Intervista a Marco Bisogni su “Il Dubbio”: «Ma io, magistrato, dico: “l’abuso” era un reato contro le prevaricazioni»

L’abolizione dell’abuso d’ufficio lascerà impuniti molti comportamenti, compresi quelli “poco ortodossi” di magistrati e forze dell’ordine. Un fatto gravissimo secondo Marco Bisogni, consigliere del Consiglio superiore della magistratura ed esponente di Unicost, secondo cui i dati sfruttati dalla politica a supporto dell’urgenza di abolire il reato sono non sono la giusta base per ragionare sulla soluzione dei problemi. E inutile, a suo dire, sarebbe anche la riforma dell’ordinamento giudiziario: separare le carriere «non ha nulla a che vedere con le riforme necessarie al sistema giustizia».

Secondo la magistratura associata, la riforma appena approvata avrà conseguenze nefaste sul sistema giustizia. Ma non era giusto intervenire sull’abuso d’ufficio, a fronte delle criticità evidenziate da molti?

L’abuso d’ufficio era un reato contro le prevaricazioni dei pubblici ufficiali: tra le condanne passate in giudicato si rinvengono condotte come quella di un pubblico ufficiale che effettua un controllo su di una ragazza che aveva rifiutato le sue avances; quella di un sindaco che revoca l’incarico a un dirigente candidato in una lista opposta; o, ancora, un pubblico ministero che chiede il rinvio a giudizio nei confronti dell’ex marito della sua attuale compagna. Ebbene fatti come questi non avranno più rilevanza penale con una riduzione della tutela dei cittadini di fronte a chi esercita una pubblica funzione. Si è detto che l’abolizione del reato dipende dalle “moltissime iscrizioni per abuso d’ufficio che sfociano molto raramente in condanne definitive”. Si tratta di un’argomentazione inconferente: dai dati Istat emerge, ad esempio, che nel 2017 i fascicoli iscritti per il delitto di associazione con finalità di terrorismo sono stati 199, l’azione penale è stata poi esercitata in 18 di questi 199 procedimenti e la condanna è arrivata in due sole ipotesi ovvero poco più dell’ un per cento dei casi. Non mi risulta che si stia valutando l’abolizione del reato di associazione con finalità di terrorismo.

La riforma delle intercettazioni mira a garantire la tutela dei terzi non coinvolti, andando ad incidere soprattutto sul livello mediatico del problema. Come influenzerebbe il vostro lavoro questo aspetto?

Il sistema delle intercettazioni è oggetto di continui interventi normativi, ma è un settore che avrebbe bisogno di stabilizzarsi: la precedente riforma aveva già introdotto serie garanzie nei confronti dei terzi i cui effetti non si sono ancora dispiegati. Deve essere, comunque, ribadito che si tratta di uno strumento investigativo irrinunciabile.

Sta partendo l’iter per la separazione delle carriere, proprio mentre il Csm, con una circolare, ribadisce l’unitarietà della giurisdizione. L’Anm non ha fatto mistero di non apprezzare la riforma, sentendo minacciata da un lato l’indipendenza del pm e paventando, dall’altro, un suo strapotere. Pericoli sui quali Nordio ha però dato rassicurazioni. Quale sarebbe, secondo lei, la riforma adatta per risolvere i problemi che sono stati resi evidenti dagli scandali degli ultimi anni?

La nuova circolare della procure varata dalla Settima Commissione del Csm afferma, in apertura, una serie di principi che ribadiscono come il pubblico ministero sia una parte pubblica saldamente inserita nella giurisdizione, distinta per fini e funzioni dalla parte privata. La separazione delle carriere non ha nulla a che vedere con le riforme necessarie al sistema giustizia: non renderà più veloci o più efficienti i processi e non inciderà sui problemi che hanno coinvolto la magistratura. Per quanto riguarda questo secondo aspetto, il Csm sta riscrivendo il nuovo testo unico sulla dirigenza giudiziaria ( ovvero le regole con le quali si individuano i dirigenti degli uffici) ed è, forse, l’ultima occasione per una vera autoriforma. Si stanno confrontando due visioni: una prima, che si sviluppa in continuità con l’attuale testo unico, e una seconda – proposta anche da Unicost – che, invece, ritiene di dover operare cambiamenti profondi con griglie di punteggi che consentano al Csm di operare in modo prevedibile e trasparente anche nel settore delle nomine. Speriamo veramente di trovare un largo consenso su questa seconda ipotesi.

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