Misure straordinarie per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e Giudice per le indagini preliminari

di Marcello De Chiara in collaborazione con il Centro Studi “Nino Abbate” di Unità per la Costituzione

1. Generalità sull’intervento normativo

L’indicazione di ormai riconosciuta validità scientifica in base alla quale la più probabile e frequente modalità di trasmissione del coronavirus è rappresentata dal contatto ravvicinato con una persona infetta, ha imposto l’urgente introduzione di misure straordinarie dirette a sospendere tutte le attività giudiziarie, in cui l’evenienza del contatto, così frequente in un sistema tendenzialmente plasmato sul principio di oralità, può verificarsi.

E’ stata, dunque, introdotta una disciplina eccezionale che investe prioritariamente le udienze, quale luogo tradizionalmente deputato all’incontro ravvicinato tra il giudice e le parti, nell’ampia e diversificata accezione che il termine ha ormai assunto nella semantica del vigente codice, ma non soltanto le udienze propriamente dette: l’eventualità di contatti ravvicinati concerne, infatti, anche gli interrogatori ed i colloqui dei detenuti.

Come già ampiamente illustrato in altri già pubblicati contributi, possiamo individuare due diversificati regimi giuridici, rispettivamente disciplinati dagli artt. 1 e 2 del d.l. 08.03.2020, n. 11 e contraddistinti da un differente meccanismo di produzione degli effetti, calibrato in rapporto alle particolari esigenze connesse al rispettivo ambito di applicazione temporale:

a) nel primo periodo, compreso tra il 9 ed il 22 marzo, è previsto il differimento urgente di tutte udienze, fatta eccezione di quelle inerenti ai procedimenti previsti dall’art. 2, co. 2, lett. g), d.l. 08.03.2020, n. 11; trattandosi del periodo immediatamente successivo all’introduzione di misure che hanno il dichiarato ed esclusivo scopo di contrastare il preoccupante diffondersi dell’epidemia, tale differimento è obbligatorio, sottratto, dunque, ad ogni valutazione del giudice o del capo dell’ufficio.

b) nel secondo più lungo periodo, compreso tra il 23 marzo ed il 31 maggio, avente una durata di ben settanta giorni, troveranno applicazione le più articolate misure organizzative previste dall’art. 2, le quali, a differenza delle precedenti, non sono però automatiche, ma presuppongono uno specifico atto organizzativo del capo dell’ufficio avente la dichiarata finalità di disciplinare la trattazione degli affari in modo da evitare assembramenti all’interno dell’ufficio giudiziario e contatti ravvicinati tra le persone. Nell’ambito delle misure adottabili per il singolo ufficio, tipizzate nell’art. 2, co. 2, d.l. cit., è previsto, in particolare, anche il rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020, fatta eccezione per i procedimenti indifferibili. Competerà, quindi, al capo dell’ufficio valutare se tale drastica misura sia indispensabile per il raggiungimento delle finalità indicate. Data l’inedita complessità dell’interesse pubblico da realizzare e il conseguente potenziale coinvolgimento di più autorità pubbliche, il provvedimento organizzativo dovrà essere adottato all’esito della particolare procedura disciplinata dall’art. 2, co. 1, d.l. cit., la quale prevede che il capo dell’ufficio interloquisca con l’autorità sanitaria regionale, per il tramite del Presidente della Giunta della Regione ed il Consiglio dell’ordine degli avvocati ed agisca di intesa con il Presidente della Corte di appello ed il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello del rispettivo distretto.

La necessità di tali preventive interlocuzioni, le cui modalità non vengono disciplinate, ma che verosimilmente non potranno essere immediate, ha suggerito, dunque, per il primo periodo di quattordici giorni, dal 9 al 22 marzo, la previsione di un regime transitorio unico per tutti gli uffici giudiziari italiani.

E’ peraltro a tutti evidente che la descritta scansione temporale si fonda su una valutazione del rischio epidemiologico, purtroppo, divenuta già non più attuale: nei giorni immediatamente successivi al decreto in commento sono stati, infatti, adottati ulteriori provvedimenti, che estendono a tutto il territorio nazionale le più restrittive misure già previste per le sole c.d. zone rosse, sicché sembrano in parte venute meno le particolari ragioni che giustificavano la scelta di demandare ai capi dei singoli uffici il potere di determinare le misure organizzative più appropriate alla particolare situazione del territorio di riferimento.

