistrati che svolgono funzioni direttive e semidirettive, salvo nei casi in cui non sia possibile nominare altro magistrato in ragione delle piccole dimensioni dell’ufficio giudiziario o di mancanza di disponibilità di aspiranti qualificati. Non possono, altresì, essere nominati i magistrati che ricoprono l’incarico di RID, i magistrati che fanno parte del Consiglio Giudiziario o del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, delle Commissioni Flussi, della Struttura Tecnica Organizzativa del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché i magistrati referenti per la formazione.

Art. 3 -Compiti

  1. I RID e i magistrati di riferimento svolgono i compiti di seguito indicati, in ausilio anche alle funzioni organizzative proprie dei dirigenti degli uffici e al Consiglio Giudiziario.
  2. I RID, in collaborazione con i magistrati di riferimento, elaborano il piano triennale di coordinamento delle iniziative e dei progetti in materia di informatica giudiziaria.
  3. I RID convocano preventivamente una riunione con i magistrati di riferimento per l’individuazione dei contenuti del piano triennale di innovazione distrettuale, il quale deve individuare le linee complessive di intervento, tenuto conto della situazione esistente, delle risorse disponibili e delle eventuali criticità specifiche da affrontare.
  4. Nella predisposizione del piano i RID individuano gli obiettivi e curano l’adozione di iniziative indirizzate ad assicurare condizioni di omogeneità del livello di informatizzazione del distretto e l’estrazione di dati statistici secondo modalità uniformi. Promuovono la diffusione di buone prassi, valorizzando le risorse locali, anche alla luce delle buone prassi già diffuse a livello nazionale, consultabili sulla banca dati dal sito del Consiglio Superiore della Magistratura.
  5. Il piano triennale di innovazione distrettuale predisposto per gli uffici giudicanti e requirenti deve essere inviato per presa d’atto ed eventuali osservazioni al Procuratore Generale e successivamente allegato alle tabelle della Corte di appello.
  6. Le eventuali osservazioni sul piano triennale formulate dai dirigenti degli uffici devono essere inviate, previo parere del Consiglio Giudiziario, al Consiglio Superiore della Magistratura ed esaminate dalla Settima Commissione Referente, per le determinazioni di competenza in ordine al contenuto del programma.
  7. Il dirigente deve acquisire il parere del magistrato di riferimento su tutte le questioni inerenti la materia dell’informatica giudiziaria. Può, altresì, in via preferenziale delegare ai magistrati di riferimento la gestione della distribuzione degli hardware, con espressa indicazione della competenza ad interloquire con il locale CISIA.
  8. I magistrati di riferimento devono elaborare, coadiuvati dai RID e di concerto con i dirigenti degli uffici, un documento contenente le seguenti indicazioni: a) attuazione dei progetti informatici ministeriali; b) iniziative assunte per assicurare la qualità e l’aggiornamento dell’inserimento dei dati; c) risorse fornite per lo svolgimento del loro ruolo; d) analisi delle ricadute che l’automazione ha avuto ed avrà sui modelli organizzativi dell’ufficio e sui rapporti con gli altri uffici giudiziari collegati e con il foro; e) progetti di diffusione di buone prassi fra quelle censite dal Consiglio e quelle di nuova realizzazione; f) qualsiasi altro dato ritenuto utile. Di tale documento devono tener conto specificatamente i dirigenti degli uffici giudiziari nella predisposizione del Documento Organizzativo Generale e nei piani di gestione ex art. 37 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111.
  9. I RID curano all’interno della Commissione flussi, d’intesa con i magistrati di riferimento, la qualità e la completezza dei dati.
  10. I RID, coadiuvati dai magistrati di riferimento, d’intesa con i dirigenti degli uffici giudiziari, i locali CISIA e i funzionari statistici, promuovono una verifica semestrale della pulizia delle banche dati e della corretta imputazione degli stessi dati. Sui risultati della verifica i RID relazionano tempestivamente ai dirigenti degli uffici qualora vengano rilevate criticità che incidano sulla qualità dei dati informatici e statistici, indicando rimedi e soluzioni da adottare.

Art. 4 -Formazione

1. Ogni anno, entro il mese di febbraio, la Settima Commissione Referente del Consiglio Superiore della Magistratura organizza un incontro di studi per i RID, finalizzato alla formazione degli stessi e alla informazione sulle tematiche caratterizzanti la materia mediante lo scambio di esperienze sul territorio.

2. Ai fini della preparazione dell’incontro i RID, d’intesa con i magistrati di riferimento, trasmettono al Consiglio Superiore della Magistratura, entro il 20 dicembre di ogni anno, una relazione nella quale si deve dar conto dello stato di attuazione dell’informatica giudiziaria nel distretto di appartenenza, esponendo le eventuali criticità incontrate o i vincoli da rimuovere, nonché le esigenze formative del distretto in materia informatica.

3. La Struttura Tecnica per l’Organizzazione predispone, entro il 15 gennaio di ogni anno, una relazione di sintesi di quelle trasmesse dai RID, con eventuali osservazioni e proposte sia con riferimento a situazioni specifiche che in via generale, onde verificare la necessità di interventi del Consiglio Superiore della Magistratura, di interlocuzione con il Ministero della Giustizia o di sollecitazione ai dirigenti degli uffici.

4. All’esito dell’incontro di studi annuale la Settima Commissione Referente predispone una proposta di delibera plenaria avente ad oggetto una sintesi sullo stato dell’informatica giudiziaria nei vari distretti, rappresentando le eventuali richieste da formulare al Ministero della Giustizia e le esigenze formative dei magistrati da prospettare in sede di formazione centrale o decentrata in materia di informatica giudiziaria, statistica e buone prassi organizzative.

5. La delibera plenaria annuale sullo stato dell’informatica giudiziaria è trasmessa alla Nona Commissione perché, nell’ambito delle proprie competenze, possa organizzare con le strutture di formazione decentrata, di concerto con i RID, incontri di studio annuali aventi ad oggetto temi specifici di informatica giudiziaria, statistica, organizzazione e buone prassi.Eventuali criticità nell’organizzazione di tali incontri di studio devono essere segnalati alla Settima e alla Nona commissione referente, nell’ambito delle rispettive competenze.

Art. 5 -Esonero.

  1. Il referente informatico può usufruire di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale ordinaria, che deve tener conto dell’ampiezza del distretto e può consistere in una percentuale non inferiore al 10% e non superiore al 50% del carico di lavoro.
  2. Il magistrato di riferimento degli uffici con un organico superiore a quaranta magistrati può usufruire di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale ordinaria, che deve tener conto delle dimensioni dell’ufficio e dei settori assegnati. L’esonero può consistere in una percentuale del 10%.
  3. Il provvedimento di esonero deve indicare le ragioni, la misura dell’esonero e le modalità relative alla concreta applicazione della riduzione del lavoro ordinario, che può consistere anche nell’esenzione da specifiche attività.
  4. Il provvedimento di esonero deve essere adottato seguendo la procedura tabellare e riprodotto tra i criteri di assegnazione degli affari relativi alla posizione tabellare dell’interessato. Il provvedimento di esonero è immediatamente esecutivo.
  5. Il dirigente dell’ufficio deve assicurare la concreta applicazione dell’esonero.

Art. 6 – Informazione e comunicazione

  1. E’ istituita una mailing-list nazionale alla quale sono iscritti i componenti della Settima Commissione, della Struttura Tecnica per l’Organizzazione, i RID e i magistrati di riferimento, al fine di incrementare lo scambio di informazioni ed assicurare una proficua comunicazione.
  2. Sul sito COSMAG è istituita un’area di consultazione in materia di informatica giudiziaria, divisa in un settore di informazione e in un settore di documentazione.
  3. Per la cura e l’aggiornamento dei contenuti dell’area di consultazione è istituito un comitato di redazione, composto da un consigliere delegato della Settima Commissione, da un magistrato segretario e da tre componenti della Struttura Tecnica per l’Organizzazione. L’attività del comitato di redazione sarà svolta con l’ausilio dei RID interessati, mediante contatti sulla mailing – list nazionale di cui al primo comma.

Art. 7 -Entrata in vigore e disposizioni transitorie.

  1. La presente normativa entra in vigore immediatamente.
  2. Quanto alla modifica dei criteri di nomina dei magistrati di riferimento, quelli attualmente in carica sono confermati se il dirigente dell’ufficio non avvia l’apposita procedura di interpello entro un mese dall’entrata in vigore della presente circolare.
  3. I RID e i magistrati di riferimento in carica alla data di entrata in vigore della presente circolare ricoprono l’incarico sino al decorso del termine triennale dalla data di nomina. L’incarico è rinnovabile secondo la disciplina prevista rispettivamente dall’art. 1, comma 4, e dall’art. 2, comma 2, della presente circolare.
  4. La disposizione di cui al Capo IX paragrafo 67 della Circolare sulla formazione delle tabelle per il triennio 2012/2014 è sostituita dalla seguente norma: “Nella proposta tabellare devono essere indicati i magistrati ai quali sono state assegnate le funzioni di referenti informatici e di magistrati di riferimento per l’informatica, con la specificazione della loro posizione tabellare all’interno dell’ufficio.”. 

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a cura del Presidio C.I.S.I.A. di Palermo e del dott. Luigi Petrucci, RID Penale Giudicante Palermo

L’articolo è il seguito di “RID e Mag. Rif. questi sconosciuti” e vuole fare il punto sull’organizzazione dei servizi informativi automatizzati (S.I.A.) gestiti dal Ministero della Giustizia (MinGiu), nel quale delle competenze di RID e MagRif stabilite dal C.S.M. Oggi l’insieme delle risorse hardware (HW) e software (SW) è gestito dal MinGiu attraverso una rete: tutte queste risorse “informatiche” sono definite “dominio giustizia” ovvero il luogo virtuale ove vengono processati tutti i servizi informatici forniti al personale amministrativo ed ai magistrati per espletare il lavoro giudiziario. Dopo una breve elencazione delle informazioni essenziali per un collega alla prese con un problema per così dire “informatico” di qualsiasi genere, si passa a trattare l’organizzazione e la disciplina del “dominio giustizia”. L’ultima parte è dedicata ad un riassunto dei temi trattati, ordinato secondo una serie di problematiche ricorrenti nell’attività di RID e MagRif.

Introduzione

Proseguo gli appunti per RID e MagRif iniziati con “RID e Mag. Rif. questi sconosciuti” passando al tema dei rapporti con le strutture ministeriali che garantiscono l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi al “dominio giustizia” (di seguito: DOMINIO) ovvero l’insieme delle risorse hardware (di seguito: HW) e software (di seguito: SW), mediante il quale il Ministero della Giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura.

Ho volutamente ripreso il testo dell’art. 110 Cost. (e della definizione del “dominio giustizia” data dal d.m. n. 44/2011), perché è da lì che si deve partire per ricostruire la trama di diritti e doveri di chi usa e di chi fornisce le risorse del DOMINIO, definita da fonti normative e contrattuali.

In questi appunti prima ricordo i numeri di telefono e le e-mail che ciascuno di noi deve avere per risolvere i suoi problemi “informatici”. Poi, per chi volesse saperne di più, faccio un rapido commento alle fonti normative e contrattuali sull’assistenza, cercando di prestare maggiore attenzione agli aspetti relazionati ai compiti di RID e MagRif. Concludo con una casistica ragionata di problematiche ricorrenti.

Il tutto è da intendersi come work in progress, per il quale mi sono avvalso dell’imprescindibile aiuto del Presidio C.I.S.I.A. di Palermo: se ci sono errori o integrazioni segnalatemelo a luigi.petrucci@giustizia.it !

I numeri di telefono indispensabili

Come promesso, prima le dritte per il “collega della porta accanto” che ha bisogno di risolvere un problema “informatico”. Ciascuno di noi deve avere sempre il numero/e-mail di:

  1. MagRif del suo Ufficio

ogni Ufficio giudiziario ne deve avere almeno uno, in mancanza bisogna sollecitare il Dirigente a nominarlo

  1. RID dell’area di riferimento del suo Distretto

i RID sono di solito due, uno per l’area civile, uno per l’area penale, in alcuni Distretti più grandi sono tre, perché c’è un RID penale giudicante e uno penale requirente: comunque niente paura, i RID fanno tutti parte del medesimo Ufficio e si sentono sempre, per cui basta contattarne uno ed il gioco è fatto; peraltro in diversi Distretti esiste un piccolo ufficio, che provvede a smistare le richieste

Assistenza informatica o Single Point Of Contact (di seguito: SPOC) l’istanza da contattare per ogni problema che si possa presentare nell’idea del vigente contratto di assistenza (per lo scenario futuro rimando a QG on line—): attualmente il numero di telefono è 800 868 444, ma si può contattare anche via mail a spocgiustizia@telecomitalia.it

Il mio consiglio è di preparare una bozza di mail con il numero del pc portatile ed i riferimenti del caso (ubicazione ufficio, numero di telefono, etc.), da completare con la descrizione dell’intervento di cui si ha bisogno, così si risparmiano le attese del telefono. Ovviamente la mail si può mandare da un qualsiasi dispositivo ed indirizzo, ma è preferibile utilizzare -o comunque citare- quella nome.cognome@giustizia.it. Questa utenza è il nostro codice fiscale nel DOMINIO ovvero un identificativo univoco (per gli omonimi il cognome è seguito da un numero a doppia cifra 01, 02, etc.), è la stessa che ci consente di accedere, tramite ADN, al pc portatile con la “password di ogni giorno”

La geografia dell’assistenza prevede un Centro Servizio Nazionale, uno Distrettuale, sedi Presidiate, sedi con Presidi ridotti. Vi sono, poi, sedi dove non c’è sempre personale dell’assistenza, che si distinguono in sedi con Presidio periodico (1 volta settimana) e sedi con Presidio su chiamata: per queste sedi è prevista in tempi brevi l’assistenza da remoto e, entro le 80 ore lavorative, anche il diritto all’assistenza sul posto.

ADN è l’acronimo di Active Directory Nazionale ovvero il sistema che riconosce il nostro identificativo univoco

  1. Cancelleria Servizi Informatici : negli Uffici più grandi è sempre presente un’articolazione amministrativa che si occupa in modo esclusivo di gestire le risorse del DOMINIO presenti nell’Ufficio e, comunque, tutti gli Uffici devono avere qualcuno che se ne occupa a tempo parziale in collaborazione con i CISIA

i CISIA sono le articolazioni territoriali del Ministero, previste dal D.M. 18 dicembre 2001, che si occupano del DOMINIO e dipendono dalla direzione generale del Ministero che si chiama DGSIA ed è inquadrata all’interno del Dipartimento per l’Organizzazione Giudiziaria o DOG (v. ora il d.P.C.M. n. 84/2015 e, in particolare, l’art. 5: per maggiori dettagli su questa riforma devo necessariamente rinviare a QG on line—). Il Direttore della DGSIA è anche il Responsabile dei Servizi Informativi Automatizzati o SIA. Diverse risorse informatiche (ad esempio le reti LAN degli edifici giudiziari per citare un elemento non trascurabile) cadono nella diretta competenza dei C.I.S.I.A., essendo escluse dal contratto di assistenza.

L’organizzazione dei SIA

Vediamo, anzitutto, come si distinguono le varie parti che compongono il DOMINIO.

A livello operativo il DOMINIO le strutture informatiche si distinguono in RETE, HW e SW, il SW a sua volta si divide per funzioni in AREA AMMINISTRATIVA, CIVILE e PENALE. Con una certa approssimazione possiamo dire che:

–   i problemi della rete riguardano i servizi di interoperabilità ovvero l’accesso ad internet, che ormai in quasi tutti gli Uffici avviene tramite ADN. Gli altri servizi di interoperabilità sono la posta elettronica e la posta elettronica certificata.

Il nostro accesso ad internet avviene dall’Ufficio tramite la intranet ovvero la rete del DOMINIO. In questo “ambiente” possiamo accedere alla quasi totalità dei servizi ministeriali: dall’autenticazione sul dominio ADN all’accesso agli applicativi ministeriali; dall’accesso alle cartelle condivise con i colleghi alla consultazione delle banche dati nazionali della Cassazione o del Casellario. Per motivi di sicurezza questo accesso è filtrato da un “proxy server” ovvero un intermediario, che funge da guardiano del nostro dominio rispetto ad attacchi che possono venire da internet e regolano anche il tipo di utilizzo che gli utenti del DOMINIO possono fare delle risorse internet (p.e. di solito non si possono vedere i video).

Se usiamo il portatile sia a casa che in ufficio ovviamente da casa dobbiamo disabilitare questa funzione, mentre la dobbiamo ri-abilitare quando siamo in ufficio.

Per essere ancora più precisi il Dominio ADN serve per individuare in maniera univoca le macchine (PC e server) e gli utenti autorizzati a condividere le risorse disponibili sulla rete del DOMINIO Giustizia e ad accedere ad alcuni servizi (ad esempio Internet e Posta elettronica).

Il Proxy server ha la funzione di consentire ad un gruppo di utenti di condividere l’accesso ad un servizio. Nel nostro caso particolare, il Proxy consente di presentare il DOMINIO Giustizia al mondo Internet, mettendo a disposizione degli utenti attestati alla rete geografica del ministero (RUG) l’accesso al World Wide Web. Il Proxy, dunque, è il “portiere” che stabilisce semplicemente se un utente del DOMINIO Giustizia (individuato tramite le proprie credenziali ADN: la “password di ogni giorno” con cui si accede al proprio PC) è autorizzato ad accedere su Internet e con quali modalità (Pubblico o Istituzionale). I controlli di sicurezza, pertanto, sono limitati ai servizi cui gli utenti possono accedere (ad esempio la visione dei video pubblicati sui siti).

