Nota ANM 23.1.2018 su Massimale contributivo

Cari colleghi,

la questione previdenziale del massimale contributivo, oggetto di ampio dibattito tra i magistrati circa due anni fa, è stata dopo qualche tempo fisiologicamente “superata” da altri argomenti di maggiore attualità.

Ciò non significa che la questione in oggetto sia stata accantonata dall’ANM, che invece ha continuato a operare a favore di tutti i magistrati, soprattutto grazie all’opera dell’Ufficio Sindacale.

Continua è stata l’assistenza ai singoli colleghi che in questo lungo periodo hanno chiesto consigli circa le modalità di riscatto degli anni di studio universitario, e sulla convenienza dello stesso.

Oltre al rapporto individuale con i colleghi, l’azione associativa ha considerato anche temi di interesse generale.

Riassumiamo i termini della questione molto brevemente.

Per effetto di previsione contenuta nella L.n.335/95, i lavoratori privi di contribuzione anteriore al 1.1.1996 sono assoggettati ai fini pensionistici al regime contributivo puro.

Ciò vuol dire, per quanto rileva in questa sede, che la provvista pensionistica di ciascun lavoratore – anche dei magistrati – è data dai contributi previdenziali versati di anno in anno a mezzo trattenuta stipendiale (contributi ai quali si aggiunge una quota integrativa versata dallo Stato, così definendosi il trattamento pensionistico complessivo).

I contributi previdenziali sono individuati come frazione del trattamento stipendiale e, come detto, vengono versati dal lavoratore sotto forma di trattenuta stipendiale.

La norma sopra indicata ha previsto un tetto contributivo: quale che sia l’ammontare dello stipendio percepito dal lavoratore, ai fini del calcolo della contribuzione previdenziale esso viene consideratonon superare mai la soglia di € 103.000,00 circa (soglia periodicamente aggiornata per conservarne nel tempo il valore economico).

Detta soglia per i magistrati si raggiunge con il conseguimento del livello stipendiale dato dalla III qualifica + 1 anno. Da quel momento, anche se il magistrato guadagna di più, le trattenute a titolo di contributo previdenziale vengono effettuate considerando lo stipendio come pari, comunque, ai ricordati 103.000,00 euro. Ciò comporta che sulla restante parte di retribuzione non viene applicato prelievo contributivo, a ciò conseguendo un trattamento stipendiale netto maggiore, a fronte della creazione di una minore provvista pensionistica, e dunque con prospettiva di trattamento pensionistico di importo minore.

Questa situazione, lo ripetiamo, vale per i lavoratori che NON abbiano contribuzione anteriore al 1.1.1996. Nelle intenzioni del legislatore, l’incremento stipendiale determinato dal meccanismo sopra descritto avrebbe dovuto/potuto essere utilizzato dal lavoratore per la partecipazione a forme di previdenza integrative (ovvero essere immediatamente utilizzato per altri liberi fini, a seconda del personale approccio del lavoratore). Forme di previdenza integrativa previste dalla legge ma non realizzate per i magistrati, che pertanto sono di fatto costretti a rivolgersi a soggetti privati, in contesti più o meno favorevoli e in assenza sostanziale di una compartecipazione del datore di lavoro. In relazione a detto profilo problematico, nel corso dell’odierna riunione del Comitato Intermagistrature ci si è confrontati sulla reale e concreta possibilità di costituire un fondo pensionistico integrativo di categoria su modelli comparabili (Banca d’Italia). Si è anche discussa la questione della effettiva applicabilità ai magistrati della norma sul massimale contributivo ovvero di possibili soluzioni di carattere normativo tese ad attenuare gli effetti negativi per i colleghi più giovani. Infine si è discusso della opportunità di giungere a una indicizzazione dell’età pensionabile, collegandola alla aspettativa di vita come per la totalità dei dipendenti pubblici e privati; in tal modo eliminando una sorta di discriminazione alla rovescia in danno dei soli magistrati.

