Intervento di Rossella Marro, Presidente Nazionale di Unicost, all’assemblea ANM dell’11.6.2023

Ho ascoltato con attenzione le relazioni introduttive e gli interventi che mi hanno preceduto, e che sollecitano una serie di considerazioni aggiuntive rispetto all’intervento che avevo preparato.

L’Assemblea è stata convocata con ordine del giorno ben determinato: l’iniziativa disciplinare promossa dal Ministro Nordio nei confronti dei giudici della Corte di appello milanese che hanno sostituito la custodia cautelare in carcere dell’estradando Artem Uss con gli arresti domiciliari con braccialetto. Su questo tema sono state convocate le assemblee distrettuali, deputate anche alla raccolta delle deleghe, con un crescendo di riflessione e dibattito che culmina nell’assemblea generale odierna.

Non è eccessivo affermare che l’iniziativa del Ministro suscita forte disorientamento e preoccupazione.

L’addebito ministeriale ai giudici, dalla lettura dell’atto di incolpazione, consiste nell’asserita sottovalutazione dei dati a loro conoscenza.  Il Ministro espressamente riferisce la gravità a un comportamento, anziché alla violazione della legge

Ci troviamo nell’ambito della ordinaria opinabilità dei provvedimenti giudiziari, che dovrebbe essere risolta con i rimedi ordinari che l’ordinamento appresta, tutti interni al processo.

Per legge la responsabilità disciplinare è espressamente esclusa per l’attività di «valutazione del fatto e delle prove» (art. 2 comma 2 d. lgs. n. 109 del 2006). Né sarebbe possibile introdurre una responsabilità disciplinare connessa all’attività di valutazione del fatto e delle prove, in quanto una previsione normativa di tal fatta sarebbe in aperto contrasto con il principio di autonomia e indipendenza della magistratura, consentendo all’autorità politica di dissentire, a torto o a ragione, dal contenuto di un provvedimento giudiziario.

Quanto agli effetti indiretti, se dovesse passare l’idea che il giudice possa rispondere se la previsione di osservanza della misura cautelare non trovasse riscontro si indurrebbero i giudici ad adottare, per prudenza, sempre la misura più restrittiva. Si darebbe luogo a quel fenomeno che potremmo indicare con l’espressione “giurisdizione difensiva”. La preoccupazione disciplinare per i magistrati sarebbe così scongiurata, ma il prezzo pagato dall’ordinamento sarebbe altissimo: verrebbero lesi i principi di tutela delle esigenze cautelari con il minor sacrificio possibile e di recuperabilità del condannato.

Non meraviglia la reazione dell’avvocatura che ha espresso solidarietà ai magistrati di Milano, manifestando preoccupazione per l’iniziativa del Ministro. Ci conforta la reazione dell’avvocatura. La magistratura deve coltivare il confronto con l’avvocatura, perché dal confronto potrebbe emergere che sono di più i punti che ci accomunano rispetto a quelli che ci dividono. Dobbiamo tentare di superare gli steccati che ci separano, in quanto non vi è dubbio che è interesse dell’avvocato avere di fronte un giudice autonomo e indipendente da condizionamenti esterni.

L’intrapresa azione disciplinare resta, dunque, una forzatura. E ciò che inquieta è che il Ministro, tenuto conto della sua esperienza e della sua competenza, deve necessariamente essere consapevole che si tratti di una forzatura.

Deve quindi verosimilmente ritenersi – è non è un dato rassicurante – che abbia una finalità non detta, magari di rassicurare le autorità statunitensi, di consentire al Governo di prendere le distanze dalla decisione dei giudici e, al contempo, di lanciare un chiaro messaggio ai magistrati.

Trovarci oggi qui, nell’Assemblea Nazionale dell’ANM, serve a richiamare principi fondamentali, base della nostra democrazia. Serve per riflettere e per agire insieme. Serve per gettare il seme di una rinnovata identità collettiva – purtroppo sempre più sfilacciata – proprio intorno ai principi che iniziative come quella in oggetto rischiano di minare.  