2. Le disposizioni concernenti i procedimenti di competenza del giudice per le indagini preliminari.

Nella prima fase di contenimento, la finalità di prevenire i contatti ravvicinati tra persone, come detto funzionale alla tutela del diritto della salute, è perseguita attraverso due concorrenti misure che debbono essere oggetto di distinta trattazione: il differimento urgente delle udienze e l’introduzione di una serie di fattispecie sospensive riferite sia ai termini, che alle attività processuali. Tali misure investono indifferentemente tutti i procedimenti penali, nonché ogni fase e grado di essi, sicché interessano ovviamente anche il giudice per le indagini preliminari.

2.1. Il differimento urgente delle udienze previsto dall’art. 1.

La norma utilizza un’espressione inedita, che sembra mutuata dal lessico comune, ma che è comunque suscettibile di un’interpretazione univoca: letteralmente, infatti, il “rinvio di ufficio” è quello che il giudice dispone indipendentemente dall’impulso delle parti, sicché, considerato il dichiarato fine della disciplina, che è quello di prevenire i contatti ravvicinati tra persone, è logico ritenere che, non essendo necessaria alcuna interlocuzione con le parti, il giudice possa (o, preferibilmente, debba) disporre il rinvio delle udienze già fissate in tale periodo, con un provvedimento, avente la forma del decreto, emesso fuori dall’udienza da rinviare. Sarebbe infatti paradossale che il giudice disponesse il rinvio per evitare il rischio di contatti pericolosi nel corso della stessa udienza da rinviare; a quel punto, infatti, la misura sarebbe inutile perché le condizioni per un eventuale contagio si sarebbero già verificate. Il differimento delle udienze, espressamente definito come urgente, non sarebbe del resto tale, se il giudice dovesse aspettare la data dell’udienza. Non è consentita ovviamente la fissazione di nuove udienze in tale primo periodo.

Nel periodo che si considera (9 – 22 marzo), potranno essere, dunque, trattate solo le udienze c.d. indifferibili previste dall’art. 2, co. 2, lett. g), espressamente richiamato dall’art. 1, rispetto alle quali la comunque prioritaria finalità sopra indicata dovrà essere assicurata, ove possibile, mediante videoconferenza o con collegamenti da remoto individuati o regolati con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati del Ministero della Giustizia.

In rapporto al grado assoluto o relativo di indifferibilità, tali udienze possono essere così classificate:

2.1. Udienze assolutamente indifferibili:

a) le udienze di convalida dell’arresto e del fermo; l’ampia formulazione normativa sembra idonea ad includere anche le udienze di convalida a piede libero e le udienze di convalida dell’allontanamento urgente dalla casa familiare disposto dalla polizia giudiziaria a norma dell’art. 384 bis, c.p.p. In questi ultimi casi, però, il dichiarato obiettivo di prevenire il verificarsi contatti potenzialmente pericolosi appare più problematico per l’attuale maggiore difficoltà di assicurare la partecipazione a distanza della persona a piede libero. A fronte dell’impossibilità di predisporre la partecipazione mediante videoconferenza, l’udienza dovrà necessariamente svolgersi con modalità che assicurino la prescritta distanza tra tutti i partecipanti.

b) le udienze dei procedimenti nei confronti di imputati sottoposti a misure cautelari detentive prossime alla scadenza o più precisamente a misure cautelari destinate a perdere efficacia durante il periodo di sospensione (quindi dal 9 al 22 marzo); dal momento che la disposizione in esame contiene un esplicito riferimento all’art. 304, c.p.p., in materia di sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare, deve ritenersi che l’indifferibilità in parola presupponga che la misura destinata a scadere nel periodo di sospensione debba essere di natura detentiva e non trovi, quindi, applicazione nei confronti di persone sottoposte a misure cautelari non detentive, seppure prossime alla scadenza. L’esplicito riferimento all’art. 304, c.p.p., piuttosto che all’art. 303, c.p.p., è interpretabile nel senso che i termini prossimi alla scadenza sono i termini massimi previsti dall’art. 304, co. 6, c.p.p. e dunque per ciò che concerne le singole fasi il doppio dei termini previsti dall’art. 303, co. 1, 2 e 3, mentre per ciò che concerne la complessiva durata del procedimento, il termine previsto dall’art. 303, co. 4, c.p.p. aumentato della metà ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contesto o ritenuto in sentenza.

c) le udienze nei procedimenti in cui sono state richieste o applicate misure di sicurezza detentive, attualmente identificabili nel ricovero nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, anche indipendentemente dall’imminente scadenza delle stesse (è bene ricordare, infatti, che a seguito delle modifiche introdotto con il d.l. 31.03.2014, n. 52, convertito dalla l. 30.05.2014, n. 81, anche le misure di sicurezza detentiva sono sottoposte a limiti temporali). 

