Le notificazioni dopo la novella del d.lgs. 149/2022: primissime riflessioni

A cura di Federica Porcelli (giudice del lavoro presso il Tribunale di Catania)

Art. 137 c.p.c. come modificato dal d.lgs. n. 149/2022

Le notificazioni, quando non è disposto altrimenti sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, su istanza di parte o su richiesta del pubblico ministero o del cancelliere.

L’ufficiale giudiziario o l’avvocato esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi.

Se l’atto da notificare o comunicare è costituito da un documento informatico e il destinatario non possiede indirizzo di posta elettronica certificata, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione mediante consegna di una copia dell’atto su supporto cartaceo, da lui dichiarata conforme all’originale, e conserva il documento informatico per i due anni successivi. Se richiesto, l’ufficiale giudiziario invia l’atto notificato anche attraverso strumenti telematici all’indirizzo di posta elettronica dichiarato dal destinatario della notifica o dal suo procuratore, ovvero consegna ai medesimi, previa esazione dei relativi diritti, copia dell’atto notificato, su supporto informatico non riscrivibile.

Se la notificazione non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, tranne che nel caso previsto dal secondo comma dell’articolo 143, l’ufficiale giudiziario consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto.

Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano anche alle comunicazioni effettuate con biglietto di cancelleria ai sensi degli articoli 133 e 136

L’avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge.

L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato se quest’ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge di riforma del processo civile n. 206/2021 ha novellato il sistema delle notificazioni in materia civile disciplinato dal codice di rito, facendo assurgere la modalità telematica di esecuzione delle notificazioni a requisito di forma delle notificazioni medesime e contemplando – almeno in astratto – la possibilità di superare lo strumento della posta elettronica certificata o comunque di affiancare tale strumento ad altre soluzioni tecniche di trasmissione dell’atto da notificare.

Quanto al primo profilo di novità, l’esame sistematico degli artt. 137 e 149 bis c.p.c. e 3bis e 3ter l. n. 53/1994 rivela l’introduzione della prevalente obbligatorietà della modalità telematica di notificazione degli atti del processo civile, sia ove eseguita dagli avvocati, sia ove eseguita dall’ufficiale giudiziario.

D’altra parte i principi e criteri direttivi contenuti nell’art. 1, comma 20, l. n. 206/21 avevano l’obiettivo di elevare il canale telematico a modalità unica per eseguire le notificazioni. In particolare, il legislatore delegante aveva stabilito che le modifiche alla disciplina del procedimento notificatorio  dovevano «a) prevedere, quando il destinatario della notificazione è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo codice, che la notificazione degli atti in materia civile e stragiudiziale sia eseguita dall’avvocato esclusivamente a mezzo di posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici;

b) prevedere che, quando la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata non sia possibile o non abbia esito positivo per causa imputabile al destinatario, l’avvocato provveda alla notificazione esclusivamente mediante inserimento, a spese del richiedente, nell’area web riservata di cui all’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, che la notificazione si abbia per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento e che, solo quando la notificazione non sia possibile o non abbia esito positivo per cause non imputabili al destinatario, la notificazione si esegua con le modalità ordinarie;

c) prevedere che, quando la notificazione deve essere eseguita a mezzo di posta elettronica certificata o mediante inserimento nell’area web riservata, sia vietato all’ufficiale giudiziario eseguire, su richiesta di un avvocato, notificazioni di atti in materia civile e stragiudiziale, salvo che l’avvocato richiedente dichiari che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero che la notificazione a mezzo di posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario;

d) adottare misure di semplificazione del procedimento di notificazione nei casi in cui la stessa è effettuata dall’ufficiale giudiziario, al fine di agevolare l’uso di strumenti informatici e telematici».

Nella prospettiva delineata dalla legge delega, l’art. 3, comma 11, lett. a), d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il secondo comma dell’art. 137 c.p.c., prevedendo che «L’ufficiale giudiziario o l’avvocato esegue la notificazione mediante consegna al destinatario di copia conforme all’originale dell’atto da notificarsi».

Il difensore viene, quindi, incluso nella categoria dei soggetti che eseguono la notificazione degli atti del processo.

Il tenore letterale della disposizione legislativa è tale peraltro da configurare non una facoltà per il difensore di eseguire la notificazione per via telematica, quanto piuttosto un obbligo. Evidente è al riguardo la differenza nella costruzione della proposizione della norma in esame rispetto a quella dell’art. 1 l. 21 gennaio 1994, n. 53, che stabilisce che l’avvocato o il procuratore legale, munito di procura alle liti ai sensi dell’art. 83 c.p.c., «può eseguire la notificazione di atti in materia civile, amministrativa e stragiudiziale a mezzo del servizio postale».

Se, infatti, siffatta formulazione linguistica rifletteva una precisa scelta del legislatore nel senso di rendere l’opzione per il canale telematico una facoltà rimessa al difensore, come d’altra parte pare cristallizzato dall’intitolazione della l. n. 53/1994, disciplinante appunto la «Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali», diversamente la locuzione contenuta nell’art. 137, comma 2, c.p.c. evidenzia l’assenza di discrezionalità del difensore in ordine al compimento di tale atto processuale.

Il potere di compiere le notificazioni degli atti del processo è, dunque, ora attribuito espressamente dal codice di rito sia all’ufficiale giudiziario che all’avvocato.

A prima lettura sembrerebbe, dunque, che il legislatore delegato si sia limitato ad affiancare la figura del difensore a quella dell’ufficiale giudiziario nell’esecuzione delle notificazioni.

Una simile ricostruzione sistematica sfuma prontamente laddove si osservi che l’art. 3, comma 1, lett. b), nn. 1 e 2, d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto nell’art. 137 c.p.c. un sesto ed un settimo comma.

In particolare, la richiamata lettera b) ha infatti previsto che «2) dopo il quinto comma sono aggiunti i seguenti: «L’avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge.

L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato se quest’ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge, salvo che l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario. Della dichiarazione è dato atto nella relazione di notificazione».