Ultimo fattore da portare alla memoria di tutti è, poi, quello del riscatto degli anni di studio universitario o di servizio militare o civile effettuato ante 1.1.1996 (quest’ultimo figurativo, cioè senza oneri a carico del lavoratore). Chi abbia operato detto riscatto, anche nella misura minima di 1 mese, è considerato avere contribuzione anteriore al 1.1.1996, e dunque NON è assoggettato al sopra descritto tetto contributivo.

Nella situazione sopra delineata, vero punto dolente è costituito dal fatto che fino a oggi il nostro datore di lavoro, Ministero della Giustizia, ha continuato a calcolare le trattenute contributive sull’intero stipendio (dunque anche oltre l’importo di 103mila euro) nei confronti di tutti i magistrati, e dunque anche di coloro i quali non abbiano contribuzione previdenziale anteriore al 1.1.1996.

Ciò comporta che la “naturale” suddivisione dei magistrati in differenti “categorie” con riferimento al trattamento previdenziale (e, anche, stipendiale) individui di fatto anche una lesione economica in atto per alcuni di essi.

Si possono infatti distinguere:

  • Magistrati che non hanno contribuzione di alcun tipo anteriore al 1.1.1996: costoro stanno subendo trattenute previdenziali indebite, e hanno diritto alla cessazione delle stesse e alla restituzione dei prelievi indebiti non prescritti (prescrizione decennale);
  • Magistrati che hanno contribuzione, effettiva o da riscatto (anche solo richiesto e non ancora pagato), anteriore al 1.1.1996: a costoronon si applica il tetto contributivo, e pertanto non hanno subito prelievi indebiti e continuano a vedersi applicato, correttamente, il trattamento attuale;
  • Magistrati, privi di contribuzione ante 1.1.1996, che hanno presentato domanda di riscatto degli anni di studio universitari, ma che potranno decidere di cambiare idea e rinunciare prima del pagamento degli oneri di riscatto: costoro, nel regime che a breve si applicherà come di seguito descritto, allo stato attuale sono esenti da tetto per il semplice fatto di aver presentato domanda di riscatto; ove rinunciassero alla stessa, avrebbero diritto in tale momento alla restituzione della quota di contribuzione applicata oltre i 103 mila euro.

L’ANM, per il tramite del proprio Ufficio Sindacale, ha nel tempo avanzato costanti e reiterati solleciti al Ministero della Giustizia affinché provvedesse alla concreta individuazione e differenziazione delle varie singole posizioni previdenziali e retributive dei magistrati.

L’attività richiesta al Ministero era indubbiamente complessa, sotto il profilo sia ricognitivo che applicativo, presupponendo l’elaborazione di un elevato numero di dati da incrociare, oltre alla soluzione di problemi tecnici in fase applicativa. Ha richiesto dunque tempo. Riteniamo tuttavia che fondamentale sia stato il continuo stimolo che, senza clamore, ha caratterizzato l’azione associativa.

L’ANM ha infatti condotto al riguardo una continua, sia pur silenziosa, attività volta a ottenere:

  1. la rapida conclusione del procedimento di ricognizione delle singole posizioni previdenziali;
  2. la cessazione dei prelievi contributivi indebiti;
  3. la restituzione delle somme indebitamente prelevate.

Con recente nota, che si allega, il Ministero della Giustizia rappresenta l’accoglimento delle istanze sopra delineate, indicando le proprie intenzioni operative che prevedono:

  1. la cessazione entro il corrente anno (verosimilmente prima dell’estate) dei prelievi contributivi indebiti (sono tali, si ripete, quelli effettuati oltre la base stipendiale di 103mila euro nei confronti dei magistrati ai quali si applichi il tetto contributivo); ciò attraverso la indicazione anche visiva, nello statino, di una “flag” (“bandierina”) che individui la “categoria” del magistrato ai fini previdenziali;
  2. in una seconda fase, temporalmente non individuata ma che il Ministero assicura sarà rapida, la restituzione agli aventi diritto delle somme indebitamente prelevate in passato.

Roma, 23 gennaio 2018

Il Presidente                     Il Segretario Generale                     L’Ufficio Sindacale