L’incompetenza territoriale e le pene sostitutive

A cura di Paola Montone ( giudice penale presso il Tribunale di Nocera Inferiore)

§ premessa

Il presente contributo è volto ad una prima e sommaria disamina delle peculiarità connesse alle modifiche normative relative ad alcuni istituti della novella legislativa, con particolare riferimento alle novità procedurali in tema di competenza per territorio e di pene sostitutive, con un taglio pratico direzionato alle principali problematiche operative di natura esegetica nel giudizio di cognizione, al fine di ricercare delle possibili risoluzioni di natura sistematica.

§ il rinvio pregiudiziale

Partendo dal regime di disciplina della incompetenza per territorio, compendiato nel nuovo disposto di cui all’articolo 24 – bis del decreto legislativo 150 del 2022 si può osservare, in via preliminare, come trattasi di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione strutturato sul modello della rimessione del processo per cosiddetto “legittimo sospetto” ai sensi degli articoli 45 e seguenti del codice di procedura penale, modificati a seguito della legge “Cirami”, dal quale si distingue, però, inconfutabilmente, oltre che per presupposti, anche per modalità specifiche di disciplina.

Si assiste in particolare ad un’anticipazione del vaglio della Corte di Cassazione, non più circoscritto alla risoluzione ex post dei conflitti di competenza – oltre che di giurisdizione – ma alla prevenzione ex ante degli stessi ed alla statuizione definitiva e preliminare in ordine alla decisione sulla questione relativa alla competenza.

Nell’ordine è possibile enucleare le principali caratteristiche strutturali:

1. termine per la proposizione:

  • prima della conclusione dell’udienza preliminare o, in mancanza della celebrazione dell’udienza preliminare od anche in caso di rigetto da parte del G.u.p. dell’eccezione di incompetenza, entro il termine previsto dall’articolo 491, comma 1, c.p.p.;
  • rilevabilità:
  • su richiesta delle parti o d’ufficio;
  • natura dell’atto di remissione:
  • ordinanza con trasmissione degli atti necessari alla risoluzione della questione, indicando parti e difensori.
  • modalità di decisione della Corte di Cassazione ed esiti della stessa:
  • procedimento in camera di consiglio, secondo le forme previste dall’articolo 127 c.p.p., con trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente, in caso di dichiarazione di incompetenza del giudice che procede, cui è comunicato immediatamente l’estratto della sentenza e notifica alle parti private.
  • ipotesi di decadenza:
  • se la parte che ha eccepito l’incompetenza per territorio non ha chiesto contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione non può più riproporre l’eccezione nel corso del procedimento.
  • cessazione dell’efficacia delle misure cautelari personali e reali:
  • le misure cautelari disposte dal giudice dichiaratosi incompetente cessano di avere efficacia se entro venti giorni dalla comunicazione dell’estratto della sentenza della Corte di Cassazione, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321 c.p.p.

principali problematiche esegetiche ed applicative:

  1. La questione di competenza sollevata dalla parte deve contenere l’indicazione del giudice competente? Sì, in caso contrario si potrebbe propendere per una declaratoria giudiziale di inammissibilità della richiesta per genericità;
  2. Il giudice procedente deve valutare il fumus della fondatezza della richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione? Sì, anche se non espressamente prevista una preliminare delibazione sul punto, potrebbe fondatamente postularsi la necessità di un vaglio del giudice procedente in tali termini e ciò sarebbe legittimato dal riconoscimento di un potere giudiziale di rimettere la questione della competenza per territorio alla Corte di cassazione (“la competenza per territorio può essere rimessa, anche di ufficio, alla Corte di cassazione”), con ciò escludendosi un automatismo di trasmissione dal parte del giudice procedente investito in prima battuta della detta questione su richiesta di parte.

3.  Si sospende il procedimento e conseguentemente il corso della prescrizione? No, essendo le ipotesi di sospensione del processo e della prescrizione tassative ed, argomentando dal principio ubi lex voluit dixit, può evidenziarsi come nel corpo dell’articolo 24 bis c.p.p. non è riprodotta la medesima disposizione contenuta nell’articolo 47 c.p.p., ai commi 3 e 4: la predetta prospettazione esegetica sembrerebbe confermata anche dal rilievo della rimettibilità pure d’ufficio della questione sulla competenza alla Corte di Cassazione, nonché dalla considerazione per cui nell’ipotesi affine disciplinata dall’ultimo comma dell’articolo 30 c.p.p. è escluso l’effetto sospensivo dell’ordinanza sui procedimenti in corso;

