Intervento di Francesco Cananzi all’Assemblea generale di Unità per la Costituzione

Cari Amici, cari Colleghi,

L’assemblea di oggi è una Assemblea Generale che deve segnare un cambio di passo verso quel che sarà.

Il Comitato di coordinamento ha dato inizio al percorso di rifondazione: oggi l’Assemblea Generale è chiamata a costituire l’Assemblea per il Futuro, alla quale attribuire il ruolo di operare una rivoluzione indispensabile, necessaria, ineludibile.

Le ragioni per questa scelta ci sono tutte e sono state condivise in un percorso che si snoda da un anno a questa parte, da subito  dopo il Comitato di coordinamento del giorno 25 maggio 2019. Quelle ragioni sono ancora attuali e certamente più urgenti.    

Oggi consentitemi di salutare e ringraziare per l’impegno che assumono prima di tutto i colleghi qui convenuti, seppur virtualmente, designati dai singoli distretti.

Fra loro ci sono colleghi con maggiore esperienza e qualcuno che si affaccia per la prima volta a un impegno associativo.

L’Assemblea per il Futuro deve essere luogo di un patto generazionale, di un patto di fiducia e di lealtà, che si nutra del  desiderio di innovare, di rivoluzionare, di operare per il recupero della credibilità della magistratura, che è data in primo luogo della elevata professionalità del magistrato,  dall’equilibrio, della umiltà e della capacità di ascolto, nonché dalla fortezza e dal coraggio; ma anche, e oggi ancor più, dal  recupero di legittimazione dell’associazionismo e del sistema di governo autonomo della magistratura.  

Questo è il compito che chiedo all’Assemblea Generale di affidarvi, il compito di ridare dignità e bellezza alla magistratura associata, perché rivoluzionare per il futuro Unità per la Costituzione, o quel che sarà, a distanza di 41 anni dalla sua nascita, vuol dire lavorare per ridare a tutta la magistratura e ai cittadini una magistratura migliore.

A fronte di quanto accaduto, unici, non abbiamo scelto di chiuderci a riccio, di far finta di niente mettendo la testa sotto la sabbia, ben sapendo che la questione morale è dei singoli ma anche di sistema.

Ci siamo rimessi in gioco, in discussione, abbiamo capito che non ha funzionato anche la democrazia interna al gruppo e che non ha funzionato il sistema, appunto: non è solo autocritica, che anche dobbiamo fare se non altro tutti per culpa in vigilando, ma l’analisi e la critica devono essere punti di partenza per agire in una prospettiva di futuro,  in certi sensi profetica, in una dinamica di esodo, di chi sa da dove parte ma non sa dove arriva.

Ma di chi sa anche che c’è una bisaccia di valori che devono essere portati con sé in questo percorso, valori essenziali e serventi il magistrato costituzionale.

La disponibilità di voi 78 delegati dai distretti del paese, magistrati diversi per funzioni, per anzianità, per esperienze associative, vi rende effettivamente uno specchio della parte migliore della magistratura italiana che si riconosce nei nostri valori e soprattutto è ragione di grande speranza. 

Alcuni non hanno creduto a questa prospettiva, dall’esterno e anche dall’interno, qualcuno pensa o penserà a un mero maquillage.

Il compito che i delegati all’Assemblea costituente hanno è di dimostrare che gli scettici hanno sbagliato e sbaglieranno.

A questi ultimi dico che non c’è altra scelta percorribile se non quella rimboccarsi le maniche, di continuare a impegnarsi, di andare nel profondo, perché solo questo atteggiamento ci renderà migliori e soprattutto potrà ridare speranza.

L’Assemblea per il futuro richiederà pazienza, impegno, coraggio, libertà di vedutedisinteresse personale, visione di futuro e non corto respiro.

Ai delegati dico: prima di cominciare il lavoro della Assemblea per il Futuro leggete il documento fondativo di Unità per la Costituzione, non per riprodurlo, al più per aggiornarlo, ma soprattutto per capire cosa è fondare una associazione di magistrati, quale profondità e quale visione politica richiede. 

Il presidente Mattarella ieri ha detto che il pluralismo culturale rappresenta una ricchezza per le nostre istituzioni, dal che, per esempio, la necessità di un sistema elettorale del CSM che lo preservi: la ragion d’essere dei gruppi associati è quella, di rappresentare il pluralismo culturale che serve per rigenerare valori.  

Questo è il compito che vi spetta: garantire il pluralismo culturalepensare ad un insieme di regole che non siano solo procedure, perché una Costituzione non è,  se non è di valori.

