La vendita diretta. Riflessioni minime a margine dello schema di decreto legislativo di attuazione della legge delega di riforma del processo civile.

A cura di Elmelinda Mercurio (giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere)

L’articolo 568 bis c.p.c.

La norma introduce nel processo di espropriazione immobiliare un nuovo istituto di favore per il debitore esecutato1, che gli consente di evitare il deprezzamento del bene dovuto al meccanismo della offerta minima del primo tentativo di vendita e dei c.d. ribassi dei successivi tentativi. Con un istituto già conosciuto in ambito fallimentare2, il legislatore consente al debitore di depositare una istanza per avviare il procedimento di vendita diretta, ovvero di vendita ad un offerente – terzo rispetto alla procedura di espropriazione, che offre un prezzo non inferiore a quello determinato dal giudice dell’esecuzione nell’udienza di cui all’art.569 c.p.c., udienza – come noto – che rappresenta il vero e proprio snodo per il processo esecutivo, atteso che all’esito della stessa sono assunte le determinazioni necessarie per la prosecuzione. La ratio legis della nuova disposizione è quella di accelerare il corso della espropriazione con contenimento dei costi, «attraverso la collaborazione del debitore, il quale può avere interesse a farsi parte attiva nella ricerca di un acquirente, sia per velocizzare le operazioni di vendita e giungere più rapidamente alla definizione del procedimento, sia per evitare il deprezzamento del bene, che si verifica, a volte, per effetto del meccanismo dei ribassi»3. Ratio che si inscrive nella più generale prospettiva della delega, ovvero quella di rendere più efficiente il processo di esecuzione.  

Ebbene, con specifico riferimento all’art.568 bis c.p.c., la norma si occupa di disciplinare il modus ingrediendi dell’istanza del debitore. L’istanza deve essere depositata nella cancelleria del giudice dell’esecuzione non oltre dieci giorni prima della udienza prevista dall’articolo 569, primo comma, c.p.c., e, a pena di inammissibilità unitamente all’istanza di cui al primo comma, deve essere depositata in cancelleria anche l’offerta di acquisto, evidentemente essa pure nel medesimo termine, che deve considerarsi perentorio, avuto riguardo alle conseguenze derivanti da una eventuale violazione4. Sia la istanza del debitore che la offerta devono fare riferimento al valore del bene come indicato nella perizia di stima, e la offerta deve essere corredata di una cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto. Allorquando il prezzo determinato dal giudice dell’esecuzione dovesse risultare diverso dal valore indicato dall’esperto, la norma di cui all’art.569 bis c.p.c., di cui si dirà successivamente, prevede un meccanismo di integrazione. La disposizione continua affermando che “l’istanza e l’offerta sono notificate a cura dell’offerente o del debitore almeno cinque giorni prima dell’udienza prevista dall’articolo 569 al creditore procedente, ai creditori di cui all’articolo 498 e a quelli intervenuti prima del deposito dell’offerta medesima”. Quest’ultimo adempimento è prescritto per provocare il contraddittorio sulla istanza del debitore e lascia pensare che – sebbene non previsto – probabilmente l’istanza deve essere depositata con il ministero di un difensore5. Detto adempimento, rappresenta la vera novità rispetto al testo del disegno di legge già conosciuto, e si inserisce nel complessivo quadro di riforma della vendita diretta. Invero, il legislatore delegato ha disegnato due diverse modalità di vendita diretta, a seconda che – proprio all’esito della notifica della istanza e dell’offerta – si addivenga o meno all’accordo dei creditori sulla istanza del debitore e sulla relativa offerta. In un caso, infatti, vi sarà una forma di vendita diretta senza gara, contraddistinta dal consenso dei creditori (o meglio di tutto il ceto creditorio: creditore procedente, creditori intervenuti e creditori potenziali interventori); nell’altro vi sarà una forma di vendita diretta con gara, e quindi una vendita che si svolgerà proprio nelle forme della gara, ivi compresa la modalità telematica, espressamente prevista. La disposizione completa gli aspetti introduttivi, chiarendo che la offerta è irrevocabile salvo che siano decorsi centoventi giorni dalla data del provvedimento di cui al secondo comma dell’articolo 569 bis c.p.c. ed essa non sia stata accolta6. L’istanza è ammissibile una sola volta, come anche la conversione del pignoramento di cui all’art.495 c.p.c., altro istituto di favore per il debitore, e tanto per arginare manovre dilatorie che possono rendere più lunghi i tempi del processo esecutivo.

L’articolo 569 bis c.p.c.

