La politica e le scarcerazioni per ragioni di salute

A fronte dell’evidente e cronica situazione di sovraffollamento nelle carceri che perdura da decenni, non vi è stato governo o parlamento che abbiano adottato misure adeguate a risolverlo: né dando reale e risolutivo impulso alle misure alternative alla detenzione, né operando con  interventi idonei in materia di edilizia penitenziaria, né facendo l’una e l’altra cosa.

Da ultimo anche la normativa d’emergenza, emanata a fronte della pandemia da COVID-19, si è rivelata inadeguata rispetto al sovraffollamento negli istituti penitenziari.

Il necessario e dovuto bilanciamento dei beni costituzionali in gioco – da un lato le esigenze di sicurezza sociale e dall’altro la tutela del diritto alla salute e del diritto al trattamento – è stato sostanzialmente circondato non soltanto da appesantimenti procedimentali e burocratici, ma anche da una delega alla magistratura di valutazioni che, a fronte di una pandemia estesa sull’intero territorio nazionale, spettano al governo e al parlamento. 

La politica è assunzione di responsabilità e, in questo ambito, selezione delle priorità di politica criminale e penitenziaria: deve rientrare certamente fra queste quella di limitare il più possibile il rischio della scarcerazione dei detenuti per gravi delitti, soprattutto quando sottoposti al regime dell’art.41 bis o.p., previsto proprio per recidere i collegamenti con i contesti criminali e territoriali di provenienza. Per costoro devono essere assicurate cure adeguate all’interno del circuito penitenziario, predisponendo strutture sanitarie dedicate, trasferimenti immediati, risposte celeri alle richieste della magistratura.  

Per garantire al contempo i diritti dei cittadini, il dolore delle vittime di mafia e di terrorismo e le esigenze di tutela sociale, con il diritto alla vita, alla salute e alla dignità minima dei detenuti, in presenza di una pandemia così grave occorre una accurata progettualità. E non può ritenersi sufficiente un formale ‘monitoraggio’ dei detenuti esposti a rischio COVID, perché affetti da pregresse patologie.

In questa situazione di pandemia e di sovraffollamento, il magistrato di sorveglianza  e il giudice della libertà personale devono decidere a condizioni dateDi certo non si può accollare alla magistratura la ‘responsabilità politica’ di sottoporre alla detenzione domiciliare pericolosi criminali, allorquando il circuito penitenziario non è in grado di garantire il diritto alla salute.  Questa non è una responsabilità della magistratura.

Auspichiamo e siamo certi, pertanto, che il Governo su questo tema interverrà da subito, con provvedimenti normativi, organizzativi e logistici adeguati, seguendo le indicazioni già fornite dalla Magistratura di sorveglianza, oltre che prevedendo il coinvolgimento delle Direzioni antimafia, nazionale e distrettuali.

        Il Presidente                                                       Il Segretario Generale
Mariano Sciacca                                                       Francesco Cananzi