La novella dell’art. 137 c.p.c. assegna invero al difensore un ruolo centrale nel sistema delle notificazioni, facendolo assurgere ad autore quasi esclusivo delle medesime, e confina l’intervento dell’ufficiale giudiziario ad ipotesi residuali in cui l’avvocato non debba eseguire la notificazione per via telematica e in cui l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non è possibile o non ha avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario.

Il legislatore ha, a ben guardare, introdotto non semplicemente l’obbligo di notificazione degli atti del processo per via telematica, ma l’obbligo per il difensore di eseguire le notificazioni con modalità telematiche, richiamando, laddove fa riferimento a «i casi e con le modalità previste dalla legge», la disciplina in materia di notifiche eseguite dall’avvocato dettata allo stato dalla legge n. 53 del 1994.

Ed invero, la previsione del settimo comma è tale da limitare l’intervento dell’ufficiale giudiziario alle ipotesi in cui il difensore non debba – rectius sul difensore non gravi l’obbligo di – eseguire la notificazione a mezzo posta elettronica certificata a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge o questi dichiari che la notificazione con le modalità telematiche non sia possibile o non abbia avuto esito positivo per cause non imputabile al destinatario.

Tale soluzione trova peraltro conferma nel disposto dell’art. 137, comma 6, c.p.c. e del nuovo art. 3 ter l. n. 53/1994.

Le richiamate disposizioni legislative prevedono rispettivamente che «L’avvocato esegue le notificazioni nei casi e con le modalità previste dalla legge» e che «Il difensore esegue la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario è un soggetto tenuto per legge a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi oppure ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, iscrivendosi nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo decreto».

La lettura sistematica dell’art. 137, commi 2, 6 e 7, c.p.c. e dell’art. 3 ter, commi 1 e 2,l. n. 53/1994 porta dunque a ritenere che l’ufficiale giudiziario effettuerà le notificazioni su istanza del difensore nei soli casi in cui il destinatario della notificazione non sia soggetto tenuto a munirsi di domicilio digitale da inserire nei pubblici elenchi e non abbia né inserito il proprio domicilio digitale nel pubblico elenco di cui all’art. 6 quater d.lgs. n. 82/2005 (c.d. INAD) né altrimenti eletto domicilio digitale, oltre alle ipotesi in cui non sia andata a buon fine la notificazione telematica eseguita nei confronti di soggetto non tenuto a munirsi di domicilio digitale (v. art. 3 ter, commi 2 e 3, l. n. 52/1994) o non sia stato possibile inserire l’atto nell’area web riservata di cui all’art. 359 d.lgs. n. 14/2019 (cfr. commento art. 3 ter l. n. 53/1994) o ancora allorquando la notificazione a mezzo PEC non sia possibile o non sia andata a buon fine per (allo stato non meglio individuate) cause non imputabili al destinatario (art. 137, comma 7, c.p.c.).

La norma da ultimo richiamata pare far riferimento ad ipotesi di malfunzionamento dei sistemi di posta elettronica certificata o, più in generale, dei sistemi telematici di trasmissione degli atti, dovuti ad eventuali anomalie del gestore di posta elettronica certificata o di altro servizio elettronico di recapito qualificato, che dovranno essere dichiarate dagli avvocati.

La questione della documentazione dell’impossibilità di utilizzare il canale telematico e la correlata problematica della natura temporanea o meno del malfunzionamento che sia stato causa di tale impossibilità di trasmissione dell’atto non paiono peraltro avere rilievo ai fini della validità della notificazione, tenuto conto della mancata espressa previsione di un’ipotesi di nullità e della non indispensabilità di tale documentazione ai fini e della dichiarazione di cui al settimo comma dell’art. 137 c.p.c. e del raggiungimento dello scopo della notificazione (eseguita dall’ufficiale giudiziario); ferma sempre restando l’applicabilità del principio di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c. L’eventuale mancata documentazione dell’anomalia che sia stata causa dell’impossibilità di eseguire la notificazione a mezzo PEC o la temporaneità del malfunzionamento potranno piuttosto essere valutate ai fini della ripartizione delle spese di lite, ben potendo il giudice applicare l’art. 92, comma 1, c.p.c.  escludere la ripetibilità delle spese ritenute superflue.

La formulazione del nuovo settimo comma dell’art. 137 c.p.c. pone peraltro la problematica relativa all’attribuzione all’ufficiale giudiziario del potere di rifiutare l’atto, allorquando non ricorrano le ipotesi ivi previste e, dunque, allorquando si avveda, certamente mediante verifiche nei pubblici elenchi, che il destinatario dell’atto rientri nelle categorie dei soggetti tenuti per legge a munirsi di domicilio digitale. Tale potere dell’ufficiale giudiziario pare sussistere peraltro anche nelle ipotesi in cui il difensore non dichiari che non sia stato possibile eseguire la notificazione per via telematica per causa non imputabile al destinatario oppure la stessa, pure eseguita, non sia andata a buon fine per la medesima ragione. Deve invece escludersi che l’ufficiale sia titolare del potere di sindacare o di verificare la veridicità della dichiarazione del difensore, non avendo – come accennato – la norma previsto l’obbligo del difensore di documentare il malfunzionamento che abbia impedito l’esecuzione o il perfezionamento della notifica a mezzo PEC.

Venendo infine e concisamente al secondo profilo di novità introdotto dal legislatore delegato, non potendosi sviluppare adeguatamente in questa sede le complesse questioni poste dalla norma di apertura contenuta nel settimo comma dell’art. 137 c.p.c., va osservato che la richiamata disposizione, nel prevedere che «L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato se quest’ultimo non deve eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, o con altra modalità prevista dalla legge», introduce la possibilità  – almeno in astratto – per il difensore di ricorrere a diversi strumenti tecnici per eseguire la notificazione per via telematica, potenzialmente anche diversi – stante il tenore letterale della norna – da quello disciplinato dall’art. 3 ter, comma 2, l. n. 53/1994, ossia la notificazione mediante inserimento nell’a nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 d.lgs. n. 14/2019.