I veri “guardiani” della rete sono i Firewall, ai quali spetta il compito di individuare cosa può passare all’interno della rete Giustizia (cosa esce è meno importante, per cui generalmente non è controllato) e cosa deve essere bloccato. Per ampliare i parametri di sicurezza della RUG, tutti i Palazzi di Giustizia sono dotati di un proprio Firewall; ciò significa che per consentire ad un utente di Palermo l’accesso ai server del Civile ubicati a Messina devo implementare le adeguate politiche di sicurezza sui Firewall di entrambe le sedi.

La gestione della posta elettronica è demandata a server differenti dal Proxy e dai Firewall, ma nome utente e password sono gli stessi.

Se un pc non si collega ai servizi del MinGiu può dipendere dal mancato riconoscimento da parte del DOMINIO della macchina in questione ovvero dal fatto che per alcuni servizi quella specifica macchina non risulta autorizzata.

La rigenerazione della “password di ogni giorno” in caso di perdita o blocco da parte dell’utente compete, invece, all’assistenza su richiesta dell’utente, per ovvie ragioni di sicurezza.

Tutto il personale del Ministero della Giustizia, senza eccezione alcuna, ha una propria utenza ADN. Esiste la possibilità di assegnare le credenziali ADN a personale esterno all’Amministrazione (ad esempio il personale della Polizia Giudiziaria, i tecnici dell’Assistenza esterna, i tirocinanti). Il Referente GSI (sul quale v. oltre) crea e gestisce le utenze ADN per il personale esterno all’Amministrazione.

–   i problemi di HW riguardano l’assistenza sistemistica ovvero guasti ai pc fissi e portatili, monitor e stampanti. Sono sempre pertinenti all’assistenza sistemistica problemi sul collegamento alla rete locale del Tribunale o l’installazione di nuovi pc e/o stampanti

La risoluzione dei guasti ai PC è limitata al solo periodo di garanzia della macchina. A volte alcuni problemi possono essere risolti “in casa” mediante l’opportuna “cannibalizzazione” di macchine fuori uso.

–   i problemi di SW sono definiti di assistenza applicativa e riguardano l’uso dei SW ministeriali, quali ad esempio SICC/VG (Contenzioso Civile e Volontaria Giurisdizione), SIL (Diritto del Lavoro), SIECIC (Esecuzioni Civili), SICP (Sistema Integrato Cognizione Penale), etc.

Questa distinzione non ha solo un valore descrittivo, ma segna le rispettive competenze dei soggetti che latu senso si occupano di assistenza.

L’utente comune non deve necessariamente sapere a chi rivolgersi: in teoria ognuno dei soggetti che ho indicato prima dovrebbe sapergli dire che tipo di problema ha ed a chi deve rivolgersi. I RID e, possibilmente, anche CSI e MagRif devono, invece, comprendere bene come è costruito il sistema di assistenza delle varie risorse del DOMINIO per evitare rimpalli di responsabilità fra i vari soggetti.

Per quanto possa sembrare (e certamente lo è) molto lontano dalla professionalità del RID, siccome a volte i sintomi del problema non sono sempre immediati indicatori della sua causa, bisogna spendersi in prima persona perché i vari soggetti intervengano in sinergia fra loro per capire qual è la causa per risolverlo ovvero per mettere in condizioni DGSIA di sapere qual è esattamente il problema, in modo da programmare gli adeguati interventi.

In questo momento di costruzione dei Processi Telematici questa funzione dei RID e dei MagRif è indispensabile, perché il problema di uno è potenzialmente il problema di tutti. Pensate alle comunità di utenti e sviluppatori di un qualsiasi SW: basta andare su internet e per ogni App troverete mille suggerimenti, aggiornamenti, etc. Lo stesso dobbiamo fare noi per i SW che usano solo magistrati e personale amministrativo. Oggi più che mai RID e MagRif devono sfruttare la collaborazione dei CISIA e dei funzionari per la funzione/area di riferimento di DGSIA.

A mio avviso non è bene che tutti abbiano il numero del CISIA, che è fondamentalmente un back office rispetto al front office costituito dai soggetti che ho indicato prima, ma è chiaro che quando ci sono problemi insoluti devono intervenire, anche perché sono proprio i CISIA a valutare la capacità dell’assistenza ovvero a monitorare i “ticket”.

Una piccola digressione sui “ticket” ovvero il nome che in gergo informatico ministeriale si dà alle richieste di assistenza.

Sono un mezzo indispensabile per avviare il processo di tracciamento che si avvia a seguito di ogni richiesta che si fa allo SPOC per motivi di sicurezza e rendicontazione delle prestazioni effettuate dalla società che si è aggiudicata il servizio di assistenza.

Sono anche un’utilissima cartina di Tornasole per comprendere se una fornitura di HW o un SW ministeriale vanno bene o male, perché in questo secondo caso i ticket saranno probabilmente moltissimi.

Lo studio congiunto dei ticket da parte di RID, MagRif, CSI e CISIA e funzionari del settore/area di riferimento in DGSIA sarebbe un modo molto efficace di riportare al massimo livello del Ministero i “sintomi” che manifestano gli utenti, in modo da orientare le scelte di investimento in modo da venire incontro a tali esigenze.

La disciplina dei SIA

Lo “statuto” dell’assistenza è nel d.P.R. n. 264/2000, che disciplina la tenuta dei registri informatici. Questa fonte normativa contiene all’art. 20 un rinvio alle regole procedurali, che devono essere seguite per assicurare il corretto funzionamento e la sicurezza dei sistemi informatici. Queste regole sono state aggiornate con d.m. 27.4.09.

Il d.P.R. ed il D.M., assieme a tutto ciò che bisogna sapere sul DOMINIO, si trovano Portale dei Servizi Telematici (o PST) all’indirizzo  http://pst.giustizia.it/PST/ .

Il d.m. all’art. 3 stabilisce la seguente “Organizzazione del sistema informatico”:

1. Il sistema informatico del Ministero della giustizia è articolato a livello nazionale, interdistrettuale, distrettuale e locale.

2. Il livello nazionale è costituito dalle componenti relative agli uffici dell’Amministrazione centrale, della Corte di Cassazione, della Procura Generale presso la Corte di Cassazione, del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e della Direzione Nazionale antimafia e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni o centralizzati.

3. Il livello interdistrettuale è costituito dalle componenti relative agli uffici di più distretti di Corte di Appello e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni agli ambiti di uffici di più distretti.

4. Il livello distrettuale è costituito dalle componenti relative agli uffici della sede di distretto di Corte di Appello e da quelle relative all’erogazione di servizi comuni agli ambiti distrettuale e locale.

5. Il livello locale è costituito dalle componenti relative agli uffici periferici del distretto di Corte di Appello.

6. Le strutture elaborative serventi sono allocate in corrispondenza delle componenti di cui ai commi precedenti.

7. Il Responsabile S.I.A. emana ed aggiorna periodicamente, con proprio decreto, le linee guida per la organizzazione e gestione del sistema informatico. Le linee guida sono rese note con gli opportuni strumenti di comunicazione ed in ogni caso sul portale internet dell’Amministrazione

L’art. 4 individua così l’ “Amministratore dei servizi informatici” o AdSI:

1. L’amministratore dei servizi informatici (ADSI) assicura la conduzione operativa di specifiche componenti del sistema informatico, effettuando, anche mediante accesso remoto, tutte le operazioni necessarie a garantire i requisiti di cui all’art. 2.

2. Un coordinatore degli ADSI viene nominato qualora vi sia la necessità che più amministratori operino su componenti identiche o affini del sistema informatico.

3. E’ in ogni caso prevista la nomina di un coordinatore degli ADSI per ciascuna delle sale server nazionali, interdistrettuali e distrettuali.

4. Il Responsabile S.I.A., su proposta del dirigente informatico competente per territorio o per settore, designa i soggetti di cui ai commi 1, 2 e 3, individuandoli fra gli esperti informatici dell’Amministrazione ovvero, se non sono disponibili tali risorse, ricorrendo a personale esterno qualificato.

5. L’amministratore dei servizi informatici, se nominato responsabile del trattamento da parte dei titolari delle banche dati, pone in essere le iniziative necessarie per il rispetto degli standard di sicurezza e della normativa sulla tenuta informatizzata dei registri, anche alla luce delle direttive concordemente emanate dai titolari delle banche dati.

6. In ogni caso, l’amministratore dei servizi informatici garantisce che il capo dell’ufficio giudiziario, o un suo delegato, possa accedere alla infrastruttura logistica condivisa per verificare il rispetto degli standard di sicurezza e della normativa sulla tenuta informatizzata dei registri.

All’art. 5 si procede all’ “Identificazione delle componenti del sistema informatico”:

1. La D.G.S.I.A. produce e mantiene aggiornato un dettagliato inventario di tutti gli elementi facenti parte del sistema informatico. (nel contratto di assistenza sistemistica e applicativa è inclusa la creazione e l’aggiornamento dell’inventario dei dispositivi informatici connessi alla rete informatica)

2. La D.G.S.I.A. definisce la struttura dell’inventario ed i criteri di accesso e conservazione delle informazioni in esso contenute.

3. L’amministratore dei servizi informatici predispone un dettagliato inventario delle componenti del sistema informatico di sua competenza secondo la struttura di cui al comma 2 e lo mantiene aggiornato ogni qualvolta si verifica una variazione.

4. L’inventario di cui al comma 1 è reso disponibile a tutti gli uffici interessati.

Nell’art. 6 è definito il “Piano di distribuzione delle risorse informatiche”.

L’art. 7 attribuisce la “Gestione della sicurezza del sistema informativo” al “Responsabile S.I.A., che predispone il documento programmatico della sicurezza di cui all’art. 34 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, relativamente alle componenti del sistema informatico dell’Amministrazione, che sono centralmente gestite e controllate, mentre gli uffici, con la collaborazione tecnica del CISIA competente, predispongono il documento programmatico della sicurezza di cui all’art. 34 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, relativamente al sistema informativo di propria competenza e lo rendono disponibile al Responsabile S.I.A.” (sul punto da vedere anche l’art. 15 “Disposizioni per la salvaguardia dei dati”).

Nell’art. 8 sono definiti i criteri di “Politica di gestione degli accessi” ovvero l’insieme delle funzioni del DOMINIO che ciascuno di noi può utilizzare. La responsabilità è sempre del Responsabile S.I.A., ma (co .6) “La struttura per la sicurezza del distretto individua i referenti degli uffici per l’assegnazione agli utenti dei profili relativi al trattamento dei dati”

Fra i referenti degli uffici c’è il Referente GSI, cui compete l’associazione all’utenza ADN dei servizi di interoperabilità concessi dall’Ufficio di competenza, generalmente su indicazione del Capo dell’Ufficio Giudiziario.

Le profilature di accesso agli applicativi ministeriali possono essere stabilite unicamente dalle persone indicate dall’Ufficio Giudiziario di appartenenza. Ciascun applicativo è dotato di un proprio modulo di gestione delle utenze (CAAA) e consente di profilarle in modo da consentire di visualizzare e modificare soltanto le informazioni di propria competenza in virtù dei compiti istituzionali assegnati. L’associazione del profilo all’utenza è stabilita da un Referente dell’Ufficio Giudiziario e implementata sull’applicativo da utenti appositamente autorizzati: in generale i tecnici dei C.I.S.I.A.; a volte i tecnici dell’Assistenza esterna; più raramente personale interno dell’Ufficio Giudiziario.

È possibile far coincidere le credenziali ADN con quelle di accesso agli applicativi ministeriali: in alcuni casi (ad esempio il SICP) è necessario reinserirle nell’apposita maschera di autenticazione; in altri casi (ad esempio il sw KAIROS di gestione delle presenze) l’accesso è consentito senza una nuova procedura di autenticazione. Rimane, in ogni caso, la necessità di stabilire sul singolo applicativo la profilatura associata all’utenza di accesso, anche se si utilizzano le credenziali ADN.

Il co. 7 prevede che “Il Responsabile S.I.A., o suoi delegati, assegna agli amministratori dei servizi informatici uno o più profili volti alla conduzione, anche remota, dei sistemi e delle postazioni di lavoro e ne dà comunicazione agli uffici interessati”, ragione per cui alcuni uffici non sono entrati in ADN (sul punto posso solo rinviare alle delibere del CSM del 2012, 2013 e 2014).

L’art. 9 definisce le politiche di “Salvataggio e conservazione dei dati”, che avviene (co. 2) “… con cadenza almeno giornaliera”. Al co. 4. si prevede, invece, che “Le procedure di backup consentono di effettuare, con frequenza almeno triennale, una copia storica dei dati, che dovrà essere conservata secondo le modalità di cui al comma 3. Eseguita tale operazione, dal registro in uso possono essere eliminati i dati relativi agli affari esauriti da almeno due anni”. Si tratta della c.d. storicizzazione dei dati, indispensabile per la velocità di consultazione dei dati correnti. In ogni caso (co. 5) “Il sistema di consultazione della copia storica dei dati ne garantisce la leggibilità nel tempo e l’autenticità, secondo le regole tecniche emanate ai sensi degli articoli 22 e 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”. Generalmente sono i C.I.S.I.A. a definire le politiche di backup da implementare, sebbene siano di diretta competenza del Titolare dei dati (sulla problematicità dell’individuazione di questo soggetto v. oltre).

È anche previsto dall’art. 10 un “Monitoraggio del sistema”.

Per l’art. 11 l’ “Infrastruttura logistica” è definita da “Il Responsabile S.I.A. (che) predispone, con proprio decreto, le linee guida per l’allestimento dei locali adibiti a sale server.

L’art. 12 dedicato al SW dispone:

“1. E’ consentito installare ed utilizzare unicamente il software preventivamente approvato dal Responsabile S.I.A. secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, del decreto ministeriale 27 marzo 2000, n. 264.

“2. L’elenco dei software nazionali con le relative funzionalità fornite è pubblicato sul sito dell’Amministrazione.

“3. Non è consentito utilizzare o sperimentare software, in deroga a quanto previsto al comma 1, salvo specifica autorizzazione del Responsabile S.I.A.

“4. Il software è installato esclusivamente a partire da supporti fisici originali, ovvero per i quali sia nota e sicura la provenienza.

“5. Il software e la relativa documentazione, realizzati per conto della D.G.S.I.A., sono prodotti in maniera conforme alle regole tecniche dettate dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione.”

Un’analisi della normativa sui c.d. SW domestici ovvero quelli sviluppati negli Uffici è contenuta della delibera del C.S.M. del 3.11.11 (per la sintesi ed i commenti rinvio all’indispensabile relazione del collega DI GIORGIO all’Incontro con i referenti distrettuali per l’informatica (RID) e i magistrati di riferimento (MAGRIF) 2012 – codice corso 6104-2012 – reperibile sul sito cosmag fra i corsi e nell’area RID).

Come avevo accennato in “RID e Mag. Rif. questi sconosciuti”, l’art. 3.9 della delibera del C.S.M. assegna loro il compito di curare la qualità e completezza dei dati statistici, mentre l’art. 13 del D.M. titolato “Dati in formato elettronico” dispone che (co. 3): “Il dirigente o responsabile dell’ufficio è responsabile della qualità dei dati e ne verifica periodicamente, anche attraverso il personale dell’ufficio all’uopo incaricato ed anche utilizzando strumenti automatici, correttezza ed aggiornamento, assumendo le conseguenti iniziative”. È pur vero che (co. 4): “Il dirigente o responsabile dell’ufficio può nominare uno o più delegati per le attività di controllo sui dati di propria competenza” e che il (co. 5): “La delega di cui al comma precedente è attribuita al personale dell’ufficio o, nel caso previsto dall’articolo 3, di altro ufficio”.

Non è questa la sede per affrontare il complesso problema di chi sia il titolare dei dati e come questo si concili con l’organizzazione di cui agli artt. 3 e 11 del d.m. e l’organizzazione territoriale degli Uffici giudiziari, ma pongo la questione all’attenzione di RID, MagRif e tutti i soggetti interessati all’informatiche, per le decisive ricadute in termini di sicurezza, soggetto che deve dare le direttive sul modo di utilizzo del SW, condivisione dei dati fra i vari Uffici, etc.

Fondamentale per la conoscenza dei SW è l’art. 14 sugli “Applicativi per la tenuta dei registri”, per il quale (co. 1): “L’applicativo è accompagnato da apposita documentazione di utilizzo, costituita da un manuale di amministrazione ed un manuale di utilizzo, disponibile sia in forma cartacea che in forma elettronica”. Questo significa che di ogni SW è presente un manuale per l’utente. Molto importante è anche il contratto di appalto in base al quale è stato prodotto il SW.

Il C.I.S.I.A. intervengono direttamente nella gestione dei SW ministeriali, ma non nella correzione e sviluppo.

Tutti i SW sono stati appaltati a ditte esterne, per cui il loro sviluppo è condizionato dai termini del contratto, ma la conoscenza del contratto ci consente di capire se e quali interventi rientrano nell’oggetto (e fino a quando) e quali, invece, non ci rientrano.

Qui si coglie la differenza fra le MAC (Manutenzione Adeguativa Correttiva) ovvero quegli interventi che il fornitore del SW deve fare per rendere il prodotto conforme al contratto e le MEV (Manutenzioni Evolutive) ovvero quegli interventi che gli utenti (e, in ultima analisi, DGSIA) ritengono utili per migliorare il SW, ma che non erano previsti nel contratto e che, pertanto, vanno pagati a parte. Si deve tenere presente che i contratti vengono ora stipulati per punti-funzione, per cui un certo numero di MEV sono in certo modo comprese nel prezzo del contratto, anche se ovviamente occorre stabilire la priorità fra le varie richieste che vengono fatte dagli utenti (pensate p.e. ad un “pulsante” virtuale per svolgere in modo più rapido una certa funzione).

