Michele Forziati
Michele Forziati – Candidato nel collegio 2 dei giudici di merito (Lazio, Liguria, Toscana e Umbria)

Sono nato a Napoli nel 1970 e cresciuto a Pisa, dove mi sono laureato nel 1993. Negli anni dell’università, frequentando quotidianamente l’istituto di diritto privato, ho avuto il privilegio di conoscere Ugo Natoli e di seguire i corsi e i seminari di Umberto Breccia e Lina Bigliazzi Geri. L’ultimo anno dell’università l’ho passato in Francia, ad Aix-en-Provence, per preparare la tesi in diritto privato comparato assegnatami da Giulio Ponzanelli (nella sua breve permanenza in terra pisana). Alla seduta di laurea Lina Bigliazzi Geri si prestò a farmi da correlatore e io, ancora oggi, inciampo nell’emozione del ricordo.

Sono entrato in magistratura nel 1997 (d.m. 24 febbraio 1997). Dopo il periodo di uditorato a Firenze (interrotto per l’assolvimento degli obblighi di leva), a settembre 1999 ho preso servizio presso il tribunale di Caltagirone, dove ho svolto principalmente le funzioni di giudice civile, del lavoro e della sezione agraria. Ad aprile 2005 ho ottenuto il trasferimento al tribunale di Roma come giudice del lavoro. A settembre 2015 sono stato collocato fuori ruolo per svolgere funzioni amministrative presso il Ministero della giustizia, dove ho ricoperto, da aprile 2016, l’incarico di direttore generale della giustizia civile (cui nell’ultimo anno si è aggiunto, per complessivi nove mesi circa, quello di direttore generale reggente degli affari giuridici e legali). Rientrato in ruolo a febbraio 2020, da novembre 2020 svolgo le funzioni di consigliere della sezione lavoro della Corte di appello di Roma.

Oltre alle funzioni giudiziarie, nel 2010 sono stato nominato collaboratore del presidente del tribunale di Roma e ho svolto le relative funzioni fino ad aprile 2012, quando sono stato eletto componente del Consiglio giudiziario presso la Corte di appello di Roma nella consiliatura 2012-2016 (e, in tale veste, anche della commissione per l’analisi dei flussi e delle pendenze e della sezione autonoma giudici di pace). Dal 2010 sono stato componente del gruppo di sperimentazione del “Progetto sperimentale di valutazione dell’Agenda Sequenziale e della Concentrazione dei Processi come strumenti per ridurre i tempi della giustizia”, avviato presso il tribunale di Roma in collaborazione con l’Università di Bologna (Dipartimento di scienze economiche), la Northwestern University e la HEC di Montreal. Sono stato altresì componente dell’osservatorio sulla giustizia del lavoro costituito presso il tribunale di Roma per l’elaborazione del “protocollo per i processi del lavoro”, sottoscritto nel 2011. Dal 2008 al 2012 sono stato affidatario di magistrati ordinari in tirocinio e collaboratore del Consiglio giudiziario per il tirocinio dei medesimi. Da ultimo, a maggio 2021, sono stato nominato segretario generale della Corte di appello di Roma, con delega, tra l’altro, alla sottoscrizione dei contratti relativi alla fornitura di beni e servizi e alla manutenzione degli edifici, all’approvazione delle spese e alla gestione dei fondi assegnati dal Ministero della giustizia.

Ho negli anni redatto alcune pubblicazioni su argomenti di diritto civile, di diritto del lavoro e della previdenza sociale, di processo del lavoro. Ho svolto numerose relazioni nell’ambito di corsi di formazione organizzati dal Consiglio superiore della magistratura, dalla Scuola superiore della magistratura, dalla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa e dalla LUISS Guido Carli su varie questioni di lavoro pubblico (concorsi interni, procedimento disciplinare, responsabilità contrattuale, personale ATA della scuola) e privato (lavoro nelle cooperative, trasferimento d’azienda, licenziamento), di risarcimento del danno non patrimoniale, di responsabilità sanitaria, di diritto sindacale e di processo del lavoro, nonché ancora in materia ordinamentale (ad esempio sulle valutazioni di professionalità).

Sin qui tutto facile: si è trattato di riassumere all’osso quel che ho fatto finora e, benché la sintesi non sia il mio forte, credo che possa bastare.

Il duro viene ora. Cercherò di essere sincero.

Per provare a rispondere all’implicita domanda (sottesa a ogni presentazione) sul perché della mia candidatura, vorrei a partire dalla domanda che ho rivolto io ai colleghi che mi hanno spinto a farmi avanti: perché io?

… perché sei stimato da tutti quelli che hanno lavorato con te, sia in ruolo sia fuori ruolo… perché sei il collega della porta accanto, sempre presente e disponibile… perché conosci l’ordinamento giudiziario e le circolari consiliari… perché approfondisci ogni questione, anche quelle apparentemente di poco conto… perché lavori sempre con entusiasmo, senza risparmiarti o lamentarti mai, trasmettendo positività … perché, rispettando le posizioni di tutti, sei capace di fare sintesi… perché sei rigoroso innanzitutto con te stesso…

Ringrazio questi colleghi, la mia autostima gonfia il petto ma non credo che basti. Ho avuto la fortuna di conoscere tanti colleghi così, che però, oltre a possedere le doti che mi si attribuiscono, hanno dovuto contemporaneamente fare i conti con problemi di salute, problemi familiari, problemi logistici, carichi di ruolo ingestibili… e tanto hanno fatto con lo stesso sorriso, con lo stesso entusiasmo e con la stessa serietà con la quale lavoro io!