E questa identità collettiva dovrà essere ritrovata anche in considerazione della prospettiva di riforme costituzionali (separazione delle carriere, eliminazione del termine “soltanto” dall’art.101 della Costituzione, in relazione alla soggezione del giudice alla legge), ma anche prestando attenzione alle riforme che riguardano le norme di rango primario in tema di ordinamento giudiziario che, a sistema, possono ugualmente minacciare, svuotando nella sostanza il portato nelle norme costituzionali, i principi di separazione dei poteri e di autonomia e indipendenza della magistratura.

I proclami politici non sono rassicuranti, e noi dobbiamo essere pronti, e dobbiamo essere compatti perché quei principi sono a tutela dei cittadini e sono alla base della nostra democrazia, ma non dobbiamo cadere in una trappola da noi stessi costruita. E la trappola è costituita dalla tentazione di raccogliere in un unico calderone l’azione diretta a scongiurare lo sconvolgimento l’assetto costituzionale con la critica alle altre riforme di legge.

Rispetto a queste ultime, la politica si muove all’interno delle sue legittime prerogative.

E’ indubbio che la magistratura non ha solo il diritto ma anche il dovere di intervenire per evidenziarne le possibili storture, soprattutto quando si tratta di riforme in itinere e il dibattito possa contribuire al miglioramento delle stesse. Tuttavia, le critiche devono riguardare le specifiche riforme, non devono mai riguardare la linea politica del Governo di turno, e non devono mai esporre la magistratura ad una immagine di pregiudizievole ostilità o collateralismo rispetto a forze o schieramenti politici in quanto tali. E’ inutile dire che tanto la critica scomposta che il silenzio malizioso possono essere ugualmente dimostrazione di collateralismo.

Detto questo, l’azione associativa deve evitare di associare l’iniziativa disciplinare (questo discorso varrebbe anche per la proposta di separazione delle carriere, o per la proposta di eliminazione dall’art.101 della Cost. dell’avverbio “solamente” riferito alla soggezione del giudice alla legge), che minacciano l’assetto costituzionale della separazione dei poteri, alle riforme che, seppure criticabili, rappresentano l’esercizio di una legittima prerogativa della politica e non presentano le caratteristiche sopra evidenziate. Sia ben chiaro, possiamo parlare di tutto, ma non dobbiamo confondere i piani!

E veniamo ora alle azioni che è bene intraprendere all’esito di questa assemblea.

Lo sciopero non è una strada proficua da percorrere. Va innanzitutto evidenziato che, seppure l’assemblea di oggi è sovrana, lo sciopero molto verosimilmente non rispecchierebbe la volontà della maggioranza dei colleghi, se è vero che solo due assemblee distrettuali lo hanno preso in considerazione, e se è vero che noi tutti dobbiamo qui sforzarci anche di rappresentare i colleghi che non hanno partecipato alla odierna assemblea e non hanno dato delega, se non altro per scongiurare il fallimento dell’iniziativa stessa. Ed è stato improvvido da parte delle assemblee distrettuali anche solo inserire il termine “sciopero” nella mozione finale, in quanto era prevedibile che nei giorni successivi la stampa avrebbe titolato “La magistratura verso lo sciopero”. Inoltre, va considerato che lo sciopero interverrebbe ex post dinanzi ad una iniziativa che già si è realizzata, laddove esso è per sua natura uno strumento rivendicativo a fronte di concrete prospettive di riforme peggiorative. Infine, lo sciopero verrebbe dai più percepita come una scomposta e sterile forma protesta, che potrebbe suonare anche come una indebita ingerenza nel procedimento disciplinare avviato.

La nostra proposta oggi è di adottare una mozione forte, chiara e condivisa, che rivendichi il principio costituzionale di separazione dei poteri partendo proprio dalla vicenda milanese. Il documento potrebbe essere affisso fuori alle aule di giustizia. E’ questa una iniziativa non nuova ma efficace, in quanto sappiamo che gli avvocati, le parti e i testimoni sostano fuori alle aule e, quindi, mantenere a lungo il documento affisso negli uffici giudiziari è un utile strumento di diffusione dello stesso. Proponiamo infine di tenere un convegno nazionale sul tema, all’esito di iniziative locali, da organizzare a cura dell’Anm con la partecipazione dell’avvocatura, della politica, di costituzionalisti e anche di colleghi provenienti da realtà straniere dove il principio di autonomia e indipendenza della magistratura non è più una certezza.

Grazie a tutti per l’attenzione.

Scarica il pdf