Plenum 08.01.2025: Parere sul disegno di legge costituzionale recante, “Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare”.
Intervento del cons. Bisogni:
“Presidente grazie. Io cercherò di contenere il mio intervento in uno spazio ancora più ridotto dei dieci minuti. Molte cose sono già state dette e, quindi, mi limiterò ad alcune considerazioni, stimolato dal dibattito e dalle considerazioni del professore Giuffrè.
Il professore Giuffrè ci dice in premessa “io credo che il Consiglio strabordi quando emette i pareri sulla riforme della Costituzione, non è sua competenza”, salvo poi dilungarsi per molto tempo proprio sul suo parere sulla riforma costituzionale e, addirittura, formulando proposte costruttive, che io in parte posso anche ritenere come auspicabili o, comunque, meno dannose del testo del progetto di riforma in discussione. Ci dice, poi, il professor Giuffrè “attenzione, guardate che la separazione del pubblico ministero dal giudice non vuol dire assolutamente la sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo”. Ebbene io non sono un costituzionalista, però ricordo che il dibattito dell’Assemblea Costituente sulla figura del PM si è svolto su due possibili opzioni: chi riteneva che il pubblico ministero dovesse essere
sottoposto al controllo del ministero della giustizia, come avveniva in Francia all’epoca (e come avviene anche oggi) e chi sosteneva che, invece, il PM dovesse essere ricondotto, a pieno titolo nella giurisdizione, nello stesso ordine dei giudici. Prevalse, per fortuna, la seconda tesi, ma nessuno prospettò un PM indipendente dal ministero e appartenente ad un ordine diverso dalla magistratura giudicante proprio perché – anche allora – non si riusciva ad immaginare il pubblico ministero in una terza posizione.
Ebbene è proprio l’esperienza comparativa che lo stesso professor Giuffrè ci riporta che restituisce questa realtà: in tutti gli ordinamenti occidentali il pubblico ministero o è sottoposto (in modo più o meno stringente) al controllo del potere esecutivo o fa parte di un’unica magistratura nella quale si ricopre il ruolo requirente o giudicante. Un PM come quello disegnato dalla riforma che discutiamo esiste solo in uno stato europeo: il Portogallo, ma l’esperienza non è affatto sovrapponibile alla nostra.
Dobbiamo, quindi, dirci con chiarezza che la separazione implica con un elevatissimo grado di probabilità la successiva sottoposizione del pubblico ministero all’esecutivo.
Vado ancora per flash soltanto perché, a mio avviso, la riforma parte da alcune, mi piacerebbe chiamarle così, “fake news” sulla giustizia per arrivare a conclusioni non coerenti con le premesse dichiarate.
La relazione al testo della riforma precisa, infatti, che “il giudice deve essere imparziale rispetto al pubblico ministero”; in questo momento si immagina, quindi, che il giudice sia appiattito sulle posizioni e sulle richieste del pubblico ministero. Peccato che, in Italia, i processi si concludano per metà con una sentenza di assoluzione e, quindi, il giudice non è affatto appiattito sul pubblico ministero. Esiste, invece, una sana dialettica processuale nella quale il giudice a volte dà ragione al pubblico ministero e a volte gli dà torto: non esiste una sottoposizione o un appiattimento del giudice al pubblico ministero, è una notizia falsa.
Si dice ancora “La riforma serve a garantire la parità delle armi nel processo”, come a dire: oggi nel processo le armi fra accusa e difesa non sono pari. Notizia falsa. Il nostro codice di procedura penale mette sullo stesso piano accusa e difesa. Se poi qualcuno mi vuole dire che pubblico ministero e avvocato non hanno lo stesso ruolo nel processo io vi dico si e meno male! Perché il pubblico ministero, quando si rende conto che l’imputato deve essere assolto, ha l’obbligo di chiedere l’assoluzione. L’avvocato che sa che il suo assistito è colpevole, ma si dichiara innocente, non può chiederne la condanna. Accusa e difesa non sono parti uguali.
La dialettica processuale è una cosa, il ruolo all’interno del processo è un’altra.
Si dice ancora “ma tutta Europa va verso (altra fake news) la separazione delle carriere”. Peccato che, invece, la procura europea EPPO, prenda a modello il nostro modello di pubblico ministero e preveda che per ricoprire il ruolo di procuratore europeo possano essere scelti indifferentemente magistrati giudicanti o magistrati requirenti. Quindi, non è vero che il sistema europeo va verso la separazione delle carriere, è vero l’esatto contrario: è vero che il sistema europeo va verso una osmosi delle funzioni tra pubblico ministero e giudice.
Altro presupposto della riforma “bisogna riformare il sistema disciplinare del Consiglio perché non funziona e siamo troppo buoni con i magistrati italiani”. Anche questa è una bugia: in Italia vengono sottoposti a procedimento disciplinare ogni anno l’1,7 % dei magistrati italiani. La metà viene condannata. Ogni dieci anni, quindi, il 17% dei magistrati italiani è sottoposto a procedimento disciplinare e la metà di questi viene condannata.
Se guardate i dati dei procedimenti disciplinari nella pubblica amministrazione italiana, i dati sono decisamente più bassi dei nostri.
Il nostro procedimento disciplinare è una cosa seria. Ed è una cosa seria perché organizzata con giudici, magistrati di diverse estrazioni e competenze: nel nostro collegio disciplinare siedono i laici, siedono i pubblici ministeri, i giudici di merito e i giudici di legittimità.
Nell’Alta Corte soltanto magistrati di legittimità secondo la prospettiva della riforma. È una bugia quindi che la riforma serva a migliorare l’autorevolezza del giudice disciplinare.
Infine il sorteggio serve, si dice, ad arginare le degenerazioni correntizie nel settore delle nomine. Questo è un tema serio, che coinvolge la nostra capacità di autoriforma: ne siamo tutti consapevoli ed è per questo che alcuni di noi hanno portato avanti, negli scorsi mesi, una battaglia molto importante sulla revisione delle regole per la scelta dei dirigenti.
Guardate che, però, il sorteggio non viene introdotto nella prospettiva di arginare le degenerazioni sulle nomine, non è questa la prospettiva.
La prospettiva è quella di avere, nei tavoli e nei dibattiti in cui il Consiglio viene istituzionalmente coinvolto rappresentanti togati molto più deboli di quelli attuali perché, badate bene, quando ora il Consiglio si siede al tavolo paritetico con il Ministero denunciando che il processo penale telematico non funziona lo può fare con la forza e l’autorevolezza che proviene dal consenso espresso dall’intero corpo dei magistrati ed il Consiglio ha la forza per farsi ascoltare. Il parere che stiamo discutendo qui ed ora avrà, speriamo, una qualche efficacia perché discusso da un plenum rappresentativo di tutti i magistrati. Diversamente e per evidenti ragioni un magistrato sorteggiato avrebbe molta meno autorevolezza e legittimazione nel rapportarsi ad istituzioni che invece la loro legittimazione la traggono da un consenso democratico ed elettorale.
In conclusione: questa riforma muove da presupposti di fatto falsi o inesatti e l’unico obiettivo reale, al di là di quello dichiarato, è realizzare una magistratura molto più debole con i forti e molto più forte coi deboli. Grazie.”