La disposizione si apre con la indicazione della valutazione del prezzo offerto nella offerta allegata all’istanza del debitore: la regola aurea è che il prezzo offerto non deve essere inferiore al prezzo base determinato dal giudice ai sensi dell’art.568 c.p.c. Come noto, questa determinazione avviene all’udienza 569 c.p.c.7 e pertanto il legislatore delegato prevede un meccanismo di coordinamento con l’udienza in questione al fine di evitare il differimento della stessa. Più precisamente, se il giudice riscontra che il prezzo offerto è inferiore a quello determinato in sede di udienza 569 c.p.c., assegna un termine di dieci giorni per la integrazione della offerta e della relativa cauzione (art.569 bis c.p.c., secondo comma, c.p.c.). In caso di mancata integrazione, la istanza viene dichiarata inammissibile (art.569 bis c.p.c., terzo comma, c.p.c.). In proposito, la relazione illustrativa dice espressamente: << Di qui l’esigenza di prevedere che, da un lato, dopo la proposizione dell’istanza di vendita diretta da parte del debitore l’udienza di cui all’articolo 569 c.p.c. si tenga comunque, dall’altro, che l’offerta di acquisto depositata unitamente all’istanza del debitore non più tardi di 10 gg. prima dell’udienza debba essere integrata (unitamente alla cauzione) nel caso in cui, all’udienza, il prezzo base determinato dal giudice ai sensi dell’articolo 568 c.p.c. sia superiore al valore determinato nella perizia di stima e, conseguentemente, all’offerta>>8.  Una volta dichiarata ammissibile l’istanza, la stessa unitamente all’offerta deve essere notificata al ceto creditorio come sopra indicato. Alla attualità, il consenso dei creditori serve a dare vita ad una forma di vendita diretta senza gara, che non era prevista nella legge delega, e che prevede la possibilità per il debitore esecutato e per i creditori di definire in tempi ristretti la procedura9. Invero, la norma espressamente dice: << Il giudice dell’esecuzione, quando dichiara ammissibile l’offerta di cui all’articolo 568 bis, in assenza di opposizione dei creditori titolati e di quelli intervenuti di cui all’articolo 498 da proporsi in ogni caso entro l’udienza di cui all’articolo 569, aggiudica l’immobile all’offerente. Si applicano il sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma>>. Pertanto, si realizza una aggiudicazione in corso di udienza 569 c.p.c. che si potrebbe definire come una aggiudicazione diretta10. In proposito, pare opportuno nuovamente richiamare la relazione illustrativa che chiarisce: << La soluzione proposta dalla commissione è quella di un procedimento di vendita diretta a prezzo base senza la procedura competitiva in caso di accordo dei creditori titolati e di quelli indicati dall’articolo 498 c.p.c., manifestato anche tacitamente mediante mancata opposizione; questa soluzione offre al debitore un istituto appetibile, alternativo alla vendita ordinaria, senza alterare gli equilibri e senza pregiudicare gli interessi delle parti nel processo esecutivo.>>. Più precisamente, l’interesse del creditore è quello di vendere ad un  prezzo non ribassato ed in tempi ristretti, mentre l’interesse del debitore è quello di soddisfare i debiti senza esdebitazione e soprattutto senza lasciare immobile (qui la relazione si esprime con riferimento alla scostamento dalla delega che prevedeva che il debitore dovesse lasciare l’immobile entro trenta giorni dalla dichiarazione di ammissibilità, a pena di decadenza dell’istanza, profilo delicato sul quale si dirà infra). In presenza di opposizione, si apre la gara secondo quanto già indicato nella legge delega: pertanto, la vendita diretta come originariamente prevista (come modalità alternativa alla gara) sorge solo su opposizione dei creditori, ovvero non è la modalità ordinaria11. Quindi le forme di vendita diretta previste dalla nuova norma sono due. In un primo caso, come più volte detto, non c’è gara: aggiudica direttamente il giudice dell’esecuzione, previo accordo dei creditori e può delegare le attività successive ad un professionista (una sorta di delega parziale già conosciuta dal sistema). In un secondo caso – in ipotesi cioè di mancato accordo dei creditori – si apre la gara attraverso una scansione procedimentale delineata dal quinto comma della norma in esame, che prevede termini più accelerati rispetto a quelli ordinari, con la possibilità di delega completa delle attività al professionista12. In entrambe il debitore non lascia l’immobile e qui si