Ho accennato al fatto che i SW sono stati quasi tutti realizzati da ditte esterne, purtroppo anche per l’assistenza accade lo stesso. In realtà possiamo dire che questa è la costante delle risorse del DOMINIO, come in parte è fisiologico in ogni organizzazione. Vale per l’HW, ivi compresa la smart card per la firma digitale, appaltata a Postecom, vale per i SW sia ministeriali, che commerciali come le licenze Microsoft per Office, vale per le reti. Questo impone di avere diversi riferimenti contrattuali per le diverse problematiche, con quanto ne segue in termini di controparte, oggetto del contratto, tempi della garanzia, etc. L’unico consiglio che posso dare è quello di ottenere dai CISIA che la documentazione sia conservata in modo ordinato e scrupoloso, in modo da reperire le informazioni rapidamente quando servono. Il nuovo ruolo che hanno assunto il Presidente della Corte di Appello ed il Procuratore Generale nella manutenzione degli Uffici potrebbe contribuire ad una maggiore centralità delle esigenze degli Uffici nell’applicazione di tutti questi contratti.

Sullo specifico punto dell’assistenza richiamo il fondamentale contributo delle colleghe Amoroso e Cataldi su “Diritti & Giurisdizione” n. 2/15 e, in particolare, il paragrafo della loro Relazione Annuale sullo stato dell’informatica nel Distretto di Napoli dedicato all’assistenza: “L’incremento  delle  novità  informatiche  ha  profondamente  legato  l’esercizio  della giurisdizione all’efficienza dell’assistenza. E  bisogna  osservare  che  questo  dato  non  si  armonizza  facilmente  con  la  scelta Ministeriale di  affidare  l’assistenza  a  ditte  esterne.  Tale  scelta,  si  può  affermare chiaramente,  si  è  rivelata fallimentare  e  foriera  di  complicazioni  nei  rapporti ,  spesso  caratterizzati  dalla  mancanza delle informazioni di base. L’impossibilità  di    un  contatto  istituzionale  con  le  ditte  di  assistenza  rende  obbligatorio  il passaggio tramite il CISIA locale, alla cui diligenza è, per la metà, connessa l’efficienza della giustizia” (considerazioni dello stesso tenore erano già reperibili in rete da parte del gruppo InnovazioneperArea, del collega Consolandi, della prof. Undiemi).

Attualmente il contratto assistenza, vigente fino a settembre di quest’anno, è stato aggiudicato al Raggruppamento temporaneo  d’imprese  (RTI) composto da Telecom  Italia  S.P.A. (capogruppo  mandataria), SelexElsag S.P.A., Sirfin  S.P.A., Progesi  s.p.a.  e  Topnetwork  SPA  (mandanti), che a loro volta erano state autorizzate a subappaltare le attività  previste  dal  contratto, per cui negli Uffici operano altre ditte, alcune da molti anni, il cui personale è il vero depositario delle conoscenze sul funzionamento dei SW e la cui eventuale sostituzione sarà ovviamente foriera di notevoli problemi.

Per le anticipazioni sul nuovo contratto di assistenza devo necessariamente rinviare a QG on line—.

Problemi ricorrenti e relative soluzioni

Con questi riferimenti normativi e contrattuali siamo in grado, in conclusione, di fare un po’ di chiarezza sui soggetti tenuti a fornirci assistenza a seconda dei vari problemi che si verificano. In modo pratico e discorsivo seguiamo passo passo le varie situazioni che si possono presentare e vediamo cosa si deve fare.

Assegnazione del pc portatile al MOT.

Una gestione ideale dovrebbe prevedere la consegna al MOT del pc portatile al momento dell’immissione in servizio, in modo che possa impratichirsi con le risorse del DOMINIO durante il tirocinio, quando si ha molto più tempo per queste cose. Può essere utile suggerire al Capo dell’Ufficio giudiziario a fare un apposita richiesta nominativa alla D.G.S.I.A. per la fornitura dei notebook necessari appena i nuovi MOT vengono immessi nelle funzioni.

Guasto del pc portatile di un collega.

Si può contattare lo SPOC TELECOM: l’assistenza verificherà se in garanzia e provvederà di conseguenza. Diversamente si deve provvedere con le risorse “cannibalizzate” in precedenza. Con questa espressione intendo la buona prassi di non buttare tutti i pc, ma di conservare quelli in buono stato d’uso, in modo da vedere se è possibile recuperarne dei pezzi ovvero di assegnarli in uso ai colleghi rimasti sprovvisti, fino a quando non ne ottengono uno nuovo. Anche in questo caso una gestione ideale dovrebbe prevedere una sostituzione periodica ed un piccolo magazzino, magari anche solo distrettuale, per far fronte all’emergenza. Non andrebbe dimenticato che oggi con il Processo Telematico, l’assenza di PC equivale ad impossibilità di esercitare la giurisdizione.

Assegnazione del pc fisso al tirocinante.

La decisione compete al singolo Ufficio Giudiziario sulla base della propria dotazione. Al riguardo ricordo che moltissimi PC fissi sono stati acquistati dal MinGiu proprio a questo scopo negli ultimi due anni.

La “portabilità” di tastiera, lettore di smart card, stampante, monitor …

Dal 2013 le forniture di PC portatili con docking station (il simpatico HW che consente di inserire il portatile in una slitta in modo da collegarlo subito a tutte le periferiche dell’Ufficio o di casa) comprende una serie di altri HW (di solito anche una stampante multi-funzione). Queste forniture, mirate ad assicurare l’impegno dei magistrati all’uso del PCT, sono state estese anche al penale in relazione a progetti di dematerializzazione del fascicolo penale. Già dal 2009 la D.G.S.I.A. aveva espresso favorevole al trasferimento del portatile alla nuova sede del magistrato (a maggior ragione, verrebbe da dire, in caso di mero tramutamento di funzioni). Questa “portabilità” va sicuramente affermata anche ora, considerato che tutte le funzioni comportano sicuramente l’interlocuzione con le risorse del DOMINIO e, quasi sempre, l’uso di applicativi per il Processo Telematico o la dematerializzazione degli atti, per cui la possibilità di scaricare dati sul portatile dal DOMINIO per lavorarci a casa va sempre assicurata al magistrato. L’opinione più diffusa è che tale “portabilità” riguardi solo il pc portatile e non anche gli altri accessori HW, soprattutto quelli più voluminosi come monitor e stampante, ma non mi constano pronunciamenti ufficiali sul punto. Sicuramente c’è una disposizione della D.G.S.I.A. in base alla quale l’assistenza sul pc viene assicurata solo ad una macchina: il magistrato dotato di postazione fissa e portatile deve scegliere quale delle due vuole far “assistere”. Suggerisco di attribuire il pc fisso al tirocinante, in modo da avere l’assistenza su tutte le macchine, qualora si abbia la fortuna di averne due.

… ed il guasto.

Vale quanto detto in precedenza sul guasto del pc portatile.

L’attribuzione dell’utenza ADN.

Per il personale interno dell’Amministrazione viene creata per default. Per il personale esterno deve provvedere il Referente GSI.

Problemi per la “password di ogni giorno”.

Bisogna rivolgersi allo SPOC TELECOM.

Problemi con la posta elettronica.

Bisogna rivolgersi allo SPOC TELECOM, anche per configurare il SW utilizzato per consultarla.

Installazione dei SW ministeriali …

In linea di massima è necessaria la solita richiesta allo SPOC TELECOM; per alcuni applicativi ci pensa direttamente il C.I.S.I.A. Non è possibile stabilire una linea generale valida su tutto il territorio nazionale, trattandosi di valutazioni strettamente correlate alla gestione del singolo C.I.S.I.A. e del personale tecnico che vi lavora, soprattutto delle risorse disponibili, che sono molto variamente distribuite sul territorio. I C.I.S.I.A. più dotati di personale possono provvedere direttamente, mentre nei C.I.S.I.A. meno dotati l’intervento sarà fatto dall’assistenza.

… e commerciali.

Escludendo la suite MS Office (e, in teoria, soltanto per il personale autorizzato), l’installazione di software commerciale sulle postazioni di lavoro non è generalmente consentita. Poiché le utenze ADN assegnate al personale degli Uffici Giudiziari non hanno la profilatura di amministratore locale del PC, non è nemmeno possibile procedere in maniera autonoma, per cui bisogna provvedere con la solita richiesta allo SPOC TELECOM.

La profilazione del SW ministeriale.

Le profilature di accesso agli applicativi ministeriali possono essere stabilite unicamente dalle persone indicate dall’Ufficio Giudiziario di appartenenza. Sono implementate sull’applicativo da utenti appositamente autorizzati che sono di solito i tecnici dei C.I.S.I.A., altre volte personale interno dell’Ufficio Giudiziario o i tecnici dell’Assistenza esterna: anche in questo caso un ruolo importante lo riveste la dotazione organica del C.I.S.I.A., ma anche la sensibilità degli Uffici giudiziari sul personale che può accedere a dati molto sensibili.

Problemi con il SW ministeriale.

La prima indicazione è sempre quella di rivolgersi allo SPOC TELECOM: saranno loro eventualmente a reindirizzare la richiesta a chi ne compete la risoluzione. L’esperienza ha, però, dimostrato che si tratta del maggior numero di richieste di assistenza e, purtroppo, anche di quelle in cui è più facile il rimpallo fra i vari soggetti competenti (v. MAC e MEV). Anche se risulta piuttosto gravoso, consiglio ai RID (ed anche ai MagRif più volenterosi) di farsi mandare in cc questo genere di richieste, in modo da facilitare la diretta interlocuzione con le persone che in D.G.S.I.A. seguono lo sviluppo dei vari applicativi ministeriali e che possono meglio di tutti rendersi conto dell’importanza della segnalazione. L’analisi di queste richieste è, poi, un bacino di informazione fondamentale per elaborare la relazione annuale da mandare al C.S.M. e per organizzare una formazione veramente mirata sui bisogni di chi utilizza gli applicativi ministeriali ogni giorno.

La carta Postecom.

La smart card è un accessorio HW di vitale importanza per chi usa il Processo Telematico, poiché senza di essa non si possono firmare e depositare i provvedimenti nativi digitali. La D.G.S.I.A. sta affrontando il problema in modo più strutturato di quanto non sia stato fatto fino ad oggi. Attualmente c’è una convenzione con Postecom, che è possibile attivare dal seguente link

http://firmadigitale.giustizia.it

I colleghi più “informatizzati” hanno anche una smart card privata, in caso di rottura. La firma può essere apposta con una carta qualunque, anche se con troppe carte si potrebbero forse creare dei conflitti fra i diversi SW e, in ogni caso, non sarebbe facile ricordarsi tutte le varie password e ricordarsi sempre dov’è il dispositivo che non si usa di solito. Tenete presente che la perdita della smart card è grave quando la perdita della carta di credito o del bancomat.

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Relatori Francesco Cananzi e Antonello Ardituro

Relazione introduttiva

La circolare si propone di aggiornare e completare, sostituendola integralmente, la disciplina del 2011 relativa ai magistrati referenti distrettuali per l’informatica (RID) ed ai magistrati di riferimento per l’informatica (MAGRIF) che sono ormai una realtà consolidata di quel governo autonomo diffuso che caratterizza l’attuale e più avanzato sistema di intervento, propulsione e gestione dei processi di informatizzazione e di innovazione degli uffici giudiziari.

Sul punto vanno richiamate le considerazioni generali contenute nella relazione illustrativa della circolare n. P 25382 dell’11 novembre 2011 che non si riportano per brevità.

Va solo rilevato come i processi di innovazione negli ultimi cinque anni hanno subito la più incisiva accelerazione di sempre, con la piena attuazione del processo civile telematico ed il forte incremento dei processi di informatizzazione degli uffici giudiziari. Il Consiglio se n’è occupato sistematicamente nelle fondamentali delibere del 13 maggio2015 inmateria di processo civile telematico e del 14 ottobre2015 inmateria di processo penale telematico.

Si è altresì rinsaldato il circuito virtuoso che lega il C.S.M., e la settima Commissione in particolare,la Struttura Tecnicaper l’Organizzazione, i RID ed i MAGRIF, anche attraverso i periodici incontri di formazione e aggiornamento, per la determinazione di una politica dell’innovazione del governo autonomo della Magistratura capace di confrontarsi, con spirito di leale collaborazione, con il Ministero della Giustizia e le sue articolazioni, anche nell’ambito del Comitato paritetico CSM-Giustizia.

Le modifiche apportate alla disciplina previgente sono dunque il frutto dell’ascolto e della elaborazione della settima Commissione nell’ambito degli incontri annuali con i RID ed i MAGRIF, nonché dell’esperienza concreta sviluppatasi negli ultimi due anni di consiliatura.

Sulla scorta di tale esperienza è apparsa opportuna la costituzione di un unico Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (denominato UDI), costituito dai RID giudicanti e requirenti, confermando a livello di circolare quanto introdotto con la delibera del 23/9/2015,  e  cioè  la  previsione  per  ciascun Distretto, a  prescindere dalle dimensioni, di un RID giudicante penale ed uno civile e di un RID requirente.

All’UDI è stata assicurata la disponibilità dei Presidenti della Corte d’Appello alla costituzione di un ufficio con le relative dotazioni materiali ed umane, che viene definita come Struttura permanente di riferimento.

Sono state puntualizzate le regole per la nomina dei MAGRIF, a mezzo interpello con specifica indicazione dei settori di destinazione, nonché nelle ipotesi di mancanza o limitatezza del numero degli aspiranti.

Si è poi specificata l’entità dell’esonero dei RID in ragione delle dimensioni del Distretto  e  lo si  è qualificato, unitamente all’esonero  dei  MAGRIF, come obbligatorio. Invero l’aumento in concreto delle energie e dell’impegno richiesto a tali magistrati, unitamente all’aumento della consapevolezza della centralità del loro ruolo, per il miglioramento dell’efficienza e della qualità della giurisdizione, hanno suggerito l’opportunità di prevedere l’esonero come obbligatorio, in modo da imporre ai dirigenti degli uffici le relative variazioni tabellari e dei progetti organizzativi.

Rilevante l’abrogazione della norma che prevedeva la formulazione del piano triennale programmatico, dovuta alla constatazione in concreto della inadeguatezza dello strumento, dovuta alla rapidità con cui stanno evolvendo i sistemi nel settore dell’innovazione, e per la difficoltà di conciliare tali progetti con le determinazioni organizzative   contingenti   dei   dirigenti degli uffici giudiziari. Meglio la rivalutazione della relazione annuale, in modo da far entrare le valutazioni sullo  stato dell’informatizzazione nel processo organizzativo del singolo ufficio, anche attraverso la possibilità di indirizzare una nota tecnica al dirigente. E’ stato poi richiesto un sempre maggiore impegno per la formazione in questo settore, attraverso un sistema verticale che vede impegnata dapprima la settima Commissione ela Sto, anche per i rapporti conla Scuola Superioredella Magistratura, e poi, a livello distrettuale, i RID ed i MAGRIF, a cui si chiede di farsi promotori di progetti di formazione a livello locale anche sugli applicativi ministeriali in uso.

Da evidenziare l’autonomo richiamo alla collaborazione richiesta per il monitoraggio e la diffusione delle buone prassi di organizzazione, settore nel quale il Consiglio sta particolarmente investendo con un progetto che ha trovato nell’edizione del primo manuale ricognitivo delle buone prassi e dei modelli di organizzazione uno straordinario contributo all’organizzazione giudiziaria nel suo complesso (cfr. delibera del 7 luglio 2016).

In questo contesto appare opportuno, restando invariati gli acronimi, ritenere compiuto anche dal punto di vista nominale il percorso tratteggiato nella relazione illustrativa della circolare del 2011 che faceva evolvere i RID da referente per l’informatica a referente per l’innovazione, e parallelamente per i MAGRIF.

Da segnalare infine l’introduzione di una espressa previsione delle figure di Referente per l’informatica e l’innovazione e di magistrati di riferimento negli uffici della Corte di Cassazione e della Procura generale pressola Cortedi Cassazione che, sebbene non formalmente contemplate nella circolare del 2011, per prassi hanno operato anche in questi uffici, con medesime modalità di nomina.

In questo ambito si è ritenuto per completezza ed omogeneità di previsione, di estendere tali figure anche alla Procura nazionale Antimafia.

Circolare in materia di magistrati referenti distrettuali e magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica (RID e MAGRIF)

Art. 1 – Ruolo, nomina e conferma dei referenti informatici distrettuali

1. I referenti distrettuali per l’innovazione e l’informatica (RID), quali esperti in tali materie nei distretti, in collaborazione con il Consiglio Superiore della Magistratura, di cui costituiscono gli organi di prossimità sul territorio per l’innovazione tecnologica, cooperano con i Presidenti di Corte di Appello, con i ProcuratoriGenerali e con i dirigenti degli uffici giudiziari del distretto.

I RID partecipano alla Commissione flussi dei Consigli giudiziari, fornendo il loro parere sulla congruità dei dati e su ogni altro profilo di interesse della Commissione.

Hanno accesso diretto agli archivi digitali degli uffici del distretto per quanto di competenza presso il nuovo sistema informatico del CSM.

In ciascun distretto vengono nominati un referente informatico distrettuale per il settore civile, uno per il settore penale giudicante e uno per il settore requirente. Essi costituiscono l’Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (U.D.I.).

2. I RID sono nominati con delibera plenaria, su proposta della Settima Commissione Referente del Consiglio Superiore della Magistratura, previo interpello tra i magistrati esperti nel settore.

La segreteria della Settima Commissione del Consiglio tiene aggiornato l’elenco dei RID.

3.   Non possono ricoprire l’incarico di RID i magistrati che svolgono funzioni direttive e semidirettive, i magistrati che fanno parte del Consiglio Giudiziario o del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione e della Struttura Tecnica Organizzativa del Consiglio Superiore della Magistratura.