4.    Quali sono gli effetti giuridici in caso di trasmissione degli atti al Pubblico Ministero presso il giudice competente, quando diverso da quello procede? L’ufficio del Pubblico Ministero procederà all’esercizio dell’azione penale nelle forme di legge, conformemente al principio giuridico elaborato dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 70/1996, che ha dichiarato l’illegittimità costituzione del I comma dell’articolo 23 c.p.p. nella parte in cui prevede la trasmissione degli atti al giudice competente anziché al pubblico ministero presso quest’ultimo quando il giudice del dibattimento dichiara con sentenza la propria incompetenza per territorio.

§ le pene sostitutive

Quanto al regime di disciplina delle pene sostitutive la previsione dello stesso è funzionalizzata ad anticipare alla fase cognitiva la possibilità di accesso alle pene alternative alla detenzione. Il sistema delineato dal legislatore prevede l’applicabilità di pene sostitutive già in realtà previste e disciplinate dal nostro ordinamento ma che, prima dell’operata riforma, erano operative nella circoscritta fase esecutiva della pena, con competenza rimessa al solo magistrato di sorveglianza. La novità consiste, dunque, nel rilievo per cui anche il giudice della cognizione interloquisce con le parti, ove ne ricorrano i presupposti, con contraddittorio però non anticipato al momento della rassegna delle conclusioni ma successivo alla deliberazione in camera di consiglio, al fine di valutare la sostituibilità, al momento dell’emanazione della sentenza di condanna a pena non sospesa, della sanzione detentiva con altri istituti, di qui a breve oggetto di disamina.

Trattasi, in particolare, di:

  • semilibertà sostitutiva           in caso di condanna a pena detentiva (reclusione o arresto) non superiore a 4 anni;
  • detenzione domiciliare sostitutiva   in caso di condanna a pena detentiva non superiore a 4 anni;
  • lavoro di pubblica utilità sostitutivo  in caso di condanna a pena detentiva non superiore a 3 anni;
  • pena pecuniaria   in caso di condanna a pena detentiva non superiore a 1 anno;

Tra le condizioni ostative alla possibilità di sostituzione delle pene detentive si rilevano due ipotesi:

condizione ostativa prognostica (articolo 58 lg. 689/81)     condizioni ostative soggettive (articolo 59)

fondati motivi per ritenere l’inadempimento delle prescrizioni                       

Le condizioni soggettive ostative sono:

a) commissione del reato per cui si procede entro tre anni dalla revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità ai sensi dell’articolo 66, commissione di un delitto non colposo durante l’esecuzione delle medesime pene sostitutive, facendo comunque salva la possibilità di applicare una pena sostitutiva di specie più grave di quella revocata;

b) condanna, nei cinque anni precedenti, a pena pecuniaria, anche sostitutiva, e non pagamento della stessa, salvi i casi di conversione per insolvibilità ai sensi degli articoli 71 e 103, con conseguente impossibilità della sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria;

c) necessità di applicare una misura di sicurezza personale, salvo i casi di parziale incapacità di intendere e di volere;

d) imputazione per uno dei reati di cui all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’ articolo 323 bis, comma 2, del codice penale;

