Le proposte presentate al cdc per l’emergenza Covid 19

Noi del gruppo Unità per la Costituzione intendiamo, innanzitutto, ribadire la nostra vicinanza ai colleghi di Reggio Calabria in questo difficile momento che ha portato nuovamente alla ribalta il problema della edilizia giudiziaria, rispetto al quale si impongono interventi incisivi da parte del Ministero, con investimenti costanti – anche facendo ricorso alle risorse del recovery fund – per impedire che i magistrati e tutti gli altri operatori della giustizia siano ancora costretti a lavorare in ambienti insicuri, inadeguati e non dignitosi.

Nel merito delle riforme introdotte dai decreti ristori e ristori bis, sollecitiamo il dibattito su alcune possibili modifiche che, a nostro avviso, possono conciliare l’esigenza di non paralizzare il servizio giustizia con quella di salvaguardare la salute pubblica, nell’assoluta convinzione che si tratti comunque di interventi emergenziali che non devono rappresentare l’occasione per una modifica strutturale del processo penale distonica rispetto all’irrinunciabile principio dell’oralità.

Siamo convinti che la disciplina introdotta dai due ultimi decreti non riesca a dare efficace risposta al vero problema che angoscia, in questa situazione di emergenza sanitaria, il mondo della giustizia, ossia l’impossibilità di procedere allo svolgimento delle ordinarie attività e alla celebrazione delle udienze in condizioni di sicurezza, anche a causa della condizione dei palazzi di giustizia, malgrado gli sforzi dei Capi degli Uffici e la predisposizione di presidi minimi che, giocoforza, risultano insufficienti a contrastare la diffusione dell’epidemia.

Per quanto concerne, in particolare, la disciplina dettata dai decreti ristori sullo svolgimento delle udienze dibattimentali, si osserva che manca, allo stato, una norma che disciplini gli spostamenti da e per le zone rosse e arancioni da parte degli avvocati, degli imputati e dei testimoni, al di là dei casi da ritenere già coperti da previsione normativa, quali positività al Covid ovvero isolamento fiduciario.

Si sollecita, quindi, con riferimento al diritto di difesa, una riflessione sulla utilità di una specifica norma che consenta al difensore di richiedere il rinvio dell’udienza in termini di legittimo impedimento, qualora questi sia costretto, per partecipare alla udienza, a spostarsi “da e verso” zone rosse e arancioni (al di fuori naturalmente delle ipotesi di celebrazione dell’udienza a distanza).

Analoga previsione potrebbe essere introdotta per gli imputati, anche nei casi in cui sarebbe possibile la partecipazione con collegamento a distanza. Invero, l’art. 23 comma 5 del decreto-legge 137/20 prevede, per le ipotesi in cui le udienze penali possano svolgersi con collegamento da remoto (anche senza consenso del difensore), che gli indagati/imputati liberi o sottoposti a misure diverse dal carcere si colleghino dallo studio del difensore. Si potrebbero porre problemi quando, per raggiungere lo studio dei difensori gli indagati/imputati debbano spostarsi “da e per” zone rosse e arancioni. Si sollecita, dunque, anche in questo caso, una riflessione sulla opportunità che si possa chiedere il rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dell’imputato ex art. 420 ter c.p.p.

Alla stessa stregua, con riferimento alle udienze istruttorie, l’art. 24 comma 1 del decreto-legge n. 149/20 prevede la sospensione dei giudizi penali – e dei termini di prescrizione e cautelari – per l’ipotesi di assenza di testimoni, consulenti, periti e imputati in procedimenti connessi, positivi al Covid o in isolamento fiduciario. Nessuna previsione vi è per le ipotesi di spostamento di testimoni, consulenti, periti e imputati in procedimenti connessi “da e per” zone rosse o arancioni, per le quali sarebbe auspicabile, invece, una analoga sospensione, per identità di ratio.

Allo stato, riteniamo invece difficilmente praticabile la diversa strada dell’audizione dei testimoni/consulenti etc. mediante collegamento da remoto. Ad esclusione, infatti, dei testi di P.G. che potrebbero collegarsi dai rispettivi uffici (senza problemi di identificazione), per i testimoni “comuni” si porrebbe il problema di individuare una postazione idonea al loro ascolto e all’espletamento di tutte le formalità necessarie alla loro audizione, compresa l’identificazione. Tale postazione dovrebbe necessariamente individuarsi nell’ufficio giudiziario di residenza, con la necessaria presenza di un cancelliere. Tuttavia, tale soluzione non sarebbe in linea con la ratio della norma e creerebbe evidenti problemi in caso di emergenza sanitaria “oltre soglia” anche nel territorio di residenza del teste.

Per quanto concerne, invece, la disciplina dettata per le discussioni, all’art. 23 comma 5 del decreto-legge 137/20 si esclude la possibilità di celebrazione da remoto delle udienze di discussione per i casi di giudizio abbreviato e dibattimentale. La preclusione non può essere superata neppure con il consenso dei difensori. Tale divieto pone evidenti problemi innanzitutto nei casi di giudizio direttissimo, laddove in seguito alla convalida dell’arresto venga scelto il rito abbreviato. In tali casi, invero, diventerà inevitabile un rinvio dell’udienza, atteso che la fase di convalida potrà essere celebrata con modalità da remoto, ma la scelta del rito abbreviato imporrà sempre e comunque il rinvio per la celebrazione in presenza.