I magistrati referenti per la formazione, i magistrati di riferimento per l’informatica ed i magistrati delle Commissioni Flussi, ricevuta la nomina a RID, devono optare per una delle funzioni, rinunciando all’altra, nel termine di 15 gg. con dichiarazione scritta rivolta alla Settima Commissione, e rispettivamente, alla Scuola Superiore della Magistratura, al dirigente dell’ufficio ed al Consiglio Giudiziario.

4. I titoli per la valutazione delle domande sono fissati nei bandi di concorso. Nella valutazione dei titoli si darà rilievo con preferenza a spiccate attitudini dell’aspirante in
materia di informatica giudiziaria e nell’innovazione, tratte:

·  dalla concreta e positiva esperienza in tema di informatica giudiziaria ed innovazione, anche con riferimento alla promozione delle best practices;

· da positive esperienze di coordinamento ed organizzazione, e in via sussidiaria

· dalla partecipazione a corsi di studio e dalle pubblicazioni in materia di informatica giudiziaria, innovazione ed organizzazione.

  1. I RID ricoprono l’incarico per tre anni, rinnovabile per altri due, previa dichiarazione di disponibilità da presentare almeno due mesi prima della scadenza.
  2. Al termine del periodo triennale i RID devono predisporre un resoconto dell’attività svolta, dando altresì atto delle innovazioni portate a termine e di quelle ancora in corso, nonché delle attività poste in essere dai magistrati di riferimento. Ai fini del rinnovo dell’incarico il resoconto deve essere inviato alla Settima Commissione congiuntamente alla dichiarazione di disponibilità,con un parere sintetico del Consiglio Giudiziario.

Il Consiglio Superiore, ai fini del rinnovo dell’incarico, verifica l’impegno del RID, le attività di coordinamento e di riunione dei MAGRIF, i progressi nell’informatizzazione nel distretto, la redazione delle relazioni, la partecipazione ai corsi e agli incontri istituzionali.

La delibera di mancata conferma è inserita nel fascicolo personale del magistrato.

7.Alla cessazione dell’incarico i RID devono presentare un resoconto riepilogativo di tutta l’attività svolta, anche al fine di consentire ai referenti di nuova nomina la conoscenza delle innovazioni attuate e dei progetti in corso. Copia del resoconto è inserito nel
fascicolo personale del magistrato, con un parere sintetico del Consiglio Giudiziario.

Art. 2 – Ruolo, nomina e conferma dei magistrati di riferimento per l’informatica

  1. I magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica (MAGRIF), quale unità tecnica presso gli uffici giudiziari per l’innovazione tecnologica, collaborano con i RID e con i dirigenti degli uffici giudiziari, rilevano le richieste e le necessità dell’ufficio e le criticità esistenti, suggerendo le soluzioni idonee.
  2. I magistrati di riferimento sono nominati dai dirigenti degli uffici.
  3. In ciascun ufficio giudicante devono essere nominati due magistrati di riferimento, uno per il settore penale e uno per il settore civile; in ciascun ufficio requirente deve essere nominato un magistrato di riferimento. Negli uffici giudicanti con organico superiore a quaranta magistrati possono essere nominati più magistrati di riferimento per ciascun settore, sino a un numero massimo complessivo di sei. Negli uffici requirenti con organico superiore a trenta magistrati possono essere nominati più magistrati di riferimento sino a un numero massimo complessivo di tre.

Il dirigente illustra, con provvedimento motivato, la scelta del numero dei magistrati in relazione alle esigenze dei vari settori o sulla base di progetti specifici.

  1. Il dirigente dell’ufficio procede all’interpello tra tutti i magistrati dell’ufficio, in caso di nomina di più magistrati di riferimento per settore specificando l’ambito operativo ed eventuali progetti specifici, e sottopone le domande al RID il quale, tenuto conto dei titoli e dei profili degli aspiranti e sulla base delle competenze informatiche e organizzative dei candidati, seleziona una rosa di almeno tre magistrati per ogni posto da coprire. Laddove, per carenza di candidature, non sia possibile formare la rosa di almeno tre candidati, il RID esprimerà un parere sui singoli aspiranti. In caso di mancanza di aspiranti, il dirigente dell’ufficio sottoporrà al RID una rosa di tre magistrati selezionata d’ufficio, chiedendo il relativo parere e concerto; negli uffici giudicanti con organico inferiore a trenta magistrati e negli uffici requirenti con organico inferiore a venti magistrati, il dirigente, in mancanza di aspiranti, indicherà un magistrato d’ufficio, chiedendone il concerto al RID, fatto salvo quanto previsto al seguente punto 7.
    1. I Presidenti di Corte di Appello e i Procuratori Generali nonché i Presidenti dei Tribunali e i Procuratori della Repubblica, provvedono, rispettivamente, alla conseguente modifica tabellare o alla modifica del Progetto Organizzativo e all’inserimento del nominativo del MAGRIF nel sistema informatico del CSM in modo che il dato pervenga al RID e alla Settima Commissione del Consiglio, per l’aggiornamento costante dei relativi elenchi.
    2. I magistrati di riferimento durano in carica tre anni, rinnovabili una sola volta per 18 mesi, previa dichiarazione di disponibilità dell’interessato, cui deve essere allegata autorelazione sull’attività svolta e parere del RID.
    3. Tre mesi prima della scadenza del mandato i dirigenti degli uffici provvedono senza ritardo ad un nuovo interpello, all’esito del quale, qualora non vi siano nuovi aspiranti, potrà essere confermato per ulteriori 18 mesi e solo per una volta il magistrato di riferimento in carica.
    4. Non possono essere nominati MAGRIF magistrati che svolgono funzioni direttive e semidirettive salvo, solo per questi ultimi, nei casi in cui non sia possibile nominare altro magistrato anche d’ufficio. Non possono, altresì, essere nominati i magistrati che ricoprono l’incarico di RID, i magistrati che fanno parte del Consiglio Giudiziario o del Consiglio Direttivo della Corte di Cassazione, delle Commissioni Flussi, della Struttura Tecnica Organizzativa del Consiglio Superiore della Magistratura, nonché i magistrati referenti per la formazione.

Art. 3 – L’Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (U.D.I.)

1. E’ istituito presso ogni Corte d’Appello l’ufficio Distrettuale per l’Innovazione del quale fanno parte i RID giudicanti e il RID requirenti del distretto.

L’U.D.I. costituisce struttura permanente di riferimento del Consiglio per l’innovazione e l’informatizzazione.

Gli atti e i documenti dell’U.D.I. riportano    l’intestazione “Ufficio per l’Innovazione del Distretto di (……..)  – Struttura permanente di riferimento del CSM per l’innovazione e l’informatizzazione” e possono, nei diversi casi, essere firmati congiuntamente o singolarmente dai RID.

I Presidenti della Corte d’Appello mettono a disposizione dell’U.D.I. la struttura necessaria per lo svolgimento del compito e li dotano di tutte le risorse (logistiche, tecniche e umane) idonee ad assicurare l’attività di segreteria, protocollo e archivio degli atti in entrata e in uscita.

Il Presidente della Corte d’Appello ed il Procuratore Generale agevolano i rapporti del RID con la dirigenza amministrativa e i funzionari statistici, fissando apposite riunioni o incontri al  fine di fornire al RID l’ausilio necessario per lo svolgimento del proprio incarico e la circolazione di tutte le informazioni..

Il Consiglio Superiore della Magistratura può dotare l’U.D.I. di risorse aggiuntive, anche finanziarie,  rispetto a quelle messe a disposizione dal Presidente della Corte d’Appello.

2. Il Presidente della Corte d’Appello indice almeno una volta l’anno un incontro con i Dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, i RID e i MAGRIF del distretto per verificare la situazione degli uffici in materia di informatica giudiziaria e di innovazione tecnologica, delle risorse disponibili, le criticità da affrontare, le situazioni di eccellenza e le buone prassi
oggetto di possibile diffusione, anche nell’ambito della cooperazione fra uffici.

Con cadenza trimestrale sono organizzati autonomi incontri, convocati rispettivamente dal Presidente della Corte e dal Procuratore generale, su richiesta dell’U.D.I., cui partecipano rispettivamente Dirigenti degli uffici, MAGRIF e RID, giudicanti o requirenti.

Il   verbale   delle   riunioni,   conservati   presso   l’U.D.I.,   sono   trasmessi   alla   settima Commissione.

3. Gli uffici innovazione, eventualmente costituiti presso gli uffici giudiziari, prevedono la partecipazione obbligatoria dei MAGRIF che ne assicurano il coordinamento con l’U.D.I. e
con la relativa programmazione delle attività di innovazione distrettuale.

Art. 4 – Compiti

1. I RID e i MAGRIF svolgono i compiti di seguito indicati, in ausilio anche alle funzioni organizzative proprie dei dirigenti degli uffici e, su richiesta, al Consiglio Giudiziario.

2.  I RID individuano gli obiettivi e curano l’adozione di iniziative indirizzate ad assicurare condizioni di omogeneità del livello di informatizzazione ed innovazione del distretto.

Curano i rapporti con i CISIA e le articolazioni territoriali del Ministero della Giustizia competenti per il Distretto.

Trasmettono alla STO i documenti, anche tecnici, utili alla implementazione dell’area informatica del portale di comunicazione.

3. Ciascun RID indice con i MAGRIF del distretto apposite riunioni periodiche, anche in via telematica. In tali riunioni i MAGRIF rendono edotti i RID della specifica situazione dei singoli uffici giudiziari.

Alle riunioni tra RID e MAGRIF possono essere invitate a partecipare le unità del personale amministrativo individuate come responsabili della innovazione nell’ambito degli uffici. I verbali delle riunioni vengono trasmessi, per quanto di interesse, ai dirigenti degli uffici.

4. I MAGRIF devono elaborare, coadiuvati dai RID e di concerto con i dirigenti degli uffici, almeno annualmente, anche in vista della redazione del piano di gestione ex art. 37 del decreto legge 6 luglio 2011 n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011 n. 111, nonché per la predisposizione del Documento Organizzativo Generale e del Progetto Organizzativo dell’Ufficio di Procura,un documento contenente le seguenti indicazioni:

a)  attuazione dei progetti informatici ministeriali;

b)  iniziative assunte per assicurare la qualità e l’aggiornamento dell’inserimento dei dati;

c)  risorse fornite per lo svolgimento del loro ruolo;

d)analisi delle ricadute che l’automazione ha avuto ed avrà sui modelli organizzativi dell’ufficio e sui rapporti con gli altri uffici giudiziari collegati e con il foro;

e) progetti di diffusione di buone prassi fra quelle censite dal Consiglio e quelle di nuova realizzazione;

f)  qualsiasi altro dato ritenuto utile.

Di tale documento tengono conto, nel dettaglio, i dirigenti degli uffici giudiziari nella predisposizione del Documento Organizzativo Generale e nei piani di gestione ex art.37 l. n. 111/2011, nonché nel Progetto Organizzativo degli uffici requirenti.

5.  I MAGRIF rilevano l’utilizzazione di programmi informatici non ministeriali nei rispettivi uffici, ne danno comunicazione ai RID che relazionano alla settima Commissione, evidenziando fra l’altro se si tratti di sistemi alternativi a quelli ministeriali ovvero ad essi complementari o sussidiari; ne descrivono la natura e l’utilità.

6. Il piano di gestione ex art. 37 l. n. 111/2011 ed il Documento Organizzativo Generale di
ciascun ufficio del distretto viene trasmesso ai RID, che possono trasmettere in merito ai profili di proprio interesse una nota tecnica al dirigente dell’ufficio.

  1. Il dirigente dell’ufficio giudiziario deve acquisire il parere del MAGRIF su tutte le questioni inerenti la materia dell’informatica giudiziaria. Può, altresì, in via preferenziale delegare ai MAGRIF la gestione della distribuzione degli hardware, con espressa indicazione della competenza ad interloquire con il locale CISIA.
  2. I RID curano, all’interno della Commissione flussi, la qualità e la completezza dei dati, anche in occasione della verifica annuale da parte di Consigli Giudiziari del raggiungimento degli obiettivi del programma di gestione.
  3. I RID, coadiuvati dai MAGRIF, d’intesa con i dirigenti degli uffici giudiziari, i funzionari statistici ed i locali Cisia, promuovono l’adozione di criteri omogenei per l’imputazione dei dati nei registri e promuovono una verifica periodica della corretta tenuta dei registri informatici e delle banche dati. Sui risultati della verifica i RID relazionano tempestivamente ai dirigenti degli uffici qualora vengano rilevate criticità che incidano sulla qualità dei dati informatici e statistici, indicando rimedi e soluzioni da adottare.

Per adempiere ai compiti suindicati i RID richiedono ai dirigenti degli uffici del distretto l’accesso al sistema informatico.

10. La Settima Commissionevaluta il mancato adempimento dei compiti sopra indicati ai
fini della revoca anticipata e del rinnovo nell’incarico di RID.

Art. 5 – Attività di informazione e compiti formativi

  1. La Settima CommissioneReferente del Consiglio Superiore della Magistratura organizza almeno un incontro annuale di studi per i RID, finalizzato alla formazione degli stessi e alla informazione sulle tematiche caratterizzanti la materia mediante lo scambio di esperienze sul territorio. All’incontro annuale possono essere invitati a partecipare anche i MAGRIF, qualora esigenze di formazione ed informazione e di coordinamento lo richiedano.
  2. Ai fini della preparazione dell’incontro i RID, in collaborazione con i MAGRIF, trasmettono al Consiglio Superiore della Magistratura, entro il 20 dicembre di ogni anno, una relazione nella quale riferiscono dello stato di attuazione dell’informatica giudiziaria

nel distretto di appartenenza, esponendo le eventuali criticità incontrate o i vincoli da rimuovere, nonché le esigenze formative in materia informatica, utilizzando ilformatche sarà pubblicato sul portale di comunicazione.

  1. La Struttura Tecnicaper l’Organizzazione predispone ogni anno, entro la data prevista per il corso RID e per la sua discussione in quella sede, un documento di sintesi delle relazioni trasmesse dai RID, con eventuali osservazioni e proposte sia con riferimento a situazioni specifiche che in via generale, al fine di monitorare ed individuare la necessità di interventi del Consiglio Superiore della Magistratura, di interlocuzione con il Ministero della Giustizia nell’ambito del relativo Comitato paritetico o conla Scuola Superioredella Magistratura, o di sollecitazione ai dirigenti degli uffici.
  2. All’esito del corsola Settima CommissioneReferente, sulla base di una proposta della S.T.O., propone una delibera al plenum avente ad oggetto una sintesi sullo stato dell’informatica giudiziaria nei vari distretti, rappresentando le eventuali richieste da formulare al Ministero della Giustizia nell’ambito del relativo Comitato paritetico, e le esigenze formative dei magistrati da prospettare alla Scuola Superiore della Magistratura in sede di formazione centrale o decentrata per le materie dell’informatica giudiziaria, della statistica e delle buone prassi organizzative.

La delibera è trasmessa alla Scuola Superiore perché, nell’ambito delle proprie competenze, possa organizzare anche con le strutture di formazione decentrata, di concerto con i RID e con i MAGRIF, incontri di studio aventi ad oggetto temi specifici di informatica giudiziaria, statistica, organizzazione e buone prassi.

5.  I RID, in collaborazione con i MAGRIF, predispongono un progetto informativo distrettuale finalizzato a diffondere le conoscenze in materia di utilizzo degli applicativi ministeriali in uso negli uffici giudiziari. L’U.D.I., sulla base del progetto informativo, richiede alla settima Commissione, le risorse necessarie per la sua realizzazione.

6. I MAGRIF, sentiti i RID,  predispongono documenti di informazione per i magistrati dell’ufficio e per il personale amministrativo sullo stato della innovazione tecnologica.

  1. 7. Periodicamente la settima Commissione, eventualmente delegandola S.T.O., organizza incontri dei Presidenti di Corte di Appello e dei Procuratori Generali sullo stato della innovazione tecnologica nel territorio, con la collaborazione dei RID.
  2. La Settima Commissionedel Consiglio favorisce l’organizzazione di riunioni periodiche tra RID, DGSIA ed altre articolazioni del Ministero della Giustizia per lo scambio di informazione sullo stato della innovazione tecnologica e sui progetti in corso di sviluppo.

Art. 6 – Esonero

1.  Il RID usufruisce di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale ordinaria, che consiste in una percentuale non inferiore al 20% e non superiore al 50% del carico di lavoro e che tiene conto del numero dei magistrati professionali in pianta organica del distretto, così modulato: a) esonero del 20% nei distretti con meno di 150 magistrati professionali in pianta organica; b) esonero del 30% nei distretti con pianta organica compresa tra 151 e 250 magistrati professionali; c) esonero del 40% nei distretti con pianta organica compresa tra 251 e 500 magistrati professionali; d) esonero del 50% nei distretti con più di 500 magistrati professionali in pianta organica.

L’esonero è obbligatorio.

  1. Il MAGRIF usufruisce di un esonero parziale dall’attività giurisdizionale ordinaria, che deve tener conto e deve essere proporzionato alle dimensioni dell’ufficio, ai settori e ai progetti assegnati. Tale esonero può consistere in una percentuale variabile fra il 20 ed il 30% del carico di lavoro. L’esonero è obbligatorio.
  2. I provvedimenti di esonero devono indicare le modalità relative alla concreta applicazione della riduzione del lavoro ordinario con riferimento a tutte le attività del magistrato (es. udienze, turni, assegnazioni di affari).
  3. Il provvedimento di esonero deve essere adottato seguendo la procedura tabellare e riprodotto tra i criteri di assegnazione degli affari relativi alla posizione tabellare dell’interessato negli uffici giudicanti e, analogamente, seguendo le procedure di variazione organizzativa negli uffici requirenti.

Il provvedimento di esonero è immediatamente esecutivo.

5. Il dirigente dell’ufficio deve assicurare la concreta applicazione dell’esonero anche verificandone l’effettività nel tempo, monitorando le statistiche delle attività dell’ufficio.