Pongo alcuni interrogativi ai quali l’Assemblea per il Futuro dovrà rispondere:

  • Quale idea di giurisdizione abbiamoIl ruolo del magistrato nella società dell’individualismo, dell’Io mongolfiera, del desiderio che diventa diritto, delle nuove povertà, delle furbizie, del tempo senza doveri, a fronte di un legislatore tardivo quando non impreciso, è un ruolo esposto.

Il riconoscimento e l’effettività dei diritti dei cittadini – art. 2 e 3 della Costituzione  –  è rimesso alla giurisdizione, in tempo di conflitti  crescenti per la crisi economica.

Il rapporto fra le ragioni di bilancio e il principio di eguaglianza  sfida sempre la giurisdizione; il tempo delle risorse limitate e delle aspirazioni infinite,  pure costituisce una sfida alla giurisdizione. La voracità come connotato della vita economica, sociale e professionale, dove l’ambizione non ha limiti, anche costituisce una sfida per la giurisdizione. 

Il Filo di Arianna per uscire dal labirinto è in una forte legittimazione che derivi dalla alta professionalità,  dalla limpidezza dei comportamenti in udienza e fuori, nell’esercizio delle funzioni e non, dalla qualità della risposta giurisdizionale.  

Una giurisdizione autorevole si nutre anche dell’efficienza, ma l’efficienza è un valore servente la giustezza della decisione: una decisione veloce ma ingiusta non è efficiente, ricade sui gradi di giudizio successivi e non soddisfa il cittadino. Il rapporto fra qualità e quantità va sempre riequilibrato.

  • Quale questione etica? La limpidezza quale elemento essenziale della vita giudiziaria – che richiama Livatino – riguarda l’esercizio delle funzioni, la giurisdizione in senso pieno, ma anche l’associazionismo e la responsabilità nelle istituzioni, consiliari nazionali e locali. L’idea che il gruppo associativo piuttosto che l’Anm siano catapulte per i percorsi personali deve essere abbandonata: né l’uno né l’altra devono essere strumentalizzate per carriere personali, per un incarico direttivo o semidirettivo. E questo, per quante regole vogliamo darci, potrà nascere solo da una piena consapevolezza del ruolo del magistrato, dai doveri del magistrato, dalla sobrietà e dal suo sentirsi parte dell’Istituzione che rappresenta, dal dover rispondere al Popolo Italiano non con giudizi populisti ma con l’indipendenza e la professionalità del proprio giudizio, dando ragione nella motivazione delle proprie decisioni.

Il magistrato rappresenta la Repubblica Italiana, come leggiamo nell’intestazione delle nostre sentenze.  E’ il volto della Repubblica che il cittadino incontra nel suo imbattersi con la Giustizia. Abbiamo una grande Responsabilità e per questo abbiamo una grande Indipendenza.

Questione etica è anche incompatibilità. Ciò che forse una volta è stato scontato oggi va detto e normato. Incompatibilità fra incarichi associativi e incarichi direttivi, temporaneità degli incarichi associativi interni, incompatibilità fra incarico associativo e domanda per incarichi direttivi; divieto di cumulo di più ruoli associativi e fra questi e incarichi istituzionali (CG, RID, Magrif, ecc.); divieto di cumulo di più incarichi istituzionali. L’incompatibilità serve la libertà del mandato, per fare in modo che il solo incarico ricoperto sia svolto con tutte le energie necessarie e non sia una medaglietta,  perché sia sgombra la mente dalla possibile strumentalizzazione del ruolo. 

Una volta i presidenti dell’Anm erano ex Consiglieri che null’altro avevano a pretendere. Era un segno di servizio e di libertà, di contributo alla democrazie e al pluralismo che si è perso, per il singolo e per l’ANM.   

Questione etica è il dovere di partecipare al governo autonomo da magistrato, perché partecipare è anche contribuire alla migliore decisione possibile del governo autonomo,  oltre che un momento di vigilanza.

Ma questione etica vuol dire anche formare una generazione di magistrati che sappiano autodisciplinarsi, che sappiano cogliere, con sensibilità, che non tutto ciò che è consentito è lecito, perché il bene della credibilità dell’Istituzione che si rappresenta viene prima di tutti.

Quando si perde un frammento di credibilità, la perdita avvolge tutta la magistratura, non il solo magistrato che ne è stato protagonista.  

Occorre dismettere le insane ambizioni di carriera, quelle che divengono ragione di vita e soppiantano la bellezza del lavoro ordinario del magistrato; occorre riscoprire il senso della temporaneità dell’incarico di direzione, che fa il paio con lo spirito di servizio che deve connotarlo.

Questione etica è avere passione: per il nostro lavoro, il più bel lavoro del mondo. La passione è l’antidoto al burocratismo, la passione per la Costituzionela passione per le persone, per il convenuto e l’attore, per l’imputato e la vittima, la passione per la possibilità di rendere viva la Costituzione nella vita delle persone, la passione per la giustizia e non per il  giustizialismo. 