Il testo della norma fa, infatti, riferimento alla posta elettronica certificata, al servizio elettronico di recapito certificato qualificato o ad altra modalità prevista dalla legge.

Il legislatore delegato pare, quindi, aver contemplato la possibilità che lo strumento della posta elettronica certificata sia superato o comunque affiancato ad altre soluzioni tecniche volte a  semplificare la trasmissione degli atti del processo alla luce dell’evoluzione delle tecnologie informatiche e in attuazione del principio fissato dalla lettera h) dell’art. 1, comma 17, l. n. 206/2021, che ha previsto di « introdurre, in funzione dell’attuazione dei princìpi e criteri direttivi di cui alla presente legge, misure di riordino e implementazione delle disposizioni in materia di processo civile telematico».

Art. 149 bis c.p.c. «Notificazione a mezzo posta elettronica certificata eseguita dall’ufficiale giudiziario»

L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo, quando il destinatario è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultante dai pubblici elenchi oppure quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.

Se procede ai sensi del primo comma, l’ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni.

La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.

L’ufficiale giudiziario redige la relazione di cui all’articolo 148, primo comma, su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all’atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito decreto del Ministero della giustizia. La relazione contiene le informazioni di cui all’articolo 148, secondo comma, sostituito il luogo della consegna con l’indirizzo di posta elettronica presso il quale l’atto è stato inviato.

Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate, con le modalità previste dal quarto comma, le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.

Eseguita la notificazione, l’ufficiale giudiziario restituisce all’istante o al richiedente, anche per via telematica, l’atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e agli allegati previsti dal quinto comma.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge di riforma del processo civile n. 206/2021 è intervenuto altresì in materia di notificazioni eseguite dall’ufficiale giudiziario, introducendo anche in tale ipotesi la sostanziale esclusività e obbligatorietà della modalità telematica di notificazione degli atti.

Segnatamente, l’art. 3, comma 11, lett. e), nn. 1 e 2, d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto le seguenti modifiche nel corpo dell’art. 149 bis c.p.c. e nella rubrica, prevedendo che «all’articolo 149-bis:

1) il primo comma è sostituito dal seguente: «L’ufficiale giudiziario esegue la notificazione a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo, quando il destinatario è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un indirizzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato risultante dai pubblici elenchi oppure quando il destinatario ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;

2) alla rubrica sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «certificata eseguita dall’ufficiale giudiziario».

Se, quindi, in precedenza l’ufficiale giudiziario aveva la possibilità di optare per le modalità telematiche di notificazione solo ove non vi fosse espresso divieto stabilito dalla legge, ora l’ufficiale giudiziario ha anch’egli l’obbligo di procedere alla notificazione a mezzo posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato, quando il destinatario è soggetto tenuto per legge a munirsi di domicilio digitale oppure, pur non essendovi tenuto, abbia eletto domicilio ai sensi dell’articolo 3 bis, comma 1 bis, d.lgs. n. 82/2005.

L’ambito di applicazione di tale norma pare essere residuale, stante l’introdotta obbligatorietà per il difensore di procedere alla notificazione con modalità telematica nei casi in cui il destinatario dell’atto da notificare sia soggetto su cui grava l’obbligo munirsi di domicilio digitale oppure, pur non essendovi tenuto, abbia eletto domicilio ai sensi dell’articolo 3 bis, comma 1 bis, d.lgs. n. 82/2005.

Tale coincidenza delle ipotesi in cui sorge sia per il difensore che per l’ufficiale giudiziario l’obbligo di procedere alla notificazione per via telematica impone di coordinare il testo della norma in commento con la previsione del nuovo settimo comma dell’art. 137 c.p.c., a mente del quale l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione su richiesta dell’avvocato solo ove quest’ultimo non debba eseguirla per via telematica oppure ove l’avvocato dichiari che la notificazione con le predette modalità non sia possibile o non abbia avuto esito positivo per cause non imputabili al destinatario.

A prima lettura sembrerebbe doversi ritenere che il legislatore delegato abbia previsto che l’ufficiale giudiziario proceda alla notificazione per via telematica proprio nei casi in cui il difensore si rivolge al medesimo per non aver potuto procedere alla consegna telematica dell’atto per cause non imputabili al destinatario, con una soluzione che – salvo il venir meno dell’impedimento generatore dell’impossibilità per l’avvocato di procedere alla notificazione per via telematica – pare defatigatoria, di fatto prescrivendo il compimento di un’attività già tentata e non potuta portare a termine per ragioni non rientranti nella sfera di signoria del notificante e del destinatario dell’atto.

Se così è, ne deriva che l’ufficiale giudiziario, pur a conoscenza dell’esistenza di un problema tecnico che impedisce la trasmissione telematica dell’atto, come emergente dalla dichiarazione che il difensore è tenuto a rendere e che l’ufficiale giudiziario medesimo è tenuto ad inserire nella relata di notifica, avrebbe comunque l’obbligo di eseguire la notificazione dapprima per via telematica e, solo successivamente e in caso di esito negativo per causa non imputabile al destinatario, avrebbe il potere di procedere con le modalità ordinarie.

Al di là delle questioni che si pongono in tema di validità della notificazione eseguita dall’ufficiale giudiziario con le modalità tradizionali e senza il previo tentativo di trasmissione telematica dell’atto, pare ragionevole percorrere l’opzione interpretativa, già acutamente suggerita in dottrina (v. V. Bertoldi nel sottile commento alla norma in esame, nel Volume in corso di pubblicazione per la casa editrice Pacini e curato da R. Tiscini), secondo cui la norma in commento si riferisca invero alle ipotesi in cui la parte istante sia soggetto che sta in giudizio personalmente e non sia tenuto per legge a munirsi di domicilio digitale oppure sia soggetto richiedente la notificazione di un atto stragiudiziale, oltre che – come evidenziato dalla Relazione illustrativa dei decreti delegati di attuazione della legge delega n. 206/2021 (pubblicata nel Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 245 del 19.10.2022) –  ai casi «di atti notificatori tipicamente propri dell’ufficiale giudiziario (come il pignoramento presso terzi)».