Più in generale, sembra illogico privare il difensore della facoltà di scegliere, in base alla complessità del procedimento ovvero ad altre valutazioni personali o tecniche, di partecipare all’udienza di discussione, anche nei giudizi abbreviati o dibattimentali, mediante collegamento da remoto, manifestando di volta in volta il proprio consenso.

Per quanto concerne le comunicazioni e le notificazioni, sarebbe auspicabile, invece, una previsione come quella già introdotta in precedenza dall’art. 83 comma 14 del DL 18/20, che consenta ai giudici nei casi di sospensione dei giudizi penali introdotti dai decreti in esame ovvero nei casi oggetto della presente riflessione, di procedere al di fuori della stessa,  comunicando il rinvio all’indirizzo di posta elettronica certificata di sistema del difensore di fiducia, ferme restando le notifiche che per legge si effettuano presso il difensore d’ufficio e, come ovvio, limitatamente alla udienza successiva a quella in cui avviene la regolare costituzione delle parti.

Si sollecita, infine, una norma analoga a quella già prevista al comma 7 dell’art. 83 del citato decreto, con particolare riferimento alla  possibilità per i capi degli uffici collocati in zona rossa o arancione  di limitare l’accesso del pubblico agli uffici giudiziari, di limitare l’orario di apertura al pubblico degli uffici anche in deroga  alla legge vigente, di regolamentare l’accesso ai servizi, previa prenotazione e di adottare linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle udienze in presenza (quali fasce orarie – numero massimo di processi per udienza e così via).

Infine, con riferimento al processo penale d’appello, disciplinato dall’art. 23 del decreto-legge 149/2020 (cd. Ristori –bis), il legislatore dell’emergenza ha previsto un nuovo modo di concepire il giudizio di appello, in sede penale, accentuandone la trattazione cartolare.  

L’art. 23, infatti, prevede che, fuori dai casi in cui debba procedersi alla rinnovazione dell’istruzione dibattimentale per la decisione delle impugnazioni, la Corte d’Appello proceda in camera di consiglio senza l’intervento del P.M. e dei difensori, salvo che uno di essi faccia richiesta di discussione orale o che l’imputato manifesti la volontà di comparire.

La principale criticità che si intravede è che le parti, manifestando la volontà di comparire in udienza, possono rendere vana la ratio legis (garantire la tutela della salute in connessione all’emergenza epidemiologica da Covid-19).  

Quanto alle modalità concrete di svolgimento del procedimento, l’art. 23, comma 2, dispone poi che, qualora si proceda nelle forme del contraddittorio cartolare, entro il decimo giorno precedente l’udienza il P.M. formuli le proprie conclusioni con atto scritto, che deve essere trasmesso alla cancelleria della Corte d’Appello. La cancelleria dovrà quindi inviare l’atto immediatamente, per via telematica, ai difensori delle altre parti, i quali, entro il quinto giorno antecedente all’udienza, potranno a propria volta presentare le loro conclusioni con atto scritto, da trasmettersi sempre alla cancelleria della Corte d’Appello per via telematica a mezzo PEC.

Ebbene, si auspica una modifica che consenta al PM e al difensore di scambiarsi direttamente le conclusioni, dopo l’invio alla cancelleria, al fine di semplificare la procedura e rendere più agile il contraddittorio.

Inoltre, si evidenzia come manchi per il concordato con rinuncia ai motivi di appello, disciplinato dall’art. 599 bis c.p.p. una indicazione sui termini e sulle modalità con le quali il difensore dell’imputato, che intenda accedere all’istituto, possa introdurre la richiesta, atteso che la novella emergenziale si limita a scansionare temporalmente solo il deposito, per via telematica, delle conclusioni delle parti. Sarebbe, quindi, auspicabile che anche in questa ipotesi sia prevista una interlocuzione diretta fra le parti, per poter addivenire ad un accordo.

A conclusione delle riflessioni proposte, andrebbe valutata, quale unica, residuale situazione alternativa alla disciplina introdotta dai decreti ristori e alle soluzioni qui prospettate, una quasi generalizzata interruzione dello svolgimento dell’attività giudiziaria, con una previsione analoga a quella dell’art. 83 comma 6 del DL 18/20, conseguenziale ad ipotesi di lock down totale, prolungato e generalizzato.

Concludiamo le nostre riflessioni sollecitando un intervento normativo che preveda un continuo monitoraggio della situazione epidemiologica nei vari uffici giudiziari, con il costante rilevamento dei casi di positività accertati tra tutti gli operatori della giustizia e delle criticità ambientali che abbiano ricadute sulla possibilità di lavorare in sicurezza (areazione delle aule, vigilanza e controllo degli accessi, presenza di sufficienti dispositivi di protezione, sanificazione degli ambienti comuni e di udienza, screening generalizzato e periodico delle condizioni di salute di tutto il personale).

Contestualmente l’ANM – a livello centrale e nelle sue articolazioni territoriali- dovrà promuovere iniziative volte ad acquisire i dati epidemiologici anche mediante una stretta collaborazione con i Consigli degli Ordini professionali e le rappresentanze sindacali del personale di cancelleria.

In particolare, occorre promuovere, senza indugio, un tavolo comune con gli Avvocati, la Magistratura onoraria, il personale giudiziario e le altre categorie interessate per discutere tutte le iniziative da intraprendere per fronteggiare l’emergenza sanitaria.

Roberta D’Onofrio, Giacomo Ebner, Italo Federici, Pierpaolo Filippelli, Alessandra Maddalena, Antonio Nicastro, Emma Vittorio