Le ragioni dell’impegno in A.N.M.: testimonianza di Valeria Sottosanti – Sostituto Procuratore della Repubblica Milano

Quando mi è stata proposta la candidatura da parte della Segreteria Distrettuale di Milano, poco più di un mese fa, ho avuto la sensazione, dopo una prima fase di riflessione, che mi si presentasse un'opportunità inattesa, quasi una sorta di "chiamata", rivolta a me, sostituto procuratore qualunque, a digiuno da esperienze associazioniste e tantomeno correntizie, anche se vicina, professionalmente e umanamente, ad alcuni colleghi già impegnati da anni in Associazione.

Elezioni per il rinnovo del Comitato Direttivo Centrale 6, 7, 8 marzo 2016

Quando mi è stata proposta la candidatura da parte della Segreteria Distrettuale di Milano, poco più di un mese fa, ho avuto la sensazione, dopo una prima fase di riflessione, che mi si presentasse un’opportunità inattesa, quasi una sorta di “chiamata”, rivolta a me, sostituto procuratore qualunque, a digiuno da esperienze associazioniste e tantomeno correntizie, anche se vicina, professionalmente e umanamente, ad alcuni colleghi già impegnati da anni in Associazione. È stato anche grazie a questi colleghi, al loro esempio, alla loro serietà, sobrietà, impegno, profonda motivazione, che mi sono decisa ad accettare. Ho visto in loro la proiezione delle caratteristiche di un gruppo, quale è UpC, formato appunto da magistrati, anzi, prima ancora, da persone, “normali”, nel senso più alto e nobile del termine, “né protagonisti né burocrati, solo magistrati”, che interpretano la funzione giurisdizionale nel rispetto dei valori e dei limiti costituzionali, con equilibrio e maturità.

Sono in magistratura da tredici anni e, specialmente nei primi anni, ho seguito, da osservatrice, l’attività dell’Associazione nonché le voci e le posizioni delle correnti, ma da queste ultime mi sono tenuta lontana, vuoi per lo scarso tempo a disposizione – che mi portava, e mi porta ancora, purtroppo, a lavorare con un senso di continuo affanno ed impotenza, e che mi costringeva a preferire le attività urgenti ed imprescindibili della mia funzione di requirente – vuoi per una sorta di sfiducia/pregiudizio verso tutto ciò che si poteva presentare come “politico” e “schierato”. Abbracciavo in sostanza l’idea, per la verità molto diffusa, che la corrente fosse uno strumento per l’affermazione degli interessi personali e di carriera dei singoli; poi col tempo, e con un po’ di esperienza, ho maturato la convinzione che voler partecipare attivamente alla discussione nell’ambito dell’associazionismo giudiziario può voler dire anche altro, che l’impegno e la politica giudiziaria vano interpretati non come “esercizio di potere”, ma come “servizio”, come momento di crescita e di miglioramento del singolo e della magistratura, come strumento per affermare i valori in cui crediamo, per portare avanti quei magistrati che sappiamo essere i più meritevoli a ricoprire determinati incarichi, per proporre all’interno dell’A.N.M e nel dialogo con il C.S.M. e il Ministero della Giustizia quelle iniziative che costituiscono espressione del nostro modello di giurisdizione.

Ecco perché ho accettato la candidatura per il CdC: ho deciso di impegnarmi in prima persona, per partecipare in modo attivo, e non più come semplice spettatore, al dialogo ed alla discussione su temi che mi e ci riguardano quotidianamente, per non dover soltanto criticare e stare a guardare.

Nel seguito indico uno schema di proposte in tema di organizzazione degli uffici del P.M. da inserire nel programma elettorale: 

– assegnazione degli affari, all’interno di ciascun gruppo specializzato, secondo criteri trasparenti e prestabiliti (situazione non riscontrabile in tutti gli uffici di Procura); 

– fissazione da parte del Procuratore di criteri di priorità nell’esercizio dell’azione penale e nella trattazione di procedimenti, anche in coordinamento con i Tribunali, in linea con il contenuto delle delibere CSM del 9.7.2014 e del 10.7.2014;

– formazione di un Ufficio del P.M., che disponga di personale formato (sia in materia penale-procedurale che in campo informatico) e di mezzi informatici e telematici adeguati. In tal senso, gli stagisti si sono rivelati uno strumento non idoneo a far fronte a queste esigenze, per l’inevitabile inesperienza di tanti di loro e per la necessità di formazione, con conseguente dispendio di tempo e di energia da parte del magistrato affidatario;

– necessità di una disciplina unitaria dei “Visti” del Procuratore non espressamente previsti ex lege e della revoca dell’assegnazione da parte del dirigente stesso.

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