Art. 3-bis l. n. 53/1994

1. La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi.

1-bis. Fermo restando quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, la notificazione alle pubbliche amministrazioni è validamente effettuata presso l’indirizzo individuato ai sensi dell’articolo 16-ter, comma 1-ter, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.

2. Quando l’atto da notificarsi non consiste in un documento informatico, l’avvocato provvede ad estrarre copia informatica dell’atto formato su supporto analogico, attestandone la conformità con le modalità previste dall’articolo 196-undecies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie. La notifica si esegue mediante allegazione dell’atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica certificata.

3. La notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione prevista dall’articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, fermo quanto previsto dall’articolo 147, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile.

4. Il messaggio deve indicare nell’oggetto la dizione: “notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994”

5. L’avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata. La relazione deve contenere:

a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante;

c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti;

d) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;

e) l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui l’atto viene notificato;

f) l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto;

g) l’attestazione di conformità di cui al comma 2.

6. Per le notificazioni effettuate in corso di procedimento deve, inoltre, essere indicato l’ufficio giudiziario, la sezione, il numero e l’anno di ruolo.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 ha – come già osservato – novellato il sistema delle notificazioni in materia civile disciplinato dal codice di rito, facendo assurgere la modalità telematica di esecuzione delle notificazioni a requisito di forma delle notificazioni medesime.

Il profilo relativo alla sostanziale introduzione dell’obbligo di effettuare le notificazioni per via telematica è stato già preso in considerazione in sede di commento all’art. 137 c.p.c., ragione per cui l’esame del novellato art. 3 bis l. n. 53/1994 si concentrerà sulla questione dell’individuazione degli indirizzi PEC ove eseguire le notificazioni telematiche.

L’art. 12, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 149/2022 ha introdotto il comma 1 bis nell’art. 3 bis l. n. 53/1994 e modificato il secondo e terzo comma della disposizione in commento.

In particolare, il legislatore delegato con la richiamata disposizione ha previsto che « a) all’articolo 3-bis:

1) dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Fermo restando quanto previsto dal regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, in materia di rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato, la notificazione alle pubbliche amministrazioni è validamente effettuata presso l’indirizzo individuato ai sensi dell’articolo 16-ter, comma 1-ter, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221.»;

2) al comma 2, le parole «16-undecies del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221» sono sostituite dalle seguenti: «196-undecies delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie»;

3) al comma 3 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, fermo quanto previsto dall’articolo 147, secondo e terzo comma, del codice di procedura civile».

L’introduzione del comma 1 bis lungi dall’includere l’elenco IPA nel novero dei pubblici elenchi utilizzabili per le notificazioni e comunicazioni degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, si limita ad esplicitare che la notificazione effettuata all’indirizzo di cui all’art. 16 ter, comma 1ter, d.l. n. 179/2012 è valida ed efficace, ferma restando la necessità – ai fini della possibilità di utilizzare l’elenco IPA – del ricorrere dei presupposti ivi indicati.

La norma da ultimo richiamata consente l’utilizzazione dell’indice IPA ai fini delle notificazioni telematiche degli atti giudiziari, solo allorquando la pubblica amministrazione destinataria dell’atto non abbia provveduto ad inserire il proprio indirizzo PEC nel Registro PA e, dunque, solo allorquando in detto registro manchi l’indirizzo PEC della pubblica amministrazione destinataria dell’atto. Peraltro, al ricorrere della indicata circostanza, la notificazione telematica può essere bensì effettuata presso un indirizzo PEC dell’ente risultante dall’indice IPA, purché tale indirizzo sia quello primario della pubblica amministrazione destinataria dell’atto.

Continua, dunque, a porsi anche nel nuovo sistema tracciato dal legislatore delegato la questione relativa alla validità della notificazione eseguita presso un indirizzo PEC della PA risultante dall’IPA, ove nella relata di notificazione manchino sia l’attestazione dell’assenza, nel registro PA, dell’indirizzo PEC della pubblica amministrazione destinataria dell’atto da notificare, sia l’attestazione relativa alla circostanza che l’indirizzo PEC estratto dall’IPA ove è stato trasmetto l’atto corrisponde all’indirizzo PEC primario dell’Ente.

Tale problema si pone (chiaramente nei casi in cui l’amministrazione non si sia costituita, ma ad esempio anche nei casi in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi sulla definitiva esecutività del decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.), in quanto la l. n. 53/1994 è improntata ad un rigido sistema di nullità testuali e rilevabili di ufficio, che si producono ove  manchino i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla medesima l. n. 53/1994, se non sono osservate le disposizioni di cui agli articoli della medesima legge n. 53/1994 e, comunque, se vi è incertezza sulla persona cui è stata consegnata la copia dell’atto o sulla data della notifica (v. art. 11 l. n. 53/1994).

La notificazione eseguita presso un indirizzo PEC della pubblica amministrazione risultante dall’IPA, senza che nella relata di notificazione sia attestata l’assenza, nel registro PA, dell’indirizzo PEC della pubblica amministrazione destinataria della notificazione e la circostanza che l’indirizzo PEC estratto dall’IPA corrisponde all’indirizzo PEC primario dell’Ente, appare invero priva di uno dei requisiti previsti dall’art.3 bis, comma 5, l. n. 53/94, secondo cui «5. L’avvocato redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di posta elettronica certificata. La relazione deve contenere:

a) il nome, cognome ed il codice fiscale dell’avvocato notificante;

c) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale ed il codice fiscale della parte che ha conferito la procura alle liti;

d) il nome e cognome o la denominazione e ragione sociale del destinatario;

e) l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui l’atto viene notificato;

f) l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto;

g) l’attestazione di conformità di cui al comma 2».

In questa prospettiva, la notificazione risulta affetta da nullità.

L’art. 3 bis, comma 1, l. n. 53/1994 continua peraltro a prevedere che i difensori delle parti possano eseguire la notificazione in proprio e con modalità telematiche «a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi».