2.2. Udienze la cui indifferibilità è condizionata ad un impulso di parte:

2.2.1. l’espressa richiesta di procedere da parte degli imputati o dei loro difensori;

Le udienze inerenti a procedimenti nei confronti di imputati sottoposti a misure di sicurezza o a misure cautelari non prossime alla scadenza (rectius non destinate a scadere nel periodo di sospensione) debbono essere trattate soltanto ove ciò venga espressamente richiesto dall’imputato o dal suo difensore. L’indifferibilità è dunque subordinata ad una duplice necessaria condizione. La prima di esse è che l’imputato sia attualmente sottoposto ad una misura restrittiva che può consistere o in una misura di sicurezza non detentiva (posto che se è la misura di sicurezza è detentiva si rientra nell’ipotesi di assoluta indifferibilità non condizionata alla formulazione di una specifica espressa richiesta di trattazione) o in una misura cautelare personale di qualsivoglia natura; la norma parla infatti di misure cautelari senza ulteriore specificazione, utilizzando dunque una formula idonea a comprendere anche le misure cautelari non detentive e quelle interdittive. E’ appena il caso di sottolineare che nonostante il fuorviante uso del passato prossimo (“è stata applicata o richiesta”), idoneo ad evocare una vicenda passata ormai conclusasi, l’indifferibilità di cui si discorre appare giustificata solo laddove l’imputato risulti sottoposto ad una delle misure restrittive sopra indicate al momento dell’udienza: laddove esse siano state revocate o abbiano perduto efficacia per altra ragione, le udienze dovranno essere necessariamente differite. La seconda condizione è l’espressa richiesta di procedere da parte dell’imputato o del suo difensore. La volontà che si proceda deve essere dall’imputato o dal suo difensore manifestata in modo dichiarato: non potrebbe, perciò, bastare una manifestazione implicitamente incompatibile con la volontà che l’udienza venga rinviata, come ad esempio la formulazione di una richiesta di rito alternativo.

2.2.2. la dichiarazione di urgenza dell’udienza per l’assunzione delle prove in incidente probatorio;

Debbono essere altresì trattate le udienze finalizzate all’assunzione di prove in incidente probatorio, laddove siano dichiarate urgenti dal giudice; questi si pronuncia con provvedimento motivato e non impugnabile, ma solo a seguito di una richiesta di parte; in questo caso, l’indifferibilità è funzionale non all’esigenza di non protrarre la privazione della libertà personale dell’imputato, dato che il procedimento potrebbe essere anche nei confronti di persona non sottoposta ad alcuna restrizione, quanto piuttosto ad una delle molteplici finalità dell’incidente probatorio come quella tradizionale di   preservare la genuinità della fonte di prova o quella di tutelare il testimone vulnerabile.

2.3. La sospensione dei termini processuali.

Nei primi quattordici giorni dall’entrata in vigore del d.l. 08.03.2020, nr. 11 è stata disposta la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto procedimentale, fatta eccezione per quelli inerenti ai procedimenti indifferibili sopra già individuati (art. 1, co. 2). La misura è una diretta ed inevitabile conseguenza della riconosciuta impossibilità di accedere liberamente agli uffici giudiziari per il rischio di contatti ravvicinati, potenzialmente pericolosi per la salute e del conseguente venir meno delle condizioni necessarie per la puntuale osservanza dei termini, secondo una strategia di intervento, ormai ampiamente collaudata nell’ambito degli interventi emergenziali adottati per far fronte ai, purtroppo nell’ultimo periodo ricorrenti, eventi sismici che hanno funestano diverse regioni italiane. Nella particolare prospettiva del giudice per le indagini preliminari, ciò significa che dal 9 al 22 marzo restano sospesi termini di non trascurabile rilevanza pratica, come quello per la proposizione dell’opposizione a decreto penale di condanna o per la proposizione dell’opposizione alla richiesta di archiviazione.

E’ fatta esplicitamente salva l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 10, d.l. 02.03.2020, n. 9, applicabile ai soli procedimenti penali pendenti nei distretti di Corte di appello cui appartengono i comuni di cui all’allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, il quale prevede la sospensione dei termini fino al 31 marzo. 

2.4. La sospensione del termine di durata della custodia cautelare.  

Non sussistendo nemmeno le condizioni per il normale espletamento delle attività giudiziaria, l’art. 2, co. 4, prevede, conseguentemente, anche la sospensione dei termini di cui all’art. 303, c.p.p., il che rappresenta una significativa peculiarità rispetto al regime del periodo feriale, nel quale i termini in parola continuano, invece, a decorrere normalmente.