  • problematiche esegetiche:
  • qual è l’ubi consistam dei fondati motivi per ritenere l’inadempimento delle prescrizioni? Il giudizio prognostico, proprio perché non ancorato a predeterminati parametri legislativi, si correla ad una disamina della personalità del condannato, in relazione anche ad un’eventuale verifica sub judice della effettiva possibilità di accordare un credito fiduciario (ad esempio tenendo conto della non ossequiosità comportamentale rispetto alle prescrizioni imposte nell’ambito di un’eventuale misura cautelare applicata in pendenza del dibattimento ovvero della condotta ex post assunta dopo la commissione del delitto ovvero di precedenti specifici confermativi di un’incapacità di osservanza delle prescrizioni applicate). Si tratta invero di una valutazione che, ove assunta dall’autorità procedente, precluderà proprio la possibilità di fissazione dell’udienza ai sensi dell’articolo 545-bis c.p.p. e dovrà essere sorretta da un correlato onere motivazionale rafforzato rispetto al diniego della sostituzione alla ricorrenza delle ipotesi di cui all’articolo 59, potendo conseguentemente costituire autonomo motivo di impugnazione;
  • quali sono i poteri giudiziali funzionalizzati ad accertare la sussistenza delle condizioni ostative soggettive di cui alle lettere a) e b) dell’articolo 59? Difatti, se in relazione alle ipotesi di cui alle lettere c) e d) la verifica giudiziale è per tabulas, nel senso che è evincibile dagli atti o comunque dal procedimento, l’autorità giudiziale non potrà verificare direttamente se vi è stata una revoca della semilibertà, della detenzione domiciliare o del lavoro di pubblica utilità nel triennio precedente alla commissione del fatto, né se l’imputato non ha pagato una pena pecuniaria, anche sostitutiva, cui è stato condannato nel quinquennio precedente, non risultando queste indicazioni dalla disamina degli atti del fascicolo dibattimentale né del certificato del casellario giudiziale. L’A.G. dovrà verosimilmente in tali ipotesi richiedere informazioni congiuntamente al Tribunale di Sorveglianza ed al Pubblico Ministero in sede – ufficio esecuzione pene -, anche, ad esempio, per il tramite dell’U.e.p.e., di guisa che, a differenza delle valutazioni di cui alle lettere c) e d) che appaiono percorribili prima della fissazione dell’udienza di cui al primo comma dell’articolo 545 – bis c.p.p., le menzionate ipotesi ostative potranno essere valutate, ove non emergenti già agli atti, solo nell’apposita udienza camerale fissata all’uopo dal giudice per decidere sulla sostituzione della pena detentiva.

Vi sono poi dei criteri di priorità fissati dal legislatore nella scelta delle misure sostitutive, accordando il legislatore, entro il limite della pena irrogata pari a tre anni, preferenza al lavoro di pubblica utilità ed alla pena pecuniaria in prima battuta, per poi valutare l’applicabilità del regime della semilibertà o in alternativa della detenzione domiciliare, con un onere di motivazione chiaramente legato alla necessità di prediligere, in una scala di misure, quelle meno invasive della libertà personale dell’imputato condannato in primo grado. Ecco, allora, l’ordine di scelta in caso di condanna a pena detentiva non superiore a tre anni:

  1. lavoro di pubblica utilità;
  2. pena pecuniaria;
  3. semilibertà;
  4. detenzione domiciliare.

In ogni caso, nella scelta tra semilibertà, detenzione domiciliare e lavoro di pubblica utilità sono indicati dei criteri guida – base ovverosia:

  • età, salute fisica o psichica, maternità paternità nei casi di cui all’articolo 47-quinquies, comma 7, della legge 26 luglio 1975, n. 354, fermo quanto previsto dall’articolo 69, terzo e quarto comma;
  • condizioni di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo, certificate dai servizi pubblici o privati autorizzati indicati all’articolo 94, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, nonché condizioni di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, a norma dell’articolo 47- quater, della legge 26 luglio 1975, n. 354.

La durata delle pene sostitutive deve corrispondere a quella della pena detentiva sostituita dal giudice e per la determinazione del valore della pena pecuniaria il legislatore indica un valore giornaliero, che deve essere moltiplicato per i giorni di pena detentiva      il valore giornaliero rientra in un intervallo fissato da un minimo di 5 euro ed un massimo di 250 euro, determinato sulla base delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare, accertabili anche, ad esempio, sulla base delle verifiche d’ufficio che il giudice potrà disporre una volta disposta la sospensione del processo ai sensi dell’articolo 545 – bis c.p.p., oggetto di prossimo approfondimento.

Da un punto di vista procedurale, dopo aver dato lettura del dispositivo, il giudice, qualora condanni l’imputato ad una pena detentiva e non conceda il beneficio della sospensione condizionale della pena e laddove ritenga che vi siano i presupposti per l’applicazione delle pene sostitutive, dà lettura di un provvedimento alla stregua del quale dà avviso alle parti della menzionata possibilità. A tal punto è necessario che l’imputato, personalmente o a mezzo del suo procuratore, acconsenta alla sostituzione della pena detentiva con una diversa dalla pena pecuniaria. Ecco la scansione temporale:

  1. ritiratosi in camera di consiglio dopo la rassegna conclusionale, il giudice dà lettura del cosiddetto “primo” dispositivo;
  2. immediatamente dopo, dà lettura del provvedimento con cui notizia le parti della possibilità di accedere alle pene sostitutive, in assenza delle condizioni ostative di cui ai menzionati articoli 58 e 59.
  3. raccoglie la volontà dell’imputato (che sembrerebbe necessaria solo per le pene della semilibertà, detenzione domiciliare e lavoro di pubblica utilità ma non per l’applicazione della pena pecuniaria sostitutiva) e, preso atto del consenso, se non può decidere immediatamente, fissa innanzi a sé un’udienza non oltre sessanta giorni, sospendendo il processo e i termini fissati per il deposito della motivazione, dandone avviso alle parti ed all’U.e.p.e. competente.
  4. questioni applicative:
  5. nel computo del limite massimo della pena detentiva occorre tener conto della pena aumentata per la continuazione? Sì, ad innovare rispetto alla previsione precedente, è l’articolo 53 della legge 689 del 1981, che, ispirata ad una evidente ratio di ampliamento dell’ambito applicativo delle pene sostitutive, statuisce di tenere conto della pena finale calcolata a seguito degli aumenti previsti per la continuazione;
  6. dopo la lettura della comunicazione alle parti il Difensore potrebbe richiedere un termine al fine di avere un confronto sul punto con il proprio assistito ovvero per il rilascio della procura speciale ad hoc? Sì, perché il contraddittorio sul punto non è anticipato ma, al contrario, posticipato rispetto al momento della lettura del dispositivo di sentenza: in tale ipotesi occorrerebbe fissare comunque un’udienza innanzi a sé, suscettibile di un ulteriore rinvio sempre nel termine di 60 giorni laddove, raccolto l’assenso dell’imputato, il giudice non possa decidere immediatamente;
  7. la fissazione dell’udienza interlocutoria incide sulla sospensione dei termini della misura cautelare? Sì, ma soltanto in relazione alle misure cautelari custodiali e per un massimo di 60 giorni – corrispondente al tempo intercorrente tra la lettura del dispositivo e l’udienza fissata per la decisione sulla possibile sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva;
  8. la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare nei casi previsti dall’articolo 545-bis, comma 1, c.p.p. è un effetto ex lege? No, dev’essere espressamente menzionata, così come ricavabile sistematicamente dalla lettura del primo comma dell’articolo 304 c.p.p.. Ne consegue che in caso di fissazione dell’udienza per la valutazione della sostituzione della pena detentiva il giudice procedente, con ordinanza a verbale, deve precisare la sospensione del termine di durata massima della custodia cautelare ai sensi del novellato articolo 304, comma c-ter), del codice di procedura penale.

4. fissata l’udienza di cui al primo comma dell’articolo 545-bis c.p.p. il giudice può, verosimilmente con la medesima ordinanza di fissazione (al fine di garantire la tempestiva ricezione delle informazioni nel termine di 60 giorni, soprattutto in casi di urgenza) ma anche con provvedimento reso fuori udienza, esercitare i seguenti poteri istruttori:

  • acquisire dall’ufficio di esecuzione penale esterna od anche dalla polizia giudiziaria le informazioni ritenute necessarie in relazione alle condizioni di vita personali, familiari, sociali, economiche e patrimoniali dell’imputato;
  • richiedere all’ufficio di esecuzione penale esterna il programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità, acquisendo la relativa disponibilità dell’ente;
  • acquisire la certificazione di disturbo da uso di sostanze o di alcol ovvero da gioco d’azzardo e il programma terapeutico, in corso o cui il condannato intenda sottoporsi.

 Le parti, invece, possono depositare documentazione all’ufficio di esecuzione penale esterna e memorie in cancelleria, fino a cinque giorni prima dell’udienza.

5. all’udienza fissata, sentite le parti presenti, il giudice, laddove sostituisce la pena detentiva, integra il dispositivo, emettendo, pertanto, un “secondo” dispositivo, indicando la pena sostitutiva con gli obblighi e le prescrizioni corrispondenti; in caso contrario, nonché immediatamente dopo la lettura del primo “dispositivo” una volta raccolto l’eventuale dissenso dell’imputato, emette un “secondo” dispositivo confermativo del primo nel quale era indicata la pena detentiva e da questo momento decorrono i termini per la motivazione, laddove non si proceda alla lettura dei motivi contestuali della sentenza in forma definita espressamente riassuntiva e che, pubblicata mediante lettura, tiene luogo delle notifiche di rito alle parti presenti in udienza o che debbono considerarsi tali.