Resta pertanto tutt’ora esclusa la possibilità di utilizzare, ai fini delle notificazioni civili, un indice degli indirizzi PEC non menzionato dall’art. 16 ter d.l. n. 179/2012.

Va in proposito sottolineato che il legislatore delegato, nel perseguire l’obiettivo di raggiungere la completa dematerializzazione e digitalizzazione del processo civile e nell’interpretare il criterio direttivo – contenuto nel comma 20 della legge delega n. 206/2021 – di introdurre l’obbligo di eseguire le notificazioni esclusivamente per via telematica, ha tuttavia perso l’occasione di leggere le norme in materia di notificazione telematica alla luce delle norme sul sistema delle notificazioni e ritenere pertanto percorribile un’interpretazione della disposizione contenuta nell’art. 3 bis l. 53/94 – già suggerita in altra sede, cui sia consentito di rinviare – come contenente la regola per cui «La notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata ad indirizzo risultante da pubblici elenchi» oppure anche all’indirizzo PEC che il destinatario abbia eventualmente indicato negli atti nel processo o in un contratto e ciò i) sia quando l’indicazione di detto ulteriore indirizzo PEC risulti essere contenuta nell’intestazione dell’atto, senza alcuna ulteriore specificazione; ii) sia quando negli atti processuali vi sia un’esplicita dichiarazione di voler ricevere presso l’indirizzo PEC indicato le notifica-zioni e iii) ancora nell’ipotesi di espressa elezione di domicilio presso tale indirizzo PEC; trattandosi di manifestazioni volitive, che seppur diversamente modulate, hanno tutte la medesima funzione di designare uno dei luoghi (virtuale e ulteriore) ove può – facoltativamente – essere consegnato l’atto del processo» (F. Porcelli, Gli indirizzi PEC ove eseguire le notificazioni telematiche, in Riv. dir. proc. 2020, 1355 ss., spec. 1363).

La mancata disciplina espressa della possibilità, invero già sussistente alla luce di un’interpretazione sistematica delle norme sulle notificazioni telematiche e delle norme generali in tema di notificazioni, per il destinatario della notificazione, di eleggere domicilio digitale, indicando – quale luogo ove ricevere le notificazioni relative al giudizio – un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello risultante dai pubblici elenchi, quale l’indirizzo PEC di un terzo oppure di un ufficio, lascia aperti gli interrogativi in ordine alla validità della notificazione eseguita all’indirizzo di posta elettronica certificata di un terzo presso cui il destinatario della notificazione abbia eletto domicilio digitale (per la tesi – condivisa da chi scrive – secondo cui sarebbe irragionevole, alla luce del principio di strumentalità delle forme, ritenere nulla la notificazione effettuata all’indirizzo PEC presso il quale è lo stesso destinatario ad aver eletto domicilio, v. G. Ruffini, Il processo civile di fronte alla svolta telematica, in Riv. dir. proc. 2019, 973 ss., spec. 989).

Il legislatore delegato nulla ha poi specificato in ordine alla possibilità di adoperare i domicili digitali presenti nei pubblici elenchi sia per le notificazioni relative a controversie vertenti su questioni legate all’esercizio dell’attività professionale o imprenditoriale in relazione alla quale è previsto l’obbligo del soggetto destinatario della notificazione di munirsi di un domicilio digitale, sia per le notificazioni relative a controversie vertenti su questioni diverse da quelle sopra enucleate e ciò anche nel caso in cui l’imprenditore individuale o il professionista tenuto a munirsi di domicilio digitale non abbia optato per l’inserimento nell’INAD di un domicilio digitale personale da affiancare a quello presente nel registro INI-PEC.

A ben vedere, però, il legislatore, nel disciplinare l’obbligo dei liberi professionisti e degli imprenditori individuali di istituire e comunicare il proprio indirizzo PEC ai fini dell’inserimento nei pubblici elenchi, non ha limitato l’utilizzo di tale casella di PEC per la sola trasmissione e ricezione di messaggi relativi allo svolgimento dell’attività professionale o imprenditoriale in virtù della quale è stato previsto l’obbligo di munirsi della casella di PEC. L’art. 3 bis l. n. 53/1994 continua infatti a fare riferimento alle notificazioni nei procedimenti civili sic et simpliciter, senza nulla dire in ordine all’oggetto della controversia cui la notificazione si riferisce.

A fronte della permanente inesistenza di una norma che imponga al notificante di utilizzare i domicili digitali presenti nei pubblici elenchi per le sole questioni attinenti la professione o l’esercizio dell’impresa in funzione delle quali la legge ha previsto l’obbligo per il professionista o per l’imprenditore di munirsi di un indirizzo di PEC deve ritenersi valida ed efficace la notificazione eseguita al domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi e, in particolare, dal registro INI-PEC (v., se si vuole, quanto già osservato in proposito nel capitolo Le comunicazioni e le notificazioni, in Aa.Vv., Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, a cura di G. Ruffini, Milano 2019, 329 ss., spec. 347 s.).

Peraltro, da tale soluzione discende che, allorquando l’imprenditore individuale o il libero professionista o gli altri soggetti tenuti per legge a munirsi di domicilio digitale abbiano inserito anche un diverso domicilio digitale nell’INAD, rimane ferma la possibilità per il difensore notificante di eseguire validamente la notificazione telematica all’uno o all’altro domicilio digitale.

Art. 3-ter l. n. 53/1994

1. L’avvocato esegue la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario:

a) è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi;

b) ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo decreto.

2. Quando la notificazione nelle forme di cui al comma 1 nei confronti di imprese o professionisti iscritti nell’indice INI-PEC di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per causa imputabile al destinatario non è possibile o non ha esito positivo, l’avvocato la esegue mediante inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, dichiarando la sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento. La notificazione si ha per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento. Quando la notificazione nelle forme di cui al comma 1 nei confronti di persone fisiche o altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, che hanno eletto il domicilio digitale di cui all’articolo 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per causa imputabile al destinatario non è possibile o non ha esito positivo, si procede ai sensi del comma 3. 3. Quando la notificazione di cui al comma 1, per cause non imputabili al destinatario, non è possibile o non ha esito positivo, si esegue con le modalità ordinarie.