rintraccia una differenza importante con la previsione della legge delega ma anche il superamento della questione che forse avrebbe reso la norma non applicabile. Più nello specifico, giova rammentare che la legge delega aveva previsto una deroga all’art.560, ottavo comma, c.p.c. attualmente in vigore, in quanto il debitore, per accedere alla c.d. vendita diretta, doveva lasciare l’immobile “entro trenta giorni a pena di decadenza dall’istanza”. Ebbene, questa previsione è scomparsa nell’attuale disciplina. La ratio dello «scostamento» dalla delega, si trova (ancora una volta) nella relazione illustrativa: viene svolto un differente ragionamento per le due differenti ipotesi. Nel caso di vendita senza gara, la celere realizzazione del trasferimento del bene all’offerente “non ostile”13 rende giustificabile la mancata liberazione (l’offerente non ostile potrebbe voler lasciare il debitore in casa ed i tempi di realizzazione, considerata la aggiudicazione diretta all’udienza 569 c.p.c. ed il versamento del saldo prezzo in 90 giorni, sono veramente ridotti). Nel caso di vendita con gara, la vendita si presenta come modalità alternativa alla gara ordinaria, gara nella quale il debitore occupa l’immobile fino al decreto di trasferimento: la liberazione quale “costo” della vendita diretta poneva seri dubbi di legittimità costituzionale della disciplina a raffronto con quella ordinaria. Pertanto, la attuale disciplina in punto di liberazione deve essere salutata con favore, perché risponde all’intento di rendere appetibile e dunque applicabile l’istituto in esame. Da ultimo, deve svolgersi qualche breve considerazione sul trasferimento del diritto quale atto conclusivo del subprocedimento di vendita. Il dato normativo prevede due ipotesi di atto traslativo del diritto: a) per atto del giudice, ovvero tramite decreto di trasferimento di cui all’art.596 c.p.c.; b) per atto del notaio (su istanza dell’aggiudicatario). La regola dunque è che a trasferire sia il giudice con decreto di trasferimento, a meno che l’aggiudicatario non formuli istanza per essere autorizzato al trasferimento tramite atto notarile. In tal caso, il giudice, autorizzato il trasferimento con atto privato, procede alla cancellazione dei gravami, una volta depositato l’atto nel fascicolo d’ufficio a cura del notaio rogante. Quanto a questa ipotesi, ovvero atto privatistico che si inserisce nel procedimento di vendita (art.569 bis, comma decimo, c.p.c.) deve innanzitutto rilevarsi che l’atto in questione può intervenire sia nella vendita senza gara che in quella con gara. La norma non pone distinzione alcuna alla facoltà dell’aggiudicatario e nel comma quarto dedicato alla vendita senza gara, si richiama espressamente il comma decimo che prevede la istanza dell’aggiudicatario. Ancora, sempre con riferimento a tale ipotesi, ovvero a quella per la quale si è di fronte ad un atto di trasferimento privato che si inserisce nel subprocedimento di vendita giudiziaria, è necessario interrogarsi sulla qualificazione giuridica della vendita. L’ipotesi è qualificabile come una vendita forzata? A parere di chi scrive, si può dare risposta positiva.  Invero, l’atto ha carattere liquidatorio, ovvero lo scopo è teso a realizzare la responsabilità patrimoniale; c’è un particolare regime di legittimazione dell’alienante, un particolare regime di scelta dell’acquirente, sottoposti entrambi a rigidi controlli autoritativi. In proposito, spunti si possono ritrarre dalla giurisprudenza formatasi in ordine alla vendita in ambito fallimentare, di cui all’art. 107 l. fall. (oggi 216 CCI) . Ebbene, con riferimento a detta norma (che unitamente all’art. 108 l. fall. (oggi 217 CCI), disciplina una vendita innanzi al curatore, non quale delegato e con modalità competitive da questi individuate), è stato chiarito che la cessione di beni nel fallimento, pur realizzandosi con uno strumento privatistico, resta comunque di natura forzata, realizzandosi pur sempre per il tramite di un trasferimento coattivo (in tal senso si possono richiamare: Cass. civ., 23-09-2003, n. 14103; Cass. civ., 6-9-2006, n. 19142). A conclusione di questo scritto minimo, si può dunque salutare con favore la nuova vendita diretta, atteso che, grazie al lavoro effettuato in sede di stesura del decreto attuativo, sembrano superate le criticità della originaria previsione, tra cui la necessaria liberazione dell’immobile da parte del debitore che certamente non avrebbe reso l’istituto appetibile.