6. in caso di sostituzione della pena detentiva con il regime della semilibertà, detenzione domiciliare, e lavoro di pubblica utilità, il dispositivo dovrà ripotare un contenuto prescrizionale indefettibile, di seguito menzionato e previsto dall’articolo 56- ter della legge 24 novembre 1981, n. 689:

1) il divieto di detenere e portare a qualsiasi titolo armi, munizioni ed esplosivi, anche se è stata concessa la relativa autorizzazione di polizia;

2) il divieto di frequentare abitualmente, senza giustificato motivo, pregiudicati o persone sottoposte a misure di sicurezza, a misure di prevenzione o comunque persone che espongano concretamente il condannato al rischio di commissione di reati, salvo si tratti di familiari o di altre persone conviventi stabilmente;

3) l’obbligo di permanere nell’ambito territoriale, di regola regionale, stabilito nel provvedimento che applica o dà esecuzione alla pena sostitutiva;

4) il ritiro del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell’espatrio di ogni altro documento equipollente;

5) l’obbligo di conservare, di portare con sé e di presentare ad ogni richiesta degli organi di polizia il provvedimento che applica o dà esecuzione alla pena sostitutiva e l’eventuale provvedimento di modifica delle modalità di esecuzione della pena, adottato a norma dell’articolo 64.

È prevista la facoltà per il giudice di prescrivere il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Al di là del riportato contenuto prescrizionale obbligatorio, il dispositivo cosiddetto integrato dovrà contenere le prescrizioni personalizzate relative al programma di trattamento della semilibertà, della detenzione domiciliare e del lavoro di pubblica utilità ed a tal fine è certamente d’ausilio redazionale il programma trasmesso dall’U.e.p.e., contenente le esatte previsioni di indicazione della frequenza e delle modalità attuative, sempre dietro verifica giudiziale della conformità delle stesse alle discipline dei rispettivi istituti di cui agli articoli 55, 56 e 56 bis della legge 689/1981.

  • effetti sulle misure cautelari:
  • se viene applicato, in caso di condanna o sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, il lavoro di pubblica utilità sostitutivo o la pena pecuniaria sostitutiva non può continuare ad essere applicata la misura della custodia cautelare (e, dunque, arresti domiciliari o carcere);
  • se viene applicata, nelle medesime ipotesi, la detenzione domiciliare sostitutiva non può essere mantenuta la misura della custodia cautelare in carcere        da ciò ne consegue la dichiarazione di cessazione dell’efficacia della misura ovvero l’applicazione giudiziale di altra misura cautelare, in sostituzione, ai sensi dell’articolo 299 c.p.p.;
  • questioni applicative:
  • occorre un’interlocuzione con il Pubblico Ministero per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare custodiale e di quella in carcere nelle ipotesi sopra previste? No, in quanto sembrerebbe che trattasi di ipotesi di inefficacia ex lege delle misure, come confermato dall’inserimento della modifica normativa in esame nel testo di cui all’articolo 300 c.p.p., relativo giustappunto alle ipotesi di estinzione di diritto delle misure per effetto di determinate pronunce giudiziali, ragion per cui la relativa statuizione dovrà essere contenuta nel dispositivo cosiddetto integrato;
  • è necessario raccogliere il parere del Pubblico Ministero in caso di sostituzione con altra meno gravosa? Sì, a legittimare tale approdo esegetico depone il richiamo stesso all’articolo 299 c.p.p., il quale contempla al comma 3 bis proprio l’ipotesi di sostituzione (o revoca) delle misure d’ufficio – ravvisabile nel caso al vaglio – dopo aver comunque sentito il Pubblico Ministero;
  • in che momento temporale e con quali modalità deve intervenire la statuizione in materia cautelare? Al momento dell’emissione del “secondo” dispositivo che, ad integrazione del “primo”, abbia disposto la sostituzione della pena detentiva rispettivamente con la detenzione domiciliare sostitutiva, la pena pecuniaria sostitutiva o il lavoro di pubblica utilità sostitutivo, potendo in tal ipotesi o provvedere in merito nello stesso dispositivo “integrato” ovvero anche provvedere sulla libertà personale con separata ordinanza;
  • In fase esecutiva, poi, è il pubblico ministero a trasmette la sentenza di condanna a pena sostitutiva della semilibertà o della detenzione domiciliare al magistrato di sorveglianza del luogo di domicilio del condannato, con notifica al difensore all’uopo nominato per la fase dell’esecuzione o, in mancanza, al difensore della fase del giudizio. Il magistrato di sorveglianza è chiamato ad una verifica dell’attualità delle prescrizioni ed entro 45 giorni dalla ricezione della sentenza provvede con ordinanza confermativa e, ove necessario, modificativa delle modalità di esecuzione e delle prescrizioni della pena indicate dall’autorità giudiziale.