Il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 di attuazione della legge di riforma del processo civile n. 206/2021 ha – come già osservato – apportato modifiche di non poco momento al sistema delle notificazioni in materia civile introducendo il criterio della prevalente esclusività del canale telematico della notificazione rispetto alla notificazione eseguita con le modalità tradizionali e ciò almeno nelle specifiche ipotesi delineate dalla norma in commento.

L’esame del novellato art. 3 ter l. n. 53/1994 si concentrerà proprio sull’individuazione dei casi in cui sorge per il difensore l’obbligo di notificare gli atti del processo mediante il canale telematico, nonché su un primo vaglio della riconfigurazione del rapporto tra domicilio digitale e domicilio eletto in conseguenza della novella, oltre che sulle problematiche connesse all’espressa disciplina delle conseguenze derivanti dal mancato perfezionamento della notificazione per causa imputabile al destinatario, con un breve approfondimento sulla sorte della notificazione eseguita con le modalità tradizionali. Ciò in quanto il profilo relativo all’introduzione – in via generale – dell’obbligo di effettuare le notificazioni per via telematica già è stato trattato in sede di commento all’art. 137 c.p.c.

Ebbene, l’art. 12, comma 1, lett. b) ha previsto che «b) dopo l’articolo 3-bis è inserito il seguente:

«Art. 3-ter. – 1. L’avvocato esegue la notificazione degli atti giudiziali in materia civile e degli atti stragiudiziali a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato quando il destinatario:

a) è un soggetto per il quale la legge prevede l’obbligo di munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi;

b) ha eletto domicilio digitale ai sensi dell’articolo 3-bis, comma 1-bis, del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, iscritto nel pubblico elenco dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 6-quater del medesimo decreto. – Omissis».

Il testo della disposizione in commento specifica i casi in cui il difensore ha l’obbligo di eseguire la notificazione per via telematica. Segnatamente, il legislatore ha coerentemente stabilito che siffatto obbligo sorga, allorquando il destinatario della notificazione sia un soggetto tenuto per legge a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi oppure, ove non gravato da tale obbligo, abbia eletto domicilio digitale ai sensi dell’art 3 bis, comma 1 bis, d.lgs. n. 82/2005 e, dunque, abbia iscritto – allo stato – il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nell’indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese (anche brevemente detto INAD) di cui all’art. 6 quater d.lgs. n. 82/2005.

Quanto ai soggetti tenuti per legge a munirsi di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi, gli stessi sono gli avvocati, gli altri professionisti iscritti in albi (v. art. 16, comma 7, d.l. n. 185/2008), le imprese individuali e collettive (v. rispettivamente art. l’art. 5, commi 1 e 2, d.l. n. 179/2012 e art. 16, comma  6, d.l. n. 185/2008), le pubbliche amministrazioni (v. art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012).

Interessante è notare come anche il legislatore della novella in esame abbia scelto di utilizzare l’espressione «domicilio digitale» in luogo delle parole «posta elettronica certificata», con soluzione lessicale che predilige il riferimento ad un istituto – ormai proprio – del diritto processuale e non anche al singolo strumento tecnico informatico adoperato in un dato momento storico per la trasmissione telematica degli atti e che pertanto favorisce il consolidamento della normativa in materia di processo telematico e l’impiego dei relativi concetti indipendentemente dall’evoluzione della tecnologia informatica e dall’eventuale trasformazione degli strumenti tecnici adoperati di volta in volta per la trasmissione degli atti, quale allo stato la posta elettronica certificata e l’inserimento nell’area web riservata.

L’introduzione dell’art. 3 ter l. n. 53/1994 si pone, quindi, in linea di continuità con la definizione del concetto di domicilio digitale fornita dal codice dell’amministrazione digitale all’art. 6 d.lgs. n. 82/2005, che già contempla – di fatto – l’univoca riferibilità del domicilio digitale ad un soggetto – che sia persona fisica o persona giuridica – e la conseguente progressiva assimilazione dell’istituto del domicilio digitale a quello di identità digitale.

Il corso del processo di tale ravvicinamento è tuttavia allo stato ritardato dalla persistente impossibilità di eseguire la notificazione per via telematica allorquando il destinatario non rientri nella categoria dei soggetti tenuti per legge a munirsi di un indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi oppure non abbia eletto domicilio digitale, inserendolo nell’INAD o indicando in un contratto ai sensi dell’art. 141 c.p.c. – quale luogo ove ricevere le notificazioni relative al giudizio – il domicilio digitale di un terzo oppure di un ufficio.

In tali ipotesi non sorge l’obbligo per l’avvocato di procedere alla notificazione per via telematica e permane la possibilità di fare istanza all’ufficiale giudiziario, affinché proceda alla notificazione con le modalità tradizionali, pur nel rispetto delle prescrizioni del nuovo settimo comma dell’art. 137 c.p.c., non apparendo peraltro a prima lettura necessaria in tali ipotesi alcuna dichiarazione del difensore in ordine all’insussistenza dell’obbligo di eseguire la notificazione con le modalità telematiche. Il legislatore sembra, infatti, aver rimesso all’ufficiale giudiziario il compito di verificare, a fronte dell’istanza del difensore di parte, se non gravi sull’avvocato l’obbligo di eseguirla a mezzo di posta elettronica certificata o servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

Se, quindi, la novella in esame ha, per un verso, mantenuto l’esistenza del doppio binario, telematico e c.d. tradizionale a mezzo ufficiale giudiziario o a mezzo posta, delle notificazioni, per altro verso, ha determinato il pressoché sostanziale venir meno dell’alternatività tra domicilio digitale e domicilio fisico, frutto di incertezze interpretative e applicative di non poco momento.

Il rapporto tra domicilio digitale e domicilio fisico non è più configurabile in termini di alternatività ed equivalenza. La codificazione, per le notificazioni su istanza di parte e nelle ipotesi di cui all’art. 3 ter, comma 1, lett. a) e b), l. n. 53/1994, del principio di esclusività del canale telematico, elimina la possibilità, per i difensori, di scegliere se effettuare la notificazione mediante PEC oppure a mezzo posta o a mezzo ufficiale giudiziario e determina la sostanziale prevalenza dell’una tipologia di domicilio sull’altra.