Io che ho la fortuna di vivere con moglie, figli e gatta amati, che tutte le mattine posso limitarmi a preparare la colazione a tutti per essere legittimato a sparire per l’intera giornata da passare in ufficio senza che nessuno me lo rinfacci, che posso muovermi in bicicletta (nonostante Roma) o a piedi compensando la stasi delle tante ore seduto alla scrivania, che posso dedicare i momenti liberi a quel che più mi piace insieme agli affetti più cari…

Ecco, forse sta qui un primo punto di risposta: nella consapevolezza di essere fortunato di poter fare il lavoro che amo in condizioni oggettivamente e soggettivamente privilegiate.

Il secondo aspetto da considerare riguarda indubbiamente il momento storico attuale.

La riforma appena approvata non incide soltanto sul sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura. Incide (ancora una volta) sulla collocazione del potere giudiziario nei rapporti con gli altri poteri dello Stato e sugli equilibri che governano tali rapporti. È presto per valutare l’effettivo impatto di quegli aspetti della riforma che più preoccupano la gran parte dei magistrati e sui quali l’Associazione nazionale magistrati ha voluto, con ogni mezzo lecito, sollecitare la riflessione dell’opinione pubblica, del Governo e del Parlamento.

È certo però che, per essere proficuamente veicolate sul tavolo della discussione, le posizioni dei magistrati sul nuovo assetto ordinamentale della magistratura devono provenire da una categoria che dimostri con i fatti di essere in grado di autogovernarsi in maniera efficiente e trasparente, recuperando credibilità e autorevolezza innanzi tutto al suo interno.

E, in quest’ottica, il passaggio elettorale che abbiamo davanti è cruciale. È cruciale, oggi, selezionare colleghi disposti a dedicare quattro anni della propria vita all’esercizio di funzioni di alta amministrazione con competenza, professionalità e spirito di servizio, senza vincoli di appartenenza né tornaconti personali, nell’esclusivo interesse della giurisdizione.

Tanti sono i profili di potenziale intervento consiliare: non c’è capo di ufficio giudiziario che non lamenti l’eccessiva burocratizzazione del ruolo direttivo, cadenzato da adempimenti di natura programmatica e di rendicontazione spesso in sovrapposizione tra loro; non c’è collega che non abbia riscontrato di persona, a fronte della necessità di utilizzare in maniera sempre più costante applicativi e strumenti informatici, l’assoluta inadeguatezza di un sistema di assistenza ormai sempre più “remotizzato” (che peraltro viene spesso prestato in tempi non compatibili con le necessità dell’udienza); lo stesso potrebbe verosimilmente dirsi con riferimento alle condizioni di lavoro negli uffici giudiziari, segnate da non giustificabili sperequazioni di natura anche territoriale.

Il secondo punto di risposta sta dunque qui: nella consapevolezza della crucialità del momento storico in cui si svolgeranno queste elezioni.

L’ultimo punto che mi sento di dover toccare – che credo costituisca la sintesi dei primi due – riguarda l’indifferibilità dell’impegno personale e le ragioni di farlo insieme al gruppo di Unità per la Costituzione.

Se finora mi è bastata la soddisfazione per aver lavorato in contesti diversi acquisendo nuove competenze e dando sempre il massimo, oggi sento il dovere di uscire da questa confort zone per mettermi veramente in gioco, chiedendo il sostegno dei colleghi e contestualmente assumendo la grande responsabilità di portare all’interno del Consiglio superiore della magistratura la mia professionalità e il mio impegno, a esclusivo servizio dell’Istituzione.

Il gruppo di Unità per la Costituzione, concludendo una fase di profonda riflessione sulla propria ragion d’essere, ha voluto ribadire, tra i propri valori fondanti, il rifiuto di qualsiasi forma di collateralismo politico, l’indipendenza interna ed esterna della magistratura e il reciproco rispetto nel rapporto con gli altri poteri; ha altresì valorizzato, tra gli altri, i valori della misura e dell’equilibrio nell’esercizio delle funzioni e nelle manifestazioni esteriori, dell’interpretazione non ideologica della legge, della tutela della dignità del lavoro del magistrato e del rifiuto di un modello di magistrato burocrate o carrierista.

Sono valori in cui ho sempre creduto e in cui mi riconosco.

Oggi questo gruppo ha mostrato di credere in me e di appoggiare la mia candidatura. Sarà una campagna elettorale breve e intensa, l’estate è alle porte e settembre è domani. Per parte mia assicuro a tutti, soprattutto a chi ha avuto la forza di leggere fin qui, che non mi risparmierò.

Contatti:

michele.forziati@giustizia.it

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