Art. 7 – Buone prassi di organizzazione

  1. I RID promuovono nelle materie di competenza la raccolta, il monitoraggio e la diffusione delle buone prassi di organizzazione, in particolare di quelle indicate nel manuale ricognitivo adottato dal Consiglio Superiore della Magistratura.
  2. I RID ed i MAGRIF comunicano alla STO le buone prassi di organizzazione in materia di innovazione e di informatica di cui sono promotori e di cui hanno conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni.

Art. 8 – Collaborazione, informazione e comunicazione

1.  Il Presidente della Corte d’Appello, il Procuratore Generale, i dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, assicurano massima collaborazione ai RID ed ai MAGRIF nelle
materie e per l’esercizio delle funzioni di loro competenza.

  1. E’ operante una mailing-list nazionale, alla quale sono iscritti i componenti della Settima Commissione, i Consiglieri che ne facciano richiesta, i componenti della Struttura Tecnica per l’Organizzazione ed i RID, al fine di incrementare lo scambio di informazioni ed assicurare una proficua comunicazione.La Settima Commissionevaluta le modalità per assicurare analoga informazione ai MAGRIF.
  2. Sul portale di comunicazione è istituita un’area di consultazione in materia di informatica giudiziaria riservata ai RID e ai MAGRIF, divisa in un settore di informazione e in un settore di documentazione.

L’area di consultazione, curata ed aggiornata, come da separata delibera, offre i seguenti servizi:

a) redattore atti per la predisposizione di documenti informatici da parte dei RID e MAGRIF, integrato con un sistema di protocollazione, archiviazione documentale e spedizione elettronica dei documenti via mail (anche verso indirizzi di posta elettronica certificata); i documenti saranno redatti con l’intestazione di cui all’art. 3 e l’indirizzo di spedizione sarà un indirizzo ufficiale dell’ufficio RID del distretto;

b) sistema di archiviazione documentale personale per ciascun RID e MAGRIF;

c) archivio dei documenti RID e MAGRIF organizzato per aree;

d)format per la relazione annuale;

e) elenco dei RID e dei MAGRIF aggiornato costantemente;

f)  archivio delle mail circolate sulla lista dei “referenti informatici”.

Art. 9 – Corte di Cassazione – Procura generale pressola Cortedi Cassazione – Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo

1. Il Consiglio, previo interpello, acquisito il parere del Dirigente e del consiglio direttivo, nomina due referenti per l’informatica e per l’innovazione – uno nel settore civile ed uno nel settore penale – perla Suprema Cortedi Cassazione, ed uno perla Procura Generalepressola Cassazione. Ireferenti partecipano alla commissione flussi presso il Consiglio Direttivo.

Nomina altresì, con le stesse modalità, un referente per l’informatica e l’innovazione perla Procuranazionale antimafia ed antiterrorismo.

2. I Dirigenti degli uffici sopra indicati individuano previo interpello ed in numero variabile in relazione ai diversi settori ed alla peculiarità dei tre uffici, magistrati di riferimento per l’innovazione e l’informatica che collaborano con i magistrati referenti indicati al comma 1.

  1. E’ istituito l’Ufficio per l’Innovazione della Suprema Corte di Cassazione e della Procura Generale pressola Cortedi Cassazione (U.I.C.), del quale fanno parte i relativi referenti per l’informatica e l’innovazione. L’Ufficio coordina le proprie attività, sentiti i dirigenti, con l’Ufficio CED pressola Cortedi Cassazione.  
  2. Ai referenti per l’informatica ed ai magistrati di riferimento della Corte di Cassazione, della Procura Generale e della Procura Nazionale si applicano le norme della presente circolare in quanto compatibili.

Art. 10 – Entrata in vigore – norma transitoria

La presente circolare entra in vigore al momento della sua approvazione e sostituisce integralmente la circolare n. P. 25382 dell’11 novembre 2011 e succ. mod.

Gli incarichi di RID e MAGRIF già rinnovati al 31 luglio 2016 hanno scadenza secondo la durata prevista dalla precedente circolare n. P. 25382 dell’ 11 novembre 2011 e succ. mod.

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di Luigi Petrucci

RID e MAGRIF nella circolare del 31 ottobre 2016

Ad un anno da “RID e MAGRIF questi sconosciuti” torno sull’argomento per aggiornarvi delle copiscue novità introdotte dalla circolare P 20909 del 31.10.16 del Consiglio Superiore della Magistratura (in allegato la Circolare) ovvero il nostro nuovo codice. La Circolare, infatti, sostituisce completamente la precedente (art. 10.1) ed è ora composta di dieci articoli, sempre con l’opportuna indicazione numerica dei vari commi: mantengo, quindi, la dizione 1.1 per indicare articolo e comma (nell’esempio: articolo 1, comma 1).

La Circolare istituisce l’Ufficio Distrettuale per l’Innovazione (U.D.I., artt. 1.1, ultimo capoverso, e 3), composto ora in tutti i Distretti dal RID per il settore civile, penale giudicante e penale requirente, precisa le procedure di nomina dei MAGRIF e la necessità che siano uno per il settore civile ed uno per il settore penale (art. 2), chiarisce i compiti di RID e MAGRIF nei confronti degli altri soggetti dell’innovazione informatica ed organizzativa, la misura e la modalità dell’esonero (art. 6), elimina il Piano Triennale di coordinamento. Sono state così recepite le principali richieste che erano state formulate negli anni passati all’incontro annuale per RID e MAGRIF e si apre, quindi, un nuovo scenario: vediamo quale.

L’incarico di RID durerà 3 anni più 2 in caso di conferma (art. 1.5). Sostanzialmente invariate le procedure di nomina e conferma: ovviamente ben diverso il tipo di impegno in relazione ai compiti ed alla cospicua misura dell’esonero, che vedremo dopo.

Negli Uffici ordinari di cognizione i MAGRIF devono essere diversificati per il settore civile e penale (art. 2.3). Anche a seguito dell’immediata interlocuzione sulla mailing list istituzionale, è stato chiarito che la nomina è funzionale all’effettiva conoscenza dei sistemi ministeriali da parte dei MAGRIF, per cui negli Uffici specializzati (Tribunale di Sorveglianza e per i Minorenni) e talmente piccoli da imporre le funzioni promiscue non è necessaria la doppia nomina. Negli Uffici giudiziari giudicanti superiori a 40 magistrati in organico possono essere nominati fino a 6 MAGRIF per settori diversi e nei requirenti fino a 3. Regole specifiche sono, quindi, dettate per gli Uffici nazionali: Cassazione, Procura Generale e Procura Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo (art. 9).

Totalmente nuove le procedure in caso di mancanza di più di 3 aspiranti per ogni posto da coprire, dove il compito del RID di riferimento resta quello di individuare la rosa di 3 aspiranti fra i quali il Dirigente effettuerà la nomina del MAGRIF (art. 2.4, primo alinea: almeno questa è la mia interpretazione della Circolare, mi pare meno conforme alla lettera che tale competenza sia collegiale). Se vi sono degli aspiranti, il RID di riferimento esprime un parere su ciascuno degli aspiranti. Se non ve ne sono, il Dirigente propone una rosa di 3 nomi scelti di ufficio, sui quali il RID esprime il parere ed il concerto (art. 2.4, secondo alinea). Il provvedimento di nomina segue le procedure di modifica tabellare o del progetto organizzativo (art. 2.5).

Anche la proroga dei MAGRIF si accorcia in questo caso da 24 a 18 mesi (art. 2.6), prorogabili di ulteriori 18 mesi in caso di assenza di aspiranti a seguito dell’interpello per la sostituzione (art. 2.7). La prima proroga è fatta su richiesta del MAGRIF, valutate l’autorelazione sull’attività svolta ed il parere del RID di riferimento, che non sembrano necessarie per la seconda proroga.

Attenzione soprattutto alla durata delle conferme di RID e MAGRIF deliberate dopo il 31.7.16, alle quali sono destinate ad applicarsi le nuove disposizioni, come previsto dall’art. 10.1 (la durata del primo periodo è e resta la stessa).

Se il perno della precedente Circolare sembrava essere il Piano Triennale di coordinamento, l’attuale motore dell’innovazione dovrebbe essere l’U.D.I., la cui denominazione ufficiale è “Ufficio per l’Innovazione del Distretto di (…)  – Struttura permanente di riferimento del CSM per l’innovazione e l’informatizzazione”. Si tratta di un vero ufficio, dotato di personale e mezzi messi a disposizione dal Presidente della Corte di Appello e dal Procuratore Generale, che firma i suoi atti in modo congiunto o disgiunto, secondo le competenze collegiali o del settore di riferimento.

Importante la precisazione che gli Uffici Innovazione eventualmente costituiti presso un singolo Ufficio giudiziario devono obbligatoriamente prevedere il coinvolgimento dei MAGRIF per assicurare il coordinamento delle loro iniziative con l’U.D.I. (art. 3.3). Altrettanto importante è l’aver chiarito che i RID “Curano i rapporti con i CISIA e le articolazioni territoriali del Ministero della Giustizia competenti per il Distretto” (art. 4.2, secondo alinea) e che devono poter contare sulla collaborazione degli statistici ed avere l’accesso a tutti i sistemi (art. 4.9).

Pienamente coerente alla centralità della rete, piuttosto che del Piano, è la necessità di riunioni periodiche fra RID e MAGRIF del settore di riferimento (almeno questa è la mia interpretazione dell’art. 4.3: queste riunione possono essere estese al personale amministrativo che partecipa a progetti di innovazione o agli Uffici Innovazione), insieme a quelle istituzionali dell’UDI indette dal Presidente della Corte di Appello e dal Procuratore Generale con i Dirigenti degli Uffici giudiziari (art. 3.2).

Le nuove direttrici di lavoro mi sembra che possano essere così enucleate:

  1. supporto dei RID alla Commissione Flussi e dei MAGRIF ai Dirigenti nella cura ed utilizzo dei dati statistici, soprattutto in vista dell’elaborazione dei piani di gestione ex art. 37 l. n. 111/2011 (artt. 1.1 secondo alinea, 4.4, 4.6, 4.8, 4.9)
  2. formazione per l’uso dei programmi ministeriali, che dovrà essere oggetto di un piano annuale, finanziato per la sua attuazione dalla Settima Commissione (art. 5.5)
  3. monitoraggio dei programmi non ministeriali (art. 4.5)
  4. raccolta, monitoraggio e diffusione delle buone prassi di organizzazione (art. 7)

I documenti previsti dalla Circolare si possono ridurre a due:

a)   la relazione annuale/documento di informazione per i magistrati dell’ufficio e per il personale amministrativo sullo stato della innovazione tecnologica dei MAGRIF, in cui si dà conto anche dei programmi non ministeriali (art. 4.4, 4.5., 4.6);

b)   la relazione annuale dei RID per la Settima Commissione, elaborata a seguito di quella dei MAGRIF, in cui si prospetta il piano formativo, si chiedono le relative risorse, si danno le indicazioni per l’incontro annuale, si relaziona sui programmi non ministeriali (artt. 4.2, 4.5, 5.5).

Siccome per la prima non è previsto un termine e per la seconda sì (20 dicembre, come prima), il mio consiglio è quella di chiedere ai MAGRIF la loro relazione per tempo (del resto va preparata prima dei programmi di gestione e dovrebbe essere già pronta per dicembre).

Per questi impegni viene riconosciuto un esonero obbligatorio che va dal 20% per ogni MAGRIF fino al 50% per i RID di Distretti di organico superiore a 500 magistrati professionali in pianta organica (art. 6.1, 6.2). I Dirigenti dovranno indicare le modalità relative alla concreta applicazione della riduzione del lavoro ordinario con riferimento a tutte le attività del magistrato (es. udienze, turni, assegnazioni di affari), seguendo la procedura tabellare e controllando l’effettività dell’esonero (6.3, 6.4, 6.5).

Questo restyling della funzione di RID e MAGRIF ci configura come il “data and information chief officer” dell’organizzazione giudiziaria dal lato magistrati: una funzione ben nota nelle organizzazioni aziendali, ma ovviamente non altrettanto al nostro interno.

A maggior ragione, vista la prevalenza del ruolo organizzativo su quello di vera e propria “cucina” degli applicativi, mi sento di poter dire che questa funzione può essere ricoperta da chiunque, a patto che intenda percorrere la “carriera” che da MAGRIF porta ad essere componenti della STO (in qualche modo canonizzata dalla Circolare, anche attraverso l’accentuata temporaneità degli incarichi) e che sia adeguatamente formato (impegno ancora una volta solennemente preso dal C.S.M., cfr. artt. 5.1, 5.8, 8.2, 8.3).

Spero con più calma di tornare sul ruolo degli “smanettoni” (apparentemente dimenticati dalla Circolare) e sul disegno complessivo del ruolo delle statistiche nell’organizzazione giudiziaria (esaltate, invece, da numerose disposizioni). Erano le due principali, anche se opposte, vocazioni di RID e MAGRIF: lo saranno ancora in futuro?

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di Alessandro de Santis

Ad oggi, 17.4.2018, e nel corso dell’ultimo anno:

– la società SpaceX, di Elon Musk, ha quasi completato i progetti di costruzione del Big Falcon Rocket, vettore spaziale che entro il 2024 dovrebbe condurre quaranta coloni terresti su Marte;

– è passata alla sperimentazione sull’uomo la tecnica di editing genetico CRISPR/Cas9, funzionale alla trattazione di tumori e malattie genetiche attraverso la diretta modificazione chirurgica di DNA e RNA, senza tagliare la doppia elica, ma ridisponendo gli atomi delle basi azotate che li compongono;

– due sistemi di intelligenza artificiale creati nei laboratori di Menlo Park (Facebook) hanno iniziato a dialogare autonomamente tra loro adoperando un linguaggio incomprensibile all’uomo, sicché i programmatori li hanno dovuti spegnere prima che potessero decidere di estromettere i loro creatori dal sistema e diventare pericolosi.

– il dispositivo AlterEgo, sviluppato da alcuni ricercatori del MIT, che si indossa come un paio di cuffie, legge i pensieri di chi lo indossa traducendondoli in ricerche su google e successivamente sussurrando all’orecchio le risposte trovate.

i processi penali, nell’ambito dei quali si dispone di un bene giuridico secondo solo alla vita nella gerarchia costituzionale, ossia la libertà personale, vengono svolti avvalendosi di un fascicolo cartaceo dal sapore retrò, in alcune occasioni destinato a contenere una mole di atti di dimensione tale da occupare interi armadi.

Ebbene sì. Nel 2018, gli atti sulla cui base è possibile privare un essere umano della sua libertà e/o governare la moltitudine di vicende che nel loro intreccio dotano di un corpus il procedimento penale, rifluiscono in un fascicolo cartaceo, destinato ad essere riposto e periodicamente prelevato da uno dei moderni e ben protetti armadi della cancelleria, per poi viaggiare da un ufficio giudiziario all’altro ed eventualmente terminare la propria corsa in un fantomatico archivio (che ben pochi sanno dove si trovi), sepolto e ben nascosto in una montagna di ulteriori carte.

Chissà che meravigliosa idea si farà della giustizia italiana il cittadino persona offesa che, presente all’udienza monocratica e reso edotto del rinvio (avvenuto per una delle ragioni a lui oscure, quale ad esempio l’astensione degli avvocati) a 9 mesi di distanza, magari vecchio e malato, si mette alla guida della sua automobile e fiducioso parte di gran carriera dalla frazione di Piedimonte Matese ove abita; dopo un’ora e trenta di viaggio, 30 euro di benzina e 5 di parcheggio arriva in Tribunale e si dirige, assetato di giustizia, verso l’aula d’udienza, ove si sottopone ad una breve attesa di quattro ore prima il suo processo venga chiamato, per poi drammaticamente apprendere che il meraviglioso e omnicomprensivo fascicolo processuale “è andato smarrito” (cosa che mi è capitata almeno 2 volte in 5 mesi) o che si è persa la lista testi; con conseguente ulteriore rinvio e sinistra incombenza dello spettro della prescrizione.

Che fantastica idea si farà il perito trascrittore che, dopo aver trascritto 6000 pagine di intercettazioni, si vedrà negare parte della liquidazione richiesta in quanto, nell’armadio di carte che costituisce il fascicolo processuale, sono andati smarriti i due fogli formato A4 che attestano le due proroghe del termine di deposito dell’elaborato peritale che gli sono state concesse fuori udienza.

E come sarà contento quel Giudice che dovrà perdere buona parte della sua giornata di lavoro solo per rinvenire, a seguito di minuziosa ricerca archeologica avente ad oggetto il predetto armadio, magari contenente un maxiprocesso ereditato su cui hanno messo le mani 3 o 4 cancellieri, degli atti attestanti l’ammissione a gratuito patrocinio di quella parte civile che ha chiesto la copia (cartacea ovviamente) delle summenzionate 6000 pagine di intercettazioni.

Quale meraviglioso senso di sicurezza infonderemo nei cittadini quando, nella trattazione di un reato di omicidio, si renderanno necessari due rinvii solo per la predisposizione di un’apparecchiatura idonea a consentire la visione in aula di un video di 15 secondi.

Al di là della ricostruzione caricaturale (sebbene alquanto realistica e tratta da episodi veri), i tempi sono certamente maturi (e lo sono da ben oltre un decennio) per un’innovazione tecnologica del processo penale che riporti l’attenzione sulla delicatezza delle tematiche trattate, restituisca centralità al fondamentale bene giuridico della libertà personale ed incrementi l’efficienza degli uffici e la qualità del lavoro. Innovazione che si inserisce in un contesto economico-sociale forgiato dalla dipendenza tecnologica che, attraverso l’istantaneo appagamento delle esigenze individuali, ha plasmato lo stile di vita dell’umanità contemporanea, immersa in una realtà caratterizzata dalla rapidissima circolazione delle informazioni e dalla sempre più pregnante presenza della scienza nella vita quotidiana.