Ne deriva pertanto che il sistema di norme di cui agli artt. 480, comma 3, 489, comma 3, 492, comma 2, 499, comma 2, 511, comma 2, 638, comma 2, c.p.c. e art. 58 disp. att. c.p.c. è destinato a trovare applicazione nei casi in cui le notificazioni su istanza di parte debbano essere eseguite con le modalità tradizionali di cui all’art. 137, commi 2, c.p.c., in quanto il destinatario dell’atto da notificare non sia soggetto tenuto a munirsi di domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi e non abbia né inserito il proprio domicilio digitale nell’INAD né altrimenti eletto domicilio digitale (ad esempio ai sensi dell’art. 141 c.p.c., indicando in un contratto, quale luogo ove ricevere le notificazioni, il domicilio digitale di un terzo) oppure in quanto non sia andata a buon fine la notificazione telematica eseguita nei confronti di soggetto non tenuto a munirsi di domicilio digitale (v. art. 3 ter, commi 2 e 3, l. n. 52/1994) o ancora allorquando la trasmissione dell’atto per via telematica non sia stata possibile per causa non imputabile al destinatario (art. 137, comma 7, c.p.c.) oppure nei casi in cui non sia stato possibile inserire l’atto nell’area web riservata di cui all’art. 359 d.lgs. n. 14/2019.

Passando ora all’esame della norma contenuta nel secondo comma dell’art. 3 ter l. n. 53/1994, va in proposito osservato che trattasi di previsione dalla portata innovativa dirompente.

Il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato le conseguenze derivanti dall’impossibilità di eseguire la notificazione e del mancato perfezionamento della medesima per cause imputabili al destinatario.

Segnatamente, l’art. 3 ter, comma 2, l. n. 53/1994 prevede ora che « Quando la notificazione nelle forme di cui al comma 1 nei confronti di imprese o professionisti iscritti nell’indice INI-PEC di cui all’articolo 6-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per causa imputabile al destinatario non è possibile o non ha esito positivo, l’avvocato la esegue mediante inserimento a spese del richiedente nell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, dichiarando la sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento. La notificazione si ha per eseguita nel decimo giorno successivo a quello in cui è compiuto l’inserimento. Quando la notificazione nelle forme di cui al comma 1 nei confronti di persone fisiche o altri enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, che hanno eletto il domicilio digitale di cui all’articolo 6-quater del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, per causa imputabile al destinatario non è possibile o non ha esito positivo, si procede ai sensi del comma 3».

Il terzo comma della norma in commento stabilisce che «Quando la notificazione di cui al comma 1, per cause non imputabili al destinatario, non è possibile o non ha esito positivo, si esegue con le modalità ordinarie».

Dalla lettura della disposizione in commento emerge con evidenza la scelta di disciplinare diversamente le conseguenze dell’impossibilità di esecuzione o di perfezionamento della notificazione per cause imputabili al destinatario in relazione alla qualità soggettiva di quest’ultimo, se impresa individuale o collettiva e professionista iscritto nel registro INI-PEC – rectius il cui domicilio digitale debba risultare da detto registro – da una parte, se soggetto che abbia eletto domicilio digitale ai sensi dell’art. 6 quater d.lgs. n. 82/2005, dall’altra parte, nulla avendo peraltro il legislatore stabilito con riferimento alle ipotesi in cui il destinatario dell’atto sia una pubblica amministrazione, tenute anche queste – come visto – a munirsi quantomeno di indirizzo di posta elettronica certificata da comunicare al Ministero della Giustizia ed inserito nel Registro PA di cui all’art. 16, comma 12, d.l. n. 179/2012.

Sulla scorta della nuova disciplina ove l’atto da notificare non possa essere consegnato per via telematica a imprese (individuali o collettive) e professionisti il cui domicilio digitale risulti dal pubblico elenco INI-PEC per cause imputabili al destinatario, che allo stato possono essere esemplificativamente ricondotte alle ipotesi di mancata attivazione e saturazione della casella di PEC oppure alle ipotesi di anomalia derivante dalla mancata adozione di software anti-spam, non si configura più l’onere del notificante di farsi parte attiva per procedere alla notificazione con le modalità tradizionali, in quanto il difensore dovrà – a partire dall’entrata in vigore della nuova norma – eseguire la notificazione mediante inserimento dell’atto – a spese del richiedenteall’interno dell’area web riservata prevista dall’articolo 359 del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza,previa dichiarazione della sussistenza di uno dei presupposti per l’inserimento.

Tale soluzione ricalca invero quella già adottata in seno all’art. 40, comma 7, d.lgs. n. 14/2019 e, quanto al momento di perfezionamento della notificazione, evoca il disposto dell’art. 8, comma 4, l. n. 890/1982.

Il tenore del secondo comma dell’art. 3 ter l. n. 53/1994 è poi chiaro nel non contemplare alcuna facoltà per il difensore notificante di optare – in detti casi – per la notificazione mediante inserimento dell’atto nell’area riservata di cui all’art. 359 d.lgs. n. 14/2019. Ed invero la norma, laddove prevede – con riguardo alle ipotesi di notificazione non andata a buon fine per causa imputabile al destinatario – che «l’avvocato la esegue mediante inserimento nell’area web riservata», pare aver non facoltizzato, ma imposto siffatta modalità di esecuzione della notificazione.

Ne deriva peraltro che la notificazione eseguita a mezzo ufficiale giudiziario o a mezzo posta, in assenza dei relativi presupposti, deve essere considerata affetta da nullità, salva sempre – in caso di costituzione del convenuto o del resistente – l’operatività del principio della sanatoria per raggiungimento dello scopo di cui all’art. 156, comma 3, c.p.c.