1 Unitamente a quelli già previsti di cui agli articoli 494 c.p.c., 495 c.p.c. e 496 c.p.c.

2 Si vedano gli articoli 107 e 108 l.f., alla attualità articoli 216 e 217 CCI.

3 In termini, la relazione al disegno di legge poi sfociato nella legge 206 del 2021.

4 Se si considera la funzione del termine, il necessario raccordo con la udienza 569 c.p.c., la sanzione della inammissibilità prevista dal secondo comma dell’art.568 bis c.p.c. e riferita alla offerta che deve essere allegata alla istanza, si potrebbe ragionare nel senso della perentorietà del termine.

In proposito, spunti si possono ritrarre da alcuni arresti giurisprudenziali, tra cui: Cassazione S.U. n. 262 del 2010 (richiamata anche da Cass., sezione terza, n. 8113 del 2022) e Cass., sezione terza, n.18421 del 2022, sul termine per il versamento del saldo prezzo).

A mio avviso, è perentorio. In proposito: << Nella giurisprudenza della Corte si trova più volte affermato, che la natura perentoria del termine può essere tratta dalla sua funzione e perciò il termine può essere perentorio anche in assenza di una sua esplicita qualificazione in tal senso (Cass. 8 febbraio 2006 n. 2787; 5 marzo 2004 n. 4530 tra le altre) >> (in termini Cass.262 /2010).

5 Ci si potrebbe chiedere cosa accade nelle ipotesi di notifica intentata o di notifica tentata e non andata a buon fine, ma in questi casi, nel silenzio della norma, ci si può affidare ai principi generali.

6 Come del resto già disposto dall’art. 571, terzo comma, c.p.c..

7 Formalmente il dato normativo prevede questo, ovvero che il prezzo sia determinato dal giudice all’udienza 569 c.p.c., anche se nella prassi, a fronte di un incarico peritale ben conferito, il prezzo è già indicato come “valore” appunto del bene, nella perizia e non vi sarà una notevole differenza nella determinazione del giudice. Giova osservare che l’istanza viene depositata a ridosso dell’udienza 569 c.p.c., dunque, interviene quando: è stata già depositata la documentazione ipocatastale di cui all’art. 567 c.p.c.; è stato già nominato l’esperto per la stima; e questi ha già trasmesso la bozza del proprio elaborato alle parti (art. 173-bis, comma terzo, disp. att. c.p.c.), ricevendo da costoro (nei successivi 15 giorni) eventuali osservazioni, a norma del successivo comma 4 del citato art. 173-bis, osservazioni sulle quali è chiamato a rendere chiarimenti in udienza.

8 Probabilmente si sarebbe giunti a questa soluzione anche in chiave interpretativa ma deve essere salutata con assoluto favore la disposizione.

9 L’istituto non è del tutto sconosciuto, essendo già previsto nell’ordinamento per la vendita esattoriale dall’articolo 52, comma 2 bis, d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, come modificato d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. Decreto del fare), convertito in l. 9 agosto 2013, n. 98, ancorché con l’adesione espressa dell’Agente di Riscossione che, considerando l’art. 54, è l’unico creditore agente della procedura.

10 La aggiudicazione come noto, avviene all’esito di una gara nei confronti di un terzo soggetto con differente meccanismo da quella che è invece la assegnazione al creditore che è parte del processo esecutivo. Da qui la esigenza di qualificare la aggiudicazione in questione come “diretta”, al fine di farne comprendere il tratto assolutamente particolare.

11] L’accordo dei creditori diventa dunque uno snodo processuale, non un presupposto a monte, come sarebbe nell’ipotesi di un accordo c.d. “a saldo e stralcio” che poi sfocia in sede processuale in qualche richiesta del creditore (come per esempio la rinuncia ai sensi dell’art.629 c.p.c.). Ipotesi che non di rado si presenta nella prassi.

12 Particolare attenzione merita, quanto agli adempimenti del professionista delegato, la redazione dell’avviso di vendita che deve rendere nota la circostanza della esistenza di una offerta preventiva, atteso che le successive offerte non potranno essere presentate ad un prezzo inferiore. La sede corrente non consente una disamina analitica di tutte le questioni, ma si riporta il testo del quinto comma per richiamare quantomeno il procedimento ivi evidenziato. Invero, «se un creditore titolato o uno di quelli intervenuti di cui dall’articolo 498 si oppone all’aggiudicazione a norma del quarto comma, il giudice con ordinanza»: 1)  fissa un termine non superiore a quarantacinque giorni per l’effettuazione della pubblicità, ai sensi dell’articolo 490, dell’offerta pervenuta e della vendita  (la legge delega prevedeva che entro quindici giorni – ragionevolmente dalla declaratoria di ammissibilità della istanza – doveva essere data pubblicità, ai sensi dell’articolo 490 del codice di procedura civile, dell’offerta pervenuta; probabilmente la legge delega prevedeva che nel termine di quindici giorni il giudice doveva fissare l’adempimento nel rispetto del termine di 45 giorni di cui alla indicata norma); 2)    fissa il termine di novanta giorni per la formulazione di ulteriori offerte di acquisto ad un prezzo non inferiore a quello dell’offerta già presentata, garantite da cauzione in misura non inferiore a un decimo del prezzo proposto  (contenuto questo a mio parere che incide anche sull’avviso di vendita su istanza del debitore, atto da redigere con gli elementi necessari all’espletamento della procedura di vendita);3)   convoca il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti a un’udienza che fissa entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al numero 2) per la deliberazione sull’offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti ( la legge delega prevedeva un termine di trenta giorni, che nello schema di decreto viene ridotto per contenere i tempi, in ragione della modifica sul termine della pubblicità). Vi è espressa previsione della modalità telematica.

13 Così proprio lo definisce la relazione illustrativa.

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