Non è necessario un investimento miliardario per l’elaborazione di un software (che costituirebbe null’altro che un’evoluzione del TIAP, o magari dell’applicativo consolle 2.0.) che renda possibile l’archiviazione digitale degli atti del procedimento penale e lo svolgimento telematico del processo attraverso il rapido accesso ad un applicativo che consenta agevolmente di tenere sotto controllo l’intera storia del fascicolo, incamerare con un click un certificato penale aggiornato o altri atti la cui acquisizione è consentita dal codice, visionare la storia giudiziaria dell’imputato e leggere le eventuali sentenze che hanno costruito il suo curriculum delinquenziale, così come le relazioni che attestano la sua buona condotta carceraria.

Non è fantascienza pensare ad un Giudice che entra in udienza armato soltanto del suo computer (e non seguito da un commesso e da un carico di 40 fascicoli cartacei), attraverso il quale può gestire con prontezza ogni problematica processuale, acquisire istantaneamente provvedimenti giudiziari ed trascrizioni di intercettazioni provenienti da altri procedimenti, far condurre in aula l’imputato detenuto, evitare defatiganti rinvii legati al temporaneo o definitivo smarrimento di singoli fogli A4 che ben possono volatilizzarsi nei meandri delle cancellerie, consultare con rapidità gli archivi contenenti i provvedimenti della Sezione o dell’intero Ufficio, per eventualmente uniformarsi nella risoluzione di una questione preliminare.

E per i colleghi più vintage, affezionati alla carta ed alle “orecchiette”, o per chi semplicemente avesse difficoltà nel leggere documenti di notevole dimensione in formato telematico, rimarrebbe pur sempre la possibilità di stampare singole copie cartacee ad uso personale, da consultare e riporre in armadi medio tempore svuotati, piuttosto che colmi di anacronistiche copie di copie di copie dei DC rinotificati.

E non si usi la più classica delle controargomentazioni: l’archiviazione telematica non è sicura, i dati potrebbero cancellarsi. Questo discorso poteva valere forse negli anni ’60, all’alba della creazione di Arpanet; non anche oggi, allorquando la nostra intera vita è gestita da un server. 

Questa e tante altre idee potrebbero essere agevolmente approfondite e sviluppate per mettere gli strumenti forniti dall’innovazione tecnologica, e spesso valorizzati per finalità puramente ludiche, a servizio dell’attività giudiziaria, e contribuire a restituire credibilità ad una professione che condensa l’esercizio di uno dei tre poteri dello Stato e quotidianamente irrompe in maniera prepotente e potenzialmente devastante in innumerevoli spaccati di vita, coinvolgendo valori costituzionalmente rilevanti. In poche parole per cercare, quanto più è possibile, di “fare giustizia”.

di Luigi Petrucci

L’articolo fa il punto sui compiti dei Dirigenti degli Uffici giudiziari in tema di informatica giudiziaria alla luce dell’entrata in vigore del reg. UE n. 679/2016 sulla protezione dei dati personali, della conseguente revisione del Codice della Privacy, della direttiva UE n. 680/2016 sul trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, del d.lg. n. 51/2018 e del d.P.R. n. 15/2018, del reg. UE n. 910/2014 cd. eIDAS, della conseguente revisione del Codice dell’Amministrazione Digitale, dell’attuazione della direttiva UE n. 1148/2016  (cd. NIS) con d.lg. n. 65/2018.

L’ “ultramondo” della Giustizia: il DOMINIO.

Proseguo gli appunti sui temi dell’informatica giudiziaria iniziati con RID e Mag. Rif. questi sconosciuti (con relativo aggiornamento dopo l’emanazione della circolare del Consiglio Superiore P 20909 del 31.10.16) e Tutto quello che volevate sapere e non avete mai osato chiedere sull’assistenza informatica (con relativo approfondimento su Nuovi scenari del “dominio” @giustizia.it in Questione Giustizia) per approfondire il ruolo dei Dirigenti degli Uffici giudiziari nel “dominio giustizia” (di seguito: DOMINIO).

Per DOMINIO si intende l’insieme delle risorse hardware (di seguito: HW) e software (di seguito: SW), mediante il quale il Ministero della Giustizia tratta in via informatica e telematica qualsiasi tipo di attività, di dato, di servizio, di comunicazione e di procedura (cfr. art. 2, lett. a, d.m. n. 44/2011) ovvero, più banalmente, i servizi informatici relativi alla giustizia, mutuando l’espressione dell’art. 110 Cost.

Una definizione più accattivante del DOMINIO è quella di “ultramondo” della giustizia, dove l’ “ultramondo” (felice espressione di BARICCO nel recente The Game) è la connessione fra mondo “reale” e mondo “virtuale” disegnato dalle nuove tecnologie in cui abitano le persone del terzo millennio.

La connessione avviene attraverso la rete (Rete Unica Giustizia o RUG) e riguarda tutte le AREE: AMMINISTRATIVA, CIVILE e PENALE. Non credo che esistano più servizi amministrativi (es. il protocollo o il controllo del personale) o giurisdizionali (es. PCT, SICP, spese di giustizia), che siano totalmente separati dall’ “ultramondo”. Il DOMINIO è, allora, la frazione di “ultramondo” in cui lavorano gli operatori della Giustizia.

Quando si parla dei compiti/poteri dei Dirigenti rispetto ai servizi informatici per la giustizia scatta l’annoso dibattito sulla cd. doppia dirigenza. La divisione che tengo presente è quella fra Ministero ed Uffici giudiziari, rappresentati dai loro Dirigenti intesi come Presidente/Procuratore e Dirigente amministrativo (di seguito complessivamente intesi come il “Dirigente”, sul presupposto che, come accade di norma, cooperino lealmente per il raggiungimento di obiettivi condivisi, cfr. artt. 2 e 4 d.lg. n. 240/2006).

Anche se il governo del DOMINIO è saldamente nelle mani del Ministero della Giustizia -e, in particolare, della Direzione Generale per i Servizi Informativi Automatizzati (D.G.S.I.A.), collocata nel Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria (D.O.G.). e distribuita sul territorio attraverso i Centri Interdistrettuali (C.I.S.I.A.)-, l’informatica giudiziaria è solo una componente dell’organizzazione degli Uffici giudiziari e, sempre di più, delle attività processuali: per questa ragione è certamente uno dei compiti/poteri del Dirigente. Più banalmente: se l’attività degli Uffici giudiziari si svolge anche (se non soprattutto) nell’ “ultramondo”, il Dirigente deve poter dire la sua anche lì!

Lo è a maggior titolo del Ministero perché, come è stato giustamente detto, “difficilmente la tecnologia da sola crea innovazione e progresso” e, affinché ciò accada, occorre che il Dirigente definisca gli obiettivi e disponga in modo coerente le risorse offerte al suo Ufficio dal DOMINIO, a partire da quelle umane.

Lo è anche per le fonti normative che sempre di più si occupano dell’ “ultramondo” per definire lo status dei suoi cittadini (identità ed individuazione) ed i loro diritti, attraverso le leggi sulla protezione dei dati personali e sull’identificazione digitale.

[Per chi volesse farsi un’idea dell’ “ultramondo” della giustizia nelle più recenti riforme legislative suggerisco di partire da SORRENTINO, Il controllo del garante per la protezione dei dati personali e l’autorità giudiziaria secondo le più recenti norme eurounitarie, in Questione Giustizia e dalleRelazioni della prima sessione del corso tenuto in Cassazione sul Processo telematico nel sito della Suprema Corte (in particolare quelle di ROCCHI sull’identità digitale e di ARCELLA sul documento informatico)]

I testi vigenti sono stati recentemente sconvolti dall’entrata in vigore delle seguenti fonti di derivazione comunitaria:

  1. reg. UE n. 679/2016 cd. GDPR (General Data Protection Regulation) sulla protezione dei dati personali, al quale ha fatto seguito una pesante revisione del Codice della Privacy nel 2018;
  2. direttiva UE n. 680/2016 sul trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati, alla quale ha fatto seguito l’emanazione del d.lg. n. 51/2018 e del d.P.R. n. 15/2018;
  3. reg. UE n. 910/2014 cd. eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), al quale ha fatto seguito un’importante revisione del d.lg. n. 82/2005 cd. CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale) sempre nel 2018;
  4. d.lg. n. 65/2018 di attuazione della direttiva UE n. 1148/2016  cd. NIS (Network and Information Security).

Mi piacerebbe poter dire che, con l’occasione, sono stati affrontati e regolati i temi dell’individuazione dei titolari e dei responsabili del trattamento dei dati anche nel settore giudiziario, caratterizzato dalla doppia dirigenza (se non tripla se ci mettiamo pure il Consiglio Superiore) e dalla condivisione dei medesimi dati giudiziari da parte di Uffici giudiziari diversi per via del normale corso dei processi (es. primo e secondo grado, Procura e Tribunale).

Purtroppo non è così.

Fedele al carattere operativo di questi appunti provo a fornire un breve quadro descrittivo dei compiti del Dirigente, mettendo insieme fonti di rango e provenienza molto diverse fra loro.

Le regole del DOMINIO.

Il trattamento informatizzato dei dati personali -immessi nei registri dei procedimenti e, sempre di più, negli atti del processo dematerializzati- richiede le specifiche cautele dettate per le banche dati, la cui sicurezza è un valore fondamentale (quanto meno pari a quella delle banche a cui affidiamo i nostri stipendi).

La sicurezza oggi non è solo la protezione dall’accesso di soggetti non abilitati, ma anche la completezza e la qualità dei contenuti della base di dati ovvero la rispondenza fedele della base di dati (i quartieri dell’ “ultramondo”) alle realtà che intendono rappresentare, specialmente quando si tratta di dati personali.

Tutti abbiamo chiaro che è un grave danno per la persona la mancata annotazione della sentenza con cui viene assolto in modo irrevocabile dopo una condanna pronunciata in un grado precedente (o della stessa pendenza di un procedimento penale). La mancata annotazione dell’assoluzione irrevocabile è, però, un danno per la stessa completezza e qualità della banca dati, che dovrebbe rappresentare fedelmente lo stato del processo (in questo caso la sua definizione) ed il suo esito, per tutti gli scopi previsti dalle disposizioni vigenti e, in ultima analisi, per l’affidamento che dovremmo poter riporre nei dati conservati nella banca dati per le decisioni strategiche (per qualche applicazione pratica vedi BISOGNI, La tenuta dei registri informatici e i risvolti sulla statistica del lavoro dei magistrati, tra bonifica dei dati e insufficienza delle griglie ministeriali, in Questione Giustizia). Restando nel contesto etimologico, se nelle banche sono conservate troppe banconote false viene meno la fiducia che la banca è chiamata a dare per il corretto funzionamento del sistema creditizio.

Questo vale a maggior ragione per le basi di dati personali, perché nell’ “ultramondo” la nostra identità digitale deve corrispondere il più fedelmente possibilità alla nostra identità reale (o, almeno, a quella che possiamo legittimamente pretendere dai Signori dell’ “ultramondo”).

Queste indicazioni si trovano nel Codice della Privacy, che regola espressamente le banche dati giudiziarie, ma soprattutto configura la cittadinanza dell’ “ultramondo” e, quindi, offre un contesto più adeguato alle esigenze più attuali della società civile rispetto alle altre disposizioni che regolano l’azione dei cittadini dell’ “ultramondo” nel DOMINIO.

Le cautele previste per tutte le basi di dati dal Codice della Privacy devono fare i conti con le specificità nel caso dei dati giudiziari, fra l’altro per queste ragioni:

–   assetto variabile: si va dalla pubblicità alla riservatezza secondo quanto stabilito dalla legge (sentenze che devono essere pubblicate sul giornale, pubblicazione dei provvedimenti sulle banche dati per la conoscenza dei precedenti, anonimizzazione dei dati personali su richiesta o in relazione a specifiche materie);

–   segretezza: il proprietario non può accedere ai suoi dati, se non nei casi e nei modi previsti dalla legge (massima nel caso del segreto istruttorio);

–   divieto di prendere decisioni automatizzate in base ai dati già in possesso del DOMINIO.

Queste specificità rendono l’idea della complessità di progettazione dei sistemi informativi della giustizia e dovrebbero metterci in guardia ogni volta che i dati giudiziari escono dal DOMINIO.

Le disposizioni che hanno guidato la progettazione degli attuali sistemi informativi sono il d.P.R. n. 264/2000 e le regole tecniche contenute nel d.Min.Giu. 27.4.09 sui registri informatizzati, il d.Min.Giu. n. 44/2011 e le regole tecniche contenute nel Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16.4.14 per i processi telematici. A queste vanno aggiunte le varie circolari sull’uso degli applicativi e sulla tenuta dei dati.

Certamente l’attuale regolamentazione di rango secondario o di prassi dovrà spostare il focus dai registri informatizzati al DOMINIO in tutte le sue possibili articolazioni.

Numerosi casi recenti mostrano la necessità di questo approccio globale: il monitoraggio degli incarichi conferiti agli ausiliari nominati dai magistrati, la pubblicazione delle sentenze nell’archivio del SICID, l’estrazione dei dati richiesti dall’art. 165 d.a.c.p.p., i nuovi compiti del P.G. in tema di conclusione delle indagini preliminari, la gestione dei siti degli Uffici giudiziari (vera e propria proiezione dei Tribunali nell’ “ultramondo” insieme al PST ovvero il Portale dei Servizi Telematici, http://pst.giustizia.it/PST/).

I Signori del DOMINIO: titolare e responsabile.

La figura centrale del Codice della Privacy è il titolare del trattamento ovvero il soggetto che ha la disponibilità dei dati: nel DOMINIO è il Dirigente che deve assicurare la qualità dei dati in suo possesso (vedremo dopo che la qualità del dato è sia informatica, che “contenutistica”).

Le disposizioni abrogate del Codice della Privacy distinguevano i compiti e le responsabilità del titolare, del responsabile e degli incaricati del trattamento dei dati. Il reg. UE n. 679/2016 distingue, invece, il titolare ed il responsabile del trattamento dei dati personali. Nella trasposizione (non necessaria) del regolamento è stato comunque previsto dall’art. 2-quaterdecies del Codice il soggetto designato per il trattamento con specifici compiti e funzioni  connessi  al  trattamento  di  dati  personali, espressamente designate e l’autorità diretta del titolare o del responsabile.

Il d.P.R. n. 264/2000 ed il d.M. 27.4.09 attribuiscono un ruolo centrale al Responsabile dei Sistemi Informativi Automatizzati (ovvero al Direttore generale di D.G.S.I.A. ex art. 1, lett. g, d.M. 27.4.09), che esercita i suoi compiti insieme agli Amministratori dei Sistemi Informativi (AdSI) presenti presso i C.I.S.I.A.

Il d.M. 27.4.09 prevede che il Responsabile S.I.A. emani le linee guida per la organizzazione e gestione del sistema informatico” (art. 3, co. 7), designi gli AdSI (art. 4, co. 4), che hanno il compito di assicurare la conduzione operativa di specifiche componenti del sistema informatico, effettuando, anche mediante accesso remoto, tutte le operazioni necessarie a garantire l’integrità, la completezza, la disponibilità e la riservatezza di iscrizioni ed annotazioni, nonché l’identificazione del soggetto che accede ai registri (artt. 2 e 4).

In altri termini gli AdSI sono i guardiani del DOMINIO: identificano gli utenti che vi possono accedere e curano che la base di dati risponda alle sue caratteristiche essenziali (qualità informatica).

Il Dirigente resta comunque il titolare del dato prodotto dal suo Ufficio giudiziario ed è responsabile della qualità dei contenuti della basi di dati.

L’art. 4 d.M. 27.4.09 prevede che l’AdSI possa essere nominato responsabile  del trattamento  da  parte  dei  titolari  delle  banche  dati ovvero dal Dirigente. In questo caso pone  in  essere  le  iniziative necessarie  per  il  rispetto  degli  standard  di  sicurezza  e  della  normativa  sulla tenuta informatizzata dei registri, anche alla luce delle direttive concordemente emanate dai titolari delle banche dati.

In  ogni  caso l’AdSI garantisce  che  il  capo dell’ufficio  giudiziario,  o  un  suo  delegato,  possa  accedere  alla  infrastruttura logistica  condivisa  per  verificare  il  rispetto  degli  standard  di  sicurezza  e  della normativa sulla tenuta informatizzata dei registri.

L’art. 46 Codice della Privacy, ora abrogato, rimandava ad un decreto del Ministro della Giustizia, mai emanato, la regolamentazione della responsabilità delle varie autorità che concorrevano al trattamento degli stessi dati. Un modo per rinviare ad un momento migliore il solito problema della doppia dirigenza, ma anche quello della diversità degli Uffici giudiziari che trattano lo stesso procedimento.

L’attuale art. 26 del Codice della Privacy regola l’ipotesi dei “Contitolari del trattamento”:

“1. Allorché due o più titolari del trattamento determinano congiuntamente le finalità e i mezzi del trattamento, essi sono contitolari del trattamento. Essi determinano in modo trasparente, mediante un accordo interno, le rispettive responsabilità in merito all’osservanza degli obblighi derivanti dal presente regolamento, con particolare riguardo all’esercizio dei diritti dell’interessato, e le rispettive funzioni di comunicazione delle informazioni di cui agli articoli 13 e 14, a meno che e nella misura in cui le rispettive responsabilità siano determinate dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui i titolari del trattamento sono soggetti. Tale accordo può designare un punto di contatto per gli interessati.

“2. L’accordo di cui al paragrafo 1 riflette adeguatamente i rispettivi ruoli e i rapporti dei contitolari con gli interessati. Il contenuto essenziale dell’accordo è messo a disposizione dell’interessato.

“3. Indipendentemente dalle disposizioni dell’accordo di cui al paragrafo 1, l’interessato può esercitare i propri diritti ai sensi del presente regolamento nei confronti di e contro ciascun titolare del trattamento.”