Per ciò che concerne l’ambito di applicazione di tale disposizione, deve precisarsi che la sospensione non concerne indistintamente tutti i procedimenti a carico di persone sottoposte a misura cautelari detentive, ma, essendo espressamente limitata al tempo in cui il procedimento è rinviato, con il limite insuperabile del 31 maggio, opera soltanto per quelli in cui è disposto il rinvio dell’udienza. Infatti, dato che il fondamento della causa sospensiva risiede nell’impossibilità di procedere alla normale trattazione delle udienze, nei procedimenti nei quali non è disposto alcun rinvio dell’udienza o perché rientrano nella categoria dei procedimenti non differibili (e dunque l’udienza deve essere regolarmente trattata) o perché nel periodo emergenziale non è prevista alcuna udienza (si pensi, ad esempio, ai procedimenti nei confronti di persone detenute che si trovano nella fase delle indagini preliminari), il termine di durata della custodia cautelare decorre regolarmente. Ciò è del resto conforme con la disciplina ordinaria di cui all’art. 304, c.p.p., dato che le cause di sospensione ivi previste riguardano esclusivamente la fase del giudizio.

La disposizione fa espresso riferimento ai termini di cui all’art. 303, c.p.p. senza ulteriori distinzioni, per cui la sospensione in commento concerne tanto i termini di fase previsti dall’art. 303, co. 1, c.p.p., quanto i termini di durata complessiva previsti dall’art. 303, co. 4, c.p.p.

Riguardo alla durata della sospensione, bisogna distinguere una prima sospensione conseguente al differimento urgente dell’udienza, disposto a norma dell’art. 1, per il tempo compreso tra il decreto che dispone il differimento e la data di rinvio (l’art. 1 richiama, infatti, le disposizioni di cui all’art. 2, co. 4, che sono quelle che prevedono la sospensione dei termini di cui all’art. 303 c.p.p.): a tale primo periodo potrà eventualmente aggiungersi un secondo periodo, conseguente al successivo rinvio dell’udienza, disposto a norma dell’art. 2, co. 2, lett. g), tra la data dell’udienza differita e quella del rinvio successivo, ma comunque non oltre il 31 maggio. Tale ulteriore sospensione è per il momento solo eventuale, presupponendo che il capo dell’ufficio adotti la misura organizzativa del rinvio delle udienze non indifferibili, quale intervento necessario per il raggiungimento delle finalità indicate a norma dell’art. 2, co. 1.

L’art. 2, co. 4 nulla dice riguardo alla procedura di sospensione, sicché può discutersi se per gli aspetti non espressamente disciplinati trovi applicazione l’art. 304, c.p.p., quale norma di carattere generale in materia di sospensione dei termini della custodia cautelare. Indipendentemente dal problema del rapporto tra le norme in esame, sembra, comunque, preferibile la tesi secondo cui, ai fini della sospensione del termine di custodia cautelare, sia necessario un provvedimento del giudice, suscettibile di impugnazione, il quale, senza previa instaurazione del contraddittorio, dia conto della sussistenza del presupposto normativamente indicato, in linea con l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui l’intervento del giudice è necessario anche nei casi in cui l’effetto sospensivo costituisce conseguenza obbligatoria di situazioni predeterminate interamente dalla legge, senza, quindi, che debba compiersi alcun tipo di valutazione (casi di sospensione obbligatoria previsti dall’art. 304, co. 1, c.p.p.) Data la natura eminentemente dichiarativa dell’ordinanza dichiarativa della sospensione, deve ammettersi che la stessa possa essere adottata anche in epoca successiva al decreto che dispone il differimento dell’udienza o a quello che dispone il rinvio a norma dell’art. 2, co. 2, lett. g).   

2.4. La sospensione del termine di prescrizione.  

Oltre alla sospensione dei termini processuali, l’art. 2, co. 4, prevede che anche il corso della prescrizione resti sospeso per il tempo in cui il procedimento è rinviato in base alle misure organizzative eventualmente adottate dal capo dell’ufficio, a norma del primo comma. Come già evidenziato, infatti, le misure organizzative possono prevedere il rinvio dei procedimenti non indifferibili a data successiva al 31 maggio. La prescrizione è sospesa anche per il tempo del differimento urgente disposto a norma dell’art. 1, in ragione dell’espresso rinvio alle disposizioni dell’art. 2, co. 4.