Quale indipendenza?

Diciamo spesso che l’Indipendenza non è un privilegio, ma è un bene che viene affidato ai magistrati, da tutelare e da promuovere, non per loro ma perché serve a rendere concreto il diritto all’eguaglianza.

L’indipendenza dell’art. 104 Cost.  serve gli art.  2 e 3 della Costituzione: riconoscere diritti, garantirne l’effettività, come singoli e nelle formazioni sociali, riconoscere l’essere cittadini e non sudditi, con pari dignità dinanzi alla legge, senza discriminazioni e con la funzione della giurisdizione indipendente di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana.

L’indipendenza richiama e deve richiamare la responsabilità, i doveri, non va sprecata ma va protetta. 

Essere indipendenti prima di tutto nell’esercizio della giurisdizione. Il che non vuol dire essere svincolati dalle regole: a cominciare da quelle della interpretazione che vanno applicate con rigore, senza sforare nell’arbitrio, come ci ha chiesto ieri il Presidente Mattarella, o con estensioni non sostenibili di interpretazioni asseritamente costituzionalmente orientate o al diritto unionale conformate.

D’altro canto però l’indipendenza interna va garantita nell’organizzazione e a volte dall’organizzazione, va recuperata anche negli uffici di procura, con riforme legislative che riducano il peso della gerarchia: l’organizzazione tabellare nasce per garantire l’interpretazione indipendente, non per l’efficienza, che si aggiunge come un corollario logicamente successivo e comunque subordinato. Occorre fare attenzione, acchè l’indipendenza non venga limitata all’interno degli uffici giudiziari da regole tabellari che la sacrifichino in nome dell’efficienza e della ricerca di un conformismo giudiziario che non serve al cittadino.   

Indipendenti perché fedeli solo alla Costituzione: così ieri il presidente Mattarella. L’indipendenza esterna è l’indipendenza dei magistrati dalla politica, per la separazione dei poteri, ma anche dai potentati economici e dell’informazione. 

Occorre ridire l’indipendenza anche nell’azione associativa: nel documento fondativo di Unicost  del ’79 si legge della laicità dell’azione associativa con la distinzione delle forze politiche  e con altri centri di potere.

Dovrete trovare un modo per dire NON COLLATERALISMO in positivo. Occorre passare dal non collateralismo alla VERA INDIPENDENZA.  

Dal negativo al positivo, dal “contro” al “per”.

Occorre la capacità di dire dei no: no ai salotti, no ai poteri, si ai percorsi istituzionali, si al rispetto per la Politica, ma si anche al rispetto per la Magistratura, che quando si prostituisce non rispetta se stessa. 

Quali i segnali concreti  della rivoluzione:  non basta la capacità di indignarsi, anche quando è vera e non è ipocrita, perché dimentica dei benefici che questo sistema le ha portato. Occorre la forza di costruire qualcosa di nuovo, se ce ne saranno i presupposti. 

Occorre valutare se vale la pena di non sciogliersi e se sia possibile pensare a un gruppo organizzato che faccia cultura giudiziaria per rigenerare i valori costituzionali.

Occorre decidere se creare un gruppo dove non di parli di nomine ma si parli di valori e di giurisdizione, della sottrazione di ambiti della giurisdizione in favore di  nuovi  giudici istituiti ad hoc, forse perché efficienti  ma anche meno indipendenti; di un sistema che è sbilanciato sulle Procure e sulla sua gerarchizzazione, alimentando una dimensione muscolare del processo penale che alimenta il populismo penale.

L’Assemblea per il futuro  agirà in assoluta autonomia in discontinuità. La segreteria e la presidenza non interverranno nel dibattito della Costituente se non come  osservatori.  Il Presidente Sciacca convocherà la prima Assemblea per il Futuro  che nominerà il suo Presidente e le sue regole. Sarà necessaria la trasparenza della Assemblea Costituente – consentire la partecipazione a colleghi che vogliano assistere come osservatori,  che facciano parte dei gruppi costituenti distrettuali, perché la rivoluzione che vogliamo realizzare sia esperienza di base della magistratura.

Quando abbiamo iniziato questo percorso per la Costituente non immaginavamo la disponibilità di 78 colleghi e colleghe, molti dei quali al primo impegno associativo nazionale. Ci sembra che sia un segno di forte speranza per poter offrire un primo strumento per una rivoluzione etica e culturale, prima di tutto, per restituire credibilità alla magistratura e per offrire un contributo alla democrazia del nostro paese.

Francesco Cananzi 

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