Già prima dell’entrata in vigore di questa disposizione l’utilizzo di SW ministeriali per la gestione di tratti del processo penale è stata accompagnata dalla condivisione di protocolli fra gli Uffici giudiziari (così per GIADA2, TIAP, trasmissione delle sentenze al visto del P.G., comunicazioni via PEC).

L’art. 7 d.M. cit. precisa che il  Responsabile  S.I.A.  predispone  il  documento  programmatico  della sicurezza relativamente  alle  componenti  del  sistema  informatico  dell’Amministrazione, che sono centralmente gestite e controllate, mentre il Dirigente, con  la  collaborazione  tecnica  del  CISIA  competente, predispongono il documento programmatico relativamente  al  sistema informativo  di  propria  competenza  e  lo  rendono  disponibile  al  Responsabile S.I.A. Per  le  infrastrutture  logistiche  comuni  il  piano  è  predisposto  in  modo condiviso dagli uffici.

Questa disposizione è formalmente rispettosa delle competenze del titolare e del responsabile dei vari trattamenti dei dati giudiziari secondo il Codice della Privacy, ma non dà grande spazio ai Dirigenti.

La vigilanza sulla applicazione di tutti i documenti così predisposti, del resto, è  esercitata  dal  Responsabile  S.I.A.,  o  da  suoi  delegati,  che  segnala eventuali  difformità  comportamentali  di Dirigenti ed  adotta,  in  caso  di urgenza,  le  misure  e  i  provvedimenti  necessari  ad  assicurare  il  corretto funzionamento del sistema informatico.

Il più recente art. 3, co. 2, d.M. n. 44/2011 prevede che il Direttore generale è responsabile dello sviluppo, del funzionamento e della gestione dei sistemi informatici del dominio giustizia, senza alcuno spazio, neppure a livello consultivo per i Dirigenti. Nella prassi sono previsti dei tavoli tecnici, fortemente sostenuti dalle varie delibere sui processi telematici nel frattempo emesse dal Consiglio Superiore quale declinazione operativa del principio di leale collaborazione. Nello stesso senso si muove l’indicazione dell’area penale dei referenti nazionali per i moduli di SICP e per TIAP per rendere più facile l’interlocuzione degli Uffici con il Ministero.

I Signori del DOMINIO secondo il Consiglio Superiore

Il Dirigente può contare sulla struttura tecnica ministeriale, ma anche su una vera e propria squadra di sostegno congegnata dalla circolare P 20909 del 31.10.16, così formata:

–   I RID, nominati dal Consiglio Superiore, per cooperare con i Presidenti di Corte di Appello, con i Procuratori Generali e con i dirigenti degli uffici giudiziari del distretto proprio sui temi dell’organizzazione informatica e curano i rapporti con i CISIA e le articolazioni territoriali del Ministero della Giustizia competenti per il Distretto. (art. 1, co. 1 e 2)

–   almeno un MagRif per il settore penale e per quello civile nominato dal Dirigente seguendo il procedimento di variazione tabellare (art. 2, co. 2 e 3), al quale chiedere il parere su tutte le questioni inerenti la materia dell’informatica giudiziaria (art. 4, co. 7)

–   Il Presidente della Corte d’Appello, che indice, almeno una volta l’anno, un incontro con i Dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti, i RID e i MAGRIF del distretto per verificare la situazione degli uffici in materia di informatica giudiziaria e di innovazione tecnologica, delle risorse disponibili, le criticità da affrontare, le situazioni di eccellenza e le buone prassi oggetto di possibile diffusione, anche nell’ambito della cooperazione fra uffici. (art. 3, co. 2)

–   Il Presidente della Corte e dal Procuratore generale che, con cadenza trimestrale su richiesta dell’U.D.I., convocano autonomi incontri ai quali partecipano rispettivamente Dirigenti degli uffici, MAGRIF e RID, giudicanti o requirenti. (art. 3, co. 2)

Ancora non si tratta di una struttura in grado di sostenere il Dirigente rispetto alla matura e completa assunzione delle sue responsabilità di titolare dei dati, ma è un piccolo presidio di indipendenza.

L’indipendenza delle autorità giurisdizionali nel trattamento dei dati giudiziari. Il caso del Data Protection Officer.

Per misurare quanto la nostra organizzazione sia lontana dallo standard immaginato dal GDPR vorrei fare una breve digressione sul Data Protection Officer (DPO).

Il DPO è il soggetto che, in posizione di terzietà rispetto all’organizzazione (analogamente al sindaco di una società, in quanto è comunque un dipendente o un consulente remunerato dall’organizzazione), garantisce il rispetto del regolamento sulla protezione dei dati personali.

Questa nuova figura non è prevista per il trattamento dei dati giudiziari da parte delle autorità giurisdizionali (art. 37, co. 1, lett. a), anche se il DPO va comunque nominato per il trattamento degli altri dati personali anche da parte delle autorità giurisdizionali.

L’esclusione del DPO per il trattamento dei dati giudiziari da parte delle autorità giurisdizionali è coerente all’esclusione di intromissioni di soggetti diversi -e persino dello stesso Garante, come invece avveniva prima, v. per tutti il caso delle intercettazioni- per tutelare l’indipendenza delle autorità giurisdizionali. Così dispone nettamente art. 55, co. 3:

“Le autorità di controllo non sono competenti per il controllo dei trattamenti effettuati dalle autorità giurisdizionali nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali”.

L’art. 2 sexiesdecies del Codice prevede l’individuazione del DPO anche per il trattamento dei dati giudiziari da parte delle autorità giudiziarie. È naturale pensare ai RID ed ai MagRif per svolgere questi compiti, ove adeguatamente formati e dotati delle risorse (anzitutto di tempo), anche per assicurare la compatibilità della disposizione con il diritto dell’Unione ed escludere, quindi, controlli da soggetti che non appartengono alla giurisdizione.

L’accesso alle basi di dati: i cittadini del DOMINIO.

Vediamo ora chi e come deve controllare l’accesso e la qualità dei dati del DOMINIO.

I cittadini del DOMINIO sono i SOGGETTI ABILITATI ovvero coloro che possono utilizzare i servizi di consultazione di informazioni e trasmissione di documenti informatici relativi al processo.

Sono SOGGETTI ABILITATI INTERNI i magistrati, il personale degli uffici giudiziari e degli UNEP e SOGGETTI ABILITATI ESTERNI tutti gli altri soggetti che possono accedere al DOMINIO: avvocati, consulenti, Forze dell’Ordine, etc. (cfr. art. 2, lett. m, d.M. n. 44/2011).

L’abilitazione è un aspetto centrale per la sicurezza ed il Consiglio Superiore si è pronunciato con varie delibere dedicate al tema, opportunamente sollecitate dagli Uffici giudiziari di Milano.

La cautela principale è (e sempre di più sarà) il censimento degli utenti (identificazione) e l’attribuzione di poteri adeguati al loro ruolo nel DOMINIO attraverso l’autenticazione ovvero il controllo sulla corrispondenza fra il soggetto dotato di determinati poteri e quello che effettua concretamente l’accesso (una vera e propria individuazione informatica: sono proprio io che sto accedendo). Se aggiungiamo l’attribuzione del potere di firma completiamo l’acronimo che designa il reg. UE n. 910/2014 cd eIDAS: IDentification, Authentication, Signature (ovvero identificazione, individuazione, autenticazione, firma).

Ed è proprio il reg. eIDAS che, insieme al CAD, detta le linee maestre per l’identificazione/individuazione digitale ovvero lo strumentario tecnologico più idoneo a garantire chi sono io rispetto al DOMINIO e che sia proprio io il soggetto che sta consultando e manipolando i dati all’interno di un documento o di una base di dati del DOMINIO.

Nel tempo assisteremo ad una progressiva convergenza della nostra identità digitale di magistrati nel trinomio rappresentato da utenza (nome.cognome@giustizia.it), password di Active Directory Nazionale (ADN) (quella che usiamo ogni giorno per entrare nel pc o nei servizi telematici di posta elettronica o di archiviazione cloud su OneDriveProfessional) e tessera di riconoscimento/smart card (o altro dispositivo sicuro che verrà introdotto per completare i dispositivi tecnologici che costituiscono la firma digitale).

È proprio di questi giorni la diffusione di un sistema di identificazione digitale basato su credenziali ADN e dispositivo sicuro (in questo caso il nostro smartphone appositamente programmato) per l’accesso da remoto alla intranet del Consiglio Superiore.

Questo è solo uno dei tempi esempi in cui è possibile far coincidere le credenziali ADN con quelle di accesso agli applicativi ministeriali: così accade per l’accesso a SICP, anche se devono essere nuovamente digitate nell’apposita maschera di autenticazione. In altri casi (ad esempio il sw KAIROS di gestione delle presenze) l’accesso è consentito senza bisogno di una nuova procedura di autenticazione.

Rimane, in ogni caso, la necessità di stabilire sul singolo applicativo l’attribuzione di poteri adeguati al ruolo dell’utente ovvero la sua “profilatura” anche se si utilizzano le credenziali ADN.

Le disposizioni lo prevedono, ma non sarà mai abbastanza raccomandato che il Dirigente pretenda di stabilire chi può entrare e cosa può fare nel DOMINIO per assicurare la protezione dei dati giudiziari che appartengono al suo Ufficio, ovviamente provvedendo alle deleghe del caso, eventualmente ricorrendo all’organizzazione già descritta dal Consiglio Superiore.

Lo status dei cittadini: il profilo di autorizzazione.

Sono sempre il d.P.R. n. 264/2000 e le regole tecniche contenute nel d.Min.Giu. 27.4.09, il d.Min.Giu. n. 44/2011 e le regole tecniche contenute nel Provvedimento del Responsabile S.I.A. del 16.4.14 per i processi telematici che definiscono lo status di cittadinanza nel DOMINIO.

L’art. 7 d.P.R. n. 264/2000 stabilisce che è il dirigente amministrativo dell’ufficio a dover indicare per iscritto le persone autorizzate alle operazioni di immissione, cancellazione, variazione ed esibizione (co. 1).

I sistemi devono essere realizzati in modo da assicurare l’identificazione di colui che effettua le citate operazioni, con l’indicazione della relativa data ed ora, e di conservare queste informazioni nel sistema informatico, cd. log di sicurezza (co. 2, v. anche art. 10 d.M. 27.4.09 sul monitoraggio dei sistemi).

L’identificazione è oggi “il  processo  per  cui  si  fa  uso  di  dati  di  identificazione  personale  in forma  elettronica  che  rappresentano  un’unica  persona  fisica  o  giuridica,  o  un’unica  persona  fisica che rappresenta una persona giuridica” (art. 3, n. 1 , reg. UE n. 910/2014 cd. eIDAS).

L’art. 8 d.M. 27.4.09 (più modernamente intitolato “Politica di gestione degli accessi”) prevede più specificamente che ogni  utente è  identificato  tramite  procedure  di  autenticazione,  oggi definite e gestite dal Responsabile S.I.A. a livello base attraverso l’ADN con utente e password. Il deposito dei provvedimenti richiede, invece, l’uso della firma digitale (come previsto dall’art. 9 d.P.R. n. 264/2000 e dall’art. 11 d.m. n. 44/2011).

Ogni  utente  ottiene uno  specifico insieme di privilegi di accesso ed utilizzo, denominato profilo di autorizzazione, rispetto alle risorse del sistema informatico (co. 3).

A ciascun insieme omogeneo di utenti è associato un solo profilo; a ciascun utente può essere assegnato uno o più profili (co. 4). Questa regola può, in alcuni casi, comportare il problema che un’utente non possa fare determinate operazioni. È comunque la regola in base alla quale, ad esempio, il giudice del dibattimento non possa consultare il fascicolo delle indagini preliminari in TIAP. Per questa ragione, però, non potrà farlo neppure durante un turno estivo in cui sia chiamato a fare il GIP.

Correttamente (dal punto di vista della sicurezza informatica) ogni  profilo  è  definito  in  modo  tale  da  assegnare  a  ciascun  utente  solo  ed esclusivamente  i  privilegi  strettamente  necessari  all’espletamento  delle attività di propria competenza (co. 5).

La realizzazione pratica delle politiche di accesso comporta l’individuazione da parte del Dirigente di un referente per l’assegnazione agli utenti dei profili relativi al trattamento dei dati (GSI), che procede in autonomia per i soggetti incardinati nell’Amministrazione, mentre ha bisogno dell’intervento di un AdSI per i profili di soggetti esterni (cd. referente GSI). In ogni caso anche questa attività è vigilata dal Responsabile  S.I.A., sempre con la collaborazione degli AdSI, che hanno un apposito profilo volto alla  conduzione,  anche  remota,  dei sistemi e delle postazioni di lavoro, di cui è data comunicazione agli uffici interessati (co. 7).

Un esempio concreto di profilazione degli utenti su TIAP è contenuto nella nota del Responsabile SIA del 30.9.16.

La qualità delle basi di dati giudiziarie.

Vediamo ora cosa si intende per qualità della base di dati.

La qualità del dato informatico (sia esso un documento o una base di dati) è l’insieme delle caratteristiche che deve avere per rispondere allo scopo per cui è stato creato.

A volte queste caratteristiche possono essere possedute in modo più o meno intenso, altre volte o ci sono o non ci sono.

Esempio: una delle qualità del documento informatico è quella di essere “leggibile” ovvero la capacità del file di restare fruibile durante l’intero ciclo di gestione dei documenti. Il documento scannerizzato ed inserito nel TIAP è consultabile con la funzione cerca parole dall’ufficio, quando lo stesso file viene esportato perde questa caratteristica. Nel ciclo di gestione del documento abbiamo perso una caratteristica di fruibilità del file: se ci fosse un sistema che consentisse la funzione cerca parole anche nel file che mi porto a casa, avrebbe una qualità migliore. Se l’immagine del testo non si legge, perché la scannerizzazione è stata fatta male oppure con uno scanner di scarsa qualità oppure perché il documento scannerizzato era già inizialmente poco visibile il documento non è leggibile: c’è un problema di qualità (l’oggetto non corrisponde al modello, è viziata per dirla con il codice civile), ma non di qualità informatica.

Le caratteristiche di qualità informatica della base di dati sono molte. Il regolamento menziona l’integrità, la completezza, la disponibilità e la riservatezza.

[Un elenco più completo è contenuto nell’art. 2 d.M. 27.4.09, l’art. 11 Provvedimento SIA rinvia all’art. 41 CAD, che stabilisce le numerose caratteristiche che deve avere il fascicolo informatico, vero e proprio cuore pulsante dei Processi Telematici]

La disponibilità (possibilità di accesso da parte dei soggetti abilitati) e la riservatezza (divieto di accesso dei soggetti non abilitati) sono facilmente comprensibili.

L’integrità e la completezza sono due caratteristiche delle basi di dati condivisi da molti utenti ed archiviati in luoghi diversi e devono risolvere i problemi connessi all’archiviazione di una mole notevole di dati ed all’accesso contemporaneo allo stesso dato, soprattutto di modifiche contemporanee che possono comportare incoerenze. Per esempio se vengono fatte contemporaneamente due diverse correzioni delle generalità di un indagato, una delle due potrebbe non essere registrata dal sistema. Per questo motivo esiste la funzione blocca fascicolo, che impedisce la modifica (ma non la consultazione) da parte di altri soggetti quando si modifica un dato.

La completezza della conservazione dei dati fa in modo che, sebbene i dati siano distribuiti su varie risorse HW (cosa necessaria per archivi che gestiscono una grande mole di dati), la base di dati possa essere sempre ricostruita ed interrogata secondo i criteri con cui è stata progettata.

Possiamo intuire come sia piuttosto complesso assicurare questa caratteristica: per questa ragione non è sempre facile andare a cercare un dato di cui non era stata progettata la ricerca prima ed anche perché alcune ricerche impegnano moltissime risorse HW per essere portate a termine (anche se qui entriamo nelle tecniche di progettazione delle base di dati ovviamente in continua evoluzione).

Un Google del DOMINIO sarebbe comodo, ma è anche un grande pericolo, se ci pensiamo un attimo. In ogni caso è vietato dall’art. 6, co. 2, d.M. 27/4/09 in base al quale il sistema consente la possibilità di estrazione dei dati secondo la natura delle controversie, la sezione, il giudice, il nome delle parti, lo stato della causa, la udienza, nonché secondo “ogni altro tipo di dato eventualmente richiesto dalle disposizioni che regolano la tenuta dei registri e la loro individuazione”, ma non con un banale “cerca parole”. Anche l’art. 9, co. 5, d.M. n. 44/2011 richiede che sia garantita la facile reperibilità ed il collegamento degli atti in relazione alla data di deposito, al loro contenuto ed alle finalità dei singoli documenti, peraltro in relazione al singolo fascicolo e non alla totalità della base di dati o a parti di essa.

Evidentemente non si può pretendere (e, anzi, dovremmo pretendere l’esatto contrario come dirò fra poco) che l’AdSI verifichi la completezza e correttezza dei dati del soggetto iscritto nel registro delle notizie di reato!

È anche questo un problema di qualità del dato, ma non di qualità informatica.

Qui parliamo della qualità delle informazioni che sono immesse nella base di dati ovvero che l’indagato sia iscritto con il suo nome esatto e non con un nome sbagliato, che la sentenza di assoluzione sia annotata tempestivamente, che la copia scannerizzata dell’atto di TIAP sia leggibile (per seguire gli esempi già fatti). Gli informatici dicono “Garbage in, garbage out” ovvero se mettete spazzatura nei sistemi informatici, ne tirerete fuori spazzatura, MA NON È COLPA NOSTRA!

È il Dirigente ad avere la responsabilità esclusiva di quest’altra qualità dei dati e “ne verifica periodicamente, anche attraverso il personale dell’ufficio all’uopo incaricato ed anche utilizzando strumenti automatici, correttezza ed aggiornamento, assumendo le conseguenti iniziative” (art. 13, co. 3, d.M. cit.).