L’ordinanza viene consegnata dall’organo di polizia al condannato, che procederà alla redazione di apposito verbale in cui prescrive alla parte il rispetto delle statuizioni giudiziali, con ordine di presentazione immediata all’ufficio di esecuzione penale esterna e ritiro e custodia delle armi, munizioni ed esplosivi e del passaporto ed all’apposizione sui documenti equipollenti dell’annotazione “documento non valido per l’espatrio”, limitatamente alla durata della pena. Laddove il condannato è detenuto o internato, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza deve essere trasmessa anche al direttore dell’istituto penitenziario, che dovrà informare anticipatamente l’organo di polizia della dimissione del condannato.

Diversamente, in caso di emissione di sentenza penale irrevocabile o di decreto penale esecutivo applicativi del lavoro di pubblica utilità, la trasmissione sarà immediatamente curata, per estratto, dalla cancelleria all’ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza, al comando dell’Arma dei carabinieri competenti in relazione al comune in cui il condannato risiede, nonché all’ufficio di esecuzione penale esterna.

Anche qui segue la procedura notificatoria da parte dell’organo di polizia, che procederà a redigere verbale ad hoc, consegnando copia del provvedimento giudiziale al condannato e ingiungendogli, parimenti, di attenersi alle prescrizioni in esso contenute e di presentarsi immediatamente all’ufficio di esecuzione penale esterna, mentre laddove il condannato sia detenuto o internato, copia del provvedimento sarà comunicata altresì al direttore dell’istituto, che informerà anticipatamente l’organo di polizia e l’ufficio di esecuzione penale esterna della dimissione del condannato. È previsto, infine, un onere comunicativo periodico da parte dell’ufficio di esecuzione penale esterna al giudice che ha applicato la pena, avente ad oggetto la condotta del condannato ed il suo percorso di reinserimento sociale, per poi valutare, in presenza dei presupposti legittimanti, la possibilità di dichiarare estinta la pena e revocare la confisca nei casi di cui all’articolo 56-bis comma 5.

§ il lavoro di pubblica utilità anche quale alternativa al pagamento in sede amministrativa

L’incentivo rimarcato dalla novella legislatore al ricorso allo strumento del lavoro di pubblica utilità, quale strumento anche deflattivo del contenzioso, è ravvisabile pure con riferimento alla disciplina della estinzione delle contravvenzioni, di pene sostitutive e di pene pecuniarie, così come contenuta nel corpo della legge del 30 aprile 1962, numero 283. È in particolare la previsione di cui all’articolo 12-quinquies che disciplina la prestazione di lavoro di pubblica utilità in alternativa al pagamento in sede amministrativa, che evidenzia ancora il “favor legislatoris” nei confronti dell’istituto del lavoro di pubblica utilità, anche in chiave deflattiva del contenzioso.

Il contravventore, impossibilitato per le proprie condizioni economiche e patrimoniali a provvedere al pagamento della somma di denaro, può richiedere, difatti, al pubblico ministero, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, di svolgere in alternativa lavoro di pubblica utilità, anche mediante dichiarazione sostitutiva di certificazione sottoscritta dal contravventore ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera o), del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestativa della menzionata impossibilità.

il Pubblico Ministero

  1. stabilisce, con decreto, la durata (non superiore a sei mesi e per non più di sei ore di lavoro settimanali, derogabili in aumento su istanza di parte, fermo il limite delle otto ore giornaliere) e il termine per iniziare e per concludere il lavoro di pubblica utilità;
  2.  notifica il decreto al contravventore (avvisandolo della facoltà, esercitabile in qualsiasi momento, di interrompere la prestazione del l.p.u. pagando una somma pari a un sesto del massimo dell’ammenda prevista per la contravvenzione, dedotta la somma corrispondente alla durata del lavoro già prestato) ed effettua la comunicazione all’organo accertatore, nonché all’autorità di pubblica sicurezza incaricata del controllo dell’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.
  3. procede al ragguaglio           calcola 250 euro per ogni giorno di lavoro di pubblica utilità, consistente nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro.
  4. demanda il controllo sull’osservanza degli obblighi connessi al lavoro di pubblica utilità all’ufficio di pubblica sicurezza o, in mancanza al comando dell’Arma dei carabinieri territorialmente.

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