Tale norma è, quindi, posta a tutela del difensore notificante, in quanto semplifica l’onere di farsi parte attiva per riattivare il procedimento notificatorio, di fatto dissolvendolo nella possibilità – rectius obbligo – di eseguire la notificazione mediante inserimento dell’atto nella predetta area web riservata; con una soluzione che fa nella sostanza ricadere le conseguenze negative dell’inosservanza dell’onere di adottare software antispam, anti-saturazione e antivirus sul titolare del domicilio digitale e non più sul notificante.

Alla luce del nuovo quadro sistematico tratteggiato dal legislatore delegato, si pone la problematica relativa all’esigenza di coordinare la norma in esame con l’art. 16 sexies d.l. n. 179/2012, non abrogato dall’art. 11 d.lgs. n. 149/2022. Tale apparente antinomia – non essendo le due norme perfettamente sovrapponibili – va a sommesso avviso di chi scrive risolta secondo il criterio cronologico e di specialità, con la conseguenza che deve ritenersi prevalente la disciplina dettata dall’art. 3 ter, commi 1 e 2,l. n. 53/1994, che regolamenta in maniera espressa le conseguenze dell’impossibilità di eseguire la notificazione per causa imputabile al destinatario, vuoi che sia esso sia un difensore, vuoi che sia altro soggetto il cui domicilio digitale risulti dal registro INI-PEC.

L’art. 16 sexies d.l. n. 179/2012, nella sua versione originaria, invero di poco mutata dal legislatore delegato, che si è limitato ad eliminare il riferimento all’art. 366, comma 2, c.p.c., abrogato (per approfondimento sul punto v. V. Bertoldi, nel Volume in corso di pubblicazione presso la casa editrice Pacini e curato da R. Tiscini), aveva infatti la funzione di assicurare al difensore, che avesse eletto domicilio digitale e avesse omesso di eleggere il domicilio nel comune ove ha sede l’autorità giudiziaria dinanzi la quale pende il giudizio dallo stesso patrocinato, di poter ricevere gli atti del processo presso il domicilio digitale eletto, di fatto escludendo che, in presenza di un domicilio digitale risultante dai pubblici elenchi, le notificazioni potessero essere effettuate presso la cancelleria (l’osservazione è di G. Ruffini, Il processo civile di fronte alla svolta telematica, in Riv. dir. proc. 2019, 973 ss., spec. 988).

Tale impostazione pare ora essere superata dalla previsione dell’esclusività del canale telematico delle notificazioni al difensore, ferma tuttavia restando – come meglio si specificherà nel paragrafo successivo – la funzione (invero solo rafforzativa) di tale norma nel senso di confermare – a tutela del difensore destinatario della notificazione – che, in presenza di domicilio fisico eletto ai sensi dell’art. 82 r.d. 37/1934, le notificazioni non possano essere eseguite direttamente presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita, ma ciò oramai nei soli casi in cui non sia materialmente possibile procedere alla notificazione mediante inserimento dell’atto nell’area web riservata di cui all’art. 359 d.lgs. n. 14/2019.

Ulteriore questione problematica posta dalla novella in esame concerne, infatti, proprio l’eventuale non funzionamento – forse anche solo temporaneo – dell’area web riservata di cui all’art. 359 d.lgs. n. 14/2019 e la conseguente impossibilità materiale, per il difensore notificante, di procedere all’inserimento dell’atto nella detta area web riservata. Al riguardo pare perseguibile una soluzione che facoltizzi il difensore notificante, previa documentazione della detta anomalia, ad eseguire la notificazione con le modalità tradizionali, con la conseguente possibilità, nel caso di omessa elezione di domicilio fisico ai sensi dell’art. 82 r.d. n. 37/1934 oppure ex artt. 480, comma 3, c.p.c. 489, comma 3, 492, comma 2, 499, comma 2, 511, comma 2, 638, comma 2, c.p.c. e 58 disp. att. c.p.c., di eseguire la notificazione presso la cancelleria.

Venendo all’esame delle ipotesi in cui la notificazione non vada a buon fine o non sia eseguibile per causa imputabile al destinatario, ma questi sia persona fisica o ente di diritto privato non tenuto all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese, persiste l’onere del notificante di farsi parte attiva per procedere alla notificazione con le modalità tradizionali. Tale soluzione, di minor rigore per il destinatario dell’atto, pare discendere – invero coerentemente – dall’assenza in capo ai menzionati soggetti dell’obbligo di munirsi di domicilio digitale e, pur configurando il rapporto tra canale telematico e canale c.d. tradizionale delle notificazioni in termini di prevalenza, evidenzia l’intenzione del legislatore di raggiungere gradualmente l’obiettivo della completa dematerializzazione e digitalizzazione del processo civile. In proposito si legge nella Relazione illustrativa dei decreti delegati di attuazione della legge delega n. 206/2021 (pubblicata nel Supplemento straordinario n. 5 alla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 245 del 19.10.2022) che «si è tuttavia ritenuto preferibile, sia pur a costo di un leggero discostamento dal principio di delega, prevedere che in questi casi la notifica avvenga nelle forme ordinarie, in considerazione della particolare delicatezza del procedimento notificatorio, che deve tendere ad assicurare quanto più possibile che il destinatario abbia effettiva conoscenza dell’atto».

Nella prospettiva sopra delineata, deve peraltro ritenersi che il notificante abbia tutt’ora il potere di eseguire la notificazione presso la cancelleria dell’autorità giudiziaria adita allorquando l’impossibilità di procedere alla notificazione con modalità telematiche per causa imputabile al destinatario si accompagni all’omessa elezione di domicilio ai sensi degli artt. 480, comma 3, c.p.c. 489, comma 3, 492, comma 2, 499, comma 2, 511, comma 2, 638, comma 2, c.p.c. e 58 disp. att. c.p.c.

La totale assenza di regolamentazione delle conseguenze derivanti dall’impossibilità di eseguire le notificazioni con modalità telematiche per causa imputabile al destinatario che sia una pubblica amministrazione porta poi a ritenere sussistente – allo stato attuale – la possibilità per l’avvocato di eseguire la notificazione con le modalità tradizionali.

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