Come ho detto prima, non si tratta di un aspetto secondario: ne va della stessa affidabilità della banca dati, come e quanto un sistema non accessibile quando lo vogliamo consultare.

Nell’area penale utili raccomandazioni sulla qualità dei dati relativi all’iscrizione nel registro delle notizie di reato sono state fornite dalla circolare del D.A.G. del 11.11.16. La circolare va segnalata, oltre che per i suoi contenuti, per il metodo seguito, essendo frutto del lavoro di un gruppo composto di Dirigenti di importanti uffici giudiziari e del personale di tutte le articolazioni ministeriali interessate. Coerentemente all’approccio riferito al DOMINIO e non solo ai registri, la circolare si occupa anche delle notizie di reato trasmesse via pec da soggetti privati e tramite Portale NDR dalle Forze dell’Ordine.

La stessa circolare auspica che una ricognizione delle prassi a livello di DOMINIO per i dati giudiziari penali (base di dati del registro, degli atti e dei documenti) sia sviluppata anche per le fasi successive all’iscrizione della notizia, in teoria fino ai dati trattati dal Tribunale di Sorveglianza, anche in chiave di analisi delle necessità degli Uffici giudiziari in vista delle successive evoluzioni dei sistemi informatici.

Come per altri compiti dei Dirigenti anche questi possono essere delegati: “Il dirigente o responsabile dell’ufficio può nominare uno o più delegati per le attività di controllo sui dati di propria competenza” (art. 13, co. 4), che può essere anche attribuita al personale di altro ufficio, quando le operazioni devono essere effettuate in un circondario/distretto diverso da quello del Dirigente (co. 5).

L’archivio dei provvedimenti.

Un caso di archeologia di informatica giudiziaria e (temo) di incuria nel rispetto della normativa di settore è la previsione dell’archivio digitale dei provvedimenti presso la cancelleria del tribunale e della corte di appello (art. 15 d.P.R. n. 264/2000).

Nell’archivio dovevano essere conservati, in copia, le sentenze e gli altri provvedimenti in materia civile e penale, da determinarsi con decreti del Ministro della giustizia, che non so se siano mai stati emanati.

Questo compito era affidato al Dirigente amministrativo, che doveva indicare per iscritto i soggetti che procedevano a fare la copia digitale del provvedimento al momento del suo deposito, ad acquisire nell’archivio digitale ogni annotazione riportata sull’originale del provvedimento, ad autenticare la copia informatica del provvedimento e le successive annotazioni mediante la firma digitale (art. 16).

Questo anche per i provvedimenti del giudice di pace (art. 17), con l’unica differenza che il supporto informatico contenente la raccolta dei provvedimenti, in presenza di ragioni organizzative e tecniche, poteva essere collocato presso il tribunale nel cui circondario si trovava l’ufficio, con decisione assunta dal dirigente del C.I.S.I.A., sentiti il responsabile SIA, il presidente del tribunale e il coordinatore dell’ufficio del giudice di pace.

L’archiviazione si doveva fare su supporti non riscrivibili, secondo le regole tecniche emanate dall’Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione a norma dell’articolo 2, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, eliminabili dopo tre anni dal deposito del provvedimento (art. 18).

La qualità delle basi di dati secondo il Consiglio.

Se è importante configurare l’accesso alle basi di dati da parte degli utenti (che, in fondo, trattano i dati che devono lavorare), è ancor più importante configurare l’accesso da parte di coloro che devono controllare la qualità dei dati, nei due sensi appena visti, perché trattato TUTTI I DATI.

È importante notare che gli attuali sistemi informatici consentono di mantenere nettamente separata la gestione degli utenti e l’accesso alla base di dati. In altri termini è possibile costruire un sistema informatico non “gerarchico” in cui chi mi autorizza ad accedere al sistema non può vedere quello che faccio all’interno del sistema.

È, però, vero che chi è chiamato a manutenere la base di dati può facilmente avere accesso al suo contenuto.

Se ho ben compreso quanto ha spiegato la D.G.S.I.A. nel corso dedicato ai RID su Ragione tecnologica e Processo, la sicurezza del DOMINIO dovrebbe essere assicurata da una centralizzazione ancora più spinta dei servizi informatici -saldamente gestiti dal Ministero in modo da assicurare sempre e comunque il Disaster Recovery e garantire sempre di più la Business Continuity, concetti richiamati dall’art. 32, co. 1, lett. b) e c), reg. UE n. 679/2016- e da una netta separazione delle competenze sui servizi informatici (qualità informatica) e sui dati giudiziari (qualità del dato). In particolare i sistemi dovrebbero essere fatti in modo che l’AdSI non possa proprio “vedere” i dati contenuti nella base di dati, che sarebbero criptati e visibili solo agli operatori designati dal Dirigente.

Se fosse realmente attuato questo proposito, rappresenterebbe una semplificazione e chiarificazione notevole delle responsabilità e dei compiti del Ministero e dei Dirigenti ed un’attuazione piena dell’indipendenza dell’autorità giudiziaria nella gestione dei dati giudiziari.

In attesa delle necessarie evoluzioni dei sistemi informativi che rendano possibili questi obiettivi, un tangibile passo in avanti sul tema della sicurezza informatica dovrebbe essere rappresentato dalla diffusione di un documento sulla sicurezza più adeguato ai tempi moderni, che prenda spunto dalle concrete esigenze di sicurezza dei singoli Uffici giudiziari e, soprattutto, dalle caratteristiche dei dati giudiziari trattati, pure anticipata nel corso citato. Si potrebbe finalmente mandare in soffitta un adempimento che fino ad ora è stato meramente formale e valorizzare, invece, i soggetti che sono realmente necessari alla tutela della sicurezza dei dati personali ed alla qualità delle nostre basi di dati.

L’importanza del tema si evince dai numerosi interventi del Consiglio Superiore, anche per assicurare l’effettività dei programmi di gestione e, più in generale, il macro-governo dell’attività giudiziaria (art. 105 Cost.). Qui mi limito a ricordare quanto prevede la Circolare P 20909 citata all’inizio sui soggetti chiamati ad assicurare la qualità dei dati, con quanto ne segue in ordine ai loro profili di autorizzazione.

L’art. 4 prevede che i RID curano, all’interno della Commissione flussi, la qualità e la completezza dei dati, anche in occasione della verifica annuale da parte di Consigli Giudiziari del raggiungimento degli obiettivi del programma di gestione (co. 8). I MagRif, invece, relazionano ogni anno sulle iniziative assunte per assicurare la qualità e l’aggiornamento dell’inserimento dei dati (co. 4, lett. b).

In particolare i RID, coadiuvati dai MAGRIF, d’intesa con i dirigenti, i funzionari statistici ed i locali Cisia, promuovono l’adozione di criteri omogenei per l’imputazione dei dati nei registri e promuovono una verifica periodica della corretta tenuta dei registri informatici e delle banche dati. Sui risultati della verifica i RID relazionano tempestivamente ai dirigenti degli uffici qualora vengano rilevate criticità che incidano sulla qualità dei dati informatici e statistici, indicando rimedi e soluzioni da adottare (art. 4, co. 9, primo periodo).

L’Ufficio per l’Innovazione del Distretto di Bari ha chiesto al Consiglio quali sono le modalità, le tempistiche ed i criteri che i RID devono utilizzare per verificare la corretta tenuta dei registri informatici e delle banche dati dei settori civile e penale e quale sia l’ambito concreto di applicazione avuto riguardo alla discrezionalità dei Dirigenti degli Uffici.

La circolare del 2016 ha già dato alcune risposte, prevedendo che i Presidenti della Corte d’Appello mettono a disposizione dell’U.D.I. la struttura necessaria per lo svolgimento del compito e li dotano di tutte le risorse (logistiche, tecniche e umane) idonee ad assicurare l’attività di segreteria, protocollo e archivio degli atti in entrata e in uscita ed agevolano i rapporti del RID con la dirigenza amministrativa e i funzionari statistici, fissando apposite riunioni o incontri al  fine di fornire al RID l’ausilio necessario per lo svolgimento del proprio incarico e la circolazione di tutte le informazioni (art. 3, co. 1). La consultazione delle basi di dati sarà, poi, garantita dall’accesso diretto agli archivi digitali degli uffici del distretto per quanto di competenza presso il nuovo sistema informatico del CSM (art. 1, co 1). La partecipazione dei RID alla Commissione flussi (nei quali devono fornire il loro parere sulla congruità dei dati e su ogni altro profilo di interesse della Commissione, cfr. sempre l’art. 1, co. 1) consente di fatto l’accesso a tutti i dati necessari per lo svolgimento dell’incarico, ferma la piena legittimazione a richiederli al titolare (v. art. 4, co. 9, secondo periodo).

Il Consiglio ha, poi, recentemente risposto con la nota P 9888/2018 del 8.6.18, richiamando, come sempre ormai, la necessità di un mutamento di mentalità nell’approccio alla qualità del dato, l’importanza del primo data entry (codice oggetto dei procedimenti civili, iscrizione della notizia di reato penale), precisando che: “Il controllo sulla correttezza dei dati non si esaurisce al momento della loro acquisizione ma deve essere previsto anche in occasione dei successivi trattamenti con il coinvolgimento di tutti gli operatori, dal personale amministrativo ai magistrati, secondo schemi condivisi e prestabiliti.”

Il dato normativo è, comunque, quello dell’art. 13 d.M. 27.4.09, per cui le risposte sono state le seguenti:

a) l’accesso ai registri informatici consentito ai Rid deve essere coerente con la natura di controllo organizzativo;

b) il concetto di corretta tenuta dei registri informatici e delle banche dati riguarda il rispetto della normativa di settore e l’assenza di anomalie di funzionamento;

c) la verifica può inserirsi in qualsiasi fase del procedimento civile o penale pendente, previa intesa con il capo dell’ufficio;

d) per i procedimenti con dati non ostensibili la verifica è subordinata all’intesa con il capo dell’ufficio;

e) il Rid ha facoltà di emanare raccolte di criteri omogenei per la visualizzazione dei dati.

Se le domande dell’UDI di Bari mettono bene a fuoco la difficoltà di applicare le misure che assicurano la qualità delle basi di dati al settore giudiziario, la centralità di questi compiti è sottolineata dalla previsione che il loro mancato adempimento è valutata dalla Settima Commissione ai fini della revoca anticipata e del rinnovo nell’incarico di RID (art. 9, co. 10, Circolare).

Forse la designazione dei RID come DPO potrà rappresentare una quadratura del cerchio (sempre se adeguatamente formati ed effettivamente esonerati nella misura prevista dalla Circolare)?

Le risorse HW del DOMINIO.

Le battute finali sono dedicate alle risorse SW ed HW, le case e le strade del DOMINIO.

La Circolare del Consiglio prevede che il Dirigente deve distribuire le risorse HW previo parere del MagRif, che può anche delegare allo scopo (art. 4, co. 7).

In realtà la distribuzione delle risorse è saldamente nelle mani del Ministero, che provvede agli acquisti e, sostanzialmente, anche alla distribuzione.

Secondo il d.M. 27.4.09 la D.G.S.I.A. dovrebbe identificare le componenti del sistema informatico mediante un dettagliato inventario (art. 5). Nel contratto di assistenza sistemistica e applicativa è inclusa la creazione e l’aggiornamento dell’inventario dei dispositivi informatici connessi alla rete informatica in modo automatizzato, analogo al monitoraggio dei sistemi previsto dall’art. 10.

Per ora sono gli AdSI a tenere l’inventario (co. 3), che dovrebbe essere disponibile a tutti gli uffici interessati (co. 4).

Per un DOMINIO “sotto un unico cielo”.

Il Dirigente è tenuto ad utilizzare i sistemi informativi ministeriali nel suo Ufficio giudiziario “in modo da garantire l’uniformità delle procedure di gestione nonché le attività di monitoraggio e di verifica della qualità e dell’efficienza del servizio” (art. 1, co. 1 bis, d.lg. n. 240/2006).

L’elenco dei SW ministeriali dovrebbe essere pubblicato sul sito dell’Amministrazione ovvero sul PST (art. 12, co. 2, d.M. 27.4.09). Per l’area penale non mi risulta che ciò sia accaduto, ma forse ci sono dei problemi legati alla sicurezza di questi sistemi, che non ci sono per quelli dedicati all’area civile ed amministrativa.

Tutti i SW ministeriali dovrebbero essere accompagnati da apposita documentazione di utilizzo, costituita da un manuale di amministrazione ed un manuale di utilizzo, disponibile sia in forma cartacea che in forma elettronica (art. 14 d.M. cit.).

Non è questa la sede per affrontare anche questo tema, ma è evidente che la formazione all’utilizzo dei SW ministeriali è una priorità individuata dal Consiglio Superiore e dal Ministero, che i Dirigenti devono richiedere ai RID ed ai MagRif ed al Ministero.

Il Dirigente deve chiedere l’autorizzazione al Responsabile S.I.A. per l’utilizzo di ogni altro SW (cd. applicativi domestici), come previsto dall’art. 12 d.M. 27.4.09 e ribadito con nota del 21.12.16 del Responsabile.

Il divieto di installazione di SW non autorizzati è, infatti, un corollario dei doveri di salvaguardia delle basi di dati che incombe sul Responsabile S.I.A. a norma dell’art. 15 d.M. 27.4.09, che comprende, fra l’altro:

a)  modalità di gestione delle utenze;

b)   modalità  di  comportamento  delle  utenze  agli  effetti  della  sicurezza informatica;

c)  controllo fisico e logico degli accessi ai sistemi informatici;

d)   politiche,  modalità  esecutive  e  strumenti  per  la  salvaguardia  dei  dati (backup, disaster recovery, ecc.);

e)   politiche e modalità esecutive per la conservazione e la riproduzione dei supporti fisici dei dati;

f)   gestione  dei  sistemi  di  protezione  dagli  attacchi  informatici  (antivirus, antispam, firewall, IDS, IPS, ecc.);

g)   modalità e strumenti di supporto  per  il controllo e il monitoraggio della sicurezza informatica;

h)  procedure di verifica e controllo dei livelli di sicurezza informatica;

i)  politiche per la formazione degli utenti in tema di sicurezza informatica.

In tema di back up o, come si dovrebbe in italiano, di salvataggio e conservazione dei dati, l’art. 9 d.M. cit. dispone che il  Responsabile  S.I.A.  definisce le procedure per il salvataggio (backup) e per il recupero (recovery) dei dati con cadenza almeno giornaliera e di una copia storica dei dati con  frequenza  almeno triennale. Eseguita  tale  operazione,  dal  registro  in  uso possono essere eliminati i dati relativi agli affari esauriti da almeno due anni.

Il comma 5 prevede che il  sistema  di  consultazione  della  copia  storica  dei  dati  ne  garantisca  la leggibilità  (richiamo il concetto espresso pima) nel  tempo  e  l’autenticità,  secondo  le  regole  tecniche  emanate  ai sensi degli articoli 22 e 71 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Nella stessa logica di sicurezza spetta al Responsabile S.I.A. dettare le regole tecniche dei processi telematici, come prevede l’art. 34 d.m. n. 44/2011.

[Per una proposta di ricostruzione sistematica della rilevanza delle regole sui servizi per il processo telematico nell’esercizio della giurisdizione rinvio a Il processo telematico e la lezione del Gattopardo, in Questione Giustizia ed alla bibliografia citata.]

Per completezza dell’informazione accenno solo all’entrata in vigore della direttiva NIS, che istituisce una rete di esperti in sicurezza informatica a livello europeo, che però si applica ai servizi essenziali esclusi i fornitori di servizi informatici (gestori delle reti e prestatori dei servizi fiduciari di identificazione e firma elettronici già soggetti a specifici obblighi). L’art. 1, co. 6, d.lg. n. 65/2018 precisa anche che “Il presente decreto lascia impregiudicate le misure adottate per salvaguardare le funzioni essenziali dello Stato, in  particolare  di tutela della sicurezza nazionale, comprese le misure volte a tutelare le informazioni,  nei  casi  in  cui  la  divulgazione  sia  ritenuta contraria agli interessi essenziali di sicurezza  e  di  mantenimento dell’ordine pubblico, in particolare a fini di indagine, accertamento e perseguimento di reati.”

Secondo la Circolare i MAGRIF rilevano l’utilizzazione di programmi informatici non ministeriali nei rispettivi uffici, ne danno comunicazione ai RID che relazionano alla settima Commissione, evidenziando fra l’altro se si tratti di sistemi alternativi a quelli ministeriali ovvero ad essi complementari o sussidiari, e ne descrivono la natura e l’utilità (art. 4, co. 5).

L’utilizzo di SW domestici e la gestione dei siti web (per la quale va menzionata la circolare del D.O.G. del 13.10.17) sono alcuni fra i punti di maggior frizione fra Ministero ed Uffici giudiziari, perché non è stato ancora trovato -a mio avviso- un ragionevole equilibrio fra le necessità imposte dalla sicurezza informatica (rappresentata dai divieti di diritto o di fatto imposti ai Dirigenti) e quelle richieste per l’efficacia dei servizi informatici forniti agli Uffici giudiziari (rappresentata dal continuo censimento richiesto dal Consiglio).

Come nel film Hero, è possibile che le antiche libertà dei sette regni della Cina (gli uffici giudiziari) debbano essere sacrificate per la grandezza di un impero “sotto un unico cielo” (il DOMINIO), ma occorre garantire la leale cooperazione fra Ministero (il re di Qin del film) ed Autorità giudiziaria, perché i servizi informatici alla giustizia impattano ormai direttamente sulla funzionalità dei processi e non possono più essere appannaggio esclusivo del Ministero, come il Consiglio Superiore non manca di ricordare nelle annuali delibere sullo stato dei Processi Telematici.